Il presente lavoro è volto ad analizzare il sistema di controlli predisposti dal codice di rito sull’inazione e sull’esercizio dell’azione penale, con particolare riferimento ai meccanismi correttivi nella disponibilità del giudicante. Nello specifico, dopo una breve introduzione sul principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e sui suoi corollari (il principio di completezza delle indagini e di non superfluità del processo), l’analisi ha avuto ad oggetto lo studio dei meccanismi correttivi a disposizione del giudice nel corso delle indagini preliminari, in caso di mancato esercizio dell’azione penale, e dell’udienza preliminare. Il comune fondamento di questi poteri sembrerebbe poter essere rinvenuto nell’art. 112 Cost., che impone al pubblico ministero di esercitare l’azione penale. Tale principio, come noto, non prevede un obbligo incondizionato di agire, ma piuttosto obbliga il pubblico ministero ad esercitare l’azione penale laddove ne sussistano i presupposti. Questo comporta la necessità di un controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’inazione, a garanzia del rispetto del principio di obbligatorietà. Nel corso dell’udienza preliminare, in cui l’azione penale è già stata esercitata, l’intervento del giudice sarebbe invece finalizzato a garantire indagini complete e a evitare dibattimenti superflui. I poteri attribuiti al giudice in questi segmenti processuali sembrerebbero quindi essere posti a garanzia dell’effettività del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Tuttavia, molteplici sono le differenze, che si è cercato di comprendere ed evidenziare, e diverse sono anche le finalità e la natura dei predetti poteri. Il metodo privilegiato è stato quindi quello di un’analisi dei principi costituzionali (in particolare l’art. 112 Cost.) e delle singole disposizioni codicistiche (artt. 409, 421-bis e 422 c.p.p.), successivamente poste a raffronto, al fine di verificarne affinità e divergenze. Dopo un’analisi de iure condito sulla normativa vigente e sull’evoluzione della stessa, la parte finale del lavoro è stata improntata a verificare l’effettività di questi controlli e a ipotizzare eventuali soluzioni alternative, valutando anche la possibilità di un ripensamento del tradizionale canone dell’obbligatorietà dell’azione penale o di soluzioni compatibili con il suo mantenimento, anche alla luce della proposta di direttiva per l’istituzione della Procura europea.

I MECCANISMI CORRETTIVI SULL’INAZIONE E SULL’ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE. Una riflessione alla luce dell’art. 112 Cost.

2016

Abstract

Il presente lavoro è volto ad analizzare il sistema di controlli predisposti dal codice di rito sull’inazione e sull’esercizio dell’azione penale, con particolare riferimento ai meccanismi correttivi nella disponibilità del giudicante. Nello specifico, dopo una breve introduzione sul principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e sui suoi corollari (il principio di completezza delle indagini e di non superfluità del processo), l’analisi ha avuto ad oggetto lo studio dei meccanismi correttivi a disposizione del giudice nel corso delle indagini preliminari, in caso di mancato esercizio dell’azione penale, e dell’udienza preliminare. Il comune fondamento di questi poteri sembrerebbe poter essere rinvenuto nell’art. 112 Cost., che impone al pubblico ministero di esercitare l’azione penale. Tale principio, come noto, non prevede un obbligo incondizionato di agire, ma piuttosto obbliga il pubblico ministero ad esercitare l’azione penale laddove ne sussistano i presupposti. Questo comporta la necessità di un controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’inazione, a garanzia del rispetto del principio di obbligatorietà. Nel corso dell’udienza preliminare, in cui l’azione penale è già stata esercitata, l’intervento del giudice sarebbe invece finalizzato a garantire indagini complete e a evitare dibattimenti superflui. I poteri attribuiti al giudice in questi segmenti processuali sembrerebbero quindi essere posti a garanzia dell’effettività del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Tuttavia, molteplici sono le differenze, che si è cercato di comprendere ed evidenziare, e diverse sono anche le finalità e la natura dei predetti poteri. Il metodo privilegiato è stato quindi quello di un’analisi dei principi costituzionali (in particolare l’art. 112 Cost.) e delle singole disposizioni codicistiche (artt. 409, 421-bis e 422 c.p.p.), successivamente poste a raffronto, al fine di verificarne affinità e divergenze. Dopo un’analisi de iure condito sulla normativa vigente e sull’evoluzione della stessa, la parte finale del lavoro è stata improntata a verificare l’effettività di questi controlli e a ipotizzare eventuali soluzioni alternative, valutando anche la possibilità di un ripensamento del tradizionale canone dell’obbligatorietà dell’azione penale o di soluzioni compatibili con il suo mantenimento, anche alla luce della proposta di direttiva per l’istituzione della Procura europea.
31-mar-2016
Italiano
IUS/16
GARUTI GIULIO
VIGNUDELLI ALJS
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
TESI.pdf

accesso aperto

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 3.64 MB
Formato Adobe PDF
3.64 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/141317
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMORE-141317