Il lavoro di ricerca è iniziato interrogandoci sulla relazione esistente tra la Didattica Generale e le Didattiche Disciplinari. Tra le diverse posizioni attualmente presenti in letteratura, quella che prevale richiama l’esistenza di una Didattica a canne d’organo: la Didattica Generale e le Didattiche Disciplinari possiedono propri statuti epistemici (Frabboni, 1999), hanno specifici oggetti, metodi di studio e linguaggio. Gli autori che sostengono questa posizione (D’Amore e Frabboni, 1996; Martini 2000; D’Amore e Fandiño Pinilla, 2007) affermano che entrambe studiano l’azione didattica, ma la Didattica Generale si occupa maggiormente dell’interazione tra il docente e l’allievo, mentre le Didattiche Disciplinari guardano con maggiore attenzione gli aspetti connessi al sapere disciplinare. La difficoltà di conciliazione tra le due prospettive deriva anche dalla reciproca diffidenza con cui i docenti si relazionano tra loro a causa della differente formazione iniziale e del diverso contesto nel quale operano. Per comprendere le diversità profonde tra Didattica Generale e Didattiche Disciplinari si è pensato di indagare come i docenti dei due settori analizzano la medesima azione didattica. Il percorso ha come finalità quello di favorire percorsi di ricerca condivisi tra la DG e la DD, che andranno a supporto della formazione, iniziale e in itinere, degli insegnanti di scuola. I docenti universitari delle due categorie analizzano le pratiche didattiche che sono oggetti di ricerca complessi: l’azione dell’insegnante competente si articola mediante schemi d’azione, repertori di comportamenti e di routines (Altet et al., 2006). Gli interventi che l’insegnante attua in aula sono caratterizzati da saperi legati ad aspetti relazionali e di comunicazione, ma anche connessi alle singole discipline. Per l’analisi dell’azione didattica si è utilizzato il modello di Joseph Rèzeau (2004) che supera la visione di Hussaye ripresa poi da molti disciplinaristi. Se per Hussaye nella relazione tra docente, studente e sapere si hanno tre diverse posture, i lati del triangolo, per Rèzeau la mediazione viene all’interno del triangolo e le azioni sono in continua equilibratura tra leva pedagogica e leva didattica, usando la terminalogia francofona. La posizione di Rèzeau è stata ripresa e ampliata da Damiano (2013) che da essa parte per definire la didattica come mediazione. Per comprendere come i docenti di DD e di DG si pongano nei confronti dell’azione e come si differenzino le due prospettive, abbiamo video-registrato cinque episodi connessi a diverse discipline – Storia, Scienze, Matematica, Geografia e Italiano – e per ogni video abbiamo individuato 4 docenti, due di DD e due di DG, e abbiamo chiesto loro di analizzare l’azione didattica. I docenti dovevano inizialmente osservare il video, inteso come documento, che mostrava una sessione didattica di 20-40 minuti ambientata in una scuola primaria e, successivamente, sono stati sottoporsi a un’intervista biografica (Bichi, 2000) semi-strutturata. Le interviste sono state poi analizzate avendo come riferimento le quattro logiche di analisi (Rossi e Pezzimenti, 2012): dell’apprendimento, dell’epistemologia disciplinare, valoriale, dell’ingegneria didattica. Abbiamo quindi adottato un atteggiamento di tipo “illustrativo” (Demazière, Dubar, 2000) operando un’analisi tematica delle interviste, ossia scomponendo ciascuna intervista in unità di analisi che fanno riferimento alle categorie concettuali inerenti gli indicatori delle quattro logiche. L’analisi ha permesso di rilevare alcune diversità e alcuni punti di tangenza. Innanzitutto è emerso che nella maggioranza dei casi i docenti ritengono come rilevanti per l’apprendimento le medesime situazioni didattiche. Inoltre sia i docenti di DD, sia quelli di DG affrontano tematiche connesse alle epsitemologie disciplinari, alle relazioni in classe, al fare dei docenti e alle strategie scelte. È assolutamente impossibile distinguere i campi di intervento delle due categorie. Lo sguardo che hanno i quattro docenti è sinergico e rimanda a quelli che sono i diversi elementi della trasposizione, anche se, in generale, i disciplinaristi hanno uno sguardo più attento ai saperi disciplinari, mente quello dei generalisti al fare degli insegnanti. In alcuni casi si notano maggiori diversità che, secondo noi, sono da attribuire alla formazione dei docenti disciplinaristi. I disciplinaristi intervistati si dividono in due categorie: quelli che insegnano la disciplina in corsi di laurea non connessi all’insegnamento e coloro che insegnano anche la didattica della disciplina. Le analisi dei docenti di Didattica Generale e quelle dei disciplinaristi, che operano nella formazione, sono molto simili; vi è una grande differenza tra le analisi di queste due categorie e quella dei disciplinaristi che non operano nella formazione. Questa constatazione ha rafforzato la nostra idea: i docenti di DD e di DG possano avere una medesima epistemologia come riferimento, anche se poi hanno un bagaglio di consocenze differenti. Il riferiemento è relativo a un costrutto epistemologico che nasce dalla collaborazione, in egual misura, sia di esperti di DG, sia di esperti di DD. I contributi di Brousseau, Develay, Chevallard, Viennot e Radford, solo per citarne alcuni, non possono essere relegati a settori disciplinari specifici. Il concetto di trasposizione didattica, nato nel mondo della didattica della matematica, è oggi un riferimento comune. Se è possibile parlare di un edificio epistemologico comune, diverse sono invece le conoscenze. Tale specificità di contenuti non preclude la possibilità per i vari docenti di essere parte dello stesso ambito di ricerca, con medesime metodologie e un medesimo linguaggio. L’ambito comune non è sicuramente quello della DG, né quello delle DD, ma un settore prodotto dalla loro interazione e sinergia. Contemporaneamente le diverse consocenze di cui ciascun settore è portatore determinano, nella formazione degli insegnanti, sia iniziale che in servizio, l’esigenza di lavorare in comune e, partendo dalla centralità dell’azione didattica in cui si intrecciano le diverse dimensioni, effettuare analisi poliprospettiche. Ritorniamo così alla proposta di Altet che vede nell’analisi plurale uno strumento indispensabile per comprendere l’azione stessa, i fili complessi in essa connessi, le trame in cui è impossibile separare strategie e contenuti disciplinari, finalità e obbietivi. Se l’insegnante è l’operatore centrale della mediazione e deve equilibrare in azione i vari aspetti, la leva pedagogica e quella didattica debbono trovare un continuo equilibrio che non deriva dalla sommatoria di due punti di vista, ma dal loro sguardo sinergico, in cui le scelte relative alla trasposizione prevedono elementi intrecciati e difficilmente attribuibili o alla sfera disciplinare, o a quella didattica. La tesi pertanto sembra aver sottolineato come Didattica Disciplinare e Didattiche Generali hanno una base epistemologicica comune, anche se ciscuna ha un diverso bagaglio di consocenze. Ha anche evidenziato come nella formazione degli insegnanti siano entrambe necessarie, ma ancor più sia necessario che operino in modo sinergico nell’analisi dell’azione didattica.
Didattica generale e didattiche disciplinari: due prospettive o un diverso equilibrio?
2014
Abstract
Il lavoro di ricerca è iniziato interrogandoci sulla relazione esistente tra la Didattica Generale e le Didattiche Disciplinari. Tra le diverse posizioni attualmente presenti in letteratura, quella che prevale richiama l’esistenza di una Didattica a canne d’organo: la Didattica Generale e le Didattiche Disciplinari possiedono propri statuti epistemici (Frabboni, 1999), hanno specifici oggetti, metodi di studio e linguaggio. Gli autori che sostengono questa posizione (D’Amore e Frabboni, 1996; Martini 2000; D’Amore e Fandiño Pinilla, 2007) affermano che entrambe studiano l’azione didattica, ma la Didattica Generale si occupa maggiormente dell’interazione tra il docente e l’allievo, mentre le Didattiche Disciplinari guardano con maggiore attenzione gli aspetti connessi al sapere disciplinare. La difficoltà di conciliazione tra le due prospettive deriva anche dalla reciproca diffidenza con cui i docenti si relazionano tra loro a causa della differente formazione iniziale e del diverso contesto nel quale operano. Per comprendere le diversità profonde tra Didattica Generale e Didattiche Disciplinari si è pensato di indagare come i docenti dei due settori analizzano la medesima azione didattica. Il percorso ha come finalità quello di favorire percorsi di ricerca condivisi tra la DG e la DD, che andranno a supporto della formazione, iniziale e in itinere, degli insegnanti di scuola. I docenti universitari delle due categorie analizzano le pratiche didattiche che sono oggetti di ricerca complessi: l’azione dell’insegnante competente si articola mediante schemi d’azione, repertori di comportamenti e di routines (Altet et al., 2006). Gli interventi che l’insegnante attua in aula sono caratterizzati da saperi legati ad aspetti relazionali e di comunicazione, ma anche connessi alle singole discipline. Per l’analisi dell’azione didattica si è utilizzato il modello di Joseph Rèzeau (2004) che supera la visione di Hussaye ripresa poi da molti disciplinaristi. Se per Hussaye nella relazione tra docente, studente e sapere si hanno tre diverse posture, i lati del triangolo, per Rèzeau la mediazione viene all’interno del triangolo e le azioni sono in continua equilibratura tra leva pedagogica e leva didattica, usando la terminalogia francofona. La posizione di Rèzeau è stata ripresa e ampliata da Damiano (2013) che da essa parte per definire la didattica come mediazione. Per comprendere come i docenti di DD e di DG si pongano nei confronti dell’azione e come si differenzino le due prospettive, abbiamo video-registrato cinque episodi connessi a diverse discipline – Storia, Scienze, Matematica, Geografia e Italiano – e per ogni video abbiamo individuato 4 docenti, due di DD e due di DG, e abbiamo chiesto loro di analizzare l’azione didattica. I docenti dovevano inizialmente osservare il video, inteso come documento, che mostrava una sessione didattica di 20-40 minuti ambientata in una scuola primaria e, successivamente, sono stati sottoporsi a un’intervista biografica (Bichi, 2000) semi-strutturata. Le interviste sono state poi analizzate avendo come riferimento le quattro logiche di analisi (Rossi e Pezzimenti, 2012): dell’apprendimento, dell’epistemologia disciplinare, valoriale, dell’ingegneria didattica. Abbiamo quindi adottato un atteggiamento di tipo “illustrativo” (Demazière, Dubar, 2000) operando un’analisi tematica delle interviste, ossia scomponendo ciascuna intervista in unità di analisi che fanno riferimento alle categorie concettuali inerenti gli indicatori delle quattro logiche. L’analisi ha permesso di rilevare alcune diversità e alcuni punti di tangenza. Innanzitutto è emerso che nella maggioranza dei casi i docenti ritengono come rilevanti per l’apprendimento le medesime situazioni didattiche. Inoltre sia i docenti di DD, sia quelli di DG affrontano tematiche connesse alle epsitemologie disciplinari, alle relazioni in classe, al fare dei docenti e alle strategie scelte. È assolutamente impossibile distinguere i campi di intervento delle due categorie. Lo sguardo che hanno i quattro docenti è sinergico e rimanda a quelli che sono i diversi elementi della trasposizione, anche se, in generale, i disciplinaristi hanno uno sguardo più attento ai saperi disciplinari, mente quello dei generalisti al fare degli insegnanti. In alcuni casi si notano maggiori diversità che, secondo noi, sono da attribuire alla formazione dei docenti disciplinaristi. I disciplinaristi intervistati si dividono in due categorie: quelli che insegnano la disciplina in corsi di laurea non connessi all’insegnamento e coloro che insegnano anche la didattica della disciplina. Le analisi dei docenti di Didattica Generale e quelle dei disciplinaristi, che operano nella formazione, sono molto simili; vi è una grande differenza tra le analisi di queste due categorie e quella dei disciplinaristi che non operano nella formazione. Questa constatazione ha rafforzato la nostra idea: i docenti di DD e di DG possano avere una medesima epistemologia come riferimento, anche se poi hanno un bagaglio di consocenze differenti. Il riferiemento è relativo a un costrutto epistemologico che nasce dalla collaborazione, in egual misura, sia di esperti di DG, sia di esperti di DD. I contributi di Brousseau, Develay, Chevallard, Viennot e Radford, solo per citarne alcuni, non possono essere relegati a settori disciplinari specifici. Il concetto di trasposizione didattica, nato nel mondo della didattica della matematica, è oggi un riferimento comune. Se è possibile parlare di un edificio epistemologico comune, diverse sono invece le conoscenze. Tale specificità di contenuti non preclude la possibilità per i vari docenti di essere parte dello stesso ambito di ricerca, con medesime metodologie e un medesimo linguaggio. L’ambito comune non è sicuramente quello della DG, né quello delle DD, ma un settore prodotto dalla loro interazione e sinergia. Contemporaneamente le diverse consocenze di cui ciascun settore è portatore determinano, nella formazione degli insegnanti, sia iniziale che in servizio, l’esigenza di lavorare in comune e, partendo dalla centralità dell’azione didattica in cui si intrecciano le diverse dimensioni, effettuare analisi poliprospettiche. Ritorniamo così alla proposta di Altet che vede nell’analisi plurale uno strumento indispensabile per comprendere l’azione stessa, i fili complessi in essa connessi, le trame in cui è impossibile separare strategie e contenuti disciplinari, finalità e obbietivi. Se l’insegnante è l’operatore centrale della mediazione e deve equilibrare in azione i vari aspetti, la leva pedagogica e quella didattica debbono trovare un continuo equilibrio che non deriva dalla sommatoria di due punti di vista, ma dal loro sguardo sinergico, in cui le scelte relative alla trasposizione prevedono elementi intrecciati e difficilmente attribuibili o alla sfera disciplinare, o a quella didattica. La tesi pertanto sembra aver sottolineato come Didattica Disciplinare e Didattiche Generali hanno una base epistemologicica comune, anche se ciscuna ha un diverso bagaglio di consocenze. Ha anche evidenziato come nella formazione degli insegnanti siano entrambe necessarie, ma ancor più sia necessario che operino in modo sinergico nell’analisi dell’azione didattica.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/149999
URN:NBN:IT:UNIMC-149999