La tesi si presenta come una raccolta di ricerche sul tema della «strofa di Elinando», ossia la strofa di dodici octosyllabes su due rime, con schema aabaabbbabba, utilizzata per la prima volta dal monaco cistercense Hélinant de Froidmont nei Vers de la Mort, composti fra il 1194 e il 1197. I Vers de la Mort – unico componimento in volgare a noi pervenuto di tutta la produzione elinandiana – godettero di una notevole fortuna e diffusione tra il XIII ed il XV secolo, e la forma metrica cosiddetta «di Elinando» fu imitata da numerosi autori e riutilizzata in oltre un centinaio di componimenti. La tesi è composta di sei capitoli e di un'appendice finale. Ciascun capitolo si concentra su un aspetto, un tema o uno specifico testo del corpus preso in esame. I primi quattro capitoli hanno un taglio tematico e 'trasversale'; il primo capitolo, introduttivo, offre una panoramica generale sull'origine, le caratteristiche, l'area di diffusione della forma metrica, e si sofferma inoltre sullo stato delle ricerche, con un'excursus sui principali studi esistenti in materia. Il secondo capitolo verte sull'analisi di citazioni ed imitazioni più o meno esplicite dei Vers de la Mort di Hélinant presenti in un certo numero di testi del corpus, databili alla prima metà del XIII secolo; si osserva come, laddove in un componimento siano rintracciabili temi di matrice elinandiana, vengono spesso ripresi anche elementi linguistici e stilistici usati da Hélinant: immagini, espressioni, rime, giochi di parole. Si viene a creare così una sorta di sottile filo conduttore che attraversa diversi testi di questa serie. Fra i temi privilegiati dagli autori che si servono della strofa di Elinando spicca naturalmente il tema della morte, ma rivestono un ruolo importante anche quello della polemica nei confronti di Roma e del mondo clericale, e più in generale, un'impostazione satirica del componimento. Nel terzo capitolo si propone l'analisi di alcune metafore ed espressioni idiomatiche relative al gioco (d'azzardo e non solo) presenti nei testi, ed in particolare si riscontra una tendenza – anch'essa di probabile matrice elinandiana – a legare l'idea del gioco a quella della morte, fino a costruire l'immagine della Morte come giocatrice. Infatti, nonostante i divieti e le condanne, il gioco conosce una notevole popolarità durante il Medioevo; le tracce di questa diffusione si ritrovano anche in letteratura: accanto alla manualistica vera e propria, la narrativa e la lirica in lingua volgare sono dense di allusioni, metafore ed espressioni proverbiali riguardanti il gioco. In particolare, il gioco dei dadi nelle sue numerosissime varianti ed il gioco degli scacchi forniscono all'immaginazione medievale un ricco materiale simbolico. La componente aleatoria di questi giochi, fonte al contempo del fascino e del pericolo che essi esercitano e rappresentano, sembra portarli a legarsi in maniera naturale con il tema della morte, avversario temibile per eccellenza, e si traduce nella sottintesa narrazione della vita come una partita in cui ogni uomo deve giocare per la salvezza della propria anima. Il quarto capitolo è di taglio più strettamente filologico, e riguarda le strategie di compilazione delle miscellanee di XIII-XV secolo che trasmettono testi in strofa di Elinando; ipotizzando un certo grado di consapevolezza nell'impiego della forma metrica, ci si interroga sul riflesso che questa può avere nella sistemazione e nella trasmissione dei testi, cercando di stabilire se il criterio di identità strofica giochi o meno un ruolo nella compilazione e nell'organizzazione di alcune miscellanee, in che misura, e in che rapporto con altri eventuali criteri osservabili nella composizione delle raccolte. Si analizzano nello specifico sei manoscritti che contengono raggruppamenti di testi in strofa di Elinando. I due capitoli successivi sono di taglio monografico: nel quinto si propone un'edizione critica di un testo anonimo del corpus, De Renart et de Piaudoue, una disputa satirica fra due menestrelli in competizione fra loro presso la corte dello stesso signore. L'edizione preesistente di Rita Lejeune (1937), che contiene una valida introduzione di tipo storico-letterario, non è particolarmente curata dal punto di vista ecdotico e può dirsi superata anche nell'interpretazione offerta per alcuni passi del testo. La nuova edizione è corredata di introduzione, traduzione italiana, note di commento e di un piccolo repertorio delle espressioni idiomatiche. L'ultimo capitolo propone un'edizione, corredata di introduzione, traduzione italiana e note, del breve componimento anonimo Des quatre gleves, un exemplum sul tema del re che non ride mai, del quale esistono numerose versioni differenti nella letteratura latina e romanza del Medioevo. La letteratura critica riguardante tale soggetto sembra ignorare del tutto il componimento in questione; l'edizione preesistente di Petersen Dyggve (1937-38), sostanzialmente priva di commento, pur restando valida per l'introduzione di diverse congetture, necessita di un aggiornamento e di una ricontestualizzazione; essa trascrive fra l'altro le strofe del testo in un ordine errato ed incoerente con la logica della narrazione. In appendice si trova un repertorio dei testi in strofa di Elinando, che aggiorna e integra i due repertori ormai datati di Gotthold Naetebus (1891) e di Adolf Bernhardt (1912); il corpus è costituito esclusivamente da testi in lingua francese, isostrofici, databili entro il XIV secolo (con poche eccezioni), per un totale di 80 opere. Per ogni entrata sono dati, con le incertezze del caso: titolo del testo, autore, datazione, provenienza, tipologia di testo, numero di strofe, numero di testimoni ed elenco degli stessi, breve descrizione del testo, edizione di riferimento e concordanze con i due precedenti repertori.

DIRE LES BONS COUS. RICERCHE SULLA STROFA DI ELINANDO.

2017

Abstract

La tesi si presenta come una raccolta di ricerche sul tema della «strofa di Elinando», ossia la strofa di dodici octosyllabes su due rime, con schema aabaabbbabba, utilizzata per la prima volta dal monaco cistercense Hélinant de Froidmont nei Vers de la Mort, composti fra il 1194 e il 1197. I Vers de la Mort – unico componimento in volgare a noi pervenuto di tutta la produzione elinandiana – godettero di una notevole fortuna e diffusione tra il XIII ed il XV secolo, e la forma metrica cosiddetta «di Elinando» fu imitata da numerosi autori e riutilizzata in oltre un centinaio di componimenti. La tesi è composta di sei capitoli e di un'appendice finale. Ciascun capitolo si concentra su un aspetto, un tema o uno specifico testo del corpus preso in esame. I primi quattro capitoli hanno un taglio tematico e 'trasversale'; il primo capitolo, introduttivo, offre una panoramica generale sull'origine, le caratteristiche, l'area di diffusione della forma metrica, e si sofferma inoltre sullo stato delle ricerche, con un'excursus sui principali studi esistenti in materia. Il secondo capitolo verte sull'analisi di citazioni ed imitazioni più o meno esplicite dei Vers de la Mort di Hélinant presenti in un certo numero di testi del corpus, databili alla prima metà del XIII secolo; si osserva come, laddove in un componimento siano rintracciabili temi di matrice elinandiana, vengono spesso ripresi anche elementi linguistici e stilistici usati da Hélinant: immagini, espressioni, rime, giochi di parole. Si viene a creare così una sorta di sottile filo conduttore che attraversa diversi testi di questa serie. Fra i temi privilegiati dagli autori che si servono della strofa di Elinando spicca naturalmente il tema della morte, ma rivestono un ruolo importante anche quello della polemica nei confronti di Roma e del mondo clericale, e più in generale, un'impostazione satirica del componimento. Nel terzo capitolo si propone l'analisi di alcune metafore ed espressioni idiomatiche relative al gioco (d'azzardo e non solo) presenti nei testi, ed in particolare si riscontra una tendenza – anch'essa di probabile matrice elinandiana – a legare l'idea del gioco a quella della morte, fino a costruire l'immagine della Morte come giocatrice. Infatti, nonostante i divieti e le condanne, il gioco conosce una notevole popolarità durante il Medioevo; le tracce di questa diffusione si ritrovano anche in letteratura: accanto alla manualistica vera e propria, la narrativa e la lirica in lingua volgare sono dense di allusioni, metafore ed espressioni proverbiali riguardanti il gioco. In particolare, il gioco dei dadi nelle sue numerosissime varianti ed il gioco degli scacchi forniscono all'immaginazione medievale un ricco materiale simbolico. La componente aleatoria di questi giochi, fonte al contempo del fascino e del pericolo che essi esercitano e rappresentano, sembra portarli a legarsi in maniera naturale con il tema della morte, avversario temibile per eccellenza, e si traduce nella sottintesa narrazione della vita come una partita in cui ogni uomo deve giocare per la salvezza della propria anima. Il quarto capitolo è di taglio più strettamente filologico, e riguarda le strategie di compilazione delle miscellanee di XIII-XV secolo che trasmettono testi in strofa di Elinando; ipotizzando un certo grado di consapevolezza nell'impiego della forma metrica, ci si interroga sul riflesso che questa può avere nella sistemazione e nella trasmissione dei testi, cercando di stabilire se il criterio di identità strofica giochi o meno un ruolo nella compilazione e nell'organizzazione di alcune miscellanee, in che misura, e in che rapporto con altri eventuali criteri osservabili nella composizione delle raccolte. Si analizzano nello specifico sei manoscritti che contengono raggruppamenti di testi in strofa di Elinando. I due capitoli successivi sono di taglio monografico: nel quinto si propone un'edizione critica di un testo anonimo del corpus, De Renart et de Piaudoue, una disputa satirica fra due menestrelli in competizione fra loro presso la corte dello stesso signore. L'edizione preesistente di Rita Lejeune (1937), che contiene una valida introduzione di tipo storico-letterario, non è particolarmente curata dal punto di vista ecdotico e può dirsi superata anche nell'interpretazione offerta per alcuni passi del testo. La nuova edizione è corredata di introduzione, traduzione italiana, note di commento e di un piccolo repertorio delle espressioni idiomatiche. L'ultimo capitolo propone un'edizione, corredata di introduzione, traduzione italiana e note, del breve componimento anonimo Des quatre gleves, un exemplum sul tema del re che non ride mai, del quale esistono numerose versioni differenti nella letteratura latina e romanza del Medioevo. La letteratura critica riguardante tale soggetto sembra ignorare del tutto il componimento in questione; l'edizione preesistente di Petersen Dyggve (1937-38), sostanzialmente priva di commento, pur restando valida per l'introduzione di diverse congetture, necessita di un aggiornamento e di una ricontestualizzazione; essa trascrive fra l'altro le strofe del testo in un ordine errato ed incoerente con la logica della narrazione. In appendice si trova un repertorio dei testi in strofa di Elinando, che aggiorna e integra i due repertori ormai datati di Gotthold Naetebus (1891) e di Adolf Bernhardt (1912); il corpus è costituito esclusivamente da testi in lingua francese, isostrofici, databili entro il XIV secolo (con poche eccezioni), per un totale di 80 opere. Per ogni entrata sono dati, con le incertezze del caso: titolo del testo, autore, datazione, provenienza, tipologia di testo, numero di strofe, numero di testimoni ed elenco degli stessi, breve descrizione del testo, edizione di riferimento e concordanze con i due precedenti repertori.
2017
Italiano
Università degli Studi di Macerata
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/150085
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