I contributi delle ricerche psicologiche sulla famiglia e sull’adozione rappresentano i capisaldi che hanno permesso alla psicologia di interagire con le norme di diritto, rendendo possibile una rivoluzione culturale e giuridica del mondo dell’infanzia e dando un profondo e adeguato senso allo status di figlio e alla funzione della famiglia, che è quella di promuovere lo sviluppo della personalità del minore. La famiglia non è tutelata in sé, ma quale mezzo di promozione dello sviluppo della personalità del minore. Famiglia biologica e famiglia adottiva rappresentano, dunque, i due estremi del diritto del soggetto minore di età ad avere una famiglia, in una prospettiva funzionale al suo benessere. Il contesto ottimale di crescita è quello di origine, in caso di abbandono il bambino ha il diritto di vivere in un contesto familiare sostitutivo, adeguato ad accoglierlo. La decisione di recidere questo importantissimo legame con le origini può essere giustificato solo nel caso in cui non sia in altro modo possibile tutelare la preminente esigenza del bambino di vivere in un ambiente familiare tutelante, funzionale alla sua crescita. Gli effetti dell’abbandono possono essere molto traumatizzanti e compromettere il percorso evolutivo del bambino. Le ricerche psicologiche, focalizzate sulla sfera comportamentale del minore proveniente da un’esperienza di abbandono, hanno evidenziato che i problemi si possono manifestare sotto forma di iperattività, deficit di attenzione, stereotipie, autolesionismi, mancanza di contatto visivo con altre persone, difficoltà nell’esternare e nell’interiorizzare comportamenti, difficoltà di autoregolazione e di relazione (Fermani, Muzi, 2019). Partendo dallo studio dei paradigmi teorici della psicologia sociale sull’argomento, si è passati ad un’analisi dei testi delle principali normative sul diritto del minore ad avere una famiglia, con un approccio affine al diritto psicologico. Lo studio ha evidenziato che la tutela del diritto del minore a vivere in un contesto familiare adeguato, anche se sostitutivo, si interrompe nel momento in cui viene “costruita”, tramite sentenza, la famiglia adottiva. Il periodo di assistenza dei servizi sociali si prolunga, al più tardi, dopo un anno dell’ingresso del bambino, in caso di adozione internazionale. Questo dato è grave, gli studi e le ricerche psicologiche dimostrano che la formazione della famiglia sostitutiva, la creazione del patto adottivo, è un percorso che richiede molto tempo. E’ un evento stressante e la famiglia deve essere aiutata affinché la funzione riparativa del benessere possa essere realizzata. La famiglia adottiva viene “creata” per un’esigenza di tutela del bambino, quindi, rientra tra quei diritti della persona che, per essere pienamente realizzati, devono riuscire a soddisfare realmente le esigenze della persona (Camerini, 2013). La tutela del bambino potrà considerarsi definitivamente chiusa solo quando nella famiglia sostitutiva si sarà concluso il percorso per diventare famiglia e il soggetto minore di età non avrà superato tutte le difficoltà che gli derivano dal suo passato. La ricerca sociale, che ha completato questo lavoro di studio, è stata realizzata proprio con questo intento. Considerato che l’interesse della ricerca era diretto alla comprensione del percorso familiare che conduce al patto adottivo, sotto il profilo epistemologico e metodologico si è optato per metodi qualitativi e, tra questi, di indagine tramite interviste semi-strutturate. E’ stata condivisa un’epistemologia socio-costruzionista, assumendo che i dati raccolti e la loro interpretazione sono una rappresentazione della realtà e il prodotto di un processo interattivo di costruzione dei significati tra ricercatore, partecipanti e contesto. I partecipanti alla ricerca sono stati i genitori di 14 nuclei famigliari; 27 caregiver sostitutivi di 19 bambini adottati in 10 diversi Paesi ed entrati nelle loro famiglie adottive in diverse fasce di età. La ricerca si è posta come obiettivo quello verificare se esistono, nelle famiglie intervistate, comuni strategie educative positive e se sono possibili modelli relazionali ripetibili. Cogliere la qualità delle relazioni che si creano nel contesto familiare, per individuare i processi e le strategie riparative messe in atto dal nucleo per superare le situazioni problematiche che si sono presentate nel percorso per diventare famiglia. Nell’indagare l’efficacia della famiglia adottiva si è cercato di capire come hanno influenzato il percorso adottivo il contesto comunitario, le risorse positive delle persone e i loro ambienti. Nonostante i molti limiti della ricerca, dall’analisi dei dati sono emersi risultati interessanti. Ad esempio, le condizioni che hanno agito in senso protettivo nella vita familiare di tutti i soggetti coinvolti nel percorso adottivo, dalla sintonia di coppia e genitoriale, alla rete familiare ed amicale/sociale, oltre che alle risorse positive delle persone coinvolte. I risultati complessivi dell’analisi qualitativa mostrano, tuttavia, un quadro più complesso in cui la coppia si trova a dover affrontare in solitudine notevoli difficoltà, soprattutto nel post adozione. Il risultato dell’analisi dei dati conduce a confermare che la famiglia adottiva è il terreno più favorevole per l’esplicarsi delle capacità e potenzialità di un bambino che ha subito un abbandono, ma non è sufficiente l’amore e l’accudimento dei genitori per “creare” la famiglia e riparare le ferite che il figlio porta con sé. La famiglia adottiva, che più delle altre è una famiglia in continuo divenire, ha un compito rilevante, che si dispiega nel tempo. In questo compito, anche sociale, la famiglia ha bisogno di non essere lasciata sola, ha bisogno di un supporto. I risultati di ricerca portano ad auspicare una risposta legislativa che includa il benessere del minore e della famiglia tra le finalità ultime dell’adozione, non solo “la messa in sicurezza” del bambino dentro un contesto familiare idoneo, come avviene adesso. In un’ottica di giustizia sociale e con possibili contributi della giustizia riparativa. Senza negare il ruolo che l’abbandono può avere nella psiche del bambino/a, lo sguardo è di prospettiva ed è centrato su come la famiglia adottiva può essere il luogo dove affrontare questa perdita e dove il figlio può essere aiutato a ricercare le proprie radici (Pojaghi, 2014) e crearne delle nuove.

Il diritto all’amore di una famiglia. La funzione sociale e riparativa dell’adozione

2019

Abstract

I contributi delle ricerche psicologiche sulla famiglia e sull’adozione rappresentano i capisaldi che hanno permesso alla psicologia di interagire con le norme di diritto, rendendo possibile una rivoluzione culturale e giuridica del mondo dell’infanzia e dando un profondo e adeguato senso allo status di figlio e alla funzione della famiglia, che è quella di promuovere lo sviluppo della personalità del minore. La famiglia non è tutelata in sé, ma quale mezzo di promozione dello sviluppo della personalità del minore. Famiglia biologica e famiglia adottiva rappresentano, dunque, i due estremi del diritto del soggetto minore di età ad avere una famiglia, in una prospettiva funzionale al suo benessere. Il contesto ottimale di crescita è quello di origine, in caso di abbandono il bambino ha il diritto di vivere in un contesto familiare sostitutivo, adeguato ad accoglierlo. La decisione di recidere questo importantissimo legame con le origini può essere giustificato solo nel caso in cui non sia in altro modo possibile tutelare la preminente esigenza del bambino di vivere in un ambiente familiare tutelante, funzionale alla sua crescita. Gli effetti dell’abbandono possono essere molto traumatizzanti e compromettere il percorso evolutivo del bambino. Le ricerche psicologiche, focalizzate sulla sfera comportamentale del minore proveniente da un’esperienza di abbandono, hanno evidenziato che i problemi si possono manifestare sotto forma di iperattività, deficit di attenzione, stereotipie, autolesionismi, mancanza di contatto visivo con altre persone, difficoltà nell’esternare e nell’interiorizzare comportamenti, difficoltà di autoregolazione e di relazione (Fermani, Muzi, 2019). Partendo dallo studio dei paradigmi teorici della psicologia sociale sull’argomento, si è passati ad un’analisi dei testi delle principali normative sul diritto del minore ad avere una famiglia, con un approccio affine al diritto psicologico. Lo studio ha evidenziato che la tutela del diritto del minore a vivere in un contesto familiare adeguato, anche se sostitutivo, si interrompe nel momento in cui viene “costruita”, tramite sentenza, la famiglia adottiva. Il periodo di assistenza dei servizi sociali si prolunga, al più tardi, dopo un anno dell’ingresso del bambino, in caso di adozione internazionale. Questo dato è grave, gli studi e le ricerche psicologiche dimostrano che la formazione della famiglia sostitutiva, la creazione del patto adottivo, è un percorso che richiede molto tempo. E’ un evento stressante e la famiglia deve essere aiutata affinché la funzione riparativa del benessere possa essere realizzata. La famiglia adottiva viene “creata” per un’esigenza di tutela del bambino, quindi, rientra tra quei diritti della persona che, per essere pienamente realizzati, devono riuscire a soddisfare realmente le esigenze della persona (Camerini, 2013). La tutela del bambino potrà considerarsi definitivamente chiusa solo quando nella famiglia sostitutiva si sarà concluso il percorso per diventare famiglia e il soggetto minore di età non avrà superato tutte le difficoltà che gli derivano dal suo passato. La ricerca sociale, che ha completato questo lavoro di studio, è stata realizzata proprio con questo intento. Considerato che l’interesse della ricerca era diretto alla comprensione del percorso familiare che conduce al patto adottivo, sotto il profilo epistemologico e metodologico si è optato per metodi qualitativi e, tra questi, di indagine tramite interviste semi-strutturate. E’ stata condivisa un’epistemologia socio-costruzionista, assumendo che i dati raccolti e la loro interpretazione sono una rappresentazione della realtà e il prodotto di un processo interattivo di costruzione dei significati tra ricercatore, partecipanti e contesto. I partecipanti alla ricerca sono stati i genitori di 14 nuclei famigliari; 27 caregiver sostitutivi di 19 bambini adottati in 10 diversi Paesi ed entrati nelle loro famiglie adottive in diverse fasce di età. La ricerca si è posta come obiettivo quello verificare se esistono, nelle famiglie intervistate, comuni strategie educative positive e se sono possibili modelli relazionali ripetibili. Cogliere la qualità delle relazioni che si creano nel contesto familiare, per individuare i processi e le strategie riparative messe in atto dal nucleo per superare le situazioni problematiche che si sono presentate nel percorso per diventare famiglia. Nell’indagare l’efficacia della famiglia adottiva si è cercato di capire come hanno influenzato il percorso adottivo il contesto comunitario, le risorse positive delle persone e i loro ambienti. Nonostante i molti limiti della ricerca, dall’analisi dei dati sono emersi risultati interessanti. Ad esempio, le condizioni che hanno agito in senso protettivo nella vita familiare di tutti i soggetti coinvolti nel percorso adottivo, dalla sintonia di coppia e genitoriale, alla rete familiare ed amicale/sociale, oltre che alle risorse positive delle persone coinvolte. I risultati complessivi dell’analisi qualitativa mostrano, tuttavia, un quadro più complesso in cui la coppia si trova a dover affrontare in solitudine notevoli difficoltà, soprattutto nel post adozione. Il risultato dell’analisi dei dati conduce a confermare che la famiglia adottiva è il terreno più favorevole per l’esplicarsi delle capacità e potenzialità di un bambino che ha subito un abbandono, ma non è sufficiente l’amore e l’accudimento dei genitori per “creare” la famiglia e riparare le ferite che il figlio porta con sé. La famiglia adottiva, che più delle altre è una famiglia in continuo divenire, ha un compito rilevante, che si dispiega nel tempo. In questo compito, anche sociale, la famiglia ha bisogno di non essere lasciata sola, ha bisogno di un supporto. I risultati di ricerca portano ad auspicare una risposta legislativa che includa il benessere del minore e della famiglia tra le finalità ultime dell’adozione, non solo “la messa in sicurezza” del bambino dentro un contesto familiare idoneo, come avviene adesso. In un’ottica di giustizia sociale e con possibili contributi della giustizia riparativa. Senza negare il ruolo che l’abbandono può avere nella psiche del bambino/a, lo sguardo è di prospettiva ed è centrato su come la famiglia adottiva può essere il luogo dove affrontare questa perdita e dove il figlio può essere aiutato a ricercare le proprie radici (Pojaghi, 2014) e crearne delle nuove.
2019
Italiano
Università degli Studi di Macerata
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/153285
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMC-153285