Il diritto del bilancio è, per differenti e note ragioni, un tema classico nella riflessione giuspubblicistica. Sul piano della storia dei concetti, non può non considerarsi il legame fra le prime affermazioni di complessi giuridici volti a regolare l’attività finanziaria dello Stato e la nascita della rappresentanza politica, da cui la particolare attenzione alla legge di bilancio nell’ambito dei rapporti fra Parlamento e Governo e, più in generale, nel contesto della forma di governo. Attenzione la quale trova, attualmente, rinnovata giustificazione nel processo di integrazione europea e nei relativi effetti: il percorso avviato dal Trattato di Maastricht - e gli approdi successivi conseguenti alla crisi dell’Eurozona e a quella pandemica - hanno provocato il rafforzamento della posizione del Governo nella definizione dei contenuti della decisione di bilancio e un relativo indebolimento del Parlamento. Ebbene, in siffatto contesto, la domanda di ricerca del presente lavoro ha come oggetto il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica alla luce del principio democratico accolto dalla Costituzione repubblicana. Lo studio si propone di indagare il modo in cui il diritto del bilancio - inteso come complesso giuridico cui contribuiscono le norme costituzionali e quelle derivanti dal diritto eurounitario e internazionale, nonché i principi contabili individuati dalla normativa di rango primario - si interfaccia con la necessità ineludibile, almeno delle democrazie costituzionali, di mantenere costante il nesso fra esercizio del pubblico potere e responsabilità politica di fronte al corpo elettorale, e di verificare - di conseguenza - se e in che modo le norme preposte a disciplinare le attività di predisposizione e gestione del bilancio dello Stato contribuiscano a vivificare il rapporto fra eletti ed elettori. Tale prospettiva - la quale assume per certi versi un carattere di obliquità rispetto all’approccio tradizionale - appare giustificata dall’osservazione che, se da una parte il diritto del bilancio non può non essere letto sotto la lente della rappresentanza politica e della forma di Governo, dall’altra, lo stesso non si esaurisce in ciò, dovendo assumere virtualità ulteriori, che non sarebbero apprezzabili se non attraverso un’analisi che tenga conto dell’evoluzione delle forme di Stato e perciò dei modelli attraverso cui si è conformato nel tempo il rapporto fra Stato e cittadino, fra istituzioni rappresentative e corpo elettorale. In considerazione di questa premessa, si è ritenuto opportuno sviluppare l’indagine seguendo un modello diacronico scandito in tre fasi (periodo liberale, periodo repubblicano fino al 1992, periodo repubblicano successivo al 1992). Nel Capitolo primo, il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica verrà affrontato nell’ambito dell’esperienza liberale italiana, attraverso un’analisi della disciplina di bilancio così come emergente dallo Statuto e dalla prassi, esplicitandone i relativi presupposti teorici, i quali vengono individuati principalmente nella particolare conformazione del rapporto fra libertà-autonomia, libertà-partecipazione e Stato di diritto, e nel modello rappresentativo fondato sul suffragio ristretto. Il Capitolo secondo affronterà la questione nel contesto del passaggio allo Stato costituzionale e della relativa affermazione. L’attenzione verrà posta sull’impatto che il principio democratico e pluralista provocano sulla decisione di bilancio, alla luce della specifica realizzazione del principio di maggioranza nell’esperienza italiana. In questo senso, l’analisi del ruolo affidato al partito - insieme con l’esplicitazione della funzione svolta dal bilancio come strumento di contenimento del conflitto politico - contribuiranno ad individuare potenzialità e criticità dell’originario testo dell’art. 81 della Costituzione. Con il Capitolo terzo, il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica verrà analizzato nell’ambito del processo di integrazione europea, in un arco temporale che corre dal 1992 ad oggi. Dopo una illustrazione del complesso normativo che struttura l’Unione economica e monetaria e delle finalità da questa perseguite, si procederà ad indicare i principali momenti di riforma rilevanti sul piano nazionale (L. n. 196 del 2009, L. Cost. n. 1 del 2012 e L. n. 163 del 2016) e la relativa connessione con l’ordinamento sovranazionale. Qui l’attenzione sarà posta sulla effettiva capacità del diritto eurounitario di vincolare o meno le scelte politiche nazionali; a tal fine l’analisi avrà ad oggetto l’utilizzo dei meccanismi di condizionalità adoperati dall’Unione. Come noto, soprattutto nel rispondere alla crisi dell’Eurozona, la condizionalità è stata utilizzata come strumento capace di vincolare, pur indirettamente, l’indirizzo politico dei Paesi membri (o per lo meno di alcuni di questi); su questo presupposto di tenterà di dimostrare che sia la condizionalità che il complesso delle regole fiscali siano strumenti giuridici non necessariamente espressivi di una ideologia particolare (in specie di quella ordoliberale), perciò virtualmente adiafori rispetto all’oggetto di indagine del presente studio. Nell’ultimo Capitolo e nelle Conclusioni, si proporrà un modello di relazione fra principio democratico, regole europee e principi contabili. In questo senso, verrà considerato da una parte il filone giurisprudenziale che ha seguito la sent. n. 184 del 2016 - la quale ha per prima esplicitato il valore del bilancio quale “bene pubblico”, in specie con riferimento alla relativa capacità di porsi quale parametro di giudizio necessario al corpo elettorale al fine di poter giudicare compiutamente i propri rappresentanti. - e dall’altra le risposte europee alla crisi pandemica. L’emissione di debito comune diretto a finanziare il Next Generation EU, l’affermazione di una condizionalità ora dal volto promozionale (quella relativa alla protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dello Stato di diritto), e gli approdi del processo di riforma del Patto di stabilità a seguito della sua sospensione, potrebbero aiutare a rilevare una certa variabilità del contributo offerto dall’Unione alla determinazione della decisione di bilancio sul piano nazionale; contributo il quale, tuttavia, non si pone necessariamente come elemento di soluzione del nesso fra esercizio del potere e responsabilità politica. Sulla base di queste premesse si offrirà una sintesi conclusiva che, tenendo conto dell’evoluzione storica del rapporto fra responsabilità e potere nell’ambito della decisione di bilancio, fornisca una complessiva rilettura del diritto del bilancio e della sua funzionalità nel contemporaneo Stato costituzionale, con un’attenzione particolare alla necessità di proteggere la capacità di apprendimenti reciproci fra rappresentati e rappresentanti - soprattutto rispetto alla scelta sulla allocazione delle risorse finanziarie, e alla relativa gestione - siccome corollario non obliterabile del principio democratico.
Decisione di bilancio e responsabilità politica
GIOIA, GIANPIERO
2024
Abstract
Il diritto del bilancio è, per differenti e note ragioni, un tema classico nella riflessione giuspubblicistica. Sul piano della storia dei concetti, non può non considerarsi il legame fra le prime affermazioni di complessi giuridici volti a regolare l’attività finanziaria dello Stato e la nascita della rappresentanza politica, da cui la particolare attenzione alla legge di bilancio nell’ambito dei rapporti fra Parlamento e Governo e, più in generale, nel contesto della forma di governo. Attenzione la quale trova, attualmente, rinnovata giustificazione nel processo di integrazione europea e nei relativi effetti: il percorso avviato dal Trattato di Maastricht - e gli approdi successivi conseguenti alla crisi dell’Eurozona e a quella pandemica - hanno provocato il rafforzamento della posizione del Governo nella definizione dei contenuti della decisione di bilancio e un relativo indebolimento del Parlamento. Ebbene, in siffatto contesto, la domanda di ricerca del presente lavoro ha come oggetto il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica alla luce del principio democratico accolto dalla Costituzione repubblicana. Lo studio si propone di indagare il modo in cui il diritto del bilancio - inteso come complesso giuridico cui contribuiscono le norme costituzionali e quelle derivanti dal diritto eurounitario e internazionale, nonché i principi contabili individuati dalla normativa di rango primario - si interfaccia con la necessità ineludibile, almeno delle democrazie costituzionali, di mantenere costante il nesso fra esercizio del pubblico potere e responsabilità politica di fronte al corpo elettorale, e di verificare - di conseguenza - se e in che modo le norme preposte a disciplinare le attività di predisposizione e gestione del bilancio dello Stato contribuiscano a vivificare il rapporto fra eletti ed elettori. Tale prospettiva - la quale assume per certi versi un carattere di obliquità rispetto all’approccio tradizionale - appare giustificata dall’osservazione che, se da una parte il diritto del bilancio non può non essere letto sotto la lente della rappresentanza politica e della forma di Governo, dall’altra, lo stesso non si esaurisce in ciò, dovendo assumere virtualità ulteriori, che non sarebbero apprezzabili se non attraverso un’analisi che tenga conto dell’evoluzione delle forme di Stato e perciò dei modelli attraverso cui si è conformato nel tempo il rapporto fra Stato e cittadino, fra istituzioni rappresentative e corpo elettorale. In considerazione di questa premessa, si è ritenuto opportuno sviluppare l’indagine seguendo un modello diacronico scandito in tre fasi (periodo liberale, periodo repubblicano fino al 1992, periodo repubblicano successivo al 1992). Nel Capitolo primo, il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica verrà affrontato nell’ambito dell’esperienza liberale italiana, attraverso un’analisi della disciplina di bilancio così come emergente dallo Statuto e dalla prassi, esplicitandone i relativi presupposti teorici, i quali vengono individuati principalmente nella particolare conformazione del rapporto fra libertà-autonomia, libertà-partecipazione e Stato di diritto, e nel modello rappresentativo fondato sul suffragio ristretto. Il Capitolo secondo affronterà la questione nel contesto del passaggio allo Stato costituzionale e della relativa affermazione. L’attenzione verrà posta sull’impatto che il principio democratico e pluralista provocano sulla decisione di bilancio, alla luce della specifica realizzazione del principio di maggioranza nell’esperienza italiana. In questo senso, l’analisi del ruolo affidato al partito - insieme con l’esplicitazione della funzione svolta dal bilancio come strumento di contenimento del conflitto politico - contribuiranno ad individuare potenzialità e criticità dell’originario testo dell’art. 81 della Costituzione. Con il Capitolo terzo, il rapporto fra decisione di bilancio e responsabilità politica verrà analizzato nell’ambito del processo di integrazione europea, in un arco temporale che corre dal 1992 ad oggi. Dopo una illustrazione del complesso normativo che struttura l’Unione economica e monetaria e delle finalità da questa perseguite, si procederà ad indicare i principali momenti di riforma rilevanti sul piano nazionale (L. n. 196 del 2009, L. Cost. n. 1 del 2012 e L. n. 163 del 2016) e la relativa connessione con l’ordinamento sovranazionale. Qui l’attenzione sarà posta sulla effettiva capacità del diritto eurounitario di vincolare o meno le scelte politiche nazionali; a tal fine l’analisi avrà ad oggetto l’utilizzo dei meccanismi di condizionalità adoperati dall’Unione. Come noto, soprattutto nel rispondere alla crisi dell’Eurozona, la condizionalità è stata utilizzata come strumento capace di vincolare, pur indirettamente, l’indirizzo politico dei Paesi membri (o per lo meno di alcuni di questi); su questo presupposto di tenterà di dimostrare che sia la condizionalità che il complesso delle regole fiscali siano strumenti giuridici non necessariamente espressivi di una ideologia particolare (in specie di quella ordoliberale), perciò virtualmente adiafori rispetto all’oggetto di indagine del presente studio. Nell’ultimo Capitolo e nelle Conclusioni, si proporrà un modello di relazione fra principio democratico, regole europee e principi contabili. In questo senso, verrà considerato da una parte il filone giurisprudenziale che ha seguito la sent. n. 184 del 2016 - la quale ha per prima esplicitato il valore del bilancio quale “bene pubblico”, in specie con riferimento alla relativa capacità di porsi quale parametro di giudizio necessario al corpo elettorale al fine di poter giudicare compiutamente i propri rappresentanti. - e dall’altra le risposte europee alla crisi pandemica. L’emissione di debito comune diretto a finanziare il Next Generation EU, l’affermazione di una condizionalità ora dal volto promozionale (quella relativa alla protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dello Stato di diritto), e gli approdi del processo di riforma del Patto di stabilità a seguito della sua sospensione, potrebbero aiutare a rilevare una certa variabilità del contributo offerto dall’Unione alla determinazione della decisione di bilancio sul piano nazionale; contributo il quale, tuttavia, non si pone necessariamente come elemento di soluzione del nesso fra esercizio del potere e responsabilità politica. Sulla base di queste premesse si offrirà una sintesi conclusiva che, tenendo conto dell’evoluzione storica del rapporto fra responsabilità e potere nell’ambito della decisione di bilancio, fornisca una complessiva rilettura del diritto del bilancio e della sua funzionalità nel contemporaneo Stato costituzionale, con un’attenzione particolare alla necessità di proteggere la capacità di apprendimenti reciproci fra rappresentati e rappresentanti - soprattutto rispetto alla scelta sulla allocazione delle risorse finanziarie, e alla relativa gestione - siccome corollario non obliterabile del principio democratico.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/157524
URN:NBN:IT:UNIROMA1-157524