Nelle Epistulae Heroidum, Publio Ovidio Nasone mette da parte il proprio ego elegiaco, per lasciare la parola alle celebri donne relictae del mito. Tramite il poeta latino, queste eroine ottengono la possibilità di narrare gli eventi tragici dal proprio punto di vista, affidando il lamento a una missiva in distici elegiaci indirizzata all’amante lontano. L’intenzione di ogni eroina ovidiana non può che essere quella di persuadere ancora il proprio partner assente, affinché egli ricambi di nuovo il sentimento d’amore, facendo assumere alla propria epistula i tratti di una suasoria in versi, finalizzata a piegare l’animo del destinatario, che non è più eroe mitologico, ma amante elegiaco destinatario di querelae d’amore. Considerato il fine persuasivo delle epistulae, il Sulmonese, lui che è un narratore onnisciente, si sforzerà di far scrivere ogni sua eroina nel modo che le più congeniale, per genere sessuale e per status sociale, scegliendo plausibilmente i verba più coerenti al proprio carattere e al sentimento che ella nutre, creando un discorso che rispecchi i suoi ethos e pathos. Dunque, pare che ogni epistula sia stata elaborata da Ovidio non solo ricorrendo agli argumenta canonici delle declamationes, ma anche rispettando le norme che regolano altri esercizi progimnasmatici, tra cui l’ethopoeia. Tra le Epistulae Heroidum, l’epistula 6, indirizzata dalla regina di Lemno, Ipsipile, all’eroe Giasone, che l’ha sedotta e, poi, abbandonata, per unirsi alla maga colchica Medea, non gode di un’edizione completa di introduzione, traduzione e commento. Il lavoro di tesi si propone auspicabilmente di colmare tale lacuna, proponendo una traduzione in prosa e in italiano dell’epistola, corredata di un commento di tipo letterario e linguistico-filologico, in cui oggetto di indagine sono le relazioni di intertestualità esterna e interna, nell’àmbito di un testo concepito da chi, Ovidio, si propone come ‘erede’ della saga greca degli Argonauti (in cui trova spazio la storia d’amore tra Ipsipile e Giasone) e tesse strette e innegabili relazioni tra le sue epistulae, dal punto di vista lessicale e contenutistico. In particolare, non si può trascurare il fil rouge che tiene insieme la lettera di Ipsipile e quella redatta dalla sua rivale, la maga Medea (Ov. epist. 12), e indirizzata ancora a Giasone. La prima parte del lavoro, dal titolo Le Epistulae Heroidum: l’orgoglio di Ovidio, è costituita da due capitoli. Nel primo (Le Epistulae Heroidum: una visione d’insieme), sono indagati i tratti caratteristici dell’intera raccolta epistolare, al fine di cogliere le peculiarità di un opus che è definitivo ignotum dal Sulmonese (ars 3,346) e che si configura come un inedito Kreuzung di genere epistolare, di miti epici e tragici, di elegia, pur capovolta nei giochi di ruolo che la caratterizzano. Nel secondo capitolo, Le Epistulae Heroidum tra declamationes e altri esercizi progimnasmatici, l’attenzione è rivolta a quelle pratiche scolastiche che, note senza dubbio a Ovidio, penetrano (forse inconsapevolmente, forse in maniera calcolata) nelle lettere delle eroine, per rendere verisimili e, dunque, persuasivi i loro verba agli occhi dei destinatari. La seconda parte del lavoro (Ipsipile fra epica, elegia e retorica), costituita da un singolo capitolo (Ov. epist. 6: i verba di Ipsipile), è dedicata all’epistula 6: dopo un excursus sulla figura di Ipsipile, così come è consegnata dalle fonti classiche precedenti a Ovidio, un excursus utile per conoscere l’antefatto mitico, è stato proposto, oltre alla traduzione in italiano della lettera, un commento del testo latino, con l’intento di dimostrare che anche questa epistola risente verisimilmente della formazione scolastica e retorica di Ovidio, alle prese con suasoriae ed ethopoeiae.

Parole di uomini, voci di donne. Il caso di Ov. epist. 6

CORLITO, NOEMI
2024

Abstract

Nelle Epistulae Heroidum, Publio Ovidio Nasone mette da parte il proprio ego elegiaco, per lasciare la parola alle celebri donne relictae del mito. Tramite il poeta latino, queste eroine ottengono la possibilità di narrare gli eventi tragici dal proprio punto di vista, affidando il lamento a una missiva in distici elegiaci indirizzata all’amante lontano. L’intenzione di ogni eroina ovidiana non può che essere quella di persuadere ancora il proprio partner assente, affinché egli ricambi di nuovo il sentimento d’amore, facendo assumere alla propria epistula i tratti di una suasoria in versi, finalizzata a piegare l’animo del destinatario, che non è più eroe mitologico, ma amante elegiaco destinatario di querelae d’amore. Considerato il fine persuasivo delle epistulae, il Sulmonese, lui che è un narratore onnisciente, si sforzerà di far scrivere ogni sua eroina nel modo che le più congeniale, per genere sessuale e per status sociale, scegliendo plausibilmente i verba più coerenti al proprio carattere e al sentimento che ella nutre, creando un discorso che rispecchi i suoi ethos e pathos. Dunque, pare che ogni epistula sia stata elaborata da Ovidio non solo ricorrendo agli argumenta canonici delle declamationes, ma anche rispettando le norme che regolano altri esercizi progimnasmatici, tra cui l’ethopoeia. Tra le Epistulae Heroidum, l’epistula 6, indirizzata dalla regina di Lemno, Ipsipile, all’eroe Giasone, che l’ha sedotta e, poi, abbandonata, per unirsi alla maga colchica Medea, non gode di un’edizione completa di introduzione, traduzione e commento. Il lavoro di tesi si propone auspicabilmente di colmare tale lacuna, proponendo una traduzione in prosa e in italiano dell’epistola, corredata di un commento di tipo letterario e linguistico-filologico, in cui oggetto di indagine sono le relazioni di intertestualità esterna e interna, nell’àmbito di un testo concepito da chi, Ovidio, si propone come ‘erede’ della saga greca degli Argonauti (in cui trova spazio la storia d’amore tra Ipsipile e Giasone) e tesse strette e innegabili relazioni tra le sue epistulae, dal punto di vista lessicale e contenutistico. In particolare, non si può trascurare il fil rouge che tiene insieme la lettera di Ipsipile e quella redatta dalla sua rivale, la maga Medea (Ov. epist. 12), e indirizzata ancora a Giasone. La prima parte del lavoro, dal titolo Le Epistulae Heroidum: l’orgoglio di Ovidio, è costituita da due capitoli. Nel primo (Le Epistulae Heroidum: una visione d’insieme), sono indagati i tratti caratteristici dell’intera raccolta epistolare, al fine di cogliere le peculiarità di un opus che è definitivo ignotum dal Sulmonese (ars 3,346) e che si configura come un inedito Kreuzung di genere epistolare, di miti epici e tragici, di elegia, pur capovolta nei giochi di ruolo che la caratterizzano. Nel secondo capitolo, Le Epistulae Heroidum tra declamationes e altri esercizi progimnasmatici, l’attenzione è rivolta a quelle pratiche scolastiche che, note senza dubbio a Ovidio, penetrano (forse inconsapevolmente, forse in maniera calcolata) nelle lettere delle eroine, per rendere verisimili e, dunque, persuasivi i loro verba agli occhi dei destinatari. La seconda parte del lavoro (Ipsipile fra epica, elegia e retorica), costituita da un singolo capitolo (Ov. epist. 6: i verba di Ipsipile), è dedicata all’epistula 6: dopo un excursus sulla figura di Ipsipile, così come è consegnata dalle fonti classiche precedenti a Ovidio, un excursus utile per conoscere l’antefatto mitico, è stato proposto, oltre alla traduzione in italiano della lettera, un commento del testo latino, con l’intento di dimostrare che anche questa epistola risente verisimilmente della formazione scolastica e retorica di Ovidio, alle prese con suasoriae ed ethopoeiae.
2024
Italiano
MASSELLI, GRAZIA MARIA
Università degli Studi di Foggia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/164942
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIFG-164942