Tra il 1926 e il 1974, la Santa Sede e il Portogallo intrapresero un dialogo diplomatico volto a definire l'azione missionaria portoghese nei territori d'Oltremare, dove Lisbona esercitava giurisdizione, in particolare in Africa e in Oriente. A differenza di altre potenze coloniali, i rapporti tra Lisbona e il Vaticano furono segnati da negoziazioni complesse, finalizzate a conciliare la visione missionaria universale della Chiesa con il nazionalismo dei governi portoghesi, dapprima sotto la Dittatura Militare e poi nell'Estado Novo. Questi dialoghi culminarono con gli articoli missionari del Concordato e l'Accordo missionario del 1940. La Santa Sede riuscì in parte a frenare il declino dell'evangelizzazione in Africa, già compromessa dalle politiche anti-ecclesiastiche della Prima Repubblica portoghese (1913-1919), ma non riuscì a separare completamente l'evangelizzazione dall'obiettivo della portoghesizzazione, poiché per Lisbona le missioni cattoliche erano strettamente legate al controllo coloniale. La Curia romana scelse di collaborare strategicamente, creando le condizioni per lo sviluppo di comunità cattoliche autonome in Africa. Le dinamiche africane influirono anche sui rapporti tra Lisbona e Roma riguardo all'India, dove il Portogallo esercitava giurisdizione ecclesiastica su territori sotto il suo dominio e su alcune zone del Raj britannico, e successivamente dell'India indipendente. Questo studio, basato su fonti archivistiche vaticane e portoghesi, ricostruisce il complesso intreccio diplomatico tra la Santa Sede e il Portogallo fino al 1974, anno in cui la protesta dei Comboniani contro la Guerra coloniale, l'Accordo missionario e il silenzio della Chiesa mozambicana esplose poche settimane prima della caduta dell'Estado Novo (25 aprile 1974).
Il Portogallo, la Santa Sede e l'Impero: diplomazia e politica missionaria (1926-1974)
ENEA, Eugenio
2024
Abstract
Tra il 1926 e il 1974, la Santa Sede e il Portogallo intrapresero un dialogo diplomatico volto a definire l'azione missionaria portoghese nei territori d'Oltremare, dove Lisbona esercitava giurisdizione, in particolare in Africa e in Oriente. A differenza di altre potenze coloniali, i rapporti tra Lisbona e il Vaticano furono segnati da negoziazioni complesse, finalizzate a conciliare la visione missionaria universale della Chiesa con il nazionalismo dei governi portoghesi, dapprima sotto la Dittatura Militare e poi nell'Estado Novo. Questi dialoghi culminarono con gli articoli missionari del Concordato e l'Accordo missionario del 1940. La Santa Sede riuscì in parte a frenare il declino dell'evangelizzazione in Africa, già compromessa dalle politiche anti-ecclesiastiche della Prima Repubblica portoghese (1913-1919), ma non riuscì a separare completamente l'evangelizzazione dall'obiettivo della portoghesizzazione, poiché per Lisbona le missioni cattoliche erano strettamente legate al controllo coloniale. La Curia romana scelse di collaborare strategicamente, creando le condizioni per lo sviluppo di comunità cattoliche autonome in Africa. Le dinamiche africane influirono anche sui rapporti tra Lisbona e Roma riguardo all'India, dove il Portogallo esercitava giurisdizione ecclesiastica su territori sotto il suo dominio e su alcune zone del Raj britannico, e successivamente dell'India indipendente. Questo studio, basato su fonti archivistiche vaticane e portoghesi, ricostruisce il complesso intreccio diplomatico tra la Santa Sede e il Portogallo fino al 1974, anno in cui la protesta dei Comboniani contro la Guerra coloniale, l'Accordo missionario e il silenzio della Chiesa mozambicana esplose poche settimane prima della caduta dell'Estado Novo (25 aprile 1974).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/166203
URN:NBN:IT:UNIME-166203