Prendere sul serio i diritti implica prendere sul serio i doveri. Non solo per scongiurare un esiziale riduzionismo cognitivo – data la liaison morfologica e assiologica che ne struttura il binomio – ma anche perché la tensione fra queste due polarità che innervano la geometria delle relazioni umane illumina molti snodi problematici, giuridici e morali, del nostro tempo. In quest’ottica, il presente lavoro, dopo aver indagato le cause che hanno condotto la cultura giuridica a congedarsi dal dovere, a marginalizzarlo, fino a farlo arretrare nel cono d’ombra dell’ostilità, propone di rivalorizzarlo mostrandone due profili. Si tratta di due vólti del dovere che si coimplicano. E che esprimono esigenze divenute imprescindibili in un contesto segnato dall’onnipotenza della tecnica e dalla prepotenza del mercato. Il primo è analizzato alla luce del katéchon, controversa categoria concettuale della teologia politica. Categoria che Carl Schmitt attinge da un frammento della seconda epistola ai Tessalonicesi in cui si fa cenno a una enigmatica potenza, qualcosa (τò κατέχων - 2Ts 2,6) o qualcuno (o κατέχων - 2Ts 2,7), che trattiene il trionfo del mysterium iniquitatis e frena il dilagare dell’anomia (ἄνομος). La credenza in un potere qui tenet, trascesa la cornice escatologica paolina, ha rappresentato un punto nevralgico degli studi teologici, filosofico-politici e giuridici. In questa sede, l’idea di una istanza di moderazione è ripresa e associata alla configurazione del dovere come spazio catecontico nell’esperienza giuridica contemporanea. In particolare, la sua vis frenante è esaminata in tre direzioni: come argine allo svuotamento per estensione dei diritti fondamentali; come limite alla normativizzazione dei desideri; come garante, sul versante dei costi, della concreta sostenibilità delle tutele. Il secondo profilo afferisce al paradigma della Cura. Alla Sorge che Heidegger – nella duplice declinazione del prendersi-cura (Besorgen) e di aver-cura (Fürsorge) – riconduce alla struttura ontologico-esistenziale del Dasein, qualificandola come «l’essere dell’esserci». Ma l’analisi prende in considerazione anche l’ethics of care che costituisce un interessante modello di etica relazionale. Un’etica della concretezza che, contemplando il vólto dell’altro, si fa carico della sua fragilità. In ciò presentandosi come valida alternativa alle logiche dell’individualismo e dell’utilitarismo che dilagano nell’età della tecnica. Visto da questa angolatura, il dovere si spoglia della tara autoritaria che, a torto o a ragione, da sempre l’accompagna. Poiché non proietta lo sguardo di Gorgone del potere. Ma riflette la vista compassionevole del Buon Samaritano. In questo modo, il dovere immette nel sistema giuridico la «corrente calda» della solidarietà. E si fa custode della incommensurabile dignità dell’uomo, soprattutto quando questa è esposta all’esperienza del dolore e della vulnerabilità.

KATÉCHON E CURA. Il dovere nell’età dei diritti

BUFFO, ANGELO PIO
2019

Abstract

Prendere sul serio i diritti implica prendere sul serio i doveri. Non solo per scongiurare un esiziale riduzionismo cognitivo – data la liaison morfologica e assiologica che ne struttura il binomio – ma anche perché la tensione fra queste due polarità che innervano la geometria delle relazioni umane illumina molti snodi problematici, giuridici e morali, del nostro tempo. In quest’ottica, il presente lavoro, dopo aver indagato le cause che hanno condotto la cultura giuridica a congedarsi dal dovere, a marginalizzarlo, fino a farlo arretrare nel cono d’ombra dell’ostilità, propone di rivalorizzarlo mostrandone due profili. Si tratta di due vólti del dovere che si coimplicano. E che esprimono esigenze divenute imprescindibili in un contesto segnato dall’onnipotenza della tecnica e dalla prepotenza del mercato. Il primo è analizzato alla luce del katéchon, controversa categoria concettuale della teologia politica. Categoria che Carl Schmitt attinge da un frammento della seconda epistola ai Tessalonicesi in cui si fa cenno a una enigmatica potenza, qualcosa (τò κατέχων - 2Ts 2,6) o qualcuno (o κατέχων - 2Ts 2,7), che trattiene il trionfo del mysterium iniquitatis e frena il dilagare dell’anomia (ἄνομος). La credenza in un potere qui tenet, trascesa la cornice escatologica paolina, ha rappresentato un punto nevralgico degli studi teologici, filosofico-politici e giuridici. In questa sede, l’idea di una istanza di moderazione è ripresa e associata alla configurazione del dovere come spazio catecontico nell’esperienza giuridica contemporanea. In particolare, la sua vis frenante è esaminata in tre direzioni: come argine allo svuotamento per estensione dei diritti fondamentali; come limite alla normativizzazione dei desideri; come garante, sul versante dei costi, della concreta sostenibilità delle tutele. Il secondo profilo afferisce al paradigma della Cura. Alla Sorge che Heidegger – nella duplice declinazione del prendersi-cura (Besorgen) e di aver-cura (Fürsorge) – riconduce alla struttura ontologico-esistenziale del Dasein, qualificandola come «l’essere dell’esserci». Ma l’analisi prende in considerazione anche l’ethics of care che costituisce un interessante modello di etica relazionale. Un’etica della concretezza che, contemplando il vólto dell’altro, si fa carico della sua fragilità. In ciò presentandosi come valida alternativa alle logiche dell’individualismo e dell’utilitarismo che dilagano nell’età della tecnica. Visto da questa angolatura, il dovere si spoglia della tara autoritaria che, a torto o a ragione, da sempre l’accompagna. Poiché non proietta lo sguardo di Gorgone del potere. Ma riflette la vista compassionevole del Buon Samaritano. In questo modo, il dovere immette nel sistema giuridico la «corrente calda» della solidarietà. E si fa custode della incommensurabile dignità dell’uomo, soprattutto quando questa è esposta all’esperienza del dolore e della vulnerabilità.
17-giu-2019
Italiano
MILETTI, MARCO NICOLA
Università degli Studi di Foggia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/169672
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIFG-169672