Sebbene gli stimoli olfattivi forniscano informazioni utili alla sopravvivenza, la comprensione dei meccanismi responsabili dell’elaborazione olfattiva è ancora lontana dall’aver prodotto conclusioni definitive. Dopo una breve introduzione relativa alle caratteristiche anatomiche e fisiologiche del sistema olfattiva (Capitolo 1), ho focalizzato la mia attenzione sulla descrizione dei disturbi olfattivi quantitativi e qualitativi presentati da pazienti cui sono state diagnosticate alterazioni del senso dell’olfatto (Capitolo 2). Questo con lo scopo di evidenziare le differenze tra elaborazione olfattiva normale e patologica. Successivamente, ho spostato il livello di analisi ad un grado di complessità maggiore considerando il modo in cui gli odori sono percepiti ed elaborati a livello cognitivo, con particolare riferimento alle modalità con cui le persone descrivono la propria esperienza olfattiva (Capitolo 3). Il Capitolo 4 fornisce una concisa revisione delle metodologie attualmente utilizzate per valutare la prestazione olfattiva nell’uomo, distinguendole in procedure esplicite (che richiedono una mediazione consapevole) e implicite (che richiedono un’elaborazione a livello subliminale). La seconda parte di questa tesi concerne la presentazione del lavoro sperimentale da me svolto. Nel primo esperimento (Capitolo 5) ho somministrato ad un gruppo omogeneo e altamente selezionato di pazienti con sclerosi multipla recidiva-remittente un test olfattivo esplicito, chiamato Sniffin’ Sticks Extended Test. Questa misura permette sia di valutare aspetti specifici della prestazione olfattiva, quali soglia, discriminazione e identificazione olfattiva, sia di ottenere un punteggio (TDI) che informa relativamente alla capacità olfattiva globale. Due sono gli scopi principali di questo studio. Comprendere se un test olfattivo esplicito è in grado di rilevare affidabilmente una disfunzione olfattiva globale o specifica in pazienti con sclerosi multipla. Verificare se alcune specifiche aree del sistema nervoso centrale possono fornire marcatori biologici attendibili (es., numero e volume delle placche all’interno delle principali aree olfattive centrali) che correlano con la prestazione olfattiva di questi pazienti. Sulla base di risposte verbalizzate (che raggiungono il livello di consapevolezza manifesta) al test Sniffin’ Sticks, il 34% del nostro campione di pazienti con sclerosi multipla presenta una riduzione olfattiva compatibile con l’iposmia. In particolare, le componenti di discriminazione e identificazione olfattiva (ma non quella di soglia) hanno efficacemente discriminato il gruppo di pazienti con sclerosi multipla dal gruppo di controllo. Dal punto di vista neurale, non sono state rilevate correlazioni significative tra il numero e il volume delle placche nelle regioni centrali del sistema olfattivo e i punteggi al test comportamentale. In conclusione, i risultati presentati nel Capitolo 5 indicano che l’utilizzo di test olfattivi espliciti, sebbene molto utile dal punto di vista clinico per una rapida valutazione dei disturbi olfattivi, non riesce a spiegare in modo conclusivo diversi aspetti della capacità umana di elaborare gli odori. Questa affermazione è ulteriormente supportata dalla mancata correlazione tra i punteggi al test e i marcatori biologici considerati. Mi sono, quindi, chiesta se le procedure di valutazione esplicite potessero celare altre forme di elaborazione degli odori. Per questo ho diretto il mio interesse verso forme di valutazione olfattiva implicita. Per minimizzare l’influenza che le abilità verbali posso avere sull’elaborazione olfattiva, ho utilizzato dei paradigmi che rivelano, attraverso l’analisi della cinematica del movimento, come gli stimoli olfattivi vengono elaborati e come influenzano il comportamento motorio. Gli esperimenti inclusi nei Capitoli 6, 7 e 8 sono stati specificatamente costruiti per valutare questo aspetto. Negli esperimenti riportati nei Capitoli 6 e 7 ho studiato gli effetti di odori comuni (ovvero, prodotti da fonti inanimate) in due gruppi di pazienti che, ai test olfattivi espliciti, falliscono. In particolare, ho testato un gruppo di pazienti con esiti da trauma cranico (Capitolo 6) e con morbo di Parkinson (Capitolo 7) - considerati funzionalmente anosmici - per valutare la presenza di residue abilità olfattive implicite attraverso lo studio indiretto dell’influenza prodotta da un odore sulla cinematica dei movimenti della mano. Ai partecipanti è stato chiesto di compiere movimenti di raggiungimento-prensione verso un oggetto grande o piccolo (es., rispettivamente, una mela o una fragola di plastica) dopo aver presentano degli stimoli olfattivi. L’odore poteva richiamare (condizione congruente) o meno (condizione incongruente) la dimensione dell’oggetto da afferrare oppure poteva non essere presente (condizione di controllo). La rilevazione di effetti di facilitazione era attesa per alcune alcune variabili cinematiche quando veniva presentato un odore congruente. Ipotizzavo, invece, che la presentazione di un odore incongruente fosse legata a effetti di interferenza. Il Capitolo 6 descrive i risultati dello studio condotto su un gruppo di pazienti anosmici con esiti di trauma cranico. Confrontando la prestazione di questi pazienti con un gruppo di pazienti con trauma cranico normosmici o lievemente microsmici e un gruppo di controlli neurologicamente sani, emerge che i tre gruppi erano influenzati in maniera analoga dalla presentazione degli stimoli olfattivi. Sebbene nei presenti gruppi non siano stati rilevati effetti di facilitazione, si evidenzia un effetto di interferenza. In particolare, quando un partecipante afferrava un oggetto grande preceduto dalla presentazione di un odore che evocava un oggetto di piccole dimensioni, uno dei parametri cinematici che indicano come la mano si conforma attorno all’oggetto (massima velocità di apertura della mano) era maggiore rispetto a quando lo stesso oggetto veniva preceduto da un odore che evocava una presa congruente alla dimensione dell’oggetto visivo o quando nessun odore veniva presentato. La presente evidenza suggerisce che una qualche forma di elaborazione olfattiva implicita permane in pazienti che falliscono ai test olfattivi espliciti. I risultati presentati nel Capitolo 7 indicano che, analogamente ai controlli neurologicamente sani e a pazienti con parkinsonismo vascolare - che non presentano disturbi olfattivi - pazienti con diagnosi di morbo di Parkinson idiopatico erano facilitati nell’esecuzione dei azioni quando esposti a odori che evocano un oggetto di dimensioni simili a quelle dell’oggetto da afferrare. Questo tipo di preparazione basata sullo stimolo olfattivo produce una riduzione della bradicinesia del movimento di raggiungimento e dell’ipometria dell’apertura della mano, che sono identificati tra i classici disturbi motori presentati da questi pazienti. Tuttavia, tale effetto di facilitazione non si manifestava quando l’odore evocava un oggetto di dimensioni diverse rispetto a quello da afferrare. Nel complesso questi risultati sembrano supportare la presenza di un’adeguata residua elaborazione olfattiva implicita in pazienti con morbo di Parkinson idiopatico. Sulla base dei dati prodotti dagli esperimenti riportati nei Capitoli 6 e 7, ho avanzato alcune possibili congetture teoriche. Per avere un effetto sul comportamento, l’elaborazione implicita di un odore non richiede il riconoscimento consapevole dello stimolo. Perciò, l’elaborazione olfattiva implicita sembra eludere il coinvolgimento delle funzioni cognitive superiori e sfruttare, piuttosto, l’integrità di altre aree cerebrali. Ipotizzo che l’amigdala, un’area fisicamente vicina alle aree olfattive centrali e preservata nei pazienti testati, sia un buon candidato per giocare questo ruolo. Una volta confermati, questi dati potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo di strategie di riabilitazione per pazienti con trauma cranico e morbo di Parkinson idiopatico. Infatti, la capacità residua di percepire gli stimoli olfattivi e di rispondere inconsapevolmente in modo adeguato a tali stimoli può essere utilizzata per progettare esercizi per migliorare il controllo motorio degli arti superiori. Negli esperimenti appena descritti, pazienti identificati come anosmici presentano preservate capacità di elaborazione implicita di odori comuni, come dimostrato dalle alterazioni cinematiche rilevate sul movimento di raggiungimento-prensione. Dato che l’elaborazione di odori caratterizzati da diverse proprietà (es., un diverso grado di rilevanza biologica) richiede l’implementazione in circuiti neurali differenti, l’esposizione a odori corporei potrebbe far emergere un’elaborazione olfattiva di carattere implicito in pazienti con ridotte abilità olfattive? Lo studio presentato nel Capitolo 8 è stato specificatamente disegnato per rispondere a questa domanda. Un gruppo di pazienti con autismo ad alto funzionamento e un gruppo di controlli di pari età e sesso sono stati reclutati ed esposti a stimoli olfattivi biologicamente rilevanti. Gli odori sono stati raccolti da dischetti di cotone indossati sotto le ascelle dalle madri dei partecipanti. Per valutare in modo indiretto l’elaborazione implicita di questi odori, ho applicato una versione modificata del paradigma di priming visuomotorio, cui ho aggiunto una stimolazione olfattiva. Classicamente, questo paradigma rivela un effetto di facilitazione motoria indotto dalla semplice osservazione di un movimento sull’esecuzione di un’azione simile (Craighero, Fadiga, Umiltà, & Rizzolatti, 1996). I partecipanti sono stati esposti sia all’odore della loro stessa madre, all’odore della madre di un altro partecipante o a nessun odore. Successivamente, è stato chiesto loro di osservare un modello (la loro madre o la madre di un altro partecipante) mentre eseguiva un’azione di raggiungimento-prensione verso un oggetto e sono stati osservati eseguire l’azione in assenza di specifiche istruzioni relative all’imitazione del gesto. Come riportato nel Capitolo 8, le analisi rivelano che l’odore corporeo familiare è efficace nel modulare gli effetti di priming visuomotorio. Sebbene i partecipanti a sviluppo tipico presentino un effetto di facilitazione visuomotoria in tutte le condizioni, i partecipanti con autismo ad alto funzionamento presentano tale facilitazione motoria selettivamente quando esposti all’odore della propria madre. L’insieme di questi risultati suggerisce che gli odori corporei familiari possono avere la capacità di trasmettere significati sociali all’oggetto su cui viene eseguita l’azione. Questo implicherebbe che l’elaborazione implicita degli stimoli olfattivi sia preservata in pazienti con autismo ad alto funzionamento, sebbene l’applicazione di test espliciti non lo rilevi. Inoltre, il senso dell’olfatto potrebbe avere la rilevanza necessaria per aiutare le persone con autismo ad alto funzionamento a creare interazioni sociali. Complessivamente i risultati degli esperimenti presentati nella presente tesi suggeriscono che le modalità di valutazione esplicita della percezione olfattiva possono produrre conclusioni non definitive in alcune popolazioni neurologiche (Capitolo 5) e possono nascondere residue abilità olfattive implicite in altre (Capitolo 6, 7 e 8). Inoltre, la valutazione di odori con diversi gradi di rilevanza biologica fa emergere la possibilità che una comunicazione implicita mediata da stimoli olfattivi sia possibile. Alla luce di quanto detto sopra, gli aspetti innovativi della presente tesi sono molti e poliedrici. In primo luogo, ho applicato una tecnica per lo studio del controllo sensorimotorio nell’uomo al contesto clinico. Questa metodologia ha dimostrato il suo potenziale nel cogliere aspetti dell’elaborazione olfattiva che, altrimenti, sarebbero rimasti nascosti, se si fossero considerati solamente gli aspetti olfattivi espliciti (Capitolo 5) – come accade nella maggior parte degli studi presenti nella letteratura sull’argomento. Ha, inoltre, permesso di svelare la presenza di un tipo di elaborazione olfattiva implicita in diverse popolazioni neurologiche che presentano sindromi caratterizzate da iposmia o anosmia (Capitoli 6, 7 e 8). Il grado di interconnessione tra le aree cerebrali olfattive può fornire una spiegazione alla permanenza di questa forma di elaborazione olfattiva in relazione al malfunzionamento di diverse regioni cerebrali. In secondo luogo, questa tesi estende la precedente letteratura sul tema dell’elaborazione olfattiva umana evidenziando l’esistenza di una dissociazione tra elaborazione olfattiva implicita ed esplicita (Capitoli 6, 7, e 8), che a livello neurale, può riflettersi nel coinvolgimento di differenti aree cerebrali. In terzo luogo, da un punto di vista clinico, considerare il livello di rilevanza biologica degli odori in popolazioni neurologiche costituisce un ulteriore aspetto di novità del presente lavoro (Capitolo 8) Per concludere, in una prospettiva clinica, i risultati qui riportati (Capitoli 6, 7 e 8) possono essere utilizzati in fase di sviluppo di nuove strategie riabilitative per le popolazioni neurologiche conside

Insights into the olfactory abilities of neurological populations. From perception to action

PARMA, VALENTINA
2012

Abstract

Sebbene gli stimoli olfattivi forniscano informazioni utili alla sopravvivenza, la comprensione dei meccanismi responsabili dell’elaborazione olfattiva è ancora lontana dall’aver prodotto conclusioni definitive. Dopo una breve introduzione relativa alle caratteristiche anatomiche e fisiologiche del sistema olfattiva (Capitolo 1), ho focalizzato la mia attenzione sulla descrizione dei disturbi olfattivi quantitativi e qualitativi presentati da pazienti cui sono state diagnosticate alterazioni del senso dell’olfatto (Capitolo 2). Questo con lo scopo di evidenziare le differenze tra elaborazione olfattiva normale e patologica. Successivamente, ho spostato il livello di analisi ad un grado di complessità maggiore considerando il modo in cui gli odori sono percepiti ed elaborati a livello cognitivo, con particolare riferimento alle modalità con cui le persone descrivono la propria esperienza olfattiva (Capitolo 3). Il Capitolo 4 fornisce una concisa revisione delle metodologie attualmente utilizzate per valutare la prestazione olfattiva nell’uomo, distinguendole in procedure esplicite (che richiedono una mediazione consapevole) e implicite (che richiedono un’elaborazione a livello subliminale). La seconda parte di questa tesi concerne la presentazione del lavoro sperimentale da me svolto. Nel primo esperimento (Capitolo 5) ho somministrato ad un gruppo omogeneo e altamente selezionato di pazienti con sclerosi multipla recidiva-remittente un test olfattivo esplicito, chiamato Sniffin’ Sticks Extended Test. Questa misura permette sia di valutare aspetti specifici della prestazione olfattiva, quali soglia, discriminazione e identificazione olfattiva, sia di ottenere un punteggio (TDI) che informa relativamente alla capacità olfattiva globale. Due sono gli scopi principali di questo studio. Comprendere se un test olfattivo esplicito è in grado di rilevare affidabilmente una disfunzione olfattiva globale o specifica in pazienti con sclerosi multipla. Verificare se alcune specifiche aree del sistema nervoso centrale possono fornire marcatori biologici attendibili (es., numero e volume delle placche all’interno delle principali aree olfattive centrali) che correlano con la prestazione olfattiva di questi pazienti. Sulla base di risposte verbalizzate (che raggiungono il livello di consapevolezza manifesta) al test Sniffin’ Sticks, il 34% del nostro campione di pazienti con sclerosi multipla presenta una riduzione olfattiva compatibile con l’iposmia. In particolare, le componenti di discriminazione e identificazione olfattiva (ma non quella di soglia) hanno efficacemente discriminato il gruppo di pazienti con sclerosi multipla dal gruppo di controllo. Dal punto di vista neurale, non sono state rilevate correlazioni significative tra il numero e il volume delle placche nelle regioni centrali del sistema olfattivo e i punteggi al test comportamentale. In conclusione, i risultati presentati nel Capitolo 5 indicano che l’utilizzo di test olfattivi espliciti, sebbene molto utile dal punto di vista clinico per una rapida valutazione dei disturbi olfattivi, non riesce a spiegare in modo conclusivo diversi aspetti della capacità umana di elaborare gli odori. Questa affermazione è ulteriormente supportata dalla mancata correlazione tra i punteggi al test e i marcatori biologici considerati. Mi sono, quindi, chiesta se le procedure di valutazione esplicite potessero celare altre forme di elaborazione degli odori. Per questo ho diretto il mio interesse verso forme di valutazione olfattiva implicita. Per minimizzare l’influenza che le abilità verbali posso avere sull’elaborazione olfattiva, ho utilizzato dei paradigmi che rivelano, attraverso l’analisi della cinematica del movimento, come gli stimoli olfattivi vengono elaborati e come influenzano il comportamento motorio. Gli esperimenti inclusi nei Capitoli 6, 7 e 8 sono stati specificatamente costruiti per valutare questo aspetto. Negli esperimenti riportati nei Capitoli 6 e 7 ho studiato gli effetti di odori comuni (ovvero, prodotti da fonti inanimate) in due gruppi di pazienti che, ai test olfattivi espliciti, falliscono. In particolare, ho testato un gruppo di pazienti con esiti da trauma cranico (Capitolo 6) e con morbo di Parkinson (Capitolo 7) - considerati funzionalmente anosmici - per valutare la presenza di residue abilità olfattive implicite attraverso lo studio indiretto dell’influenza prodotta da un odore sulla cinematica dei movimenti della mano. Ai partecipanti è stato chiesto di compiere movimenti di raggiungimento-prensione verso un oggetto grande o piccolo (es., rispettivamente, una mela o una fragola di plastica) dopo aver presentano degli stimoli olfattivi. L’odore poteva richiamare (condizione congruente) o meno (condizione incongruente) la dimensione dell’oggetto da afferrare oppure poteva non essere presente (condizione di controllo). La rilevazione di effetti di facilitazione era attesa per alcune alcune variabili cinematiche quando veniva presentato un odore congruente. Ipotizzavo, invece, che la presentazione di un odore incongruente fosse legata a effetti di interferenza. Il Capitolo 6 descrive i risultati dello studio condotto su un gruppo di pazienti anosmici con esiti di trauma cranico. Confrontando la prestazione di questi pazienti con un gruppo di pazienti con trauma cranico normosmici o lievemente microsmici e un gruppo di controlli neurologicamente sani, emerge che i tre gruppi erano influenzati in maniera analoga dalla presentazione degli stimoli olfattivi. Sebbene nei presenti gruppi non siano stati rilevati effetti di facilitazione, si evidenzia un effetto di interferenza. In particolare, quando un partecipante afferrava un oggetto grande preceduto dalla presentazione di un odore che evocava un oggetto di piccole dimensioni, uno dei parametri cinematici che indicano come la mano si conforma attorno all’oggetto (massima velocità di apertura della mano) era maggiore rispetto a quando lo stesso oggetto veniva preceduto da un odore che evocava una presa congruente alla dimensione dell’oggetto visivo o quando nessun odore veniva presentato. La presente evidenza suggerisce che una qualche forma di elaborazione olfattiva implicita permane in pazienti che falliscono ai test olfattivi espliciti. I risultati presentati nel Capitolo 7 indicano che, analogamente ai controlli neurologicamente sani e a pazienti con parkinsonismo vascolare - che non presentano disturbi olfattivi - pazienti con diagnosi di morbo di Parkinson idiopatico erano facilitati nell’esecuzione dei azioni quando esposti a odori che evocano un oggetto di dimensioni simili a quelle dell’oggetto da afferrare. Questo tipo di preparazione basata sullo stimolo olfattivo produce una riduzione della bradicinesia del movimento di raggiungimento e dell’ipometria dell’apertura della mano, che sono identificati tra i classici disturbi motori presentati da questi pazienti. Tuttavia, tale effetto di facilitazione non si manifestava quando l’odore evocava un oggetto di dimensioni diverse rispetto a quello da afferrare. Nel complesso questi risultati sembrano supportare la presenza di un’adeguata residua elaborazione olfattiva implicita in pazienti con morbo di Parkinson idiopatico. Sulla base dei dati prodotti dagli esperimenti riportati nei Capitoli 6 e 7, ho avanzato alcune possibili congetture teoriche. Per avere un effetto sul comportamento, l’elaborazione implicita di un odore non richiede il riconoscimento consapevole dello stimolo. Perciò, l’elaborazione olfattiva implicita sembra eludere il coinvolgimento delle funzioni cognitive superiori e sfruttare, piuttosto, l’integrità di altre aree cerebrali. Ipotizzo che l’amigdala, un’area fisicamente vicina alle aree olfattive centrali e preservata nei pazienti testati, sia un buon candidato per giocare questo ruolo. Una volta confermati, questi dati potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo di strategie di riabilitazione per pazienti con trauma cranico e morbo di Parkinson idiopatico. Infatti, la capacità residua di percepire gli stimoli olfattivi e di rispondere inconsapevolmente in modo adeguato a tali stimoli può essere utilizzata per progettare esercizi per migliorare il controllo motorio degli arti superiori. Negli esperimenti appena descritti, pazienti identificati come anosmici presentano preservate capacità di elaborazione implicita di odori comuni, come dimostrato dalle alterazioni cinematiche rilevate sul movimento di raggiungimento-prensione. Dato che l’elaborazione di odori caratterizzati da diverse proprietà (es., un diverso grado di rilevanza biologica) richiede l’implementazione in circuiti neurali differenti, l’esposizione a odori corporei potrebbe far emergere un’elaborazione olfattiva di carattere implicito in pazienti con ridotte abilità olfattive? Lo studio presentato nel Capitolo 8 è stato specificatamente disegnato per rispondere a questa domanda. Un gruppo di pazienti con autismo ad alto funzionamento e un gruppo di controlli di pari età e sesso sono stati reclutati ed esposti a stimoli olfattivi biologicamente rilevanti. Gli odori sono stati raccolti da dischetti di cotone indossati sotto le ascelle dalle madri dei partecipanti. Per valutare in modo indiretto l’elaborazione implicita di questi odori, ho applicato una versione modificata del paradigma di priming visuomotorio, cui ho aggiunto una stimolazione olfattiva. Classicamente, questo paradigma rivela un effetto di facilitazione motoria indotto dalla semplice osservazione di un movimento sull’esecuzione di un’azione simile (Craighero, Fadiga, Umiltà, & Rizzolatti, 1996). I partecipanti sono stati esposti sia all’odore della loro stessa madre, all’odore della madre di un altro partecipante o a nessun odore. Successivamente, è stato chiesto loro di osservare un modello (la loro madre o la madre di un altro partecipante) mentre eseguiva un’azione di raggiungimento-prensione verso un oggetto e sono stati osservati eseguire l’azione in assenza di specifiche istruzioni relative all’imitazione del gesto. Come riportato nel Capitolo 8, le analisi rivelano che l’odore corporeo familiare è efficace nel modulare gli effetti di priming visuomotorio. Sebbene i partecipanti a sviluppo tipico presentino un effetto di facilitazione visuomotoria in tutte le condizioni, i partecipanti con autismo ad alto funzionamento presentano tale facilitazione motoria selettivamente quando esposti all’odore della propria madre. L’insieme di questi risultati suggerisce che gli odori corporei familiari possono avere la capacità di trasmettere significati sociali all’oggetto su cui viene eseguita l’azione. Questo implicherebbe che l’elaborazione implicita degli stimoli olfattivi sia preservata in pazienti con autismo ad alto funzionamento, sebbene l’applicazione di test espliciti non lo rilevi. Inoltre, il senso dell’olfatto potrebbe avere la rilevanza necessaria per aiutare le persone con autismo ad alto funzionamento a creare interazioni sociali. Complessivamente i risultati degli esperimenti presentati nella presente tesi suggeriscono che le modalità di valutazione esplicita della percezione olfattiva possono produrre conclusioni non definitive in alcune popolazioni neurologiche (Capitolo 5) e possono nascondere residue abilità olfattive implicite in altre (Capitolo 6, 7 e 8). Inoltre, la valutazione di odori con diversi gradi di rilevanza biologica fa emergere la possibilità che una comunicazione implicita mediata da stimoli olfattivi sia possibile. Alla luce di quanto detto sopra, gli aspetti innovativi della presente tesi sono molti e poliedrici. In primo luogo, ho applicato una tecnica per lo studio del controllo sensorimotorio nell’uomo al contesto clinico. Questa metodologia ha dimostrato il suo potenziale nel cogliere aspetti dell’elaborazione olfattiva che, altrimenti, sarebbero rimasti nascosti, se si fossero considerati solamente gli aspetti olfattivi espliciti (Capitolo 5) – come accade nella maggior parte degli studi presenti nella letteratura sull’argomento. Ha, inoltre, permesso di svelare la presenza di un tipo di elaborazione olfattiva implicita in diverse popolazioni neurologiche che presentano sindromi caratterizzate da iposmia o anosmia (Capitoli 6, 7 e 8). Il grado di interconnessione tra le aree cerebrali olfattive può fornire una spiegazione alla permanenza di questa forma di elaborazione olfattiva in relazione al malfunzionamento di diverse regioni cerebrali. In secondo luogo, questa tesi estende la precedente letteratura sul tema dell’elaborazione olfattiva umana evidenziando l’esistenza di una dissociazione tra elaborazione olfattiva implicita ed esplicita (Capitoli 6, 7, e 8), che a livello neurale, può riflettersi nel coinvolgimento di differenti aree cerebrali. In terzo luogo, da un punto di vista clinico, considerare il livello di rilevanza biologica degli odori in popolazioni neurologiche costituisce un ulteriore aspetto di novità del presente lavoro (Capitolo 8) Per concludere, in una prospettiva clinica, i risultati qui riportati (Capitoli 6, 7 e 8) possono essere utilizzati in fase di sviluppo di nuove strategie riabilitative per le popolazioni neurologiche conside
25-gen-2012
Inglese
olfaction, implicit processing, reach to grasp, multiple sclerosis, Parkinson's disease, traumatic brain injury, autism
CASTIELLO, UMBERTO
PAZZAGLIA, FRANCESCA
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-171677