Le proteine dell’uva e del vino rappresentano un argomento di studio che negli ultimi anni ha ricevuto crescente attenzione da parte della ricerca internazionale, soprattutto a causa del fatto che importanti aspetti enologici possono essere chiariti attraverso lo studio della natura e delle proprietà di queste macromolecole. Tra i motivi di maggiore apprensione per i produttori vi è il problema della formazione di torbidità nei vini bianchi imbottigliati, noto come “casse proteica” e dovuto alla presenza di quantità residue di proteine instabili che possono divenire insolubili e precipitare, durante lo stoccaggio dei vini, causando la comparsa di sedimenti e torbidità. Tali precipitati sono generalmente il risultato della denaturazione e successiva aggregazione delle proteine instabili del vino, identificate come derivanti dall’uva e appartenenti alla categoria funzionale delle proteine legate alla patogenesi (PR proteins) della pianta, in particolare proteine taumatina-simili (TLPs) e chitinasi. E’ stato osservato che tali proteine sono resistenti a pH acidi, alla proteolisi e alle condizioni di fermentazione, risultando le più stabili al processo di vinificazione. In questa tesi, in un primo momento, è stata approfondita la conoscenza delle chitinasi che recenti pubblicazioni hanno definito come le proteine potenzialmente più suscettibili alla precipitazione nei vini bianchi. In questo ambito, sono state purificate diverse isoforme di chitinasi dal mosto Manzoni Bianco ed è stato caratterizzato il loro comportamento elettroforetico, deducendo importanti informazioni sulle proprietà funzionali e biochimiche di questi enzimi. Successivamente l’attività di ricerca si è focalizzata sullo studio dell’aggregazione proteica nei vini bianchi per mezzo di uno strumento innovativo, l’Izon qNano, in grado di individuare e quantificare nanoparticelle polidisperse in campioni testati al calore. In particolare, è stato analizzato il ruolo svolto dalle singole proteine (TLPs e chitinasi), dei polifenoli e dei polisaccaridi, tutti purificati dallo stesso vino, nella formazione di aggregati per mezzo di esperimenti di ricostituzione, con l’obiettivo di determinare il contributo di ogni componente alla formazione di torbidità, valutando le dimensioni e la concentrazione degli aggregati sviluppati nei campioni in seguito a riscaldamento. Considerando sia l’elevato numero di aggregati formati che le notevoli dimensioni di questi ultimi, la chitinasi si è dimostrata facilmente denaturabile al calore e, come conseguenza di questo fatto, più reattiva con le altre macromolecole del vino rispetto alle taumatine. Tra queste ultime, due isoforme si sono rivelate particolarmente reattive. Si è dimostrato pertanto che le TLPs, essendo tra l’altro presenti in quantità preponderante nel vino, possono contribuire al problema dell’intorbidamento anche se in misura minore rispetto alle chitinasi, nonostante studi recenti abbiamo rivelato un loro ruolo secondario nella formazione di torbidità. Poiché è fondamentale nel campo della ricerca utilizzare un metodo preciso che stimi accuratamente la concentrazione delle proteine nei vini e nei mosti, è stato effettuato uno studio che ha messo a confronto due metodi colorimetrici per la quantificazione delle proteine nel vino: il metodo basato sulla colorazione di Bradford e il saggio dell’acido bicinconinico preceduto dalla metodica di precipitazione con potassio dodecyl solfato (KDS/BCA). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare in dettaglio alcuni fattori che potenzialmente possono interferire nella quantificazione delle proteine nel vino, come l’etanolo, i polifenoli, la glicosilazione e la natura delle singole proteine. E’ emerso che il metodo Bradford è inaffidabile nei confronti di una quantificazione proteica precisa in vino in quanto risente sia della presenza di sostanze interferenti nelle matrici (etanolo e polifenoli) che della composizione aminoacidica delle proteine utilizzate come standard. Di contro, il metodo BCA preceduto dalla precipitazione con KDS, si è dimostrato più affidabile in quanto le varie matrici non hanno influenzato la quantificazione e la differenza tra le risposte delle proteine è risultata più attenuata. Inoltre, la tecnica del BCA, applicata direttamente sui campioni, in quanto le mannoproteine non precipitano con KDS, è risultata pressoché insensibile nei confronti degli zuccheri presenti nelle mannoproteine purificate e risospese in mezzo acquoso. Infine, sono state studiate sistematicamente, tramite estrazioni frazionate, analisi elettroforetiche e spettrometria di massa le proteine di riserva espresse nell’endosperma dei vinaccioli. Queste proteine vengono espresse indipendentemente dalle condizioni ambientali e sono tipiche delle diverse varietà. In particolare, sono state isolate ed identificate attraverso la spettrometria di massa le globuline 11S maggiormente rappresentate nell’endosperma dei vinaccioli e per la prima volta una probabile globulina 7S. Si è infine verificato che il doppietto di 40 kDa, subunità della proteina 11S di 65 kDa, visto il suo spiccato polimorfismo, può essere utilizzato come “marcatore molecolare” delle diverse varietà di Vitis vinifera

Studies on grape, wine and grape seed proteins and development of methods for their biochemical and functional characterization

GAZZOLA, DIANA
2012

Abstract

Le proteine dell’uva e del vino rappresentano un argomento di studio che negli ultimi anni ha ricevuto crescente attenzione da parte della ricerca internazionale, soprattutto a causa del fatto che importanti aspetti enologici possono essere chiariti attraverso lo studio della natura e delle proprietà di queste macromolecole. Tra i motivi di maggiore apprensione per i produttori vi è il problema della formazione di torbidità nei vini bianchi imbottigliati, noto come “casse proteica” e dovuto alla presenza di quantità residue di proteine instabili che possono divenire insolubili e precipitare, durante lo stoccaggio dei vini, causando la comparsa di sedimenti e torbidità. Tali precipitati sono generalmente il risultato della denaturazione e successiva aggregazione delle proteine instabili del vino, identificate come derivanti dall’uva e appartenenti alla categoria funzionale delle proteine legate alla patogenesi (PR proteins) della pianta, in particolare proteine taumatina-simili (TLPs) e chitinasi. E’ stato osservato che tali proteine sono resistenti a pH acidi, alla proteolisi e alle condizioni di fermentazione, risultando le più stabili al processo di vinificazione. In questa tesi, in un primo momento, è stata approfondita la conoscenza delle chitinasi che recenti pubblicazioni hanno definito come le proteine potenzialmente più suscettibili alla precipitazione nei vini bianchi. In questo ambito, sono state purificate diverse isoforme di chitinasi dal mosto Manzoni Bianco ed è stato caratterizzato il loro comportamento elettroforetico, deducendo importanti informazioni sulle proprietà funzionali e biochimiche di questi enzimi. Successivamente l’attività di ricerca si è focalizzata sullo studio dell’aggregazione proteica nei vini bianchi per mezzo di uno strumento innovativo, l’Izon qNano, in grado di individuare e quantificare nanoparticelle polidisperse in campioni testati al calore. In particolare, è stato analizzato il ruolo svolto dalle singole proteine (TLPs e chitinasi), dei polifenoli e dei polisaccaridi, tutti purificati dallo stesso vino, nella formazione di aggregati per mezzo di esperimenti di ricostituzione, con l’obiettivo di determinare il contributo di ogni componente alla formazione di torbidità, valutando le dimensioni e la concentrazione degli aggregati sviluppati nei campioni in seguito a riscaldamento. Considerando sia l’elevato numero di aggregati formati che le notevoli dimensioni di questi ultimi, la chitinasi si è dimostrata facilmente denaturabile al calore e, come conseguenza di questo fatto, più reattiva con le altre macromolecole del vino rispetto alle taumatine. Tra queste ultime, due isoforme si sono rivelate particolarmente reattive. Si è dimostrato pertanto che le TLPs, essendo tra l’altro presenti in quantità preponderante nel vino, possono contribuire al problema dell’intorbidamento anche se in misura minore rispetto alle chitinasi, nonostante studi recenti abbiamo rivelato un loro ruolo secondario nella formazione di torbidità. Poiché è fondamentale nel campo della ricerca utilizzare un metodo preciso che stimi accuratamente la concentrazione delle proteine nei vini e nei mosti, è stato effettuato uno studio che ha messo a confronto due metodi colorimetrici per la quantificazione delle proteine nel vino: il metodo basato sulla colorazione di Bradford e il saggio dell’acido bicinconinico preceduto dalla metodica di precipitazione con potassio dodecyl solfato (KDS/BCA). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare in dettaglio alcuni fattori che potenzialmente possono interferire nella quantificazione delle proteine nel vino, come l’etanolo, i polifenoli, la glicosilazione e la natura delle singole proteine. E’ emerso che il metodo Bradford è inaffidabile nei confronti di una quantificazione proteica precisa in vino in quanto risente sia della presenza di sostanze interferenti nelle matrici (etanolo e polifenoli) che della composizione aminoacidica delle proteine utilizzate come standard. Di contro, il metodo BCA preceduto dalla precipitazione con KDS, si è dimostrato più affidabile in quanto le varie matrici non hanno influenzato la quantificazione e la differenza tra le risposte delle proteine è risultata più attenuata. Inoltre, la tecnica del BCA, applicata direttamente sui campioni, in quanto le mannoproteine non precipitano con KDS, è risultata pressoché insensibile nei confronti degli zuccheri presenti nelle mannoproteine purificate e risospese in mezzo acquoso. Infine, sono state studiate sistematicamente, tramite estrazioni frazionate, analisi elettroforetiche e spettrometria di massa le proteine di riserva espresse nell’endosperma dei vinaccioli. Queste proteine vengono espresse indipendentemente dalle condizioni ambientali e sono tipiche delle diverse varietà. In particolare, sono state isolate ed identificate attraverso la spettrometria di massa le globuline 11S maggiormente rappresentate nell’endosperma dei vinaccioli e per la prima volta una probabile globulina 7S. Si è infine verificato che il doppietto di 40 kDa, subunità della proteina 11S di 65 kDa, visto il suo spiccato polimorfismo, può essere utilizzato come “marcatore molecolare” delle diverse varietà di Vitis vinifera
29-gen-2012
Inglese
aggregates, chitinase, grape seed storage proteins, protein quantification, protein haze, thaumatin-like proteins, wine proteins,
CURIONI, ANDREA
CORICH, VIVIANA
Università degli studi di Padova
187
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/172088
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-172088