Introduzione generale L’attività di ricerca svolta nel triennio 2007-2009 si colloca nell’ambito della fitodepurazione. Con questo termine si identifica una serie di tecniche (fitoestrazione, fitostabilizzazione, fitovolatilizzazione) basate sull’impiego di specie vegetali diverse (l’elenco delle quali è in continua evoluzione) ma accomunate dalla capacità di sopravvivere su substrati contaminati da diversi inquinanti prodotti dall’attività umana e di interagire con il substrato in modo tale, a seconda dei casi, da depauperarne il contenuto di inquinanti accumulandoli nei propri organi e/o liberandoli nell’atmosfera attraverso l’evapotraspirazione fogliare, oppure impedendone la lisciviazione. L’attitudine ad un’azione di fitorimedio varia fortemente da specie a specie e all’interno della stessa specie in base al corredo genetico . Relativamente alla capacità di rimozione di metalli pesanti, sono state individuate due classi di specie accumulatrici: Iperaccumulatrici : sono specie tipiche di suoli metalliferi, in grado di portare a termine il proprio ciclo vitale senza manifestare sintomi di deperimento dovuti all’alta concentrazione di metalli (Baker et al., 2000). Per essere definita iperaccumulatrice, una specie deve rientrare nei seguenti limiti inferiori di bioaccumulo: 100 mg/Kg s.s. di Cd, 1000 mg/Kg s.s di Pb, 10000 mg/Kg s.s. di Zn ; i ranges per quanto riguarda l’arsenico non sono ancora stati ben definiti (Baker and Brooks 1989, Baker et al., 2000). Tra le specie iperaccumulatrici le più rappresentative sono quelle appartenenti al genere Thlaspi, Arabidopsis halleri e Viola calamarina, Astragalus spp oltre a diverse specie appartenenti alle famiglie delle Cariophyllaceae, Fabaceae, Poaceae, Chenopodiaceae, Brassicaceae e Cyperaceae. Per quanto riguarda l’iperaccumulo di arsenico spicca Pteris vittata. Il limite delle specie iperaccumulatrici è la scarsa produzione di biomassa. Accumulatrici: a questo gruppo appartengono specie, ad habitus sia erbaceo che arboreo, in grado di ottenere buone concentrazioni di metalli e metalloidi nei propri organi, pur non arrivando a livello delle iperaccumulatrici, e una buona produzione di biomassa. Fra esse sono state individuate Brassica juncea, e il genere Salix. Le caratteristiche di queste accumulatrici le rendono idonee a programmi di disinquinamento a breve e medio termine, soprattutto per suoli poco o mediamente inquinati. La possibilità di avere una considerevole produzione di biomassa permette di pensare, come seconda fase, al reimpiego di questa per la produzione di energia ed il recupero dei metalli pesanti di interesse industriale ((Kabata-Pendias and Pendias, 1992 ; Pullford and Dickinson 2004 ; Paulson et al 2003; French et al 2005; Ebbs et al 1997 ; Ebbs et al 1998). Il lavoro triennale, suddiviso in diverse fasi, come descritto in seguito, si propone di approfondire la conoscenza su alcune delle specie suddette , sia dal punto di vista della risposta fisiologica sia , con un taglio maggiormente applicativo, dal punto di vista della valutazione di performaces di bioaccumulo al fine di sostituire, ove possibile, tecniche di bonifica invasive e costose con la fitodepurazione che, nelle sue diverse applicazioni, si dimostra piu’ rispettosa del territorio, anche dal punto di vista estetico e considerevolmente piu’ vantaggiosa economicamente. Prove di valutazione della capacita’ di accumulare metalli pesanti da parte di quattro specie di Salice (Salix spp) , di Phragmites australis e Brassica juncea. Date queste premesse, in collaborazione col dipartimento I.M.A.G.E. della Facoltà di ingegneria dell'Università di Padova, nell’ambito del PRIN 2005 ““Risanamento di sedimenti marini, lagunari e fluviali” sono state messe a punto delle prove sperimentali finalizzate a comprendere le potenzialità di Salix spp, di Brassica juncea e Phragmites australis nel mettere in atto un'azione di fitorimedio su sedimenti provenienti dal dragaggio della laguna di Venezia nella zona di porto Marghera. Il campionamento dei fanghi è stato effettuato in quattro siti (canale industriale nord, due punti del canale industriale ovest, bacino dell'Evoluzione), quindi i campioni sono stati catalogati e caratterizzati. In vista dell’allestimento di possibili impianti finalizzati al fitorisanamento dei fanghi dragati dall’area di Porto Marghera, sono state allestite delle prove sperimentali con l’intento di definire le potenzialità fitoestrattive di Salix matsudana, S. babylonica, S. alba e S. fragilis, Phragmites australis e Brassica juncea e valutarne quindi l’idoneità ad essere messe a dimora su questi sedimenti, anche in base alla capacità di sopravvivenza ed alla produzione di biomassa. I campioni provenienti dai 4 siti, sono stati miscelati tra loro ed in rapporto 1:1 con della sabbia di fiume, sia per ottenere un substrato con valori omogenei relativamente alle concentrazioni di inquinanti, sia per aumentare la capacità drenante di un substrato altrimenti totalmente asfittico. Prova su mesocosmo : Dopo test preliminari che hanno evidenziato l’impossibilita’ di condurre prove, ceteris paribus, anche su Salix Babylonica, Fragilis ed Alba, su Thypha latifolia e su Zea Mais, sono state allestite 7 vasche (2 dedicate a Phragmites australis, 2 a Salix Matsudana e 2 a Brassica juncea ed una priva di vegetazione, della capienza di 50 L (riempite fino a 35 L) ciascuna, munite di un tubo per il drenaggio del percolato alla base. Sul fondo delle vasche è stato depositato uno strato di argilla espansa e l’ingresso del tubo è stato protetto dall’intasamento con un filtro Le talee di salice ed i semenzali di brassica sono state messe a dimora con un piccolo pane di terriccio universale al fine di attutire gli effetti dello stress da trapianto e di permettere all’apparato radicale di accrescersi a sufficienza prima di esplorare il sedimento contaminato, mentre i rizomi di Phragmites hanno attecchito a diretto contatto col substrato oggetto di analisi. Dopo due mesi dall’inizio della prova, ad una delle vasche ospitanti la Phragmites e’ stato addizionato il chelante EDTA. Prove in idroponica : prendendo come riferimento le concentrazioni di 5 tra metalli pesanti riscontrati nell’analisi dei campioni di percolato (Ni,Cd, Zn, Cu, Pb,) e la concentrazione media del Na (intorno a 0,2 M) sono state allestite degli allevamenti in coltura idroponica con talee, oltre che di S. matsudana, anche di S. alba, S. babylonica , S. fragilis e di Brassica juncea. Per quanto riguarda i salici, la soluzione contenente inizialmente una soluzione nutritiva di tipo hoagland, è stata arricchita dai suddetti 5 metalli, in concentrazione pari a quella riscontrata nelle acque di percolazione. Per ogni specie di salice è stato allestito un beacker di controllo con sola soluzione nutritiva, un becker con soluzione nutritiva, più i metalli ed uno con le caratteristiche precedenti più NaCl a concentrazioni crescenti (da 0,05 M fino a 0,2 M). Per le brassiche sono stati allestiti 5 becker con 40 piantine ciascuno. Un beacker di controllo con soluzione nutritiva, due con concetrazione di metalli pari a quella del percolato, due con concentrazione di metalli pari al percolato più NaCl 0,05 M (aumentato fino a 0,2 M nel corso di 3 settimane). Alla fine del periodo di trattamento sono state separate e pesate parte aerea ed apparato radicale dei semenzali e ne sono stati analizzati i contenuti in metalli e Na. Prove su microcosmi : sono state allestite 5 taniche da 20 L ciascuna, dotate di rubinetto alla base e sistemate in cella climatica, tutte dotate di uno strato drenante di ghiaino alla base, un orizzonte costituito solo da sedimento ed uno, quello più superficiale, di terriccio universale. Quattro taniche hanno ospitato ciascuna tre talee (una specie per ogni tanica) e otto piantine di Paspalum vaginatum, la quinta tre talee di S. Babylonica e otto piantine di Paspalum. L’insediamento delle talee e della graminacea è durato 50 giorni. Nella settimana successiva alla messa a dimora dei S. Babylonica nella quinta tanica è stato aggiunto l’ EDDS, un chelante che ha lo scopo di rendere più biodisponibili i metalli pesanti presenti nel substrato. Studio dell’approfondimento radicale dei salici : per verificare la capacità delle quattro specie di salice, di esplorare il sedimento contaminato sono state allestite 24 bottiglie in pet da 2 L, di cui 16 riempite con lo stesso contenuto delle taniche e 8 (due per specie) riempite con del terreno proveniente dall’Azienda Sperimentale “L. Toniolo”. In ogni bottiglia è stata messa a dimora una talea di salice (6 bottiglie per specie). Al termine dei 50 giorni di prova condotti in camera di crescita, è stata asportata la parte aerea della talea, le bottiglie sono state congelate e poi segate in tre parti corrispondenti alla sezione contenente il terriccio e a due parti conteneti il sedimento. Tutte le radici presenti sono state estratte , lavate e pesate e sottoposte a scansione digitale. Risultati : Phragmites : azione efficace del chelante EDTA per quanto riguarda l’accumulo di Cd, Ni, Pb Zn e Na nei fusti di Phragmites, mentre differenze significative nei rizomi sono state riscontrate solo per Pb e Na. Nessuna differenza in termini di biomassa prodotta. Il chelante ha reso maggiormente disponibile nella soluzione circolante Cu e Zn anche se le concentrazioni restano molto basse. Salici nelle taniche in cella climatica : gli accumuli a livello fogliare non mostrano differenze significative tra le quattro specie non trattate. Mentre l’EDDS incrementa le prestazioni del babylonica rispetto a se stesso ed alle altre specie per quanto riguarda Cu, Ni, Pb e Zn mentre riduce la concentrazione di Na. A livello di fusti la suddetta differenza si esplica nelle concentrazioni di Cu, Zn e Na; questi ultimi risultano maggiormente accumulati dal babylonica sia con che senza chelante. A livello radicale il babylonica risulta ancora uno dei migliori accumulatori del lotto per quanto riguarda Na, Zn e Cd. Nessuna differenza ne tra specie ne tra presenza/ assenza di chelante per quanto riguarda il Ni. In un confronto tra questi salici ed il matsudana cresciuto piu’ a lungo e in condizioni di T , umidita’ e fotoperiodo variabili, a livello fogliare il salice cresciuto in mesocosmo presenta valori di Na significativamente piu’ alti degli altri salici, seguito dal matsudana cresciuto in cella, a conferma dell’atitudine di questa specie a traslocare piu’ facilmente il Na nella chioma. Anche riguardo Cd e Ni il matsudana di campo denuncia tra i valori piu’ elevati assieme al babylonica trattato con EDDS. Nei fusti, per Na ,Pb e Ni ci sono differenze significative in favore del S. matsudana di campo. A livello radicale il S. matsudana cresciuto in mesocosmo presenta valori significativamente piu’ alti rispetto alle prove in cella climatica ad eccezione del Na. Le prove in idroponica confermano, a livello fogliare che l’accumulo di Na compete fortemente con l’uptake dei metalli, in particolare nei confronti di Cd, Ni, Pb e Zn ; piu’ sfumata invece l’azione competitiva verso il Cu. Da rilevare, a livello di fusti le migliori performances di S. babylonica per Cd, Cu, Zn e Ni, nonostante si rilevi nel contenpo il primato nell’accumulo di Na. Anche a livello radicale il babylonica accumula piu’ delle altre specie per quanto riguarda Cd, Ni Zn e Na. La prova sullo sviluppo radicale mostra, nella comparazione col rispettivo controllo, che l’apparato radicale di S. babylonica risulta il meno sofferente tra le quattro specie (in accordo quindi con i dati di accumulo), mentre comparando le quattro specie cresciute sul sedimento, il Salix alba risulta avere l’apparato piu’ sviluppato in profondita’ e con i diametri minori , segno questo che potrebbe essere considerato di minor sofferenza, come riscontrato anche da Vamerali et al. 2008. L’allevamento in idroponica di Brassica juncea evidenzia differenze significative tra l’accumulo di metalli in presenza di Na rispetto all’accumulo in assenza di quest’ultimo. Le performances di accumulo rispetto alle brassiche cresciute su fango sono nettamente migliori, anche in presenza di Na , a testimonianza del fatto che A) l’idroponica non offre termini di paragone affidabili rispetto alle condizioni di campo B) probabilmente intervengono altri fattori, come la carenza di nutrienti, a condizionare l’accumulo di metalli e la produzione di biomassa che risulta bassa anche per la precocita’ della fioritura, sintomo della condizione di stress. Interazione del selenato e del molibdato con il trasporto e l’assimilazione di solfato in Brassica juncea Recentemente e’ stato individuato in Arabidopsis un trasportare (MOT1) con elevata affinita’ per il Mo (Tomatsu et al., 2007), ma si ritiene che le piante assorbano Mo anche attraverso i trasportatori del S poiche’ i due anioni hanno caratteristiche simili e potrebbero competere nell’occupare il sito attivo degli stessi trasportatori (Dudev e Lim 2004; Alhendawi et al 2005). Una volta all’interno della cellula, Mo puo’ interferire col metabolismo dello S divenendo substrato per le reazioni catalizzate dall’ ATP sulfurilasi (APS), come accade per il Se ma, a differenza di quest’ultimo non si riscontra la formazione di prodotti contenenti Mo derivanti da questa reazione (Reuveny, 1977). A causa del significativo impatto che l’applicazione di fertilizzanti a base di S puo’ avere sulla distribuzione di Se e Mo e sul loro accumulo nelle piante (Shinmachi et al., 2010), si e’ cercato di capire, in questo lavoro,quale sia l’interazione tra l’uptake di S e il Se e Mo in Brassica juncea. A questo scopo semenzali di Brassica juncea sono stati allevati con differenti combinazioni di S e Se o S e Mo. Gli esperimenti sono stati condotti nel breve periodo (24h) poiche’ selenato e molibdato sono stati somministrati ad alte concentrazioni (200 µM), le stesse del solfato in condizioni di normale apporto di S. Sono state condotte analisi relative all’accumulo di S, Se e Mo e ai paramentri di crescita. L’indice di tolleranza (% del peso fresco sul controllo) e il rapporto radici/fusti denuncia un maggiore stress per le piante cresciute in carenza di zolfo e in presenza di Se e Mo. Se e Mo sono risultati maggiormente assorbiti in carenza di S. Sia per quanto riguarda lo S totale , sia riguardo al ssolfato, la competizione con Se e Mo si nota solo tra le 6 e le 24 h di trattamento, mentre nel brevissimo periodo (entro 1 h) non si apprezzano cambiamenti significativi nell’assorbimento di S. Studio dei potenziali effetti del Selenio sulla tolleranza allo stress idrico da parte di Brassica juncea e Stanleya pinnata . Talune specie accumulatrici di Se (Brassica spp, Stanleya spp, Astragalus spp.) usano questa peculiarita’ per difendersi dai predatori (Freeman et al., 2007; Galeas et al. 2007 ; ) e recentemente si e’ visto che Brassica juncea , a differenza di quello che succede per altri elementi tossici o potenzialmente tossici, accumula selenio in grandi quantita’ anche nei fiori e nei semi, avvalorando l’ipotesi, per certe specie o sottospecie o addirittura per alcune popolazioni in via di speciazione, di un adattamento evoluzionistico nell’uso del selenio contro parassiti e predatori erbivori (Quinn C. et al., dati non ancora pubblicati).Su queste due specie sono state condotte prove su substrato ghiaioso e in idroponica in presenza (20 µM) e in assenza di Selenato di sodio. Il deficit idrico e’ stato applicato prima su substrato ghiaioso attraverso la mancata irrigazione, poi in idroponica attraverso l’aggiunta di polietilenglicol (PEG 10000), un composto organico che altera il Ψ idrico della soluzione nutritiva. Nei due esperimenti condotti in idroponica il potenziale e’ stato portato fino a -1.3 / 1.6 Mpa. Dalla misurazione della capacita’ fotosintetica sotto stress idrico, della biomassa e del Ψ idrico fogliare nei diversi esperimenti, si e’ arrivati alla conclusione che non vi e’ una evidente azione positiva del Se nei riguardi della tolleranza allo stress idrico se non per quanto riguarda la condizione di controllo (non stress) e di stress lieve (-0.5/0.6 Mpa). Questa azione, pur non marcata, si esplica nell’aumento di biomassa superiore in piante trattate con selenato rispetto a quelle non trattate in accordo con quanto riscontrato per semenzali di Triticum aestivum (Yao Xiaoqin et al. ; 2009). Studio delle potenzialita’ di Astragalus racemosus (iperaccumulatore di Selenio) e Astragalus convallarius (non accumulatore) nel ruolo di accumulatori di Nichel, Molibdeno, Cromo, Vanadio, Tungsteno, Arsenico, Tellurio e Selenio. Il genere Astragalus comprende diverse specie distribuite in america centro settentrionale, alcune delle quali adattate a vivere su suoli seleniferi e quindi in grado di sviluppare un’elevata tolleranza al Se, divenendo cosi’ iperaccumulatrici (Cowgill, 1990). Arsenico, Nichel Cromo, Vanadio, Tellurio, Tungsteno e Molibdeno sono tutti elementi la cui concentrazione nell’ambiente e’ aumentata a causa dell’attivita’ umana ( Bamhart 1997 ; Zarchinas et al 2004 ; Zoller et al. 1973 ; Gott and McCarthy 1966 ; ) . e l’obiettivo di questo studio e’ capire se gli adattamenti fisiologici nei confronti dell’accumulo di Se siano efficaci anche nei confronti di altri metalli pesanti e metalloidi, in particolare Cromo e Tellurio che presentano caratteristiche steriche simili al Selenio. Queste due specie di Astragalus sono state fatte germinare in piastra petri e quindi fatte crescere in camera di crescita per 3 mesi su substrato di agargel piu’ Murashige & Skooge e addizionato con sali degli elementi sopra indicati dosati in concetrazioni differenti in base al loro grado di tossicita’ (affinche’ le piante potessero crescere ed accumulare metalli senza patirne la tossicita’ fino a morirne troppo precocemente). I risultati hanno dimostrato che non sempre la specie iperaccumulatrice di Selenio ha le caratteristiche per tollerare l’accumulo anche di altri elementi (A. Convallarius si e’ dimostrato piu’ tollerante nell’accumulo di Vanadio). Studio degli effetti del Rame nella fisiologia di Populus trichocarpa ed in particolare sull’attivita’ della proteina Laccasi, coinvolta nella formazione della parete cellulare. Il Rame e’ coinvolto come cofattore, nel funzionamento di diverse dismutasi (proteine che trasformano i ROS in H2O2) oltre che essere cofattore per il funzionamento delle laccasi (Pilon et al. 2006). Allevando in agargel e moltiplicando diversi cloni di Populus trichocarpa generati a partire dallo stesso callo, con due diverse concentrazioni di Cu (0.1 µM e 5 µM) si e’ voluto verificare attraverso analisi dell’attivita’ proteica (western blot e native gel) se e quanto due concentrazioni di rame (una prossima al limite inferiore che ne decreta la carenza ed una piuttosto elevata ma ben entro i limiti di tossicita’), influenzino l’omeostasi cellulare. Una volta verificato la diversa intensita’ dell’attivita’ delle proteine in questione (MnSOD, Cu/ZnSOD, FeSOD, CCS ecc. In base alla concentrazione di rame fornita, si e’ passato ad uno studio preliminare dell’espressione della Laccasi in base alle due diverse concentrazioni di rame. Poiche’ la laccasi necessita anch’essa del Cu come cofattore (4 ioni Cu ) e poiche’ in uno stato di carenza o prossimo alla carenza di rame, la cellula inibisce l’espressione di tutte le proteine che richiedono rame e che non sono strettamente necessarie alla fotosintesi come invece lo e’ la plastocianina, si e’ voluto verificare se la laccasi subisse esattamente questo destino. Sono stati quindi disegnati dei primers (sequenze innesco per amplificare col metodo PCR il DNA retrotrascritto da RNA) che contemplassero l’amplificazione della sequenza bersaglio dei microRNA (sequenze brevi di RNA che in coppia col complesso proteico RISC tagliano e quindi inattivano l’RNA messaggero) (Yamasaky et al. 2007; Abdel Ghani et al 2008) in modo da avere, dopo la corsa elettroforetica su gel di agarosio, bande di intensita’ diversa in base all’azione di downregulation operata o meno dalla pianta. I risultati preliminari mostrano diversi livelli di espressione per diversi tipi di laccasi analizzati presenti nel fusto e nelle foglie,
Evaluation of phytoremediation potential and phisiological response to accumulation of several metals and metalloids by Salix spp., Brassica juncea, Phragmites australis and Populus trichocarpa
PITTARELLO, MARCO
2011
Abstract
Introduzione generale L’attività di ricerca svolta nel triennio 2007-2009 si colloca nell’ambito della fitodepurazione. Con questo termine si identifica una serie di tecniche (fitoestrazione, fitostabilizzazione, fitovolatilizzazione) basate sull’impiego di specie vegetali diverse (l’elenco delle quali è in continua evoluzione) ma accomunate dalla capacità di sopravvivere su substrati contaminati da diversi inquinanti prodotti dall’attività umana e di interagire con il substrato in modo tale, a seconda dei casi, da depauperarne il contenuto di inquinanti accumulandoli nei propri organi e/o liberandoli nell’atmosfera attraverso l’evapotraspirazione fogliare, oppure impedendone la lisciviazione. L’attitudine ad un’azione di fitorimedio varia fortemente da specie a specie e all’interno della stessa specie in base al corredo genetico . Relativamente alla capacità di rimozione di metalli pesanti, sono state individuate due classi di specie accumulatrici: Iperaccumulatrici : sono specie tipiche di suoli metalliferi, in grado di portare a termine il proprio ciclo vitale senza manifestare sintomi di deperimento dovuti all’alta concentrazione di metalli (Baker et al., 2000). Per essere definita iperaccumulatrice, una specie deve rientrare nei seguenti limiti inferiori di bioaccumulo: 100 mg/Kg s.s. di Cd, 1000 mg/Kg s.s di Pb, 10000 mg/Kg s.s. di Zn ; i ranges per quanto riguarda l’arsenico non sono ancora stati ben definiti (Baker and Brooks 1989, Baker et al., 2000). Tra le specie iperaccumulatrici le più rappresentative sono quelle appartenenti al genere Thlaspi, Arabidopsis halleri e Viola calamarina, Astragalus spp oltre a diverse specie appartenenti alle famiglie delle Cariophyllaceae, Fabaceae, Poaceae, Chenopodiaceae, Brassicaceae e Cyperaceae. Per quanto riguarda l’iperaccumulo di arsenico spicca Pteris vittata. Il limite delle specie iperaccumulatrici è la scarsa produzione di biomassa. Accumulatrici: a questo gruppo appartengono specie, ad habitus sia erbaceo che arboreo, in grado di ottenere buone concentrazioni di metalli e metalloidi nei propri organi, pur non arrivando a livello delle iperaccumulatrici, e una buona produzione di biomassa. Fra esse sono state individuate Brassica juncea, e il genere Salix. Le caratteristiche di queste accumulatrici le rendono idonee a programmi di disinquinamento a breve e medio termine, soprattutto per suoli poco o mediamente inquinati. La possibilità di avere una considerevole produzione di biomassa permette di pensare, come seconda fase, al reimpiego di questa per la produzione di energia ed il recupero dei metalli pesanti di interesse industriale ((Kabata-Pendias and Pendias, 1992 ; Pullford and Dickinson 2004 ; Paulson et al 2003; French et al 2005; Ebbs et al 1997 ; Ebbs et al 1998). Il lavoro triennale, suddiviso in diverse fasi, come descritto in seguito, si propone di approfondire la conoscenza su alcune delle specie suddette , sia dal punto di vista della risposta fisiologica sia , con un taglio maggiormente applicativo, dal punto di vista della valutazione di performaces di bioaccumulo al fine di sostituire, ove possibile, tecniche di bonifica invasive e costose con la fitodepurazione che, nelle sue diverse applicazioni, si dimostra piu’ rispettosa del territorio, anche dal punto di vista estetico e considerevolmente piu’ vantaggiosa economicamente. Prove di valutazione della capacita’ di accumulare metalli pesanti da parte di quattro specie di Salice (Salix spp) , di Phragmites australis e Brassica juncea. Date queste premesse, in collaborazione col dipartimento I.M.A.G.E. della Facoltà di ingegneria dell'Università di Padova, nell’ambito del PRIN 2005 ““Risanamento di sedimenti marini, lagunari e fluviali” sono state messe a punto delle prove sperimentali finalizzate a comprendere le potenzialità di Salix spp, di Brassica juncea e Phragmites australis nel mettere in atto un'azione di fitorimedio su sedimenti provenienti dal dragaggio della laguna di Venezia nella zona di porto Marghera. Il campionamento dei fanghi è stato effettuato in quattro siti (canale industriale nord, due punti del canale industriale ovest, bacino dell'Evoluzione), quindi i campioni sono stati catalogati e caratterizzati. In vista dell’allestimento di possibili impianti finalizzati al fitorisanamento dei fanghi dragati dall’area di Porto Marghera, sono state allestite delle prove sperimentali con l’intento di definire le potenzialità fitoestrattive di Salix matsudana, S. babylonica, S. alba e S. fragilis, Phragmites australis e Brassica juncea e valutarne quindi l’idoneità ad essere messe a dimora su questi sedimenti, anche in base alla capacità di sopravvivenza ed alla produzione di biomassa. I campioni provenienti dai 4 siti, sono stati miscelati tra loro ed in rapporto 1:1 con della sabbia di fiume, sia per ottenere un substrato con valori omogenei relativamente alle concentrazioni di inquinanti, sia per aumentare la capacità drenante di un substrato altrimenti totalmente asfittico. Prova su mesocosmo : Dopo test preliminari che hanno evidenziato l’impossibilita’ di condurre prove, ceteris paribus, anche su Salix Babylonica, Fragilis ed Alba, su Thypha latifolia e su Zea Mais, sono state allestite 7 vasche (2 dedicate a Phragmites australis, 2 a Salix Matsudana e 2 a Brassica juncea ed una priva di vegetazione, della capienza di 50 L (riempite fino a 35 L) ciascuna, munite di un tubo per il drenaggio del percolato alla base. Sul fondo delle vasche è stato depositato uno strato di argilla espansa e l’ingresso del tubo è stato protetto dall’intasamento con un filtro Le talee di salice ed i semenzali di brassica sono state messe a dimora con un piccolo pane di terriccio universale al fine di attutire gli effetti dello stress da trapianto e di permettere all’apparato radicale di accrescersi a sufficienza prima di esplorare il sedimento contaminato, mentre i rizomi di Phragmites hanno attecchito a diretto contatto col substrato oggetto di analisi. Dopo due mesi dall’inizio della prova, ad una delle vasche ospitanti la Phragmites e’ stato addizionato il chelante EDTA. Prove in idroponica : prendendo come riferimento le concentrazioni di 5 tra metalli pesanti riscontrati nell’analisi dei campioni di percolato (Ni,Cd, Zn, Cu, Pb,) e la concentrazione media del Na (intorno a 0,2 M) sono state allestite degli allevamenti in coltura idroponica con talee, oltre che di S. matsudana, anche di S. alba, S. babylonica , S. fragilis e di Brassica juncea. Per quanto riguarda i salici, la soluzione contenente inizialmente una soluzione nutritiva di tipo hoagland, è stata arricchita dai suddetti 5 metalli, in concentrazione pari a quella riscontrata nelle acque di percolazione. Per ogni specie di salice è stato allestito un beacker di controllo con sola soluzione nutritiva, un becker con soluzione nutritiva, più i metalli ed uno con le caratteristiche precedenti più NaCl a concentrazioni crescenti (da 0,05 M fino a 0,2 M). Per le brassiche sono stati allestiti 5 becker con 40 piantine ciascuno. Un beacker di controllo con soluzione nutritiva, due con concetrazione di metalli pari a quella del percolato, due con concentrazione di metalli pari al percolato più NaCl 0,05 M (aumentato fino a 0,2 M nel corso di 3 settimane). Alla fine del periodo di trattamento sono state separate e pesate parte aerea ed apparato radicale dei semenzali e ne sono stati analizzati i contenuti in metalli e Na. Prove su microcosmi : sono state allestite 5 taniche da 20 L ciascuna, dotate di rubinetto alla base e sistemate in cella climatica, tutte dotate di uno strato drenante di ghiaino alla base, un orizzonte costituito solo da sedimento ed uno, quello più superficiale, di terriccio universale. Quattro taniche hanno ospitato ciascuna tre talee (una specie per ogni tanica) e otto piantine di Paspalum vaginatum, la quinta tre talee di S. Babylonica e otto piantine di Paspalum. L’insediamento delle talee e della graminacea è durato 50 giorni. Nella settimana successiva alla messa a dimora dei S. Babylonica nella quinta tanica è stato aggiunto l’ EDDS, un chelante che ha lo scopo di rendere più biodisponibili i metalli pesanti presenti nel substrato. Studio dell’approfondimento radicale dei salici : per verificare la capacità delle quattro specie di salice, di esplorare il sedimento contaminato sono state allestite 24 bottiglie in pet da 2 L, di cui 16 riempite con lo stesso contenuto delle taniche e 8 (due per specie) riempite con del terreno proveniente dall’Azienda Sperimentale “L. Toniolo”. In ogni bottiglia è stata messa a dimora una talea di salice (6 bottiglie per specie). Al termine dei 50 giorni di prova condotti in camera di crescita, è stata asportata la parte aerea della talea, le bottiglie sono state congelate e poi segate in tre parti corrispondenti alla sezione contenente il terriccio e a due parti conteneti il sedimento. Tutte le radici presenti sono state estratte , lavate e pesate e sottoposte a scansione digitale. Risultati : Phragmites : azione efficace del chelante EDTA per quanto riguarda l’accumulo di Cd, Ni, Pb Zn e Na nei fusti di Phragmites, mentre differenze significative nei rizomi sono state riscontrate solo per Pb e Na. Nessuna differenza in termini di biomassa prodotta. Il chelante ha reso maggiormente disponibile nella soluzione circolante Cu e Zn anche se le concentrazioni restano molto basse. Salici nelle taniche in cella climatica : gli accumuli a livello fogliare non mostrano differenze significative tra le quattro specie non trattate. Mentre l’EDDS incrementa le prestazioni del babylonica rispetto a se stesso ed alle altre specie per quanto riguarda Cu, Ni, Pb e Zn mentre riduce la concentrazione di Na. A livello di fusti la suddetta differenza si esplica nelle concentrazioni di Cu, Zn e Na; questi ultimi risultano maggiormente accumulati dal babylonica sia con che senza chelante. A livello radicale il babylonica risulta ancora uno dei migliori accumulatori del lotto per quanto riguarda Na, Zn e Cd. Nessuna differenza ne tra specie ne tra presenza/ assenza di chelante per quanto riguarda il Ni. In un confronto tra questi salici ed il matsudana cresciuto piu’ a lungo e in condizioni di T , umidita’ e fotoperiodo variabili, a livello fogliare il salice cresciuto in mesocosmo presenta valori di Na significativamente piu’ alti degli altri salici, seguito dal matsudana cresciuto in cella, a conferma dell’atitudine di questa specie a traslocare piu’ facilmente il Na nella chioma. Anche riguardo Cd e Ni il matsudana di campo denuncia tra i valori piu’ elevati assieme al babylonica trattato con EDDS. Nei fusti, per Na ,Pb e Ni ci sono differenze significative in favore del S. matsudana di campo. A livello radicale il S. matsudana cresciuto in mesocosmo presenta valori significativamente piu’ alti rispetto alle prove in cella climatica ad eccezione del Na. Le prove in idroponica confermano, a livello fogliare che l’accumulo di Na compete fortemente con l’uptake dei metalli, in particolare nei confronti di Cd, Ni, Pb e Zn ; piu’ sfumata invece l’azione competitiva verso il Cu. Da rilevare, a livello di fusti le migliori performances di S. babylonica per Cd, Cu, Zn e Ni, nonostante si rilevi nel contenpo il primato nell’accumulo di Na. Anche a livello radicale il babylonica accumula piu’ delle altre specie per quanto riguarda Cd, Ni Zn e Na. La prova sullo sviluppo radicale mostra, nella comparazione col rispettivo controllo, che l’apparato radicale di S. babylonica risulta il meno sofferente tra le quattro specie (in accordo quindi con i dati di accumulo), mentre comparando le quattro specie cresciute sul sedimento, il Salix alba risulta avere l’apparato piu’ sviluppato in profondita’ e con i diametri minori , segno questo che potrebbe essere considerato di minor sofferenza, come riscontrato anche da Vamerali et al. 2008. L’allevamento in idroponica di Brassica juncea evidenzia differenze significative tra l’accumulo di metalli in presenza di Na rispetto all’accumulo in assenza di quest’ultimo. Le performances di accumulo rispetto alle brassiche cresciute su fango sono nettamente migliori, anche in presenza di Na , a testimonianza del fatto che A) l’idroponica non offre termini di paragone affidabili rispetto alle condizioni di campo B) probabilmente intervengono altri fattori, come la carenza di nutrienti, a condizionare l’accumulo di metalli e la produzione di biomassa che risulta bassa anche per la precocita’ della fioritura, sintomo della condizione di stress. Interazione del selenato e del molibdato con il trasporto e l’assimilazione di solfato in Brassica juncea Recentemente e’ stato individuato in Arabidopsis un trasportare (MOT1) con elevata affinita’ per il Mo (Tomatsu et al., 2007), ma si ritiene che le piante assorbano Mo anche attraverso i trasportatori del S poiche’ i due anioni hanno caratteristiche simili e potrebbero competere nell’occupare il sito attivo degli stessi trasportatori (Dudev e Lim 2004; Alhendawi et al 2005). Una volta all’interno della cellula, Mo puo’ interferire col metabolismo dello S divenendo substrato per le reazioni catalizzate dall’ ATP sulfurilasi (APS), come accade per il Se ma, a differenza di quest’ultimo non si riscontra la formazione di prodotti contenenti Mo derivanti da questa reazione (Reuveny, 1977). A causa del significativo impatto che l’applicazione di fertilizzanti a base di S puo’ avere sulla distribuzione di Se e Mo e sul loro accumulo nelle piante (Shinmachi et al., 2010), si e’ cercato di capire, in questo lavoro,quale sia l’interazione tra l’uptake di S e il Se e Mo in Brassica juncea. A questo scopo semenzali di Brassica juncea sono stati allevati con differenti combinazioni di S e Se o S e Mo. Gli esperimenti sono stati condotti nel breve periodo (24h) poiche’ selenato e molibdato sono stati somministrati ad alte concentrazioni (200 µM), le stesse del solfato in condizioni di normale apporto di S. Sono state condotte analisi relative all’accumulo di S, Se e Mo e ai paramentri di crescita. L’indice di tolleranza (% del peso fresco sul controllo) e il rapporto radici/fusti denuncia un maggiore stress per le piante cresciute in carenza di zolfo e in presenza di Se e Mo. Se e Mo sono risultati maggiormente assorbiti in carenza di S. Sia per quanto riguarda lo S totale , sia riguardo al ssolfato, la competizione con Se e Mo si nota solo tra le 6 e le 24 h di trattamento, mentre nel brevissimo periodo (entro 1 h) non si apprezzano cambiamenti significativi nell’assorbimento di S. Studio dei potenziali effetti del Selenio sulla tolleranza allo stress idrico da parte di Brassica juncea e Stanleya pinnata . Talune specie accumulatrici di Se (Brassica spp, Stanleya spp, Astragalus spp.) usano questa peculiarita’ per difendersi dai predatori (Freeman et al., 2007; Galeas et al. 2007 ; ) e recentemente si e’ visto che Brassica juncea , a differenza di quello che succede per altri elementi tossici o potenzialmente tossici, accumula selenio in grandi quantita’ anche nei fiori e nei semi, avvalorando l’ipotesi, per certe specie o sottospecie o addirittura per alcune popolazioni in via di speciazione, di un adattamento evoluzionistico nell’uso del selenio contro parassiti e predatori erbivori (Quinn C. et al., dati non ancora pubblicati).Su queste due specie sono state condotte prove su substrato ghiaioso e in idroponica in presenza (20 µM) e in assenza di Selenato di sodio. Il deficit idrico e’ stato applicato prima su substrato ghiaioso attraverso la mancata irrigazione, poi in idroponica attraverso l’aggiunta di polietilenglicol (PEG 10000), un composto organico che altera il Ψ idrico della soluzione nutritiva. Nei due esperimenti condotti in idroponica il potenziale e’ stato portato fino a -1.3 / 1.6 Mpa. Dalla misurazione della capacita’ fotosintetica sotto stress idrico, della biomassa e del Ψ idrico fogliare nei diversi esperimenti, si e’ arrivati alla conclusione che non vi e’ una evidente azione positiva del Se nei riguardi della tolleranza allo stress idrico se non per quanto riguarda la condizione di controllo (non stress) e di stress lieve (-0.5/0.6 Mpa). Questa azione, pur non marcata, si esplica nell’aumento di biomassa superiore in piante trattate con selenato rispetto a quelle non trattate in accordo con quanto riscontrato per semenzali di Triticum aestivum (Yao Xiaoqin et al. ; 2009). Studio delle potenzialita’ di Astragalus racemosus (iperaccumulatore di Selenio) e Astragalus convallarius (non accumulatore) nel ruolo di accumulatori di Nichel, Molibdeno, Cromo, Vanadio, Tungsteno, Arsenico, Tellurio e Selenio. Il genere Astragalus comprende diverse specie distribuite in america centro settentrionale, alcune delle quali adattate a vivere su suoli seleniferi e quindi in grado di sviluppare un’elevata tolleranza al Se, divenendo cosi’ iperaccumulatrici (Cowgill, 1990). Arsenico, Nichel Cromo, Vanadio, Tellurio, Tungsteno e Molibdeno sono tutti elementi la cui concentrazione nell’ambiente e’ aumentata a causa dell’attivita’ umana ( Bamhart 1997 ; Zarchinas et al 2004 ; Zoller et al. 1973 ; Gott and McCarthy 1966 ; ) . e l’obiettivo di questo studio e’ capire se gli adattamenti fisiologici nei confronti dell’accumulo di Se siano efficaci anche nei confronti di altri metalli pesanti e metalloidi, in particolare Cromo e Tellurio che presentano caratteristiche steriche simili al Selenio. Queste due specie di Astragalus sono state fatte germinare in piastra petri e quindi fatte crescere in camera di crescita per 3 mesi su substrato di agargel piu’ Murashige & Skooge e addizionato con sali degli elementi sopra indicati dosati in concetrazioni differenti in base al loro grado di tossicita’ (affinche’ le piante potessero crescere ed accumulare metalli senza patirne la tossicita’ fino a morirne troppo precocemente). I risultati hanno dimostrato che non sempre la specie iperaccumulatrice di Selenio ha le caratteristiche per tollerare l’accumulo anche di altri elementi (A. Convallarius si e’ dimostrato piu’ tollerante nell’accumulo di Vanadio). Studio degli effetti del Rame nella fisiologia di Populus trichocarpa ed in particolare sull’attivita’ della proteina Laccasi, coinvolta nella formazione della parete cellulare. Il Rame e’ coinvolto come cofattore, nel funzionamento di diverse dismutasi (proteine che trasformano i ROS in H2O2) oltre che essere cofattore per il funzionamento delle laccasi (Pilon et al. 2006). Allevando in agargel e moltiplicando diversi cloni di Populus trichocarpa generati a partire dallo stesso callo, con due diverse concentrazioni di Cu (0.1 µM e 5 µM) si e’ voluto verificare attraverso analisi dell’attivita’ proteica (western blot e native gel) se e quanto due concentrazioni di rame (una prossima al limite inferiore che ne decreta la carenza ed una piuttosto elevata ma ben entro i limiti di tossicita’), influenzino l’omeostasi cellulare. Una volta verificato la diversa intensita’ dell’attivita’ delle proteine in questione (MnSOD, Cu/ZnSOD, FeSOD, CCS ecc. In base alla concentrazione di rame fornita, si e’ passato ad uno studio preliminare dell’espressione della Laccasi in base alle due diverse concentrazioni di rame. Poiche’ la laccasi necessita anch’essa del Cu come cofattore (4 ioni Cu ) e poiche’ in uno stato di carenza o prossimo alla carenza di rame, la cellula inibisce l’espressione di tutte le proteine che richiedono rame e che non sono strettamente necessarie alla fotosintesi come invece lo e’ la plastocianina, si e’ voluto verificare se la laccasi subisse esattamente questo destino. Sono stati quindi disegnati dei primers (sequenze innesco per amplificare col metodo PCR il DNA retrotrascritto da RNA) che contemplassero l’amplificazione della sequenza bersaglio dei microRNA (sequenze brevi di RNA che in coppia col complesso proteico RISC tagliano e quindi inattivano l’RNA messaggero) (Yamasaky et al. 2007; Abdel Ghani et al 2008) in modo da avere, dopo la corsa elettroforetica su gel di agarosio, bande di intensita’ diversa in base all’azione di downregulation operata o meno dalla pianta. I risultati preliminari mostrano diversi livelli di espressione per diversi tipi di laccasi analizzati presenti nel fusto e nelle foglie,File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
MARCO_PITTARELLO_TESI.pdf
accesso aperto
Dimensione
3.01 MB
Formato
Adobe PDF
|
3.01 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/172481
URN:NBN:IT:UNIPD-172481