La legge 30 giugno 2009, n. 85 costituisce il primo intervento normativo organico sulla acquisizione e sul trattamento dell’informazione genetica a fini forensi. Con la legge n. 85 del 2009, il presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al Trattato di Prüm sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera. Uno degli strumenti attuativi privilegiati per l’ottemperanza degli obblighi discendenti dall’adesione al Trattato è rappresentato dallo scambio di informazioni genetiche, sul presupposto che le parti contraenti si impegnano «a creare e a gestire degli schedari nazionali di analisi del DNA al fine di perseguire le violazioni penali». La riforma prevede, a tale fine, l’istituzione della Banca dati nazionale del DNA e del relativo Laboratorio centrale per la Banca dati nazionale. Il legislatore del 2009 interviene, poi, a colmare la persistente lacuna sull’esecuzione coattiva dei prelievi biologici, scaturita dalla declaratoria di illegittimità dell’articolo 224 c.p.p., di cui alla sentenza costituzionale n. 238 del 1996. In proposito, la legge n. 85 introduce norme che si propongono di affrontare sistematicamente la dimensione probatoria degli accertamenti corporali coattivi e recano consistenti modifiche al codice di procedure penale. La riforma del 2009 è, nel complesso, apprezzabile per aver riportato nel campo dei principi fondamentali del diritto processuale penale una materia rimasta troppo a lungo priva di regolamentazione nel nostro Paese. L’obiettivo del presente lavoro è la definizione di un modello di disciplina in materia di indagine genetica, che soddisfi le istanze di salvaguardia sottese a ciascuna delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte e tenga debito conto degli aspetti applicativi. Si tratta di una proposta de iure condendo con cui è destinata a confrontarsi la disciplina vigente nel nostro Paese.
Acquisizione di materiale biologico e banche dati forensi: un equo contemperamento tra interessi potenzialmenti confliggenti
MARCHESE, VITTORIA
2017
Abstract
La legge 30 giugno 2009, n. 85 costituisce il primo intervento normativo organico sulla acquisizione e sul trattamento dell’informazione genetica a fini forensi. Con la legge n. 85 del 2009, il presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al Trattato di Prüm sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera. Uno degli strumenti attuativi privilegiati per l’ottemperanza degli obblighi discendenti dall’adesione al Trattato è rappresentato dallo scambio di informazioni genetiche, sul presupposto che le parti contraenti si impegnano «a creare e a gestire degli schedari nazionali di analisi del DNA al fine di perseguire le violazioni penali». La riforma prevede, a tale fine, l’istituzione della Banca dati nazionale del DNA e del relativo Laboratorio centrale per la Banca dati nazionale. Il legislatore del 2009 interviene, poi, a colmare la persistente lacuna sull’esecuzione coattiva dei prelievi biologici, scaturita dalla declaratoria di illegittimità dell’articolo 224 c.p.p., di cui alla sentenza costituzionale n. 238 del 1996. In proposito, la legge n. 85 introduce norme che si propongono di affrontare sistematicamente la dimensione probatoria degli accertamenti corporali coattivi e recano consistenti modifiche al codice di procedure penale. La riforma del 2009 è, nel complesso, apprezzabile per aver riportato nel campo dei principi fondamentali del diritto processuale penale una materia rimasta troppo a lungo priva di regolamentazione nel nostro Paese. L’obiettivo del presente lavoro è la definizione di un modello di disciplina in materia di indagine genetica, che soddisfi le istanze di salvaguardia sottese a ciascuna delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte e tenga debito conto degli aspetti applicativi. Si tratta di una proposta de iure condendo con cui è destinata a confrontarsi la disciplina vigente nel nostro Paese.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/172562
URN:NBN:IT:UNIPD-172562