Uno dei problemi fondamentali nello studio dello sviluppo cognitivo è comprendere come la cognizione emerga e quali siano i cambiamenti a cui essa va incontro nel corso dello sviluppo per raggiungere il livello maturo osservato negli adulti. Una grande sfida per tutti i ricercatori dello sviluppo riguarda il riuscire a determinare quali sono le abilità e le predisposizioni che il neonato possiede alla nascita, a comprendere i processi cognitivi che mette in atto per acquisire la conoscenza del mondo che lo circonda, e a studiare se e come tali predisposizioni si modificano in funzione dell’esperienza durante il corso dello sviluppo. Poichè è stato dimostrato che il volto è uno stimolo speciale per gli adulti, in quanto elaborato da aree neurali (Kanwisher, 2000) e da processi percettivi specifici e diversi da quelli utilizzati per l’elaborazione degli oggetti (Farah, Wilson, Drain, & Tanaka, 1998), lo studio dell’origine e dello sviluppo della capacità di elaborare tale stimolo risulta essere funzionale allo studio di un processo di specializzazione cognitiva. In quest’ottica, la presente tesi di dottorato vuole essere un contributo allo studio della specializzazione funzionale del sistema umano per l’elaborazione del volto nei primi mesi di vita, con particolare riferimento alle modificazioni che il sistema subisce nella rappresentazione ed elaborazione di tale stimolo in funzione dell’esperienza. In particolare, i cambiamenti evolutivi a cui va incontro il sistema cognitivo per raggiungere il livello maturo osservato negli adulti sono stati esaminati confrontando in modo diretto le prestazioni di neonati, bambini di tre e sei mesi ed adulti attraverso l’utilizzo degli stessi paradigmi di ricerca (ricerca visiva, composite face paradigm). L’ipotesi su cui si basa questo lavoro è che la specializzazione cognitiva per il volto umano osservata negli adulti non sia presente alla nascita, ma sia il prodotto di un processo di sviluppo continuo e dinamico in cui l’esperienza esperita nell’ambiente di vita specie-specifico gioca un ruolo fondamentale (Nelson, 2001, 2003; Johnson, 1993). I primi due capitoli sono a carattere teorico: nel Capitolo 1 viene descritto l’approccio Neocostruttivista, considerato il quadro teorico di riferimento entro cui si inseriscono gli esperimenti presenti nella tesi, e viene spiegato il motivo per cui viene scelto il volto come stimolo paradigmatico per lo studio della specializzazione cognitiva. Nel Capitolo 2 viene invece discussa la specificità, neurale e funzionale, del sistema per l’elaborazione del volto negli adulti. Vengono riportati inoltre due modelli teorici fondamentali per la comprensione dell’abilità di elaborazione di tale stimolo negli adulti. Nella seconda parte della tesi sono presentati i tre studi principali che la costituiscono la tesi e che hanno lo scopo di studiare le origini e il corso dello sviluppo della capacità di percepire e di riconoscere un volto umano (Capitoli 3, 4, e 5). Nello Studio 1 (Capitolo 3), attraverso l’utilizzo della preferenza e dell’abituazione visiva, è stata indagata la natura della rappresentazione del volto alla nascita e nei primi mesi di vita. In linea con l’idea che la rappresentazione del volto si specializzi grazie all’esperienza visiva con tale stimolo nei primi tre mesi di vita (Turati, Valenza, Leo, & Simion, 2005), i risultati degli esperimenti dimostrano che alla nascita tale rappresentazione è di natura generale, mentre a 3 mesi essa diventa più specifica per questo particolare tipo di stimolo (Esperimenti 1, 2 e 3). Inoltre, gli Esperimenti 4, 5 e 6 dimostrano che la rappresentazione del volto alla nascita non è specie-specifica, in linea con l’ipotesi che il neonato entra a far parte del mondo con una rappresentazione del volto abbastanza generale da permettergli di percepire un volto umano e un volto di scimmia come appartenenti alla stessa “categoria volto”. E’ solo a 3 mesi, grazie all’esperienza visiva con tale stimolo, che tale rappresentazione diventa specifica per il volto umano (Nelson, 2001; Pascalis & Kelly, 2009). Lo scopo dello Studio 2 (Capitolo 4) è stato quello di studiare se la preferenza per il volto osservata in contesti semplici (i.e., presentazione di soli due stimoli) potesse essere osservata anche in contesti complessi, quindi più ecologici. I movimenti oculari di bambini di tre e sei mesi e adulti sono stati registrati attraverso un sistema di eye-tracker durante un compito di ricerca visiva. È stato indagato se bambini di pochi mesi sono in grado di percepire ed identificare in modo efficiente un volto umano quando inserito in contesti complessi, ossia tra oggetti (i.e., stimoli distrattori eterogenei, Esperimenti 8, 9 e 10) e tra volti invertiti (i.e., stimoli distrattori omogenei, Esperimenti 11 e 12). I risultati hanno dimostrato come il volto umano è in grado di catturare e mantenere l’attenzione di adulti e bambini di sei mesi quando è inserito fra distrattori eterogenei, mentre tale stimolo cattura e mantiene l’attenzione dei bambini di tre mesi solo quando è inserito tra distrattori omogenei. Tali risultati sono in linea con gli studi che hanno dimostrato che il volto cattura l’attenzione dei bambini di pochi mesi di vita quando si trova in contesti complessi (Gliga, Elsabbagh, Andravizou, & Johnson, 2009). Per percepire il volto target in contesti complessi, i bambini hanno dovuto elaborare il volto come una unità complessa, una Gestalt (Tanaka & Farah, 1993). Questo tipo di strategia di elaborazione del volto viene definita olistica e lo scopo dello Studio 3 (Capitolo 5) è stato quello di studiarne l’origine e lo sviluppo in neonati, bambini di tre mesi e adulti utilizzando lo stesso compito chiamato “composite face paradigm” (Young, Hellawell, & Hay, 1987) (Esperimenti 13, 14 e 15). I risultati dimostrano che, sebbene i primi segni della capacità di elaborare un volto come un’unità complessa si osservano in bambini di pochi mesi di vita, tuttavia è necessaria l’esperienza visiva per raffinare tale tipo di elaborazione del volto. Complessivamente, i dati presentati in questa tesi sono in linea con l’idea che la specificità del sistema cognitivo per l’elaborazione del volto umano non sia presente alla nascita, ma sia invece il risultato di un processo di sviluppo, in cui giocano un ruolo fondamentale sia le predisposizioni innate del neonato, sia l’esperienza visiva esperita nel proprio ambiente di vita specie-specifico nei primi mesi di vita.

How the adult social brain becomes the way it is. The origin and the developmental time course of face processing

DI GIORGIO, ELISA
2011

Abstract

Uno dei problemi fondamentali nello studio dello sviluppo cognitivo è comprendere come la cognizione emerga e quali siano i cambiamenti a cui essa va incontro nel corso dello sviluppo per raggiungere il livello maturo osservato negli adulti. Una grande sfida per tutti i ricercatori dello sviluppo riguarda il riuscire a determinare quali sono le abilità e le predisposizioni che il neonato possiede alla nascita, a comprendere i processi cognitivi che mette in atto per acquisire la conoscenza del mondo che lo circonda, e a studiare se e come tali predisposizioni si modificano in funzione dell’esperienza durante il corso dello sviluppo. Poichè è stato dimostrato che il volto è uno stimolo speciale per gli adulti, in quanto elaborato da aree neurali (Kanwisher, 2000) e da processi percettivi specifici e diversi da quelli utilizzati per l’elaborazione degli oggetti (Farah, Wilson, Drain, & Tanaka, 1998), lo studio dell’origine e dello sviluppo della capacità di elaborare tale stimolo risulta essere funzionale allo studio di un processo di specializzazione cognitiva. In quest’ottica, la presente tesi di dottorato vuole essere un contributo allo studio della specializzazione funzionale del sistema umano per l’elaborazione del volto nei primi mesi di vita, con particolare riferimento alle modificazioni che il sistema subisce nella rappresentazione ed elaborazione di tale stimolo in funzione dell’esperienza. In particolare, i cambiamenti evolutivi a cui va incontro il sistema cognitivo per raggiungere il livello maturo osservato negli adulti sono stati esaminati confrontando in modo diretto le prestazioni di neonati, bambini di tre e sei mesi ed adulti attraverso l’utilizzo degli stessi paradigmi di ricerca (ricerca visiva, composite face paradigm). L’ipotesi su cui si basa questo lavoro è che la specializzazione cognitiva per il volto umano osservata negli adulti non sia presente alla nascita, ma sia il prodotto di un processo di sviluppo continuo e dinamico in cui l’esperienza esperita nell’ambiente di vita specie-specifico gioca un ruolo fondamentale (Nelson, 2001, 2003; Johnson, 1993). I primi due capitoli sono a carattere teorico: nel Capitolo 1 viene descritto l’approccio Neocostruttivista, considerato il quadro teorico di riferimento entro cui si inseriscono gli esperimenti presenti nella tesi, e viene spiegato il motivo per cui viene scelto il volto come stimolo paradigmatico per lo studio della specializzazione cognitiva. Nel Capitolo 2 viene invece discussa la specificità, neurale e funzionale, del sistema per l’elaborazione del volto negli adulti. Vengono riportati inoltre due modelli teorici fondamentali per la comprensione dell’abilità di elaborazione di tale stimolo negli adulti. Nella seconda parte della tesi sono presentati i tre studi principali che la costituiscono la tesi e che hanno lo scopo di studiare le origini e il corso dello sviluppo della capacità di percepire e di riconoscere un volto umano (Capitoli 3, 4, e 5). Nello Studio 1 (Capitolo 3), attraverso l’utilizzo della preferenza e dell’abituazione visiva, è stata indagata la natura della rappresentazione del volto alla nascita e nei primi mesi di vita. In linea con l’idea che la rappresentazione del volto si specializzi grazie all’esperienza visiva con tale stimolo nei primi tre mesi di vita (Turati, Valenza, Leo, & Simion, 2005), i risultati degli esperimenti dimostrano che alla nascita tale rappresentazione è di natura generale, mentre a 3 mesi essa diventa più specifica per questo particolare tipo di stimolo (Esperimenti 1, 2 e 3). Inoltre, gli Esperimenti 4, 5 e 6 dimostrano che la rappresentazione del volto alla nascita non è specie-specifica, in linea con l’ipotesi che il neonato entra a far parte del mondo con una rappresentazione del volto abbastanza generale da permettergli di percepire un volto umano e un volto di scimmia come appartenenti alla stessa “categoria volto”. E’ solo a 3 mesi, grazie all’esperienza visiva con tale stimolo, che tale rappresentazione diventa specifica per il volto umano (Nelson, 2001; Pascalis & Kelly, 2009). Lo scopo dello Studio 2 (Capitolo 4) è stato quello di studiare se la preferenza per il volto osservata in contesti semplici (i.e., presentazione di soli due stimoli) potesse essere osservata anche in contesti complessi, quindi più ecologici. I movimenti oculari di bambini di tre e sei mesi e adulti sono stati registrati attraverso un sistema di eye-tracker durante un compito di ricerca visiva. È stato indagato se bambini di pochi mesi sono in grado di percepire ed identificare in modo efficiente un volto umano quando inserito in contesti complessi, ossia tra oggetti (i.e., stimoli distrattori eterogenei, Esperimenti 8, 9 e 10) e tra volti invertiti (i.e., stimoli distrattori omogenei, Esperimenti 11 e 12). I risultati hanno dimostrato come il volto umano è in grado di catturare e mantenere l’attenzione di adulti e bambini di sei mesi quando è inserito fra distrattori eterogenei, mentre tale stimolo cattura e mantiene l’attenzione dei bambini di tre mesi solo quando è inserito tra distrattori omogenei. Tali risultati sono in linea con gli studi che hanno dimostrato che il volto cattura l’attenzione dei bambini di pochi mesi di vita quando si trova in contesti complessi (Gliga, Elsabbagh, Andravizou, & Johnson, 2009). Per percepire il volto target in contesti complessi, i bambini hanno dovuto elaborare il volto come una unità complessa, una Gestalt (Tanaka & Farah, 1993). Questo tipo di strategia di elaborazione del volto viene definita olistica e lo scopo dello Studio 3 (Capitolo 5) è stato quello di studiarne l’origine e lo sviluppo in neonati, bambini di tre mesi e adulti utilizzando lo stesso compito chiamato “composite face paradigm” (Young, Hellawell, & Hay, 1987) (Esperimenti 13, 14 e 15). I risultati dimostrano che, sebbene i primi segni della capacità di elaborare un volto come un’unità complessa si osservano in bambini di pochi mesi di vita, tuttavia è necessaria l’esperienza visiva per raffinare tale tipo di elaborazione del volto. Complessivamente, i dati presentati in questa tesi sono in linea con l’idea che la specificità del sistema cognitivo per l’elaborazione del volto umano non sia presente alla nascita, ma sia invece il risultato di un processo di sviluppo, in cui giocano un ruolo fondamentale sia le predisposizioni innate del neonato, sia l’esperienza visiva esperita nel proprio ambiente di vita specie-specifico nei primi mesi di vita.
31-gen-2011
Inglese
elaborazione volto, rappresentazione del volto, neonati, bambini di pochi mesi, restringimento percettivo, sistema eye-tracker, paradigma di ricerca visiva, paradigma del composite. face processing, face representation, newborns, infants, perceptual narrowing, eye-tracker system, visual search paradigm, composite face paradigm
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-172875