I primi studi sulla storia della fotografia a Venezia risalgono alla fine degli anni anni ’70 del Novecento quando fu per la prima volta ricostruito un panorama generale delle vicende fotografiche legate alla città e furono messe in evidenza le personalità di alcuni fotografi. Tali studi, condotti essenzialmente da Alberto Prandi, furono proseguiti negli anni ’80 e ’90 da Paolo Costantini e Italo Zannier che focalizzarono la loro attenzione soprattutto sulla fotografia vedutistica e d’architettura, analizzandola sia sotto l’aspetto storico che proponendo le prime approfondimenti critici. Quella linea tematica e interpretativa ha improntato di se gli studi successivi, mentre l’interesse verso altri campi di applicazione è stato molto scarso se non assente. Tra di essi, l’attività di riproduzione delle opere d’arte, che fu molto importante a Venezia, grazie alla fama di Venezia e degli artisti che nel tempo ne hanno illustrato il nome. Questo lavoro si pone come prima ricerca in questo settore. Esso riguarda soprattutto le opere pittoriche, e ne propone una prima ricostruzione evolutiva a partire dalla metà del secolo XIX e fino agli anni a ridosso della prima guerra mondiale. Esso si fonda essenzialmente sulla ricerca d’archivio presso alcuni organismi cittadini. L’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Venezia è stato il riferimento principale, in considerazione del ruolo svolto dall’Ente nella seconda metà dell’Ottocento, che lo portò a stretto contatto con l’attività fotografica. Altre ricerche sono state condotte presso la Fondazione Musei Civici Venezia, soprattutto in relazione al Museo Correr, oltre che presso l’Archivio di Stato di Venezia. Per alcuni casi specifici sono stati inoltre utili alcuni documenti presenti presso la Biblioteca Marciana di Venezia, la Procuratoria di San Marco, l’archivio della Basilica dei Frari, presso le Biblioteche Civiche di Padova e Treviso, presso l’Archivio della Galleria degli Uffizi, e infine presso le Istituzioni di Ricovero ed Educazione - IRE di Venezia, dove è conservato l’archivio di Tomaso Filippi, anch’egli attivamente impegnato nella riproduzione delle opere d’arte veneziane, sia nei musei che in occasione di mostre, che su commissione di vari studiosi. Per le ricerche iconografiche sono state fondamentali le raccolte veneziane presenti presso la Fondazione Musei Civici, presso l’archivio Filippi, l’Archivio Turio Böhm e infine il Fondo storico dell’Accademia di Belle Arti. Altre ricerche sono state condotte anche presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze, la Biblioteca Hertziana e l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma. La documentazione emersa è molto consistente e consente di identificare, sul piano cronologico, alcune principali fasi evolutive. Nel primo quindicennio circa della seconda metà dell’Ottocento le testimonianze furono per lo più occasionali e riconducibili a specifiche motivazioni o sollecitazioni ben individuate. Dopo l’unità d’Italia, soprattutto a partire dal 1867-1868, la situazione si fece più vivace e vide impegnati molto attivamente alcuni importanti fotografi veneziani tra i quali Giovanni Battista Brusa, Pietro Bertoja, Paolo Salviati, e soprattutto Carlo Naya. Una fase ancora diversa si verificò a partire dalla prima metà degli anni ’90, sia a motivo degli sviluppi tecnici in campo fotografico che portarono alla diffusione delle lastre ortocromatiche, sia per l’avvio a Venezia di vaste campagne di ripresa da parte dei due grandi studi fotografici dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson che si impegnarono attivamente sia nella documentazione dell’architettura e del paesaggio, sia anche delle opere d’arte presenti nei musei e nelle chiese della città. I documenti emersi presso l’Accademia di Belle Arti riguardano soprattutto il periodo fino alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento. A partire da quella data essi diventano molto scarsi, fino a scomparire del tutto, dal momento che alcune disposizioni di legge trasferirono la competenza sulla disciplina in campo fotografico al Ministero della Istruzione Pubblica. Per il periodo successivo, sono invece importanti i documenti presenti al Museo Correr che riguardano l’attività dello Studio Naya, dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson. La tesi è organizzata in modo aderente all’andamento della documentazione. Una prima parte è dedicata ai momenti di avvio della riproduzione fotografica delle opere d’arte veneziane. Un capitolo riguarda la fotografia del disegno allora ritenuto di Raffaello, Apollo e Marsia (1857), e fa luce su una vicenda nota da tempo (cfr. F. Haskell, Un martire dell’attribuzionismo), ma sulla quale permanevano parecchi punti oscuri. Un secondo capitolo riguarda la vicenda della riproduzione fotografica della Pala d’oro della Basilica di San Marco (1860). Pur allora non realizzata a causa delle notevoli difficoltà tecniche, essa è molto significativa perché rivela una rete di relazioni e di problematiche di grande interesse per la storia della fotografia. Segue poi un capitolo dedicato alla prima riproduzione fotografica del Breviario Grimani (1861-1862) che fu un’impresa laboriosa e molto impegnativa, e che come nei due casi precedenti, vede ancora protagonista Antonio Perini. La vicenda della riproduzione fotografica dei disegni dei grandi maestri allora conservati all’Accademia di Belle Arti (1864-1876), e realizzata in tempi diversi da alcuni fotografi, il primo dei quali fu Perini, costituisce uno snodo fondamentale tra la prima e la seconda fase storica che ho sopra indicato. Essa evidenzia, anche in ambito veneziano, l’importanza e l’interesse verso il disegno già attivi da tempo in altri paesi europei e ne descrive le probabili connessioni con il “Raphael Project” del principe consorte inglese Alberto. Il periodo delle campagne fotografiche su ampia scala viene introdotto da un capitolo dedicato alle normative - prima locali, e poi nazionali - sulla riproduzione fotografica delle opere d’arte. In esso viene descritto anche il ruolo dell’Accademia in relazione alla tutela dei beni artistici che coinvolse l’ente anche nel settore fotografico. Nel capitolo vengono anche messe in luce le problematiche legate all’attività dei molti pittori copisti che frequentemente lavoravano alle Gallerie dell’Accademia e nelle chiese veneziane, in rapporto all’attività dei fotografi, mostrando come l’attività dei primi presentasse molti più problemi che nel caso dei secondi. L’ultimo capitolo riguarda le campagne fotografiche condotte tra la fine d egli anni ’60 e l’inizio del XX secolo, e analizza i documenti nei loro punti principali. La tesi pubblica ca. 220 documenti suddivisi in due appendici: - l’Appendice A raccoglie quelli relativi ai capitoli 1-3 e 5; - nell’Appendice B sono invece raccolti i documenti analizzati nei capitoli 4 e 6; - l’Appendice C raccoglie tabelle ed elenchi che possono essere utili alla migliore comprensione del testo, e ne costituiscono in alcuni casi un’efficace sintesi. Tali appendici costituiscono parte integrante del testo che può quindi essere pienamente compreso solo nel costante riferimento con i documenti. Oltre a proporre una prima ricostruzione storica di questo genere fotografico a Venezia, questa tesi fornisce ulteriori elementi di conoscenza su alcuni fotografi veneziani, soprattutto su Antonio Perini e Carlo Naya, e confronta il lavoro di quest’ultimo con quello dei Fratelli Alinari e Domenico Anderson. Attraverso l’analisi di alcuni casi di studio, essa mette altresì in evidenza l’importante ruolo avuto dalla fotografia non solo per la diffusione della conoscenza delle opere d’arte, ma come strumento efficace capace di creare immagini autonome, che in molti casi diventarono indipendenti dagli originali, e che erano molto legate alla sfera intima e personale del pubblico, un aspetto che influenzò notevolmente l’attività dei fotografi.

La riproduzione fotografica delle opere d'arte a Venezia tra la metà del sec. XIX e il 1920 ca. Materiali per una ricostruzione storica

FILIPPIN, SARA
2015

Abstract

I primi studi sulla storia della fotografia a Venezia risalgono alla fine degli anni anni ’70 del Novecento quando fu per la prima volta ricostruito un panorama generale delle vicende fotografiche legate alla città e furono messe in evidenza le personalità di alcuni fotografi. Tali studi, condotti essenzialmente da Alberto Prandi, furono proseguiti negli anni ’80 e ’90 da Paolo Costantini e Italo Zannier che focalizzarono la loro attenzione soprattutto sulla fotografia vedutistica e d’architettura, analizzandola sia sotto l’aspetto storico che proponendo le prime approfondimenti critici. Quella linea tematica e interpretativa ha improntato di se gli studi successivi, mentre l’interesse verso altri campi di applicazione è stato molto scarso se non assente. Tra di essi, l’attività di riproduzione delle opere d’arte, che fu molto importante a Venezia, grazie alla fama di Venezia e degli artisti che nel tempo ne hanno illustrato il nome. Questo lavoro si pone come prima ricerca in questo settore. Esso riguarda soprattutto le opere pittoriche, e ne propone una prima ricostruzione evolutiva a partire dalla metà del secolo XIX e fino agli anni a ridosso della prima guerra mondiale. Esso si fonda essenzialmente sulla ricerca d’archivio presso alcuni organismi cittadini. L’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Venezia è stato il riferimento principale, in considerazione del ruolo svolto dall’Ente nella seconda metà dell’Ottocento, che lo portò a stretto contatto con l’attività fotografica. Altre ricerche sono state condotte presso la Fondazione Musei Civici Venezia, soprattutto in relazione al Museo Correr, oltre che presso l’Archivio di Stato di Venezia. Per alcuni casi specifici sono stati inoltre utili alcuni documenti presenti presso la Biblioteca Marciana di Venezia, la Procuratoria di San Marco, l’archivio della Basilica dei Frari, presso le Biblioteche Civiche di Padova e Treviso, presso l’Archivio della Galleria degli Uffizi, e infine presso le Istituzioni di Ricovero ed Educazione - IRE di Venezia, dove è conservato l’archivio di Tomaso Filippi, anch’egli attivamente impegnato nella riproduzione delle opere d’arte veneziane, sia nei musei che in occasione di mostre, che su commissione di vari studiosi. Per le ricerche iconografiche sono state fondamentali le raccolte veneziane presenti presso la Fondazione Musei Civici, presso l’archivio Filippi, l’Archivio Turio Böhm e infine il Fondo storico dell’Accademia di Belle Arti. Altre ricerche sono state condotte anche presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze, la Biblioteca Hertziana e l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma. La documentazione emersa è molto consistente e consente di identificare, sul piano cronologico, alcune principali fasi evolutive. Nel primo quindicennio circa della seconda metà dell’Ottocento le testimonianze furono per lo più occasionali e riconducibili a specifiche motivazioni o sollecitazioni ben individuate. Dopo l’unità d’Italia, soprattutto a partire dal 1867-1868, la situazione si fece più vivace e vide impegnati molto attivamente alcuni importanti fotografi veneziani tra i quali Giovanni Battista Brusa, Pietro Bertoja, Paolo Salviati, e soprattutto Carlo Naya. Una fase ancora diversa si verificò a partire dalla prima metà degli anni ’90, sia a motivo degli sviluppi tecnici in campo fotografico che portarono alla diffusione delle lastre ortocromatiche, sia per l’avvio a Venezia di vaste campagne di ripresa da parte dei due grandi studi fotografici dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson che si impegnarono attivamente sia nella documentazione dell’architettura e del paesaggio, sia anche delle opere d’arte presenti nei musei e nelle chiese della città. I documenti emersi presso l’Accademia di Belle Arti riguardano soprattutto il periodo fino alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento. A partire da quella data essi diventano molto scarsi, fino a scomparire del tutto, dal momento che alcune disposizioni di legge trasferirono la competenza sulla disciplina in campo fotografico al Ministero della Istruzione Pubblica. Per il periodo successivo, sono invece importanti i documenti presenti al Museo Correr che riguardano l’attività dello Studio Naya, dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson. La tesi è organizzata in modo aderente all’andamento della documentazione. Una prima parte è dedicata ai momenti di avvio della riproduzione fotografica delle opere d’arte veneziane. Un capitolo riguarda la fotografia del disegno allora ritenuto di Raffaello, Apollo e Marsia (1857), e fa luce su una vicenda nota da tempo (cfr. F. Haskell, Un martire dell’attribuzionismo), ma sulla quale permanevano parecchi punti oscuri. Un secondo capitolo riguarda la vicenda della riproduzione fotografica della Pala d’oro della Basilica di San Marco (1860). Pur allora non realizzata a causa delle notevoli difficoltà tecniche, essa è molto significativa perché rivela una rete di relazioni e di problematiche di grande interesse per la storia della fotografia. Segue poi un capitolo dedicato alla prima riproduzione fotografica del Breviario Grimani (1861-1862) che fu un’impresa laboriosa e molto impegnativa, e che come nei due casi precedenti, vede ancora protagonista Antonio Perini. La vicenda della riproduzione fotografica dei disegni dei grandi maestri allora conservati all’Accademia di Belle Arti (1864-1876), e realizzata in tempi diversi da alcuni fotografi, il primo dei quali fu Perini, costituisce uno snodo fondamentale tra la prima e la seconda fase storica che ho sopra indicato. Essa evidenzia, anche in ambito veneziano, l’importanza e l’interesse verso il disegno già attivi da tempo in altri paesi europei e ne descrive le probabili connessioni con il “Raphael Project” del principe consorte inglese Alberto. Il periodo delle campagne fotografiche su ampia scala viene introdotto da un capitolo dedicato alle normative - prima locali, e poi nazionali - sulla riproduzione fotografica delle opere d’arte. In esso viene descritto anche il ruolo dell’Accademia in relazione alla tutela dei beni artistici che coinvolse l’ente anche nel settore fotografico. Nel capitolo vengono anche messe in luce le problematiche legate all’attività dei molti pittori copisti che frequentemente lavoravano alle Gallerie dell’Accademia e nelle chiese veneziane, in rapporto all’attività dei fotografi, mostrando come l’attività dei primi presentasse molti più problemi che nel caso dei secondi. L’ultimo capitolo riguarda le campagne fotografiche condotte tra la fine d egli anni ’60 e l’inizio del XX secolo, e analizza i documenti nei loro punti principali. La tesi pubblica ca. 220 documenti suddivisi in due appendici: - l’Appendice A raccoglie quelli relativi ai capitoli 1-3 e 5; - nell’Appendice B sono invece raccolti i documenti analizzati nei capitoli 4 e 6; - l’Appendice C raccoglie tabelle ed elenchi che possono essere utili alla migliore comprensione del testo, e ne costituiscono in alcuni casi un’efficace sintesi. Tali appendici costituiscono parte integrante del testo che può quindi essere pienamente compreso solo nel costante riferimento con i documenti. Oltre a proporre una prima ricostruzione storica di questo genere fotografico a Venezia, questa tesi fornisce ulteriori elementi di conoscenza su alcuni fotografi veneziani, soprattutto su Antonio Perini e Carlo Naya, e confronta il lavoro di quest’ultimo con quello dei Fratelli Alinari e Domenico Anderson. Attraverso l’analisi di alcuni casi di studio, essa mette altresì in evidenza l’importante ruolo avuto dalla fotografia non solo per la diffusione della conoscenza delle opere d’arte, ma come strumento efficace capace di creare immagini autonome, che in molti casi diventarono indipendenti dagli originali, e che erano molto legate alla sfera intima e personale del pubblico, un aspetto che influenzò notevolmente l’attività dei fotografi.
28-gen-2015
Italiano
fotografia arte Venezia photography art Venice
ZOTTI MINICI, CARLO ALBERTO
ROMANI, VITTORIA
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-172945