La Tesi si propone di analizzare la capacità dei sistemi pensionistici di assicurare gli individui contro rischi di natura macroeconomica e demografica. A tal fine, il lavoro effettua delle simulazioni di comportamenti individuali lungo il ciclo di vita, in un modello di equilibrio parziale in stato stazionario, caratterizzato da incertezza su salari, rendimenti finanziari e aspettativa di vita. Il modello è calibrato in modo da riprodurre fatti stilizzati dell'economia italiana. In particolare le variabili stocastiche (macroeconomiche e demografiche), quali salari, rendimenti finanziari, mobilità sociale e probabilità di sopravvivenza seguono processi stimati sulla base dei dati disponibili per il contesto socio-economico italiano, per lo più nell'arco del periodo 1990-2004. La Tesi si compone di tre saggi. I primi due lavori si prefiggono di confrontare la capacità di assicurare rischi collegati ai salari, ad opera da un lato di un tipico sistema pensionistico di tipo retributivo (di seguito nell'abbreviazione inglese DB, Defined Benefit) che eroga pensioni basate sui salari percepiti negli ultimi anni di lavoro prima del pensionamento, modellato sul sistema pensionistico italiano precedente alla riforma Amato del 1992; dall'altro lato, ad opera di un tipico sistema pensionistico contributivo a capitalizzazione figurativa dei contributi (di seguito nell'abbreviazione inglese NDC, Notional Defined Contribution) che eroga pensioni basate sui contributi versati nel corso dell'intera vita lavorativa e capitalizzati ad un tasso figurativo (“notional”) quale il tasso medio di crescita dell'economia, modellato sul nuovo sistema pensionistico italiano introdotto dalla riforma Dini nel 1995. Il primo lavoro considera un modello con un agente rappresentativo, soggetto a incertezza su salari aggregati e rendimenti finanziari nonché al rischio di mortalità. Il nuovo sistema pensionistico italiano di tipo NDC risulta migliorare il benessere individuale “ex-ante” (ossia, il benessere individuale misurato all'inizio della vita economica) rispetto al precedente sistema di tipo DB, in termini puramente assicurativi. Questo guadagno deriva dal fatto che il nuovo regime pensionistico, nel calcolo delle pensioni, aggrega (in “pooling”) una serie più estesa di salari rischiosi, determinando in tal modo una migliore diversificazione del rischio sui salari, che causa una riduzione in termini attesi nella varianza delle pensioni stesse. Il secondo lavoro estende la portata della precedente analisi considerando un modello con agenti eterogenei appartenenti a diverse classi sociali (ossia, a diverse classi di reddito lavorativo), soggetti a incertezza sia sui salari specifici di ciascuna classe sia sulla mobilità sociale (stocastica) intra-generazionale durante la vita lavorativa, oltre che alla rischiosità dei rendimenti finanziari e dell'aspettativa di vita. In questo scenario il precedente risultato si ribalta, in quanto il nuovo sistema NDC risulta peggiorare il benessere “ex-ante” rispetto al precedente sistema DB in termini puramente assicurativi, per individui appartenenti a tutte le classi sociali. Questo risultato è dovuto al fatto che il nuovo schema pensionistico comporta una più alta correlazione tra pensioni (“asset” previdenziale) e salari percepiti nel corso dell'intera vita lavorativa (considerati come proxy per il “capitale umano” individuale), in tal modo aumentando la quantità complessiva di incertezza cui gli individui sono soggetti nel corso della loro intera vita, e questo effetto prevale (causando una perdita di benessere) quando gran parte dell'incertezza salariale è legata alla mobilità sociale stocastica intra-generazionale. In generale, il sistema previdenziale nel modello (sia del tipo DB che del nuovo tipo NDC) risulta leggermente desiderabile esclusivamente per gli individui le cui condizioni reddituali peggiorano durante la vita lavorativa, in termini di benessere individuale misurato dopo che gli agenti hanno scoperto la classe sociale finale cui si trovano ad appartenere. L'analisi del terzo lavoro è complessivamente volta ad investigare le determinanti della scelta individuale di contribuire a forme di previdenza privata complementare, attraverso la valutazione degli effetti dell'ultima riforma previdenziale in Italia (2004) sul comportamento di un agente rappresentativo soggetto a incertezza su salari aggregati, rendimenti finanziari e aspettativa di vita. La suddetta riforma permette agli individui di scegliere tra due schemi alternativi a cui versare contributi (obbligatori), in aggiunta ai contributi per il sistema pensionistico pubblico, ossia lo schema del Trattamento di Fine Rapporto da un lato, e i fondi pensione complementari dall’altro. Investire nei fondi pensione risulta aumentare leggermente il benessere degli individui nel modello, rispetto alla scelta di contribuire allo schema del TFR. Questo esito è dovuto unicamente al fatto che i fondi pensione offrono una migliore combinazione rischio-rendimento, poiché gli individui nel modello preferiscono in generale ricevere il capitale accumulato in somma fissa al pensionamento (come accade nel caso del TFR) piuttosto che sotto forma di rendita dal pensionamento in avanti (come accade nel caso dei fondi pensione). Questa preferenza per il versamento in un'unica soluzione, ossia per forme più liquide di risparmio previdenziale privato, nonostante pensioni erogate sotto forma di rendita forniscano assicurazione contro il rischio di longevità (ossia il rischio che un lavoratore viva più a lungo di quanto atteso, e quindi si ritrovi con insufficienti risorse risparmiate per gli ultimi anni di vita), è dovuta a due motivi principali: a) la pre-esistenza di (cospicue) rendite pensionistiche pubbliche, che riduce il valore relativo dell'assicurazione aggiuntiva fornita da rendite private; b) la convenienza relativa di investire, al momento del pensionamento, nei mercati finanziari ad alto rendimento atteso una quota consistente delle risorse ricevute in somma fissa.
Assessing Social Security Reforms under Uncertainty
GERON, DEVIS
2011
Abstract
La Tesi si propone di analizzare la capacità dei sistemi pensionistici di assicurare gli individui contro rischi di natura macroeconomica e demografica. A tal fine, il lavoro effettua delle simulazioni di comportamenti individuali lungo il ciclo di vita, in un modello di equilibrio parziale in stato stazionario, caratterizzato da incertezza su salari, rendimenti finanziari e aspettativa di vita. Il modello è calibrato in modo da riprodurre fatti stilizzati dell'economia italiana. In particolare le variabili stocastiche (macroeconomiche e demografiche), quali salari, rendimenti finanziari, mobilità sociale e probabilità di sopravvivenza seguono processi stimati sulla base dei dati disponibili per il contesto socio-economico italiano, per lo più nell'arco del periodo 1990-2004. La Tesi si compone di tre saggi. I primi due lavori si prefiggono di confrontare la capacità di assicurare rischi collegati ai salari, ad opera da un lato di un tipico sistema pensionistico di tipo retributivo (di seguito nell'abbreviazione inglese DB, Defined Benefit) che eroga pensioni basate sui salari percepiti negli ultimi anni di lavoro prima del pensionamento, modellato sul sistema pensionistico italiano precedente alla riforma Amato del 1992; dall'altro lato, ad opera di un tipico sistema pensionistico contributivo a capitalizzazione figurativa dei contributi (di seguito nell'abbreviazione inglese NDC, Notional Defined Contribution) che eroga pensioni basate sui contributi versati nel corso dell'intera vita lavorativa e capitalizzati ad un tasso figurativo (“notional”) quale il tasso medio di crescita dell'economia, modellato sul nuovo sistema pensionistico italiano introdotto dalla riforma Dini nel 1995. Il primo lavoro considera un modello con un agente rappresentativo, soggetto a incertezza su salari aggregati e rendimenti finanziari nonché al rischio di mortalità. Il nuovo sistema pensionistico italiano di tipo NDC risulta migliorare il benessere individuale “ex-ante” (ossia, il benessere individuale misurato all'inizio della vita economica) rispetto al precedente sistema di tipo DB, in termini puramente assicurativi. Questo guadagno deriva dal fatto che il nuovo regime pensionistico, nel calcolo delle pensioni, aggrega (in “pooling”) una serie più estesa di salari rischiosi, determinando in tal modo una migliore diversificazione del rischio sui salari, che causa una riduzione in termini attesi nella varianza delle pensioni stesse. Il secondo lavoro estende la portata della precedente analisi considerando un modello con agenti eterogenei appartenenti a diverse classi sociali (ossia, a diverse classi di reddito lavorativo), soggetti a incertezza sia sui salari specifici di ciascuna classe sia sulla mobilità sociale (stocastica) intra-generazionale durante la vita lavorativa, oltre che alla rischiosità dei rendimenti finanziari e dell'aspettativa di vita. In questo scenario il precedente risultato si ribalta, in quanto il nuovo sistema NDC risulta peggiorare il benessere “ex-ante” rispetto al precedente sistema DB in termini puramente assicurativi, per individui appartenenti a tutte le classi sociali. Questo risultato è dovuto al fatto che il nuovo schema pensionistico comporta una più alta correlazione tra pensioni (“asset” previdenziale) e salari percepiti nel corso dell'intera vita lavorativa (considerati come proxy per il “capitale umano” individuale), in tal modo aumentando la quantità complessiva di incertezza cui gli individui sono soggetti nel corso della loro intera vita, e questo effetto prevale (causando una perdita di benessere) quando gran parte dell'incertezza salariale è legata alla mobilità sociale stocastica intra-generazionale. In generale, il sistema previdenziale nel modello (sia del tipo DB che del nuovo tipo NDC) risulta leggermente desiderabile esclusivamente per gli individui le cui condizioni reddituali peggiorano durante la vita lavorativa, in termini di benessere individuale misurato dopo che gli agenti hanno scoperto la classe sociale finale cui si trovano ad appartenere. L'analisi del terzo lavoro è complessivamente volta ad investigare le determinanti della scelta individuale di contribuire a forme di previdenza privata complementare, attraverso la valutazione degli effetti dell'ultima riforma previdenziale in Italia (2004) sul comportamento di un agente rappresentativo soggetto a incertezza su salari aggregati, rendimenti finanziari e aspettativa di vita. La suddetta riforma permette agli individui di scegliere tra due schemi alternativi a cui versare contributi (obbligatori), in aggiunta ai contributi per il sistema pensionistico pubblico, ossia lo schema del Trattamento di Fine Rapporto da un lato, e i fondi pensione complementari dall’altro. Investire nei fondi pensione risulta aumentare leggermente il benessere degli individui nel modello, rispetto alla scelta di contribuire allo schema del TFR. Questo esito è dovuto unicamente al fatto che i fondi pensione offrono una migliore combinazione rischio-rendimento, poiché gli individui nel modello preferiscono in generale ricevere il capitale accumulato in somma fissa al pensionamento (come accade nel caso del TFR) piuttosto che sotto forma di rendita dal pensionamento in avanti (come accade nel caso dei fondi pensione). Questa preferenza per il versamento in un'unica soluzione, ossia per forme più liquide di risparmio previdenziale privato, nonostante pensioni erogate sotto forma di rendita forniscano assicurazione contro il rischio di longevità (ossia il rischio che un lavoratore viva più a lungo di quanto atteso, e quindi si ritrovi con insufficienti risorse risparmiate per gli ultimi anni di vita), è dovuta a due motivi principali: a) la pre-esistenza di (cospicue) rendite pensionistiche pubbliche, che riduce il valore relativo dell'assicurazione aggiuntiva fornita da rendite private; b) la convenienza relativa di investire, al momento del pensionamento, nei mercati finanziari ad alto rendimento atteso una quota consistente delle risorse ricevute in somma fissa.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/172976
URN:NBN:IT:UNIPD-172976