La Malattia di Parkinson (Parkinson’s disease, PD), descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson, è la più importante affezione del sistema extrapiramidale, le cui principali caratteristiche patologiche sono la progressiva e selettiva perdita di neuroni dopaminergici nella substantia nigra pars compacta, la conseguente diminuzione dei livelli striatali di dopamina e la presenza, nei neuroni dopaminergici nigrali sopravvissuti, di inclusioni citoplasmatiche, denominate Corpi di Lewy, che contengono soprattutto aggregati di α-sinucleina e parkina. La PD è sempre sporadica, eccetto alcuni rari casi associati a mutazioni geniche e che sono responsabili di forme di PD ad insorgenza precoce. A queste forme appartengono: - forme della PD autosomiche dominanti, dovute a due mutazioni nel gene che codifica per l'α-sinucleina e una mutazione nel gene che codifica per la parte C-terminale dell’Ubiquitina idrolasi L1 (UCHL1); - forme autosomiche recessive, dovute a mutazioni nel gene che codifica per la parkina, che portano alla maggior parte dei casi di PD familiare e giovanile sporadico e che si caratterizzano per la mancanza dei Corpi di Lewy. Forme autosomiche recessive della PD sono inoltre dovute a mutazioni nel gene che codifica per DJ-1 e PINK1. Studi sulle forme ereditarie della PD si stanno concentrando verso un’ipotesi comune, cioè che l’accumulo normale e anormale di proteine intracellulari (mutate, disassemblate o danneggiate) ed il malfunzionamento del sistema ubiquitina-proteasoma possa condurre alla morte dei neuroni dopaminergici nigrali. In particolare, lo stress ossidativo generato dallo scompenso delle funzioni mitocondriali e dal metabolismo della dopamina potrebbe promuovere la formazione di proteine mal-ripiegate come risultato di modifiche post-traslazionali, specialmente a carico della α-sinucleina e della parkina. La parkina è una E3-ubiquitina ligasi coinvolta nei processi di degradazione di proteine danneggiate o mal ripiegate mediante l’interazione con il complesso proteasomico. La perdita di questa funzione da parte della parkina, conseguente a mutazioni (per esempio la mutazione puntiforme Arg42Pro (R42P)) o a stress ossidativo, sembra costituire il meccanismo patogenetico del PD giovanile, portando ad un accumulo delle proteine e alla disregolazione del metabolismo della dopamina. In questo contesto è rilevante notare che recenti studi, sia in vitro che in vivo, hanno attribuito un probabile ruolo protettivo alla parkina nella sopravvivenza dei neuroni dopaminergici nigrali, aprendo così interessanti prospettive per lo studio e lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative della PD, basate sulla neuroprotezione endogena. Alla luce di queste ultime evidenze, il progetto di ricerca ha avuto lo scopo di indagare il potenziale effetto neuroprotettivo della parkina nella risposta cellulare allo stress ossidativo indotto dalla tossina dopaminergica 6-idrossi-dopamina (6-OHDA). Tale obbiettivo è stato perseguito avvalendoci di due approcci sperimentali: 1. produzione, purificazione e caratterizzazione di una proteina TAT-parkina umana da Escherichia coli e valutazione della potenziale capacità protettiva mediante somministrazione esogena della stessa. 2. sovra-espressione della parkina wild-type (WT) umana e valutazione del possibile effetto protettivo mediante confronto con cellule di controllo e con cellule sovra-esprimenti la forma mutata R42P (parkina R42P). Il modello in vitro utilizzato è costituito da cellule surrenali adrenergiche PC12, di feocromocitoma di ratto, sia indifferenziate, sia indotte a sviluppare tratti fenotipici che caratterizzano i neuroni dopaminergici in seguito all’esposizione al fattore di crescita nervoso. Nella prima parte dello studio è stata clonata ed espressa, attraverso l’uso di sistemi d’espressione in procarioti, una proteina parkina umana. Tale proteina è stata fusa, nella porzione ammino-terminale, con una coda di 6 istidine (His6) necessaria per la successiva purificazione, seguita dalla sequenza TAT di traslocazione cellulare, derivante dall’immunodeficienza umana (HIV). La sequenza TAT fa parte di una più ampia classe di domini di trasduzione (protein transduction domains (PTD)) che hanno lo scopo di agevolare la diffusione di macromolecole attraverso le membrana cellulari. La proteina di fusione His(6)TAT-parkina è stata espressa in Escherichia coli e purificata secondo la tecnica standard del DNA ricombinante. Le varie fasi di purificazione sono state confermate mediante analisi elettroforetica SDS-PAGE. L’analisi in Western blotting e l’immunocitochimica hanno invece evidenziato come tale proteina sia in grado di entrare nelle cellule attraverso la sequenza TAT, di localizzare preferenzialmente nel nucleo e nel citoplasma, di co-localizzare nei mitocondri; mentre un saggio di ubiquitinazione in vitro ha rivelato la sua attività biologica di ubiquitina E3-ligasi. Questa proteina è stata pertanto testata su cellule PC12 differenziate sottoposte precedentemente a stress ossidativo indotto da 6-OHDA. I risultati ottenuti hanno dimostrato che TAT-parkina umana, a concentrazioni nanomolari, è in grado di proteggere i neuroni simil-dopaminergici purché sia presente prima, durante e dopo il danno indotto da 6-OHDA. Sulla base di questi ultimi risultati e su recenti studi che hanno dimostrato come la sovra-espressione della parkina protegge dalla tossicitù indotta dall'α-sinucleina e in modelli cellulari di apoptosi, nella seconda parte dello studio si è indagata la potenziale proprietà neuroprotettiva della parkina nei confronti dello stress ossidativo, valutando gli effetti dell’aumento dell’espressione della proteina umana (WT) a confronto con la forma patologica mutata R42P. A tale scopo le cellule PC12 sono state transfettate stabilmente con un plasmide d’espressione codificante in parte per la proteina parkina umana (WT) e in parte per la forma umana mutata R42P. Le cellule non transfettate sono state usate come controllo. I cloni sono stati selezionati mediante Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction e Western blotting. I cloni selezionati e le cellule non transfettate sono state trattate con 6-OHDA (50 e 75 μM) a tempi differenti. Per entrambe le dosi e per tutte le cellule, è stata osservata una riduzione della vitalità cellulare tempo-dipendente; tuttavia in maniera già significativa a partire dalle 2 ore per le cellule di controllo e per il clone sovra-esprimente la parkina mutata R42P, mentre il clone sovra-esprimente la parkina WT ha mostrato una significativa riduzione della vitalità solo a partire dalle 12 ore. Una successiva analisi in Western blotting ha inoltre evidenziato che questo ultimo clone è caratterizzato da un incremento della quantità di proteine ubiquitinate e da un aumento basale dell’autofagia. Poiché molti studi indicano che un mal funzionamento del sistema proteasoma-ubiquitina e del sistema autofagico sembra essere uno dei meccanismi di induzione e promozione della PD, per verificare se l’effetto protettivo della parkina nei confronti dello stress ossidativo potesse essere mediato da entrambi questi processi, è stato inibito il pathway proteosomico con l’inibitore specifico del proteasoma (MG132), o il pathway autofagico con l’inibitore selettivo del’autofagia, 3-metil-adenina (3-MA). Anche in questo caso è apparsa evidente una maggior capacità di sopravvivenza cellulare nelle cellule sovra-esprimenti la parkina (WT). Tuttavia, la contemporanea somministrazione di entrambi gli inibitori ha determinato una riduzione della vitalità cellulare simile sia per i cloni, sia per le cellule di controllo, annullando pertanto l’effetto protettivo della parkina (WT). Questi ultimi risultati hanno dimostrato l’effetto protettivo della sovra-espressione della parkina sui neuroni simil-dopaminergici in condizioni di danno da stress ossidativo indotto da 6-OHDA. La sovra-espressione della parkina protegge inoltre dalla tossicità indotta da disfunzioni del sistema proteasoma-ubiquitina o del sistema autofagico, confermando infine che la mutazione R42P compromette la funzione fisiologica della proteina. Complessivamente i dati ottenuti confermano che la parkina, sia come proteina TAT-parkina ricombinante, sia quando sovra-espressa, è dotata di una spiccata capacità neuroprotettiva nei confronti di differenti stimoli tossici. La parkina potrebbe quindi rappresentare un possibile target di strategia terapeutica basato sulla neuroprotezione endogena, così come l’applicazione dei domini di trasduzione potrebbero rappresentare un valido strumento di somministrazione di farmaci o sostanze potenzialmente terapeutiche per la cura di molteplici patologie, compresa la PD.
Analysis in vitro of the neuroprotective action of recombinant human TAT-parkin and parkin over-expression in the 6-hydroxydopamine model of Parkinson's disease
GRIGOLETTO, JESSICA
2010
Abstract
La Malattia di Parkinson (Parkinson’s disease, PD), descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson, è la più importante affezione del sistema extrapiramidale, le cui principali caratteristiche patologiche sono la progressiva e selettiva perdita di neuroni dopaminergici nella substantia nigra pars compacta, la conseguente diminuzione dei livelli striatali di dopamina e la presenza, nei neuroni dopaminergici nigrali sopravvissuti, di inclusioni citoplasmatiche, denominate Corpi di Lewy, che contengono soprattutto aggregati di α-sinucleina e parkina. La PD è sempre sporadica, eccetto alcuni rari casi associati a mutazioni geniche e che sono responsabili di forme di PD ad insorgenza precoce. A queste forme appartengono: - forme della PD autosomiche dominanti, dovute a due mutazioni nel gene che codifica per l'α-sinucleina e una mutazione nel gene che codifica per la parte C-terminale dell’Ubiquitina idrolasi L1 (UCHL1); - forme autosomiche recessive, dovute a mutazioni nel gene che codifica per la parkina, che portano alla maggior parte dei casi di PD familiare e giovanile sporadico e che si caratterizzano per la mancanza dei Corpi di Lewy. Forme autosomiche recessive della PD sono inoltre dovute a mutazioni nel gene che codifica per DJ-1 e PINK1. Studi sulle forme ereditarie della PD si stanno concentrando verso un’ipotesi comune, cioè che l’accumulo normale e anormale di proteine intracellulari (mutate, disassemblate o danneggiate) ed il malfunzionamento del sistema ubiquitina-proteasoma possa condurre alla morte dei neuroni dopaminergici nigrali. In particolare, lo stress ossidativo generato dallo scompenso delle funzioni mitocondriali e dal metabolismo della dopamina potrebbe promuovere la formazione di proteine mal-ripiegate come risultato di modifiche post-traslazionali, specialmente a carico della α-sinucleina e della parkina. La parkina è una E3-ubiquitina ligasi coinvolta nei processi di degradazione di proteine danneggiate o mal ripiegate mediante l’interazione con il complesso proteasomico. La perdita di questa funzione da parte della parkina, conseguente a mutazioni (per esempio la mutazione puntiforme Arg42Pro (R42P)) o a stress ossidativo, sembra costituire il meccanismo patogenetico del PD giovanile, portando ad un accumulo delle proteine e alla disregolazione del metabolismo della dopamina. In questo contesto è rilevante notare che recenti studi, sia in vitro che in vivo, hanno attribuito un probabile ruolo protettivo alla parkina nella sopravvivenza dei neuroni dopaminergici nigrali, aprendo così interessanti prospettive per lo studio e lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative della PD, basate sulla neuroprotezione endogena. Alla luce di queste ultime evidenze, il progetto di ricerca ha avuto lo scopo di indagare il potenziale effetto neuroprotettivo della parkina nella risposta cellulare allo stress ossidativo indotto dalla tossina dopaminergica 6-idrossi-dopamina (6-OHDA). Tale obbiettivo è stato perseguito avvalendoci di due approcci sperimentali: 1. produzione, purificazione e caratterizzazione di una proteina TAT-parkina umana da Escherichia coli e valutazione della potenziale capacità protettiva mediante somministrazione esogena della stessa. 2. sovra-espressione della parkina wild-type (WT) umana e valutazione del possibile effetto protettivo mediante confronto con cellule di controllo e con cellule sovra-esprimenti la forma mutata R42P (parkina R42P). Il modello in vitro utilizzato è costituito da cellule surrenali adrenergiche PC12, di feocromocitoma di ratto, sia indifferenziate, sia indotte a sviluppare tratti fenotipici che caratterizzano i neuroni dopaminergici in seguito all’esposizione al fattore di crescita nervoso. Nella prima parte dello studio è stata clonata ed espressa, attraverso l’uso di sistemi d’espressione in procarioti, una proteina parkina umana. Tale proteina è stata fusa, nella porzione ammino-terminale, con una coda di 6 istidine (His6) necessaria per la successiva purificazione, seguita dalla sequenza TAT di traslocazione cellulare, derivante dall’immunodeficienza umana (HIV). La sequenza TAT fa parte di una più ampia classe di domini di trasduzione (protein transduction domains (PTD)) che hanno lo scopo di agevolare la diffusione di macromolecole attraverso le membrana cellulari. La proteina di fusione His(6)TAT-parkina è stata espressa in Escherichia coli e purificata secondo la tecnica standard del DNA ricombinante. Le varie fasi di purificazione sono state confermate mediante analisi elettroforetica SDS-PAGE. L’analisi in Western blotting e l’immunocitochimica hanno invece evidenziato come tale proteina sia in grado di entrare nelle cellule attraverso la sequenza TAT, di localizzare preferenzialmente nel nucleo e nel citoplasma, di co-localizzare nei mitocondri; mentre un saggio di ubiquitinazione in vitro ha rivelato la sua attività biologica di ubiquitina E3-ligasi. Questa proteina è stata pertanto testata su cellule PC12 differenziate sottoposte precedentemente a stress ossidativo indotto da 6-OHDA. I risultati ottenuti hanno dimostrato che TAT-parkina umana, a concentrazioni nanomolari, è in grado di proteggere i neuroni simil-dopaminergici purché sia presente prima, durante e dopo il danno indotto da 6-OHDA. Sulla base di questi ultimi risultati e su recenti studi che hanno dimostrato come la sovra-espressione della parkina protegge dalla tossicitù indotta dall'α-sinucleina e in modelli cellulari di apoptosi, nella seconda parte dello studio si è indagata la potenziale proprietà neuroprotettiva della parkina nei confronti dello stress ossidativo, valutando gli effetti dell’aumento dell’espressione della proteina umana (WT) a confronto con la forma patologica mutata R42P. A tale scopo le cellule PC12 sono state transfettate stabilmente con un plasmide d’espressione codificante in parte per la proteina parkina umana (WT) e in parte per la forma umana mutata R42P. Le cellule non transfettate sono state usate come controllo. I cloni sono stati selezionati mediante Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction e Western blotting. I cloni selezionati e le cellule non transfettate sono state trattate con 6-OHDA (50 e 75 μM) a tempi differenti. Per entrambe le dosi e per tutte le cellule, è stata osservata una riduzione della vitalità cellulare tempo-dipendente; tuttavia in maniera già significativa a partire dalle 2 ore per le cellule di controllo e per il clone sovra-esprimente la parkina mutata R42P, mentre il clone sovra-esprimente la parkina WT ha mostrato una significativa riduzione della vitalità solo a partire dalle 12 ore. Una successiva analisi in Western blotting ha inoltre evidenziato che questo ultimo clone è caratterizzato da un incremento della quantità di proteine ubiquitinate e da un aumento basale dell’autofagia. Poiché molti studi indicano che un mal funzionamento del sistema proteasoma-ubiquitina e del sistema autofagico sembra essere uno dei meccanismi di induzione e promozione della PD, per verificare se l’effetto protettivo della parkina nei confronti dello stress ossidativo potesse essere mediato da entrambi questi processi, è stato inibito il pathway proteosomico con l’inibitore specifico del proteasoma (MG132), o il pathway autofagico con l’inibitore selettivo del’autofagia, 3-metil-adenina (3-MA). Anche in questo caso è apparsa evidente una maggior capacità di sopravvivenza cellulare nelle cellule sovra-esprimenti la parkina (WT). Tuttavia, la contemporanea somministrazione di entrambi gli inibitori ha determinato una riduzione della vitalità cellulare simile sia per i cloni, sia per le cellule di controllo, annullando pertanto l’effetto protettivo della parkina (WT). Questi ultimi risultati hanno dimostrato l’effetto protettivo della sovra-espressione della parkina sui neuroni simil-dopaminergici in condizioni di danno da stress ossidativo indotto da 6-OHDA. La sovra-espressione della parkina protegge inoltre dalla tossicità indotta da disfunzioni del sistema proteasoma-ubiquitina o del sistema autofagico, confermando infine che la mutazione R42P compromette la funzione fisiologica della proteina. Complessivamente i dati ottenuti confermano che la parkina, sia come proteina TAT-parkina ricombinante, sia quando sovra-espressa, è dotata di una spiccata capacità neuroprotettiva nei confronti di differenti stimoli tossici. La parkina potrebbe quindi rappresentare un possibile target di strategia terapeutica basato sulla neuroprotezione endogena, così come l’applicazione dei domini di trasduzione potrebbero rappresentare un valido strumento di somministrazione di farmaci o sostanze potenzialmente terapeutiche per la cura di molteplici patologie, compresa la PD.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173290
URN:NBN:IT:UNIPD-173290