Il lavoro indaga il movimento politico che spinse la Pennsylvania ad unirsi alle altre province americane nella resistenza alla Corona inglese e nella dichiarazione dell’indipendenza e che al contempo la condusse ad approvare, nel 1776, una delle Costituzioni statali più radicali del periodo rivoluzionario. Nell’analisi del discorso rivoluzionario e dell’esito costituzionale tematizza in particolare la questione dell’organizzazione della difesa militare, il problema della milizia e il ruolo che questi elementi ebbero nel rinnovamento dell’ordine politico di una colonia quacchera per fondazione e pacifista per cultura politica e istituzionale. Essi sono decisivi per comprendere il segno assunto dalla Rivoluzione Americana in Pennsylvania: il carattere volontario ed extralegale delle compagnie di milizia, radicato nel passato coloniale, consegnò ai rivoluzionari un’abitudine all’autogoverno e una declinazione egalitaria della resistenza ai governanti, decisivi nel caratterizzare la pratica rivoluzionaria e costituzionale. Nel suo dispiegarsi, il lavoro muove alla ricomposizione della frattura posta tipicamente dalla storiografia tra l’analisi degli eventi della resistenza, da una parte, e la considerazione delle risorse ideali ricorrenti nel dibattito pubblico, dall’altra. Lo fa con l’intento di misurare il significato che il contesto rivoluzionario di Philadelphia, quale piano specifico della Rivoluzione Americana, assume alla soglia della modernità politica, storica e concettuale. Per questo, prima di avviare la considerazione degli eventi e del dibattito rivoluzionario si sofferma su alcune imprescindibili conclusioni argomentate, da un lato, dalla storiografia in relazione al portato ideale della rivoluzione e, dall’altro, dalla storia del pensiero politico sull’emergere della modernità nell’età delle rivoluzioni. Spesso descritta come l’affermarsi di un ordine modernamente democratico e come anticipazione di caratteri ottocenteschi della storia politica americana, l’analisi della rivoluzione in Pennsylvania permette di andare alla radice di quel movimento e di misurarne i caratteri nel suo iniziale dispiegarsi. E di valutarne, in questo modo, la tensione rispetto ai tratti politici della modernità. Mostrando come più spesso, paradossalmente, gli esiti egalitari assunti a evidenza della novità politica nascano in seno a esperienze ed esigenze politiche e concettuali tutt’altro che egalitarie.
Resistenza, autogoverno e opposizione. La milizia nella Rivoluzione in Pennsylvania, 1775-1777.
DEL BONO, DAVIDE
2017
Abstract
Il lavoro indaga il movimento politico che spinse la Pennsylvania ad unirsi alle altre province americane nella resistenza alla Corona inglese e nella dichiarazione dell’indipendenza e che al contempo la condusse ad approvare, nel 1776, una delle Costituzioni statali più radicali del periodo rivoluzionario. Nell’analisi del discorso rivoluzionario e dell’esito costituzionale tematizza in particolare la questione dell’organizzazione della difesa militare, il problema della milizia e il ruolo che questi elementi ebbero nel rinnovamento dell’ordine politico di una colonia quacchera per fondazione e pacifista per cultura politica e istituzionale. Essi sono decisivi per comprendere il segno assunto dalla Rivoluzione Americana in Pennsylvania: il carattere volontario ed extralegale delle compagnie di milizia, radicato nel passato coloniale, consegnò ai rivoluzionari un’abitudine all’autogoverno e una declinazione egalitaria della resistenza ai governanti, decisivi nel caratterizzare la pratica rivoluzionaria e costituzionale. Nel suo dispiegarsi, il lavoro muove alla ricomposizione della frattura posta tipicamente dalla storiografia tra l’analisi degli eventi della resistenza, da una parte, e la considerazione delle risorse ideali ricorrenti nel dibattito pubblico, dall’altra. Lo fa con l’intento di misurare il significato che il contesto rivoluzionario di Philadelphia, quale piano specifico della Rivoluzione Americana, assume alla soglia della modernità politica, storica e concettuale. Per questo, prima di avviare la considerazione degli eventi e del dibattito rivoluzionario si sofferma su alcune imprescindibili conclusioni argomentate, da un lato, dalla storiografia in relazione al portato ideale della rivoluzione e, dall’altro, dalla storia del pensiero politico sull’emergere della modernità nell’età delle rivoluzioni. Spesso descritta come l’affermarsi di un ordine modernamente democratico e come anticipazione di caratteri ottocenteschi della storia politica americana, l’analisi della rivoluzione in Pennsylvania permette di andare alla radice di quel movimento e di misurarne i caratteri nel suo iniziale dispiegarsi. E di valutarne, in questo modo, la tensione rispetto ai tratti politici della modernità. Mostrando come più spesso, paradossalmente, gli esiti egalitari assunti a evidenza della novità politica nascano in seno a esperienze ed esigenze politiche e concettuali tutt’altro che egalitarie.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173312
URN:NBN:IT:UNIPD-173312