Il lavoro di ricerca del candidato ha come oggetto l’evoluzione del cinema documentario italiano dagli anni Trenta alla metà degli anni Quaranta, con alcune parziali incursioni nella produzione degli anni Venti. Questo perché parte consistente dei materiali esaminati provengono dall’Archivio dell’Istituto Luce che, proprio a partire dal 1926/27, mette a punto tipologie di prodotti audiovisivi e strategie comunicative che anche questa ricerca, al pari di buona parte della bibliografia di riferimento, ha dimostrato mantenersi sostanzialmente immutate nel corso degli anni presi in considerazione. Dalle pagine introduttive in cui si sottolinea come una, almeno apparente, assenza fin dagli anni Trenta di maestri come altrove sono Flaherty, Grierson o Ivens o di una scuola unificante si traduca in una posizione scettica della storiografia critica nei confronti della produzione documentaria e in una conseguente scarsità di studi in materia, si passa ai capitoli di analisi dei film in questione. Film analizzati prevedibilmente in prospettiva diacronica, ma soprattutto evidenziando le diverse finalità o istanze di cui essi si fanno carico: dai documentari educativo-informativi delle cinemateche a quelli più dichiaratamente propagandistici e di argomento bellico prodotti dal Luce e, a partire dal 1938, dalla Incom. Un capitolo della tesi è stato dedicato anche alle manifestazioni del documentario d’autore, in particolare di quello della Cines sotto la direzione di Emilio Cecchi (si sono analizzati film di Blasetti, Bragaglia, Poggioli, Vergano, Barbaro, Perilli, Gabriellino D’Annunzio che vanno alla scoperta, tra le altre realtà, di località d’archeologia e d’arte): si è tentata di dimostrare l’eccezionalità, di questi e di pochi altri materiali, come I cantieri dell’Adriatico di Umberto Barbaro o Il pianto delle zitelle di Giacomo Pozzi Bellini, ad una produzione per il resto prevalentemente propagandistica o nella quale il Luce, sebbene attivo, non impegna le grandi firme di cui pure dispone. Il secondo nucleo di questo capitolo dedicato al documentario di qualità è quello legato alla produzione della cosiddetta “sinistra” fascista (composta da giovani intellettuali, alcuni dei quali già segretamente antifascisti), la cui battaglia, soprattutto durante i primi anni del secondo conflitto mondiale, è finalizzata all’affermazione di una linea realistica che, uscendo dalle convenzioni e dalle falsità del vecchio modo di fare spettacolo, spalanchi le porte al mondo popolare, alla società italiana così come è e non come, nei coevi documentari di propaganda, la rappresentano i miti e gli slogan del regime. Con un’attenzione particolare ai documentari realizzati nel Nord Italia, da Gente di Chioggia di Basilio Franchina a Comacchio di Fernando Cerchio, passando soprattutto per la figura autoriale cui è stata dedicata maggiore attenzione in questo lavoro di ricerca: quella di Francesco Pasinetti, in particolare nelle sue relazioni con la cultura fascista e la città di Venezia, di cui risulta essere il più attento e ispirato cantore. La parte quantitativamente più consistente dei materiali esaminati è, però, quella relativa ai cinegiornali e documentari dell’Istituto Luce di ambientazione veneta per delineare non più, o non tanto, il rapporto tra pellicola e propaganda o pellicola ed istanze poetiche di un determinato regista, quanto piuttosto le modalità con cui la cineinformazione ha saputo leggere il territorio italiano, e questa regione in particolare. Qualche numero indicativo: 250 record (termine che indica le singole rispondenze dell’Archivio, quindi utilizzabile tanto per cinegiornali che per documentari o materiali di repertorio) per Belluno (inteso come capoluogo e provincia), 370 per Padova, 50 per Rovigo, 100 per Treviso, 960 per Venezia, 290 per Verona, 120 per Vicenza. L’analisi di un così significativo corpus di materiali ha consentito di identificare una serie di ricorrenze (rilevabili anche numericamente) negli oggetti e nelle modalità della comunicazione cinegiornalistica e ha permesso di raffrontarle con quelle di altre realtà regionali o di altre forme comunicative. Raffronto, questo, che si è rivelato particolarmente interessante nel caso di Venezia, città sospesa tra l’ufficialità e la mondanità dei cinegiornali Luce, la carica storica delle immagini della seconda guerra mondiale e della Resistenza e il volto silenzioso e nascosto svelato da molti documentari, in primis quelli di Francesco Pasinetti.

Dal veneto minore ai fasti imperiali: il documentario italiano tra realismo e propaganda (1925-1945)

FASAN, ERIKA
2009

Abstract

Il lavoro di ricerca del candidato ha come oggetto l’evoluzione del cinema documentario italiano dagli anni Trenta alla metà degli anni Quaranta, con alcune parziali incursioni nella produzione degli anni Venti. Questo perché parte consistente dei materiali esaminati provengono dall’Archivio dell’Istituto Luce che, proprio a partire dal 1926/27, mette a punto tipologie di prodotti audiovisivi e strategie comunicative che anche questa ricerca, al pari di buona parte della bibliografia di riferimento, ha dimostrato mantenersi sostanzialmente immutate nel corso degli anni presi in considerazione. Dalle pagine introduttive in cui si sottolinea come una, almeno apparente, assenza fin dagli anni Trenta di maestri come altrove sono Flaherty, Grierson o Ivens o di una scuola unificante si traduca in una posizione scettica della storiografia critica nei confronti della produzione documentaria e in una conseguente scarsità di studi in materia, si passa ai capitoli di analisi dei film in questione. Film analizzati prevedibilmente in prospettiva diacronica, ma soprattutto evidenziando le diverse finalità o istanze di cui essi si fanno carico: dai documentari educativo-informativi delle cinemateche a quelli più dichiaratamente propagandistici e di argomento bellico prodotti dal Luce e, a partire dal 1938, dalla Incom. Un capitolo della tesi è stato dedicato anche alle manifestazioni del documentario d’autore, in particolare di quello della Cines sotto la direzione di Emilio Cecchi (si sono analizzati film di Blasetti, Bragaglia, Poggioli, Vergano, Barbaro, Perilli, Gabriellino D’Annunzio che vanno alla scoperta, tra le altre realtà, di località d’archeologia e d’arte): si è tentata di dimostrare l’eccezionalità, di questi e di pochi altri materiali, come I cantieri dell’Adriatico di Umberto Barbaro o Il pianto delle zitelle di Giacomo Pozzi Bellini, ad una produzione per il resto prevalentemente propagandistica o nella quale il Luce, sebbene attivo, non impegna le grandi firme di cui pure dispone. Il secondo nucleo di questo capitolo dedicato al documentario di qualità è quello legato alla produzione della cosiddetta “sinistra” fascista (composta da giovani intellettuali, alcuni dei quali già segretamente antifascisti), la cui battaglia, soprattutto durante i primi anni del secondo conflitto mondiale, è finalizzata all’affermazione di una linea realistica che, uscendo dalle convenzioni e dalle falsità del vecchio modo di fare spettacolo, spalanchi le porte al mondo popolare, alla società italiana così come è e non come, nei coevi documentari di propaganda, la rappresentano i miti e gli slogan del regime. Con un’attenzione particolare ai documentari realizzati nel Nord Italia, da Gente di Chioggia di Basilio Franchina a Comacchio di Fernando Cerchio, passando soprattutto per la figura autoriale cui è stata dedicata maggiore attenzione in questo lavoro di ricerca: quella di Francesco Pasinetti, in particolare nelle sue relazioni con la cultura fascista e la città di Venezia, di cui risulta essere il più attento e ispirato cantore. La parte quantitativamente più consistente dei materiali esaminati è, però, quella relativa ai cinegiornali e documentari dell’Istituto Luce di ambientazione veneta per delineare non più, o non tanto, il rapporto tra pellicola e propaganda o pellicola ed istanze poetiche di un determinato regista, quanto piuttosto le modalità con cui la cineinformazione ha saputo leggere il territorio italiano, e questa regione in particolare. Qualche numero indicativo: 250 record (termine che indica le singole rispondenze dell’Archivio, quindi utilizzabile tanto per cinegiornali che per documentari o materiali di repertorio) per Belluno (inteso come capoluogo e provincia), 370 per Padova, 50 per Rovigo, 100 per Treviso, 960 per Venezia, 290 per Verona, 120 per Vicenza. L’analisi di un così significativo corpus di materiali ha consentito di identificare una serie di ricorrenze (rilevabili anche numericamente) negli oggetti e nelle modalità della comunicazione cinegiornalistica e ha permesso di raffrontarle con quelle di altre realtà regionali o di altre forme comunicative. Raffronto, questo, che si è rivelato particolarmente interessante nel caso di Venezia, città sospesa tra l’ufficialità e la mondanità dei cinegiornali Luce, la carica storica delle immagini della seconda guerra mondiale e della Resistenza e il volto silenzioso e nascosto svelato da molti documentari, in primis quelli di Francesco Pasinetti.
2009
Italiano
documentario, veneto
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-173378