La prima parte della tesi mette a fuoco la storia dell’archeologia altomedievale funeraria in Toscana nel diciannovesimo e ventesimo secolo. In particolare si analizza il rapporto tra la tradizionale attitudine degli antiquari toscani nei confronti dell’archeologia etrusca e il loro coinvolgimento nelle primissime scoperte di tombe altomedievali, che ebbero luogo in varie città e località della regione. Si indaga la resistenza delle autorità e degli eruditi locali ad intraprendere studi sul periodo longobardo perché percepito come non rappresentativo del loro passato nella memoria culturale. In un caso soprattutto, l’appeal negativo degli studiosi locali verso i materiali altomedievali causò la perdita di un cospicuo gruppo di oggetti in oro, trovato in una tomba privilegiata nel 1874 e venduto a collezionisti stranieri. Attraverso documenti d’archivio, è stato possibile seguire la storia antiquaria degli oggetti, oggi conservati parte al Metropolitan Muesum (New York),parte al Musée de Saint-Germain-en-Lay (Paris). Questo tipo di ricerca fornisce importanti elementi per valutare gli standard dell’archeologia altomedievale funeraria oggi in quanto disciplina in Toscana. La seconda parte della tesi evidenzia come l’archeologia altomedievale toscana sia ancora influenzata, ad un livello profondo, dai suoi sviluppi ottocenteschi e novecenteschi. Come conseguenza dei passati scavi, oggi i dati disponibili sono molto frammentari e gli studi teorici non conoscono un dibattito maturo. Queste sono le ragioni per cui appare necessario ripensare l’archeologia funeraria in Toscana. I numerosi esempi di riuso dei monumenti e dei materiali etrusco-romani nei cimiteri di età longobarda costituisco oggetto di studio promettente. Appare evidente infatti che le rovine antiche, ancora visibili nel paesaggio durante l’alto medioevo, abbiano influenzato le pratiche funerarie e i rituali della popolazione altomedievale.

Longobardi di Tuscia, fonti archeologiche, ricerca erudita e la costruzione di un paesaggio altomedievale (secoli VII-XX)

PAZIENZA, ANNAMARIA
2009

Abstract

La prima parte della tesi mette a fuoco la storia dell’archeologia altomedievale funeraria in Toscana nel diciannovesimo e ventesimo secolo. In particolare si analizza il rapporto tra la tradizionale attitudine degli antiquari toscani nei confronti dell’archeologia etrusca e il loro coinvolgimento nelle primissime scoperte di tombe altomedievali, che ebbero luogo in varie città e località della regione. Si indaga la resistenza delle autorità e degli eruditi locali ad intraprendere studi sul periodo longobardo perché percepito come non rappresentativo del loro passato nella memoria culturale. In un caso soprattutto, l’appeal negativo degli studiosi locali verso i materiali altomedievali causò la perdita di un cospicuo gruppo di oggetti in oro, trovato in una tomba privilegiata nel 1874 e venduto a collezionisti stranieri. Attraverso documenti d’archivio, è stato possibile seguire la storia antiquaria degli oggetti, oggi conservati parte al Metropolitan Muesum (New York),parte al Musée de Saint-Germain-en-Lay (Paris). Questo tipo di ricerca fornisce importanti elementi per valutare gli standard dell’archeologia altomedievale funeraria oggi in quanto disciplina in Toscana. La seconda parte della tesi evidenzia come l’archeologia altomedievale toscana sia ancora influenzata, ad un livello profondo, dai suoi sviluppi ottocenteschi e novecenteschi. Come conseguenza dei passati scavi, oggi i dati disponibili sono molto frammentari e gli studi teorici non conoscono un dibattito maturo. Queste sono le ragioni per cui appare necessario ripensare l’archeologia funeraria in Toscana. I numerosi esempi di riuso dei monumenti e dei materiali etrusco-romani nei cimiteri di età longobarda costituisco oggetto di studio promettente. Appare evidente infatti che le rovine antiche, ancora visibili nel paesaggio durante l’alto medioevo, abbiano influenzato le pratiche funerarie e i rituali della popolazione altomedievale.
2009
Italiano
memoria, erudizione, archeologia funeraria altomedievale, reimpiego
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-173395