Premessa storica. Già al tempo degli egizi, nel papiro di Ebers (1500 a.C.) è riconoscibile la descrizione dell'angina pectoris da un passo che dice: “.... se esamini un uomo per malattia del cuore, egli si lamenta per dolore al braccio, al petto e ad una parte del cuore....”. Da qui ha inizio il lungo cammino che ci porterà alla descrizione dell’infarto nel 1912 da trombosi coronarica da parte di James Herrick, alla successiva nascita delle prime Unità coronariche nel 1962 per opera di Desmond Julian e le più moderne Chest Pain Unit nel 1981. La ricerca continua a valutare nuovi aspetti che possano portare al rinvenimento di nuove strategie per ridurre la mortalità causata da questa malattia. Background e obiettivi. L’angina preinfartuale (intesa come angina comparsa nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico acuto) conferisce una protezione al miocardio riducendo le dimensioni dell’infarto, e limitando il rimodellamento ventricolare sinistro. Lo scopo di questo studio è valutare i pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta con sopraslivellamento del tratto ST, e in particolare alcuni sottogruppi, confrontando i pazienti con angina pre-infartuale (API+) e quelli senza (API-) per quanto riguarda la funzione ventricolare, il volume telediastolico e gli outcome clinici intraospedalieri e a distanza di un anno, per poter valutare se gli eventuali effetti protettivi presenti durante la degenza si mantengano anche nel tempo. Metodi e risultati. Abbiamo valutato in un arco temporale di due anni 448 pazienti consecutivi ricoverati in Unità Coronarica per sindrome coronarica acuta con ST sopraslivellato (SCA ST sopra) indipendentemente dal trattamento ricevuto. Di questi abbiamo poi analizzato più approfonditamente un sottogruppo omogeneo, che presentava lesione emodinamicamente significativa su ramo discendente anteriore della coronaria sinistra. Di questi pazienti è stato eseguito un follow-up clinico ed ecocardiografico ad un anno. Sono stati esclusi dal presente lavoro pazienti arruolati per altri studi. La nostra popolazione risultava così suddivisa: 112 pazienti, corrispondenti al 25 %, avevano presentato angina pre-infartuale (API+) nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico, i restanti 336 (75 %) non avevano avuto episodi anginosi nelle ultime 24 ore (API-). I due gruppi confrontati ( API+ vs API-) fra di loro non hanno dimostrato differenze significative per quanto riguardava l’età, il sesso, i fattori di rischio (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, familiarità per coronaropatia, fumo). I due gruppi sono stati confrontati per quanto riguarda il trattamento ed è risultato che il gruppo API+ era stato trattato più frequentemente con angioplastica primaria rispetto al gruppo API- (88% vs 79% con p=0.025). Per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero nel gruppo API+ rispetto a quello API- è risultata significativamente ridotta la durata della degenza (9±4 giorni vs 11±9 giorni con p=0.004), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.015), la presenza di scompenso (6% vs 14% con p=0.035) e per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era migliore nel gruppo API+ (frazione di eiezione 51±7% vs 48± 9% con p= 0.003) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (58 ± 11 ml/m2 vs 62 ± 17 ml/m2 con p = 0.005). Nel follow up ad un anno è risultato significativamente ridotto il numero di ricoveri in altro reparto (15% vs 25% con p=0.04), non vi è significatività statistica per quanto riguarda gli altri parametri valutati tra outcome e angina pre IMA anche se sono suggestivi di una migliore prognosi nel caso di angina pre IMA (sopravvivenza ad un anno API+ 98% vs API- 93%). Considerando i noti vantaggi legati alla rivascolarizzazione con angioplastica primaria e pensando che questi potessero offuscare i vantaggi legati all’angina-preinfartuale, abbiamo valutato un sottogruppo particolarmente omogeneo di 277 pazienti che avevano come caratteristica una lesione critica su discendente anteriore. Di questi il 30% aveva presentato API+, mentre il restante 70% era API-. Anche in questo gruppo non vi erano differenze significative per quanto riguardava età, sesso, fattori di rischio associati (ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, familiarità per coronaropatia, fumo) e malattie concomitanti (insufficienza renale cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva). Non risultavano differenze significative per quanto riguarda il trattamento ricevuto, mentre si confermavano i dati di miglior prognosi intraospedialiera nel gruppo API+ rispetto a quello API- con ridotta degenza ospedaliera (9±4 giorni vs 13±10 giorni, con p=0.01), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.03), la presenza di scompenso (7% vs 17% con p=0.029) e anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era maggiore nel gruppo API+ (frazione d’eiezione 50± 8% vs 46± 9% con p = 0.00) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (59 ± 12 ml/m2 vs 64 ± 18 ml/m2 con p = 0.018). Nel follow up ad un anno la sopravvivenza non presentava differenze statisticamente significative nei due gruppi (API+ 97% vs API- 94%), mentre si manteneva una miglior frazione di eiezione (52± 9 % vs 48± 9 % con p = 0.010) senza differenze significative per quanto riguarda il volume telediastolico (67 ± 16 ml/m2 vs 69 ± 18 ml/m2). All’analisi multivariata l’angina pre-infartuale risultava predittore indipendente di minor presenza di aritmie (OR 0.48 con 95%CI 0.25-0.93, p=0.03), minori episodi di scompenso (OR 0.33 con 95%CI 0.12-0.91, p=0.03) e ridotta degenza (degenza ridotta di -2.62±1.21 giorni con p=0.03). Risultava protettiva anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici ottenuti in dimissione con miglior funzione ventricolare (frazione di eiezione aumentata di 3.21±1.14 % con p=0.01), e minor volume telediastolico (volume telediastolico ridotto di -5.20±2.26 ml/m2 con p=0.02). L’analisi multivariata dei dati ottenuti nel follow up ha dimostrato come si mantenga predittore di migliore funzione ventricolare anche nell’ecocardiogramma eseguito ad 1 anno (frazione di eiezione aumentata 2.96±1.44 % con p=0.03). Per quanto riguarda il follow up clinico ad 1 anno abbiamo visto che la presenza di angina pre-infartuale ha svolto un ruolo protettivo per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta (6 casi vs 22, OR 0.27) e per episodi di scompenso cardiaco (0 casi vs 5). Conclusioni. L’angina pre-infartuale risulta avere un effetto protettivo certo per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero, in quanto porta ad una minor presenza di aritmie, minori episodi di scompenso e minori giorni di degenza, inoltre i pazienti API+ hanno a parità di trattamento una migliore funzione ventricolare con minor volume telediastolico rispetto ai pazienti API-. Per quanto riguarda il follow up ad un anno la funzione ventricolare risulta migliore nel gruppo API+ e i nostri dati mostrano un ruolo protettivo dell’angina pre-infartuale anche per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta e nuovi episodi di scompenso.

SIGNIFICATO PROGNOSTICO DEL PRECONDIZIONAMENTO NELL'INFARTO MIOCARDICO ACUTO: RUOLO DELL'ANGINA PRE-INFARTUALE

COSTA, GEETA GIULIA
2011

Abstract

Premessa storica. Già al tempo degli egizi, nel papiro di Ebers (1500 a.C.) è riconoscibile la descrizione dell'angina pectoris da un passo che dice: “.... se esamini un uomo per malattia del cuore, egli si lamenta per dolore al braccio, al petto e ad una parte del cuore....”. Da qui ha inizio il lungo cammino che ci porterà alla descrizione dell’infarto nel 1912 da trombosi coronarica da parte di James Herrick, alla successiva nascita delle prime Unità coronariche nel 1962 per opera di Desmond Julian e le più moderne Chest Pain Unit nel 1981. La ricerca continua a valutare nuovi aspetti che possano portare al rinvenimento di nuove strategie per ridurre la mortalità causata da questa malattia. Background e obiettivi. L’angina preinfartuale (intesa come angina comparsa nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico acuto) conferisce una protezione al miocardio riducendo le dimensioni dell’infarto, e limitando il rimodellamento ventricolare sinistro. Lo scopo di questo studio è valutare i pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta con sopraslivellamento del tratto ST, e in particolare alcuni sottogruppi, confrontando i pazienti con angina pre-infartuale (API+) e quelli senza (API-) per quanto riguarda la funzione ventricolare, il volume telediastolico e gli outcome clinici intraospedalieri e a distanza di un anno, per poter valutare se gli eventuali effetti protettivi presenti durante la degenza si mantengano anche nel tempo. Metodi e risultati. Abbiamo valutato in un arco temporale di due anni 448 pazienti consecutivi ricoverati in Unità Coronarica per sindrome coronarica acuta con ST sopraslivellato (SCA ST sopra) indipendentemente dal trattamento ricevuto. Di questi abbiamo poi analizzato più approfonditamente un sottogruppo omogeneo, che presentava lesione emodinamicamente significativa su ramo discendente anteriore della coronaria sinistra. Di questi pazienti è stato eseguito un follow-up clinico ed ecocardiografico ad un anno. Sono stati esclusi dal presente lavoro pazienti arruolati per altri studi. La nostra popolazione risultava così suddivisa: 112 pazienti, corrispondenti al 25 %, avevano presentato angina pre-infartuale (API+) nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico, i restanti 336 (75 %) non avevano avuto episodi anginosi nelle ultime 24 ore (API-). I due gruppi confrontati ( API+ vs API-) fra di loro non hanno dimostrato differenze significative per quanto riguardava l’età, il sesso, i fattori di rischio (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, familiarità per coronaropatia, fumo). I due gruppi sono stati confrontati per quanto riguarda il trattamento ed è risultato che il gruppo API+ era stato trattato più frequentemente con angioplastica primaria rispetto al gruppo API- (88% vs 79% con p=0.025). Per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero nel gruppo API+ rispetto a quello API- è risultata significativamente ridotta la durata della degenza (9±4 giorni vs 11±9 giorni con p=0.004), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.015), la presenza di scompenso (6% vs 14% con p=0.035) e per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era migliore nel gruppo API+ (frazione di eiezione 51±7% vs 48± 9% con p= 0.003) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (58 ± 11 ml/m2 vs 62 ± 17 ml/m2 con p = 0.005). Nel follow up ad un anno è risultato significativamente ridotto il numero di ricoveri in altro reparto (15% vs 25% con p=0.04), non vi è significatività statistica per quanto riguarda gli altri parametri valutati tra outcome e angina pre IMA anche se sono suggestivi di una migliore prognosi nel caso di angina pre IMA (sopravvivenza ad un anno API+ 98% vs API- 93%). Considerando i noti vantaggi legati alla rivascolarizzazione con angioplastica primaria e pensando che questi potessero offuscare i vantaggi legati all’angina-preinfartuale, abbiamo valutato un sottogruppo particolarmente omogeneo di 277 pazienti che avevano come caratteristica una lesione critica su discendente anteriore. Di questi il 30% aveva presentato API+, mentre il restante 70% era API-. Anche in questo gruppo non vi erano differenze significative per quanto riguardava età, sesso, fattori di rischio associati (ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, familiarità per coronaropatia, fumo) e malattie concomitanti (insufficienza renale cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva). Non risultavano differenze significative per quanto riguarda il trattamento ricevuto, mentre si confermavano i dati di miglior prognosi intraospedialiera nel gruppo API+ rispetto a quello API- con ridotta degenza ospedaliera (9±4 giorni vs 13±10 giorni, con p=0.01), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.03), la presenza di scompenso (7% vs 17% con p=0.029) e anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era maggiore nel gruppo API+ (frazione d’eiezione 50± 8% vs 46± 9% con p = 0.00) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (59 ± 12 ml/m2 vs 64 ± 18 ml/m2 con p = 0.018). Nel follow up ad un anno la sopravvivenza non presentava differenze statisticamente significative nei due gruppi (API+ 97% vs API- 94%), mentre si manteneva una miglior frazione di eiezione (52± 9 % vs 48± 9 % con p = 0.010) senza differenze significative per quanto riguarda il volume telediastolico (67 ± 16 ml/m2 vs 69 ± 18 ml/m2). All’analisi multivariata l’angina pre-infartuale risultava predittore indipendente di minor presenza di aritmie (OR 0.48 con 95%CI 0.25-0.93, p=0.03), minori episodi di scompenso (OR 0.33 con 95%CI 0.12-0.91, p=0.03) e ridotta degenza (degenza ridotta di -2.62±1.21 giorni con p=0.03). Risultava protettiva anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici ottenuti in dimissione con miglior funzione ventricolare (frazione di eiezione aumentata di 3.21±1.14 % con p=0.01), e minor volume telediastolico (volume telediastolico ridotto di -5.20±2.26 ml/m2 con p=0.02). L’analisi multivariata dei dati ottenuti nel follow up ha dimostrato come si mantenga predittore di migliore funzione ventricolare anche nell’ecocardiogramma eseguito ad 1 anno (frazione di eiezione aumentata 2.96±1.44 % con p=0.03). Per quanto riguarda il follow up clinico ad 1 anno abbiamo visto che la presenza di angina pre-infartuale ha svolto un ruolo protettivo per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta (6 casi vs 22, OR 0.27) e per episodi di scompenso cardiaco (0 casi vs 5). Conclusioni. L’angina pre-infartuale risulta avere un effetto protettivo certo per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero, in quanto porta ad una minor presenza di aritmie, minori episodi di scompenso e minori giorni di degenza, inoltre i pazienti API+ hanno a parità di trattamento una migliore funzione ventricolare con minor volume telediastolico rispetto ai pazienti API-. Per quanto riguarda il follow up ad un anno la funzione ventricolare risulta migliore nel gruppo API+ e i nostri dati mostrano un ruolo protettivo dell’angina pre-infartuale anche per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta e nuovi episodi di scompenso.
feb-2011
Italiano
angina preinfartuale, infarto miocardico acuto, prognosi, sindrome coronarica acuta, preinfarction angina, myocardial infarction, acute coronary syndrome
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-173499