Il progetto – intitolato “Pensare il conflitto. Il decisionismo giuridico di Carl Schmitt: dallo Stato alla teoria del Nomos” – intende mettere in luce il permanere dell’ultima fase del pensiero schmittiano, la celebre teoria del Nomos, all’interno di una concezione del diritto fondata sulla decisione. Sebbene il giurista tedesco già sul finire degli anni venti del Novecento espliciti la necessità di superare il decisionismo giuridico, incapace di spiegare i rapporti interstatuali, il passaggio verso un pensiero giuridico incentrato sugli ordinamenti concreti ci pare infatti contrassegnato da un’ambiguità di fondo. Da un lato, già nella prima edizione di Der Begriff des Politischen del 1927, Schmitt afferma l’eccedenza del politico (Das Politische) nei confronti della decisione sovrana, dall’altro, l’idea del Nomos come unione di ordinamento e localizzazione spaziale non può che fondarsi su una decisione che realizzi tale unione, cioè che “metta in forma” una certa idea di ordine politico-spaziale. Se la pars destruens del pensiero internazionalista di Schmitt rileva, cioè, l’impossibilità di spiegare la prassi di natura essenzialmente extra-legale, che caratterizza la realtà storica dei rapporti di potere, attraverso una concezione del diritto incentrata sulla decisione sovrana degli Stati, la pars construens, basandosi sull’idea che il Nomos si costituisce innanzitutto attraverso l’appropriazione (Nehmen), la suddivisione (Teilen) e la coltivazione (Weiden) di uno spazio e dei suoi beni, non fa altro che esplicitare la matrice decisionista che caratterizza il diritto. La Groβraumtheorie, che sfocerà nella teoria del Nomos, ci pare dunque il tentativo di ripristinare un ordine internazionale sul modello dello jus publicum europeum, incentrato cioè su una precisa concezione spaziale. Tuttavia, così come il sistema westfaliano, l’ordinamento dei grandi spazi non può che fondarsi su una concezione decisionista del diritto. È solo sulla base di una decisione originaria, incondizionata e arbitraria (in quanto fondata essenzialmente sulla forza), infatti, che si può operare quella definizione dei confini e spartizione dei beni attraverso cui il Nomos si concretizza distinguendosi dall’anomia.
Pensare il conflitto. Il decisionismo giuridico di Carl Schmitt: dallo Stato alla teoria del Nomos
LATTANZI, LUCA
2019
Abstract
Il progetto – intitolato “Pensare il conflitto. Il decisionismo giuridico di Carl Schmitt: dallo Stato alla teoria del Nomos” – intende mettere in luce il permanere dell’ultima fase del pensiero schmittiano, la celebre teoria del Nomos, all’interno di una concezione del diritto fondata sulla decisione. Sebbene il giurista tedesco già sul finire degli anni venti del Novecento espliciti la necessità di superare il decisionismo giuridico, incapace di spiegare i rapporti interstatuali, il passaggio verso un pensiero giuridico incentrato sugli ordinamenti concreti ci pare infatti contrassegnato da un’ambiguità di fondo. Da un lato, già nella prima edizione di Der Begriff des Politischen del 1927, Schmitt afferma l’eccedenza del politico (Das Politische) nei confronti della decisione sovrana, dall’altro, l’idea del Nomos come unione di ordinamento e localizzazione spaziale non può che fondarsi su una decisione che realizzi tale unione, cioè che “metta in forma” una certa idea di ordine politico-spaziale. Se la pars destruens del pensiero internazionalista di Schmitt rileva, cioè, l’impossibilità di spiegare la prassi di natura essenzialmente extra-legale, che caratterizza la realtà storica dei rapporti di potere, attraverso una concezione del diritto incentrata sulla decisione sovrana degli Stati, la pars construens, basandosi sull’idea che il Nomos si costituisce innanzitutto attraverso l’appropriazione (Nehmen), la suddivisione (Teilen) e la coltivazione (Weiden) di uno spazio e dei suoi beni, non fa altro che esplicitare la matrice decisionista che caratterizza il diritto. La Groβraumtheorie, che sfocerà nella teoria del Nomos, ci pare dunque il tentativo di ripristinare un ordine internazionale sul modello dello jus publicum europeum, incentrato cioè su una precisa concezione spaziale. Tuttavia, così come il sistema westfaliano, l’ordinamento dei grandi spazi non può che fondarsi su una concezione decisionista del diritto. È solo sulla base di una decisione originaria, incondizionata e arbitraria (in quanto fondata essenzialmente sulla forza), infatti, che si può operare quella definizione dei confini e spartizione dei beni attraverso cui il Nomos si concretizza distinguendosi dall’anomia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173529
URN:NBN:IT:UNIPD-173529