Sarà sicuramente capitato qualche volta di guardare il cielo stellato e di scorgere un piccolo puntino luminoso che si muoveva come un aeroplano, ma senza lampeggiare come di solito fanno le luci degli aerei: si trattava di un satellite. E' sempre affascinante pensare che ci sono oggetti che orbitano continuamente attorno alla Terra, così distanti da noi. Forse, non è così noto che ce ne sono davvero tanti...migliaia...17,000 quelli più vicini alla Terra, per la precisione. E' diffcile immaginare come così tanti oggetti possano orbitare senza toccarsi o scontrarsi tra loro. Fin dall'inizio delle attività spaziali nel 1957, un'enorme quantità di oggetti è stata lanciata o rilasciata in orbita, e pensando che lo spazio sia così illimitato da poter contenere ogni cosa, tutti questi oggetti sono stati abbandonati in orbita. Il risultato è stato la creazione di un gran numero di detriti che hanno iniziato a rappresentare una minaccia per le future missione spaziali. Recenti studi hanno rivelato che se proprie contromisure non saranno adottate per ridurre la creazione di ulteriori detriti in orbita, come per esempio satelliti non operativi e stadi orbitali, l'ambiente spaziale potrebbe rimanere stabile solo per i prossimi 20 o 30 anni. Oltre tale termine, potrebbero verificarsi eventi di collisioni in cascata tra gli oggetti attualmente in orbita causando un rapido aumento del numero di detriti, anche nel caso irrealistico di un completo arresto dei lanci. Questo fenomeno autosostenuto, noto come Sindrome di Kessler, potrebbe impedire qualsiasi altra missione nello spazio. Nonostante a partire dagli anni '90 siano state proposte misure di mitigazione per limitare la generazione di detriti in orbita, esse si sono rivelate insufficienti per garantire una stabilità a lungo termine dell'ambiente spaziale. L'unico modo di intervenire è l'implementazione, in parallelo, di missioni di rimozione attive dei detriti spaziali (in inglese Active Debris Removal - ADR). L'efficacia di tali missioni è stata dimostrata, ma ci sono ancora numerose questioni che devono essere affrontate per poterle applicare nella realtà. Da un lato, l'efficienza dei possibili scenari di missione deve essere investigata in modo da individuare le soluzioni migliori. Dall'altro lato ci sono ancora diverse questioni tecnologiche particolarmente critiche, specialmente riguardo la cattura dei detriti, che sono essenzialmente oggetti non cooperativi e quindi non predisposti per essere catturati. La ricerca sviluppata nel presente lavoro di tesi è stata focalizzata su due degli aspetti principali legati all'ADR: I) analisi di missione di ADR e II) sviluppo di una tecnologia chiave per l'ADR; nel caso specifico, di un'interfaccia deformabile adesiva per la cattura di oggetti non-cooperativi. E stato considerato uno scenario di missione basato sull'impiego di veicoli distinti per l'esecuzione dei trasferimenti orbitali e delle manovre di de-orbiting. In particolare, un veicolo di grandi dimensioni per i primi e propri kits di de-orbiting per le seconde. La soluzione innovativa sviluppata è stata l'adozione di strutture modulari per la realizzazione dei kits di de-orbiting: esse consistono nell'assemblare un certo numero di unità base di microsatelliti, equipaggiate con specifici sistemi di de-orbiting; il numero di unità assemblate dipende dalle caratteristiche del detrito, in termini di massa e altezza iniziale, e dalla particolare tecnologia di de-orbiting. Uno scenario di questo tipo comporta una maggiore efficienza, adattabilità e flessibilità. Sono inoltre previsti vantaggi in termini di costo e di massa, con la possibilità di impiegare economie di scala grazie alla standardizzazione delle unità impiegate. Nello studio sono state considerate quattro soluzioni di de-orbiting: vele per l'aumento del drag, propulsione elettrica, filo elettrodinamico (electrodynamic tether) e propulsione ibrida. Diversi scenari di missione sono stati analizzati per determinare le caratteristiche delle soluzioni adottate, in termini di massa del sistema di de-orbiting e di tempo totale di manovra. Per ogni tecnologia è stata dimensionata una unità microsatellite elementare. Inoltre, è stata anche implementata una procedure di ottimizzazione di trasferimenti orbitali multipli per minimizzare la massa del sistema propulsive richiesto. Sono state poi individuate cinque bande orbitali in cui attuare l'ADR, caratterizzate da detriti con masse tra 800 kg e 11 tonnellate, e altezze tra gli 800 km e i 1000 km. Le analisi hanno rivelato che le vele per incrementare il drag atmosferico, pur essendo soluzioni a basso costo e semplici, non sono adeguate per la rimozione di detriti massivi in orbite elevate perchè richiederebbero dimensioni troppo elevate con un aumento della possibilità di collisioni durante la fase di de-orbiting. La propulsione elettrica e il filo elettrodinamico sono entrambe soluzioni promettenti per l'ADR: per detriti con massa minore di 2000 kg le due tecnologie sono comparabili, sia in termini di massa del sistema di rimozione, sia di tempo di de-orbiting. Per detriti più massivi, con massa maggiore di 2000 kg, il filo elettrodinamico è più vantaggioso in termini di massa, ma richiede tempi di de-orbiting molto maggiori rispetto alla propulsione elettrica. La probabilità di avere impatti con detriti fino a 10 cm di diametro è risultata maggiore del limite suggerito nel NASA-STD-8719.14 di 0.001. Nel caso della propulsione elettrica invece, si è ottenuto un rischio di collisioni catastrofiche trascurabile. La propulsione ibrida è risultata la soluzione più svantaggiosa in termini di massa, ma è quella che consente il de-orbiting in tempi più ridotti. La seconda parte dell'attività di ricerca è focalizzata sullo sviluppo di un'interfaccia deformabile adesive che potrebbe essere impiegata come end-effector di un meccanismo robotico per la cattura di oggetti non-cooperativi. Due diverse tecnologie sono state considerate per lo studio: polimeri a memorie di forma, per la capacità di adattarsi a forme differenti, e l'elettroadesione per l'adesione mediante forze elettrostatiche. Due prototipi sono stati realizzati e testati. Dai test è emerso che sia un precarico meccanico che le forze elettrostatiche contribuiscono ad aumentare l'adesione. Si sono ottenuti livelli di pressione normale di adesione dell'ordine di 0.55 kPa - 1.4 kPa senza forze elettrostatiche, con variazione del precarico meccanico tra 1.5N e 10 N. L'adesione aumenta in presenza di forze elettrostatiche, variando tra 1.4 kPa e 1.8 kPa per diverse condizioni di precarico meccanico e voltaggio applicato per generare le forze elettrostatiche. Le forze di adesione ottenute variano tra 3.5 N e 11.5 N. Sono stati eseguiti anche dei test che prevedevano la deformazione del supporto per vericare la capacità di deformazione e adesione in presenza di irregolarità macroscopiche sulla superficie dell'oggetto da catturare. Tali test hanno dimostrato che la presenza di un supporto polimerico tipo schiuma può essere vantaggioso nel caso di cattura di oggetti irregolari, in quanto consente di adeguarsi alla forma della superficie dell'oggetto e aderire anche in presenza di irregolarità. In questo modo l'efficacia della soluzione proposta è stata confermata.
Analysis of innovative scenarios and key technologies to perform active debris removal with satellite modules
SAVIOLI, LIVIA
2015
Abstract
Sarà sicuramente capitato qualche volta di guardare il cielo stellato e di scorgere un piccolo puntino luminoso che si muoveva come un aeroplano, ma senza lampeggiare come di solito fanno le luci degli aerei: si trattava di un satellite. E' sempre affascinante pensare che ci sono oggetti che orbitano continuamente attorno alla Terra, così distanti da noi. Forse, non è così noto che ce ne sono davvero tanti...migliaia...17,000 quelli più vicini alla Terra, per la precisione. E' diffcile immaginare come così tanti oggetti possano orbitare senza toccarsi o scontrarsi tra loro. Fin dall'inizio delle attività spaziali nel 1957, un'enorme quantità di oggetti è stata lanciata o rilasciata in orbita, e pensando che lo spazio sia così illimitato da poter contenere ogni cosa, tutti questi oggetti sono stati abbandonati in orbita. Il risultato è stato la creazione di un gran numero di detriti che hanno iniziato a rappresentare una minaccia per le future missione spaziali. Recenti studi hanno rivelato che se proprie contromisure non saranno adottate per ridurre la creazione di ulteriori detriti in orbita, come per esempio satelliti non operativi e stadi orbitali, l'ambiente spaziale potrebbe rimanere stabile solo per i prossimi 20 o 30 anni. Oltre tale termine, potrebbero verificarsi eventi di collisioni in cascata tra gli oggetti attualmente in orbita causando un rapido aumento del numero di detriti, anche nel caso irrealistico di un completo arresto dei lanci. Questo fenomeno autosostenuto, noto come Sindrome di Kessler, potrebbe impedire qualsiasi altra missione nello spazio. Nonostante a partire dagli anni '90 siano state proposte misure di mitigazione per limitare la generazione di detriti in orbita, esse si sono rivelate insufficienti per garantire una stabilità a lungo termine dell'ambiente spaziale. L'unico modo di intervenire è l'implementazione, in parallelo, di missioni di rimozione attive dei detriti spaziali (in inglese Active Debris Removal - ADR). L'efficacia di tali missioni è stata dimostrata, ma ci sono ancora numerose questioni che devono essere affrontate per poterle applicare nella realtà. Da un lato, l'efficienza dei possibili scenari di missione deve essere investigata in modo da individuare le soluzioni migliori. Dall'altro lato ci sono ancora diverse questioni tecnologiche particolarmente critiche, specialmente riguardo la cattura dei detriti, che sono essenzialmente oggetti non cooperativi e quindi non predisposti per essere catturati. La ricerca sviluppata nel presente lavoro di tesi è stata focalizzata su due degli aspetti principali legati all'ADR: I) analisi di missione di ADR e II) sviluppo di una tecnologia chiave per l'ADR; nel caso specifico, di un'interfaccia deformabile adesiva per la cattura di oggetti non-cooperativi. E stato considerato uno scenario di missione basato sull'impiego di veicoli distinti per l'esecuzione dei trasferimenti orbitali e delle manovre di de-orbiting. In particolare, un veicolo di grandi dimensioni per i primi e propri kits di de-orbiting per le seconde. La soluzione innovativa sviluppata è stata l'adozione di strutture modulari per la realizzazione dei kits di de-orbiting: esse consistono nell'assemblare un certo numero di unità base di microsatelliti, equipaggiate con specifici sistemi di de-orbiting; il numero di unità assemblate dipende dalle caratteristiche del detrito, in termini di massa e altezza iniziale, e dalla particolare tecnologia di de-orbiting. Uno scenario di questo tipo comporta una maggiore efficienza, adattabilità e flessibilità. Sono inoltre previsti vantaggi in termini di costo e di massa, con la possibilità di impiegare economie di scala grazie alla standardizzazione delle unità impiegate. Nello studio sono state considerate quattro soluzioni di de-orbiting: vele per l'aumento del drag, propulsione elettrica, filo elettrodinamico (electrodynamic tether) e propulsione ibrida. Diversi scenari di missione sono stati analizzati per determinare le caratteristiche delle soluzioni adottate, in termini di massa del sistema di de-orbiting e di tempo totale di manovra. Per ogni tecnologia è stata dimensionata una unità microsatellite elementare. Inoltre, è stata anche implementata una procedure di ottimizzazione di trasferimenti orbitali multipli per minimizzare la massa del sistema propulsive richiesto. Sono state poi individuate cinque bande orbitali in cui attuare l'ADR, caratterizzate da detriti con masse tra 800 kg e 11 tonnellate, e altezze tra gli 800 km e i 1000 km. Le analisi hanno rivelato che le vele per incrementare il drag atmosferico, pur essendo soluzioni a basso costo e semplici, non sono adeguate per la rimozione di detriti massivi in orbite elevate perchè richiederebbero dimensioni troppo elevate con un aumento della possibilità di collisioni durante la fase di de-orbiting. La propulsione elettrica e il filo elettrodinamico sono entrambe soluzioni promettenti per l'ADR: per detriti con massa minore di 2000 kg le due tecnologie sono comparabili, sia in termini di massa del sistema di rimozione, sia di tempo di de-orbiting. Per detriti più massivi, con massa maggiore di 2000 kg, il filo elettrodinamico è più vantaggioso in termini di massa, ma richiede tempi di de-orbiting molto maggiori rispetto alla propulsione elettrica. La probabilità di avere impatti con detriti fino a 10 cm di diametro è risultata maggiore del limite suggerito nel NASA-STD-8719.14 di 0.001. Nel caso della propulsione elettrica invece, si è ottenuto un rischio di collisioni catastrofiche trascurabile. La propulsione ibrida è risultata la soluzione più svantaggiosa in termini di massa, ma è quella che consente il de-orbiting in tempi più ridotti. La seconda parte dell'attività di ricerca è focalizzata sullo sviluppo di un'interfaccia deformabile adesive che potrebbe essere impiegata come end-effector di un meccanismo robotico per la cattura di oggetti non-cooperativi. Due diverse tecnologie sono state considerate per lo studio: polimeri a memorie di forma, per la capacità di adattarsi a forme differenti, e l'elettroadesione per l'adesione mediante forze elettrostatiche. Due prototipi sono stati realizzati e testati. Dai test è emerso che sia un precarico meccanico che le forze elettrostatiche contribuiscono ad aumentare l'adesione. Si sono ottenuti livelli di pressione normale di adesione dell'ordine di 0.55 kPa - 1.4 kPa senza forze elettrostatiche, con variazione del precarico meccanico tra 1.5N e 10 N. L'adesione aumenta in presenza di forze elettrostatiche, variando tra 1.4 kPa e 1.8 kPa per diverse condizioni di precarico meccanico e voltaggio applicato per generare le forze elettrostatiche. Le forze di adesione ottenute variano tra 3.5 N e 11.5 N. Sono stati eseguiti anche dei test che prevedevano la deformazione del supporto per vericare la capacità di deformazione e adesione in presenza di irregolarità macroscopiche sulla superficie dell'oggetto da catturare. Tali test hanno dimostrato che la presenza di un supporto polimerico tipo schiuma può essere vantaggioso nel caso di cattura di oggetti irregolari, in quanto consente di adeguarsi alla forma della superficie dell'oggetto e aderire anche in presenza di irregolarità. In questo modo l'efficacia della soluzione proposta è stata confermata.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173710
URN:NBN:IT:UNIPD-173710