La fase investigativa costituisce uno dei momenti cruciali del procedimento penale, in quanto è attraverso le prove raccolte che è possibile ricostruire la verità storica dei fatti. Nell’ambito del procedimento penale internazionale celebrato di fronte alla Corte penale internazionale, questa fase è resa particolarmente difficile: non avendo un organo di polizia giudiziaria a disposizione, infatti, l’organo inquirente deve affidarsi costantemente alla cooperazione degli Stati. Partendo da questo presupposto generale, la tesi si ripropone di ricostruire gli obblighi di cooperazione che incombono sugli Stati, sia come singoli, sia come contributori nelle operazioni messe in atto dall’ONU, sua come parti di organi comuni - come la NATO -, a favore della Corte penale internazionale. Gli Stati tuttavia non sono gli unici soggetti che possono cooperare con la Corte: per questo motivo sono stati ricostruiti gli eventuali obblighi incombenti sulle organizzazioni non governative e sugli individui privati. Lo Statuto di Roma conferisce al Procuratore alcuni poteri, potenzialmente molto rilevanti in quanto consentono di svolgere di indagini sul territorio statale senza l’ausilio delle autorità nazionali. Sono quindi previste due modalità di esecuzione delle cd. “on-site investigations”: innanzitutto, l’art. 99, par. 4, consente, nel rispetto di talune condizioni, che il Procuratore possa svolgere le attività di indagine che non comportano l’uso di misure coercitive. L’art. 57, par. 3, lett. d), invece, attribuisce il potere di svolgere qualunque tipo di indagine sul territorio degli Stati parti che si trovino in una situazione di collasso tale da comportare l’assenza di qualunque autorità a cui inoltrare le rogatorie. Ciò che la disciplina delle “on-site investigations” non consente, è di superare l’ostacolo alle indagini costituito dalla mancanza di volontà di cooperare con la Corte. Inoltre, alla luce delle difficoltà di realizzazione delle condizioni richieste dallo Statuto, attualmente non si riscontrano nella prassi situazioni in cui sia stato possibile ricorrere agli strumenti attribuiti dall’art. 57, par. 3, lett. d) dello Statuto: per questo motivo, l’analisi è stata svolta principalmente alla luce dei principi generali che governano l’operato della Corte e del confronto con i Tribunali penali internazionali ad hoc e dei poteri a loro attribuiti. La giurisdizione materiale della Corte penale internazionale consente di affermare che in alcuni casi - e qualora ricorrano le circostanze previste dal diritto internazionale - si possano instaurare di fronte a diverse giurisdizioni casi connessi dal punto di vista soggettivo e/o oggettivo. Queste situazioni di connessione si possono creare sia a livello esclusivamente internazionale (ad esempio tra la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia), ma anche con le giurisdizioni nazionali. Rispetto a queste ultime, viene dimostrato come la complementarietà della giurisdizione della Corte, oltre ad essere un’ulteriore causa di possibili connessioni tra procedimenti, consenta inoltre l’instaurarsi anche di situazioni di litispendenza. Qualora sussistano queste situazioni, sarebbe opportuno che le diverse giurisdizioni si coordinino e intraprendano attività di scambio di documenti e informazioni al fine ottimizzare gli sforzi e di giungere a giudicati tra loro coerenti. In ambito esclusivamente internazionale, la reciproca cooperazione è possibile solo tramite accordi ad hoc conclusi fra le giurisdizioni. Lo Statuto di Roma, inoltre, prevede espressamente la possibilità (ma non l’obbligo) che la Corte cooperi a favore degli Stati. Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, la cui attuazione sarebbe auspicabile alla luce del principio per cui sono gli Stati i principali attori nella lotta all’impunità dei responsabili di crimini internazionali. Alla luce di questo innovativa possibilità, è stato verificato come le prove internazionali e i giudicati possano entrare nell’ordinamento italiano e costituire materiale probatorio nell’ambito dei procedimenti penali nazionali. Le conclusioni generali che si ricavano dalla ricerca svolta sono che l’elemento fondamentale per un’efficace attuazione della giustizia penale internazionale risiede nella volontà degli attori internazionali a cooperare con coloro che di volta in volta che sono chiamati alla sua realizzazione.
L'attività istruttoria della Corte penale internazionale e la cooperazione con gli Stati
BONOMO, ELISABETTA
2015
Abstract
La fase investigativa costituisce uno dei momenti cruciali del procedimento penale, in quanto è attraverso le prove raccolte che è possibile ricostruire la verità storica dei fatti. Nell’ambito del procedimento penale internazionale celebrato di fronte alla Corte penale internazionale, questa fase è resa particolarmente difficile: non avendo un organo di polizia giudiziaria a disposizione, infatti, l’organo inquirente deve affidarsi costantemente alla cooperazione degli Stati. Partendo da questo presupposto generale, la tesi si ripropone di ricostruire gli obblighi di cooperazione che incombono sugli Stati, sia come singoli, sia come contributori nelle operazioni messe in atto dall’ONU, sua come parti di organi comuni - come la NATO -, a favore della Corte penale internazionale. Gli Stati tuttavia non sono gli unici soggetti che possono cooperare con la Corte: per questo motivo sono stati ricostruiti gli eventuali obblighi incombenti sulle organizzazioni non governative e sugli individui privati. Lo Statuto di Roma conferisce al Procuratore alcuni poteri, potenzialmente molto rilevanti in quanto consentono di svolgere di indagini sul territorio statale senza l’ausilio delle autorità nazionali. Sono quindi previste due modalità di esecuzione delle cd. “on-site investigations”: innanzitutto, l’art. 99, par. 4, consente, nel rispetto di talune condizioni, che il Procuratore possa svolgere le attività di indagine che non comportano l’uso di misure coercitive. L’art. 57, par. 3, lett. d), invece, attribuisce il potere di svolgere qualunque tipo di indagine sul territorio degli Stati parti che si trovino in una situazione di collasso tale da comportare l’assenza di qualunque autorità a cui inoltrare le rogatorie. Ciò che la disciplina delle “on-site investigations” non consente, è di superare l’ostacolo alle indagini costituito dalla mancanza di volontà di cooperare con la Corte. Inoltre, alla luce delle difficoltà di realizzazione delle condizioni richieste dallo Statuto, attualmente non si riscontrano nella prassi situazioni in cui sia stato possibile ricorrere agli strumenti attribuiti dall’art. 57, par. 3, lett. d) dello Statuto: per questo motivo, l’analisi è stata svolta principalmente alla luce dei principi generali che governano l’operato della Corte e del confronto con i Tribunali penali internazionali ad hoc e dei poteri a loro attribuiti. La giurisdizione materiale della Corte penale internazionale consente di affermare che in alcuni casi - e qualora ricorrano le circostanze previste dal diritto internazionale - si possano instaurare di fronte a diverse giurisdizioni casi connessi dal punto di vista soggettivo e/o oggettivo. Queste situazioni di connessione si possono creare sia a livello esclusivamente internazionale (ad esempio tra la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia), ma anche con le giurisdizioni nazionali. Rispetto a queste ultime, viene dimostrato come la complementarietà della giurisdizione della Corte, oltre ad essere un’ulteriore causa di possibili connessioni tra procedimenti, consenta inoltre l’instaurarsi anche di situazioni di litispendenza. Qualora sussistano queste situazioni, sarebbe opportuno che le diverse giurisdizioni si coordinino e intraprendano attività di scambio di documenti e informazioni al fine ottimizzare gli sforzi e di giungere a giudicati tra loro coerenti. In ambito esclusivamente internazionale, la reciproca cooperazione è possibile solo tramite accordi ad hoc conclusi fra le giurisdizioni. Lo Statuto di Roma, inoltre, prevede espressamente la possibilità (ma non l’obbligo) che la Corte cooperi a favore degli Stati. Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, la cui attuazione sarebbe auspicabile alla luce del principio per cui sono gli Stati i principali attori nella lotta all’impunità dei responsabili di crimini internazionali. Alla luce di questo innovativa possibilità, è stato verificato come le prove internazionali e i giudicati possano entrare nell’ordinamento italiano e costituire materiale probatorio nell’ambito dei procedimenti penali nazionali. Le conclusioni generali che si ricavano dalla ricerca svolta sono che l’elemento fondamentale per un’efficace attuazione della giustizia penale internazionale risiede nella volontà degli attori internazionali a cooperare con coloro che di volta in volta che sono chiamati alla sua realizzazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173802
URN:NBN:IT:UNIPD-173802