Studio del lisozima nel contesto della nefropatia diabetica Introduzione Il lisozima (LZ), enzima noto per la sua attività antibatterica ed immunomodulante, è stato recentemente identificato come principio attivo con potenzialità terapeutica nel contesto della nefropatia diabetica, una delle principali complicanze associate al diabete e principale causa di patologie renali terminali nell’Occidente sviluppato. Evidenze sperimentali correlano strettamente l’insorgenza e la progressione della nefropatia diabetica all’abnorme formazione ed accumulo di molecole note come prodotti finali della glicosilazione avanzata (Advanced Glycation Endproducts, AGE). Gli AGE sono un gruppo chimicamente eterogeneo di macromolecole la cui formazione risulta drammaticamente incrementata nel paziente diabetico a causa dell’iperglicemia cronicizzata. La formazione degli AGE ha inizio in presenza di zuccheri riducenti, come il glucosio, i quali nella loro forma aperta sono in grado di interagire con gruppo amminici liberi (reazione di Maillard) formando le basi di Schiff. Tali composti si riarrangiano in prodotti di Amadori, dai quali derivano direttamente gli AGE. Gli effetti patologici AGE-indotti derivano dal loro deposito tissutale e dal legame con proteine a lento turnover, con conseguente riduzione della funzionalità e/o dell’elasticità degli stessi. Gli eventi AGE-indotti, a livello cellulare, dipendono principalmente dalla loro interazione con i propri recettori specifici, tra i quali il meglio caratterizzato è RAGE. L’interazione AGE-RAGE è alla base di numerosi eventi tra i quali un ruolo centrale spetta all’aumento di specie reattive dell’ossigeno (ROS), all’induzione del rilascio di stimoli pro-infiammatori e all’upregolazione del recettore RAGE stesso. Recentemente, è stato dimostrato che il LZ da bianco d’uovo è in grado di fungere efficacemente da scavenger degli AGE (Kd= 50 nM). In modelli in vivo con diabete indotto, è stato dimostrato che il LZ microincapsulato, somministrato oralmente, è in grado di prevenire l’insorgenza di alcuni dei principali sintomi precoci della nefropatia diabetica, quali microalbuminuria ed ipertrofia glomerulare. Scopo L’obiettivo di questo lavoro di dottorato è quello di sviluppare un modello in vitro per lo studio dei meccanismi molecolari alla base dell’attività nefroprotettiva del LZ attraverso l’individuazione e la validazione di una linea cellulare e di un marker adeguati. Per chiarire alcuni aspetti di ordine farmacocinetico è stata anche quantificata la concentrazione plasmatica di LZ, in seguito a somministrazione orale in forma microincapsulata, rispetto alla somministrazione in forma libera. Risultati e discussione La selezione di un modello cellulare adeguato ai successivi studi in vitro è avvenuta nell’ambito di tre linee cellulari potenzialmente adatte, ovvero: una coltura primaria di cellule endoteliali del microcircolo dermico (ADMEC), per via dell’implicazione del sistema vascolare nel diabete e due linee cellulare di tubulo prossimale renale, LLC-PK1 (di origine suina) e HK-2 (di origine umana), per via del coinvolgimento tubulare nel contesto della nefropatia diabetica. Una serie di esperimenti ha permesso di far ricadere la scelta sulle cellule HK-2, le quali hanno mostrato la maggior sensibilità ai trattamenti con AGE (decremento dose-dipendente e tempo-indipendente) in termini di vitalità misurata mediante MTT test e per questioni di ordine pratico e logistico. Uno dei principali effetti degli AGE nell’organismo è l’induzione della risposta infiammatoria. Un evento cruciale dell’infiammazione è rappresentato dal reclutamento macrofagico. Sulla base di questi presupposti è stato effettuato un saggio di migrazione dei monociti U937, differenziati a macrofagi, verso uno stimolo rappresentato da sovranatanti ottenuti trattando le cellule HK-2 con AGE e LZ. Il trattamento con AGE ha indotto un incremento significativo (+ 50%) dei macrofagi migrati. Il trattamento con il LZ, come atteso, non ha modificato il tasso migratorio mentre, in presenza di AGE, è stato in grado di prevenire significativamente l’induzione della migrazione. È noto che le citochine svolgono un ruolo fondamentale nel reclutamento macrofagico. Nell’ambito della nefropatia diabetica, l’interleuchina-6 (IL-6) risulta rivestire un ruolo rilevante. Si è quindi deciso di misurare i livelli di mRNA di IL-6 in seguito a trattamenti con AGE e LZ. In conformità alle nostre aspettative, gli AGE hanno indotto un incremento statisticamente significativo dei livelli di mRNA di IL-6 dopo 24 h di trattamento. L’esposizione al LZ non ha indotto modificazione, mentre il co-trattamento con AGE e LZ ha evidenziato la capacità del LZ di prevenire l’incremento dei livelli di IL-6, mantenendoli a valori comparabili a quelli dei controlli. Per confermare l’attività del LZ nei confronti di IL-6 AGE-indotto, è stato condotto un saggio ELISA che ha rafforzato i dati ottenuti mediante RT-PCR: il LZ è in grado di ridurre, in maniera dose-dipendente e statisticamente significativa, la quantità di IL-6 rilasciata AGE-indotta. I meccanismi che portano al rilascio di IL-6 sono molteplici. Nell’arco di questa ricerca, ci si è focalizzati su alcuni eventi direttamente correlati all’incremento del rilascio di IL-6. Visto il ruolo chiave attribuito al recettore RAGE negli effetti AGE-indotti, si è deciso di testare la capacità del LZ di influenzare i livelli di mRNA di RAGE, mediante RT-PCR. I risultati non hanno evidenziato variazioni dei livelli di RAGE dopo esposizione al LZ a 24 e 96 h. L’induzione delle ROS rappresenta uno degli eventi notoriamente attribuibili ad un’azione AGE-indotta. Tuttavia, nel modello cellulare da noi utilizzato, questo parametro non ha mostrato innalzamenti rispetto al controllo negativo, pur mostrandosi sensibile al trattamento con ABAP (induttore di ROS di riferimento). Dal momento che l’attività del LZ è associata anche alla sua azione di scavenger degli AGE si è deciso di investigare, mediante microscopia confocale, se la presenza del LZ potesse influenzare la capacità degli AGE di penetrare all’interno della cellula. Le immagini acquisite con questa tecnica hanno permesso di stabilire che gli AGE e il LZ sono in grado di penetrare attraverso la membrana cellulare. Per quel che concerne il co-trattamento sono stati effettuati alcuni studi di citometria a flusso. I risultati suggeriscono che il LZ non è in grado, in questo modello cellulare, di ridurre l’ingresso degli AGE nella cellula, escludendo che l’azione di scavenger sia alla base della prevenzione della produzione di IL-6 in vitro. Successivi studi, sono stati effettuati su due possibile vie coinvolte negli effetti AGE-indotti, quali la cascata delle MAPk, mediante p38, e la via di degradazione lisosomiale. I dati preliminari ottenuti hanno evidenziato un possibile ruolo i p38. Gli AGE si sono dimostrati capaci di incrementare i livelli di fosforilazione di questa proteina, effetto ridotto dalla contemporanea presenza di una dose equimolare di LZ. Promettenti sono anche i primi risultati ottenuti dallo studio di co-localizzazione degli AGE, in presenza di LZ, nei lisosomi. Le immagini acquisite confermano, infatti, l’ipotesi che il LZ sia in grado di veicolare gli AGE nei lisosomi, favorendone la degradazione. Nel loro insieme i risultati ottenuti non escludono che l’azione del LZ nei confronti degli AGE e dei suoi effetti sia prettamente di tipo antidotico e di scavenging. Tuttavia, la capacità del LZ di agire su un mediatore chiave degli effetti AGE-indotti come IL-6 e p38, aprono una nuova finestra di studio per quel che concerne il LZ, permettendo di ipotizzare un suo possibile impiego come co-adiuvante per il controllo dell’infiammazione nella nefropatia diabetica. Al fine di investigare se la maggior efficacia del lisozima microincapsulato sia dovuta alla capacità dei microsistemi di veicolare il LZ, nel torrente circolatorio di quanto non avvenga con la forma libera è stato messo a punto un modello in vivo nell’ambito del quale il LZ è stato somministrato oralmente microincapsulato oppure libero. Nel corso di tale prova è stato dimostrato che i microsistemi sono capaci di veicolare il lisozima a livelli serici superiori di quanto non avvenga dopo somministrazione di un’equidose di LZ in forma libera. Questi risultati dimostrano l’efficacia dei microsistemi orali per la veicolazione in circolo di principi biologicamente attivi

Studio del lisozima nel contesto della nefropatia diabetica

GALLO, DAVIDE
2013

Abstract

Studio del lisozima nel contesto della nefropatia diabetica Introduzione Il lisozima (LZ), enzima noto per la sua attività antibatterica ed immunomodulante, è stato recentemente identificato come principio attivo con potenzialità terapeutica nel contesto della nefropatia diabetica, una delle principali complicanze associate al diabete e principale causa di patologie renali terminali nell’Occidente sviluppato. Evidenze sperimentali correlano strettamente l’insorgenza e la progressione della nefropatia diabetica all’abnorme formazione ed accumulo di molecole note come prodotti finali della glicosilazione avanzata (Advanced Glycation Endproducts, AGE). Gli AGE sono un gruppo chimicamente eterogeneo di macromolecole la cui formazione risulta drammaticamente incrementata nel paziente diabetico a causa dell’iperglicemia cronicizzata. La formazione degli AGE ha inizio in presenza di zuccheri riducenti, come il glucosio, i quali nella loro forma aperta sono in grado di interagire con gruppo amminici liberi (reazione di Maillard) formando le basi di Schiff. Tali composti si riarrangiano in prodotti di Amadori, dai quali derivano direttamente gli AGE. Gli effetti patologici AGE-indotti derivano dal loro deposito tissutale e dal legame con proteine a lento turnover, con conseguente riduzione della funzionalità e/o dell’elasticità degli stessi. Gli eventi AGE-indotti, a livello cellulare, dipendono principalmente dalla loro interazione con i propri recettori specifici, tra i quali il meglio caratterizzato è RAGE. L’interazione AGE-RAGE è alla base di numerosi eventi tra i quali un ruolo centrale spetta all’aumento di specie reattive dell’ossigeno (ROS), all’induzione del rilascio di stimoli pro-infiammatori e all’upregolazione del recettore RAGE stesso. Recentemente, è stato dimostrato che il LZ da bianco d’uovo è in grado di fungere efficacemente da scavenger degli AGE (Kd= 50 nM). In modelli in vivo con diabete indotto, è stato dimostrato che il LZ microincapsulato, somministrato oralmente, è in grado di prevenire l’insorgenza di alcuni dei principali sintomi precoci della nefropatia diabetica, quali microalbuminuria ed ipertrofia glomerulare. Scopo L’obiettivo di questo lavoro di dottorato è quello di sviluppare un modello in vitro per lo studio dei meccanismi molecolari alla base dell’attività nefroprotettiva del LZ attraverso l’individuazione e la validazione di una linea cellulare e di un marker adeguati. Per chiarire alcuni aspetti di ordine farmacocinetico è stata anche quantificata la concentrazione plasmatica di LZ, in seguito a somministrazione orale in forma microincapsulata, rispetto alla somministrazione in forma libera. Risultati e discussione La selezione di un modello cellulare adeguato ai successivi studi in vitro è avvenuta nell’ambito di tre linee cellulari potenzialmente adatte, ovvero: una coltura primaria di cellule endoteliali del microcircolo dermico (ADMEC), per via dell’implicazione del sistema vascolare nel diabete e due linee cellulare di tubulo prossimale renale, LLC-PK1 (di origine suina) e HK-2 (di origine umana), per via del coinvolgimento tubulare nel contesto della nefropatia diabetica. Una serie di esperimenti ha permesso di far ricadere la scelta sulle cellule HK-2, le quali hanno mostrato la maggior sensibilità ai trattamenti con AGE (decremento dose-dipendente e tempo-indipendente) in termini di vitalità misurata mediante MTT test e per questioni di ordine pratico e logistico. Uno dei principali effetti degli AGE nell’organismo è l’induzione della risposta infiammatoria. Un evento cruciale dell’infiammazione è rappresentato dal reclutamento macrofagico. Sulla base di questi presupposti è stato effettuato un saggio di migrazione dei monociti U937, differenziati a macrofagi, verso uno stimolo rappresentato da sovranatanti ottenuti trattando le cellule HK-2 con AGE e LZ. Il trattamento con AGE ha indotto un incremento significativo (+ 50%) dei macrofagi migrati. Il trattamento con il LZ, come atteso, non ha modificato il tasso migratorio mentre, in presenza di AGE, è stato in grado di prevenire significativamente l’induzione della migrazione. È noto che le citochine svolgono un ruolo fondamentale nel reclutamento macrofagico. Nell’ambito della nefropatia diabetica, l’interleuchina-6 (IL-6) risulta rivestire un ruolo rilevante. Si è quindi deciso di misurare i livelli di mRNA di IL-6 in seguito a trattamenti con AGE e LZ. In conformità alle nostre aspettative, gli AGE hanno indotto un incremento statisticamente significativo dei livelli di mRNA di IL-6 dopo 24 h di trattamento. L’esposizione al LZ non ha indotto modificazione, mentre il co-trattamento con AGE e LZ ha evidenziato la capacità del LZ di prevenire l’incremento dei livelli di IL-6, mantenendoli a valori comparabili a quelli dei controlli. Per confermare l’attività del LZ nei confronti di IL-6 AGE-indotto, è stato condotto un saggio ELISA che ha rafforzato i dati ottenuti mediante RT-PCR: il LZ è in grado di ridurre, in maniera dose-dipendente e statisticamente significativa, la quantità di IL-6 rilasciata AGE-indotta. I meccanismi che portano al rilascio di IL-6 sono molteplici. Nell’arco di questa ricerca, ci si è focalizzati su alcuni eventi direttamente correlati all’incremento del rilascio di IL-6. Visto il ruolo chiave attribuito al recettore RAGE negli effetti AGE-indotti, si è deciso di testare la capacità del LZ di influenzare i livelli di mRNA di RAGE, mediante RT-PCR. I risultati non hanno evidenziato variazioni dei livelli di RAGE dopo esposizione al LZ a 24 e 96 h. L’induzione delle ROS rappresenta uno degli eventi notoriamente attribuibili ad un’azione AGE-indotta. Tuttavia, nel modello cellulare da noi utilizzato, questo parametro non ha mostrato innalzamenti rispetto al controllo negativo, pur mostrandosi sensibile al trattamento con ABAP (induttore di ROS di riferimento). Dal momento che l’attività del LZ è associata anche alla sua azione di scavenger degli AGE si è deciso di investigare, mediante microscopia confocale, se la presenza del LZ potesse influenzare la capacità degli AGE di penetrare all’interno della cellula. Le immagini acquisite con questa tecnica hanno permesso di stabilire che gli AGE e il LZ sono in grado di penetrare attraverso la membrana cellulare. Per quel che concerne il co-trattamento sono stati effettuati alcuni studi di citometria a flusso. I risultati suggeriscono che il LZ non è in grado, in questo modello cellulare, di ridurre l’ingresso degli AGE nella cellula, escludendo che l’azione di scavenger sia alla base della prevenzione della produzione di IL-6 in vitro. Successivi studi, sono stati effettuati su due possibile vie coinvolte negli effetti AGE-indotti, quali la cascata delle MAPk, mediante p38, e la via di degradazione lisosomiale. I dati preliminari ottenuti hanno evidenziato un possibile ruolo i p38. Gli AGE si sono dimostrati capaci di incrementare i livelli di fosforilazione di questa proteina, effetto ridotto dalla contemporanea presenza di una dose equimolare di LZ. Promettenti sono anche i primi risultati ottenuti dallo studio di co-localizzazione degli AGE, in presenza di LZ, nei lisosomi. Le immagini acquisite confermano, infatti, l’ipotesi che il LZ sia in grado di veicolare gli AGE nei lisosomi, favorendone la degradazione. Nel loro insieme i risultati ottenuti non escludono che l’azione del LZ nei confronti degli AGE e dei suoi effetti sia prettamente di tipo antidotico e di scavenging. Tuttavia, la capacità del LZ di agire su un mediatore chiave degli effetti AGE-indotti come IL-6 e p38, aprono una nuova finestra di studio per quel che concerne il LZ, permettendo di ipotizzare un suo possibile impiego come co-adiuvante per il controllo dell’infiammazione nella nefropatia diabetica. Al fine di investigare se la maggior efficacia del lisozima microincapsulato sia dovuta alla capacità dei microsistemi di veicolare il LZ, nel torrente circolatorio di quanto non avvenga con la forma libera è stato messo a punto un modello in vivo nell’ambito del quale il LZ è stato somministrato oralmente microincapsulato oppure libero. Nel corso di tale prova è stato dimostrato che i microsistemi sono capaci di veicolare il lisozima a livelli serici superiori di quanto non avvenga dopo somministrazione di un’equidose di LZ in forma libera. Questi risultati dimostrano l’efficacia dei microsistemi orali per la veicolazione in circolo di principi biologicamente attivi
23-gen-2013
Inglese
Lisozima, nefropatia diabetica, prodotti finali della glicosilazione avanzata (AGE), lysozyma, diabetic nephropathy, advanced glycation endproducts (AGE)
PALATINI, PIETRO
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-174200