Il fatto che il cinema muto non possa essere considerato un mero precursore del cinema sonoro, secondo una logica «biologica e teleologica», è oggi ampiamente riconosciuto. Le riflessioni di studiosi quali Tom Gunning, André Gaudreault, Richard Abel, Noël Burch e Charles Musser hanno inoltre invitato a considerare il muto non solo come un altro cinema rispetto al sonoro, ma come un sistema di pratiche cinematografiche concorrenti ed essenzialmente diverse da quella del sonoro, decisamente mal raccolte sotto l’etichetta generica “cinema muto”. Ciascuna di queste maniere cinematografiche, numerose e dall’identificazione e denominazione controversa– cinematografia-attrazione, cinema dei primi tempi, cinema primitivo, ecc. – necessita di distinti strumenti d’analisi, quale che sia il punto di vista (storiografico, estetico, sociologico, ecc.) scelto per studiarla. È tuttavia strano come uno di questi possibili punti di vista si stia ancor oggi dimostrando piuttosto riluttante nell’accettare tale genere di consapevolezza nei confronti del muto. Si tratta del punto di vista musicale. È vero che non sono mancati gli studi teorici capaci di trattare la musica per il cinema muto tenendo conto della molteplicità e delle differenti necessità dei linguaggi visivi di quell’epoca: Rick Altman ha in particolare offerto alcune delle riflessioni più interessanti in tal senso. Ma tali riflessioni sono rimaste una minoranza. Il panorama dei discorsi sulla musica per film nel 2010 è ancora in grado di accogliere contributi importanti che tuttavia non differenziano le strategie audiovisive del sonoro da quelle del muto, sostenendo che nella maniera generale in cui la musica interagisce con l’immagine in movimento «poco o nulla è cambiato dalle origini ad oggi». Segni di questa tendenza si riscontrano persino nell’ambito della preservazione dei film. Gli archivi cinematografici attivi nella conservazione del muto, infatti, raramente accompagnano le loro collezioni con archivi paralleli destinati alla documentazione relativa alla musica. Esiste, bisogna riconoscere, la consapevolezza dell’importanza che i documenti musicali possono avere nelle operazioni di restauro e preservazione dei film. Esistono inoltre casi particolari di raccolte di musica per il muto gestite in sinergia con archivi di film, come le collezioni di musica per il muto conservate alla Library of Congress di Washington, DC, o al Museum of Modern Arts (MoMA) di New York, oppure la Eyl/Van Houten Collection presso il Nederlands Filmmuseum. Ma si tratta di eccezioni: e fino alla fine degli anni ’80 in effetti non esistevano significative raccolte di musica per il cinema muto al di fuori di quella del MoMA. Questo stato delle cose sembra in apparente contrasto con la necessità di una «ricerca storica coscienziosa» che Altman raccomanda parlando dell’approccio contemporaneo al muto. Infatti, allo stato attuale delle cose, una ricerca sul muto svolta in un singolo archivio rischia plausibilmente di essere molto carente sul versante delle pratiche sonore e musicali. Durante l’epoca del muto, i musicisti interagivano con i film restando accanto allo schermo, nell’ombra vicina alla luce del proiettore. È piuttosto ironico come oggi i discorsi sviluppati attorno alla loro musica siano nuovamente costretti in un’“ombra” – metaforica, stavolta – che sta ai confini della “luce” costituita dai moderni studi sul cinema muto, senza però poter ben interagire con essa. «È tempo», come ha scritto Altman, «di includere il suono nella rinascita storiografica del cinema muto». Un archivio della musica per il cinema muto dovrebbe porsi all’intersezione tra una biblioteca musicale ed una collezione di materiali legati alle arti performative. Le partiture scritte, durante l’epoca del muto, erano infatti una minoranza: la maggior parte della pratica musicale si fondava su cue sheet, compilazioni, repertori o improvvisazioni – che non possono aver lasciato alcuna traccia al di fuori di occasionali resoconti di membri del pubblico o degli stessi musicisti. In più, pratiche di sonorizzazione non musicali erano spesso concomitanti e complementari alle esecuzioni: esiste dunque una chiara urgenza di preservare anche qualsiasi tipo di documentazione parli di esse. In aggiunta a ciò, occorre ricordare che, almeno dalla presentazione del 1980 del Napoleon di Abel Gance prodotta da Thames Television, che ha mostrato il film ricostruito da Kevin Brownlow con una nuova musica di Carl Davis, il repertorio della musica per il muto ha cominciato a crescere di nuovo. Negli ultimi trent’anni, i luoghi dove i film muti vengono proiettati in maniera rispettosa di pratiche musicali storiche si sono moltiplicati, assieme alla produzione di partiture, cue sheet e improvvisazioni. Sembra ragionevole offrire a questa “nuova” tradizione di musica per il muto un posto accanto ai documenti che ne sono origine ed ispirazione. La mia tesi di dottorato utilizza queste considerazioni come premessa per ricostruire e studiare una collezione particolare e circoscritta di musica per il cinema muto: il repertorio di partiture eseguite al Festival internazionale Le Giornate del Cinema Muto, dal 1982 al 2010. L’accuratezza filologica dimostrata da tale Festival nella presentazione e nella divulgazione delle pratiche musicali del muto offre infatti una solida base per studi di questo genere. Inoltre, Le Giornate del Cinema Muto hanno già espresso, nel 2009, l’intenzione di fondare concretamente un archivio come quello sopra descritto, in seguito ad un suggerimento da me avanzato nel corso del XI Collegium di studi organizzato dalla manifestazione. La tesi è divisa in due parti. La prima include un capitolo introduttivo, dove vengono discussi problemi riguardanti la conservazione archivistica delle fonti musicali pertinenti alla musica per il muto; dopodiché, un primo capitolo tratta della storia della musica per il muto, scegliendo un approccio non lineare guidato dallo sviluppo delle pratiche musicali, e non da una consequenzialità cronologica; infine, la prima parte si conclude con un capitolo descrivente l’estetica della musica per il muto, nel quale si offre una rassegna della letteratura sull’argomento ed una descrizione delle strategie audiovisive utilizzate dai compositori. La seconda parte presenta il repertorio della musica che è stata eseguita a Le Giornate del Cinema Muto sulla base di partiture scritte. Si tratta di un elenco di 115 film, coprente la 29 edizioni del Festival e completo di informazioni filmografiche. Ogni scheda di film è accompagnata da una breve analisi delle principali strategie audiovisive. Le fonti di questa ricerca sono principalmente le registrazioni audiovisive delle proiezioni a Le Giornate del Cinema Muto conservate presso La Cineteca del Friuli, Gemona. Altri dettagli si sono ottenuti tramite conversazioni (di persona o tramite email) con alcuni degli autori delle musiche: Gillian B. Anderson, Neil Brand, Günter A. Buchwald, Philip Carli, Antonio Coppola, Berndt Heller, Stephen Horne, Maud Nelissen, Donald Sosin e Gabriel Thibaudeau.

Accanto allo schermo. Il repertorio musicale de Le Giornate del Cinema Muto.

BELLANO, MARCO
2011

Abstract

Il fatto che il cinema muto non possa essere considerato un mero precursore del cinema sonoro, secondo una logica «biologica e teleologica», è oggi ampiamente riconosciuto. Le riflessioni di studiosi quali Tom Gunning, André Gaudreault, Richard Abel, Noël Burch e Charles Musser hanno inoltre invitato a considerare il muto non solo come un altro cinema rispetto al sonoro, ma come un sistema di pratiche cinematografiche concorrenti ed essenzialmente diverse da quella del sonoro, decisamente mal raccolte sotto l’etichetta generica “cinema muto”. Ciascuna di queste maniere cinematografiche, numerose e dall’identificazione e denominazione controversa– cinematografia-attrazione, cinema dei primi tempi, cinema primitivo, ecc. – necessita di distinti strumenti d’analisi, quale che sia il punto di vista (storiografico, estetico, sociologico, ecc.) scelto per studiarla. È tuttavia strano come uno di questi possibili punti di vista si stia ancor oggi dimostrando piuttosto riluttante nell’accettare tale genere di consapevolezza nei confronti del muto. Si tratta del punto di vista musicale. È vero che non sono mancati gli studi teorici capaci di trattare la musica per il cinema muto tenendo conto della molteplicità e delle differenti necessità dei linguaggi visivi di quell’epoca: Rick Altman ha in particolare offerto alcune delle riflessioni più interessanti in tal senso. Ma tali riflessioni sono rimaste una minoranza. Il panorama dei discorsi sulla musica per film nel 2010 è ancora in grado di accogliere contributi importanti che tuttavia non differenziano le strategie audiovisive del sonoro da quelle del muto, sostenendo che nella maniera generale in cui la musica interagisce con l’immagine in movimento «poco o nulla è cambiato dalle origini ad oggi». Segni di questa tendenza si riscontrano persino nell’ambito della preservazione dei film. Gli archivi cinematografici attivi nella conservazione del muto, infatti, raramente accompagnano le loro collezioni con archivi paralleli destinati alla documentazione relativa alla musica. Esiste, bisogna riconoscere, la consapevolezza dell’importanza che i documenti musicali possono avere nelle operazioni di restauro e preservazione dei film. Esistono inoltre casi particolari di raccolte di musica per il muto gestite in sinergia con archivi di film, come le collezioni di musica per il muto conservate alla Library of Congress di Washington, DC, o al Museum of Modern Arts (MoMA) di New York, oppure la Eyl/Van Houten Collection presso il Nederlands Filmmuseum. Ma si tratta di eccezioni: e fino alla fine degli anni ’80 in effetti non esistevano significative raccolte di musica per il cinema muto al di fuori di quella del MoMA. Questo stato delle cose sembra in apparente contrasto con la necessità di una «ricerca storica coscienziosa» che Altman raccomanda parlando dell’approccio contemporaneo al muto. Infatti, allo stato attuale delle cose, una ricerca sul muto svolta in un singolo archivio rischia plausibilmente di essere molto carente sul versante delle pratiche sonore e musicali. Durante l’epoca del muto, i musicisti interagivano con i film restando accanto allo schermo, nell’ombra vicina alla luce del proiettore. È piuttosto ironico come oggi i discorsi sviluppati attorno alla loro musica siano nuovamente costretti in un’“ombra” – metaforica, stavolta – che sta ai confini della “luce” costituita dai moderni studi sul cinema muto, senza però poter ben interagire con essa. «È tempo», come ha scritto Altman, «di includere il suono nella rinascita storiografica del cinema muto». Un archivio della musica per il cinema muto dovrebbe porsi all’intersezione tra una biblioteca musicale ed una collezione di materiali legati alle arti performative. Le partiture scritte, durante l’epoca del muto, erano infatti una minoranza: la maggior parte della pratica musicale si fondava su cue sheet, compilazioni, repertori o improvvisazioni – che non possono aver lasciato alcuna traccia al di fuori di occasionali resoconti di membri del pubblico o degli stessi musicisti. In più, pratiche di sonorizzazione non musicali erano spesso concomitanti e complementari alle esecuzioni: esiste dunque una chiara urgenza di preservare anche qualsiasi tipo di documentazione parli di esse. In aggiunta a ciò, occorre ricordare che, almeno dalla presentazione del 1980 del Napoleon di Abel Gance prodotta da Thames Television, che ha mostrato il film ricostruito da Kevin Brownlow con una nuova musica di Carl Davis, il repertorio della musica per il muto ha cominciato a crescere di nuovo. Negli ultimi trent’anni, i luoghi dove i film muti vengono proiettati in maniera rispettosa di pratiche musicali storiche si sono moltiplicati, assieme alla produzione di partiture, cue sheet e improvvisazioni. Sembra ragionevole offrire a questa “nuova” tradizione di musica per il muto un posto accanto ai documenti che ne sono origine ed ispirazione. La mia tesi di dottorato utilizza queste considerazioni come premessa per ricostruire e studiare una collezione particolare e circoscritta di musica per il cinema muto: il repertorio di partiture eseguite al Festival internazionale Le Giornate del Cinema Muto, dal 1982 al 2010. L’accuratezza filologica dimostrata da tale Festival nella presentazione e nella divulgazione delle pratiche musicali del muto offre infatti una solida base per studi di questo genere. Inoltre, Le Giornate del Cinema Muto hanno già espresso, nel 2009, l’intenzione di fondare concretamente un archivio come quello sopra descritto, in seguito ad un suggerimento da me avanzato nel corso del XI Collegium di studi organizzato dalla manifestazione. La tesi è divisa in due parti. La prima include un capitolo introduttivo, dove vengono discussi problemi riguardanti la conservazione archivistica delle fonti musicali pertinenti alla musica per il muto; dopodiché, un primo capitolo tratta della storia della musica per il muto, scegliendo un approccio non lineare guidato dallo sviluppo delle pratiche musicali, e non da una consequenzialità cronologica; infine, la prima parte si conclude con un capitolo descrivente l’estetica della musica per il muto, nel quale si offre una rassegna della letteratura sull’argomento ed una descrizione delle strategie audiovisive utilizzate dai compositori. La seconda parte presenta il repertorio della musica che è stata eseguita a Le Giornate del Cinema Muto sulla base di partiture scritte. Si tratta di un elenco di 115 film, coprente la 29 edizioni del Festival e completo di informazioni filmografiche. Ogni scheda di film è accompagnata da una breve analisi delle principali strategie audiovisive. Le fonti di questa ricerca sono principalmente le registrazioni audiovisive delle proiezioni a Le Giornate del Cinema Muto conservate presso La Cineteca del Friuli, Gemona. Altri dettagli si sono ottenuti tramite conversazioni (di persona o tramite email) con alcuni degli autori delle musiche: Gillian B. Anderson, Neil Brand, Günter A. Buchwald, Philip Carli, Antonio Coppola, Berndt Heller, Stephen Horne, Maud Nelissen, Donald Sosin e Gabriel Thibaudeau.
25-gen-2011
Italiano
Le Giornate del Cinema Muto; musica per il cinema muto; music for silent film; storia della musica per il cinema muto; history of music for the silent film; estetica della musica per il cinema muto; aesthetic of music for the silent film; Pordenone; Sacile; Gillian B. Anderson; Neil Brand; Günter A. Buchwald; Philip Carli; Antonio Coppola; Berndt Heller; Stephen Horne; Maud Nelissen; Donald Sosin; Gabriel Thibaudeau; Carl Davis.
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/174638
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-174638