In un’intervista rilasciata poco prima di morire, De André aveva proposto l’immagine dell’idra, mostruoso serpente mitologico dalle mille teste, per spiegare come la canzone sia una forma d’arte solo apparentemente semplice, risultante in realtà dalla combinazione ben ponderata di diversi tasselli. Egli delineava quello che dovrebbe essere il lavoro del critico musicale utilizzando delle parole che ben si prestano a essere applicate ad altri possibili discorsi sulla musica, qual è ad esempio la prospettiva di uno studio accademico. L’obiettivo dello studio è quello di dimostrare come il prodotto finale, ovvero la traccia audio, sia il risultato di una serie stratificata di operazioni, riguardanti l’ideazione approfondita del testo (parole e musica), la sua organizzazione formale, la cura della performance e della comunicazione, oltre che le scelte operate sul suono registrato, la sua definizione timbrica e la sua organizzazione nello spazio sonoro. Il titolo della tesi, pertanto, allude alla necessità di aprire l’analisi a una visione a più ampio raggio rispetto alla maggior parte degli studi precedenti sul tema: prendendo spunto dalla metafora dell’idra, utilizzata da De André per definire la complessità della canzone, ho voluto affermare la necessità di tenere nella giusta considerazione gli altri elementi citati. Il termine “suono” allude al ruolo fondamentale della musica, quindi dei parametri melodici, ritmici, armonici e timbrici ad essa collegati, ma non solo; esso comprende altre declinazioni, come la sonorità intrinseca della parola che si esplicita nel canto e che diviene manifesta nella performance, ma anche tutto ciò che riguarda il sound e i parametri direttamente collegati alla registrazione; rimanda, inoltre, alla dimensione dell’ascolto e al carattere sostanzialmente orale della traccia discografica. La scelta di indicare “suoni” al plurale non è dunque casuale: oltre alle diverse tipologie di implicazioni acustiche, allude alle voci delle persone coinvolte e il riecheggiare delle numerose fonti utilizzate; rimanda, insomma, alla natura corale del canzoniere.
Riunire le teste dell'idra: una rilettura della produzione di Fabrizio De André attraverso i suoni
VECCHIARELLI, VERA
2020
Abstract
In un’intervista rilasciata poco prima di morire, De André aveva proposto l’immagine dell’idra, mostruoso serpente mitologico dalle mille teste, per spiegare come la canzone sia una forma d’arte solo apparentemente semplice, risultante in realtà dalla combinazione ben ponderata di diversi tasselli. Egli delineava quello che dovrebbe essere il lavoro del critico musicale utilizzando delle parole che ben si prestano a essere applicate ad altri possibili discorsi sulla musica, qual è ad esempio la prospettiva di uno studio accademico. L’obiettivo dello studio è quello di dimostrare come il prodotto finale, ovvero la traccia audio, sia il risultato di una serie stratificata di operazioni, riguardanti l’ideazione approfondita del testo (parole e musica), la sua organizzazione formale, la cura della performance e della comunicazione, oltre che le scelte operate sul suono registrato, la sua definizione timbrica e la sua organizzazione nello spazio sonoro. Il titolo della tesi, pertanto, allude alla necessità di aprire l’analisi a una visione a più ampio raggio rispetto alla maggior parte degli studi precedenti sul tema: prendendo spunto dalla metafora dell’idra, utilizzata da De André per definire la complessità della canzone, ho voluto affermare la necessità di tenere nella giusta considerazione gli altri elementi citati. Il termine “suono” allude al ruolo fondamentale della musica, quindi dei parametri melodici, ritmici, armonici e timbrici ad essa collegati, ma non solo; esso comprende altre declinazioni, come la sonorità intrinseca della parola che si esplicita nel canto e che diviene manifesta nella performance, ma anche tutto ciò che riguarda il sound e i parametri direttamente collegati alla registrazione; rimanda, inoltre, alla dimensione dell’ascolto e al carattere sostanzialmente orale della traccia discografica. La scelta di indicare “suoni” al plurale non è dunque casuale: oltre alle diverse tipologie di implicazioni acustiche, allude alle voci delle persone coinvolte e il riecheggiare delle numerose fonti utilizzate; rimanda, insomma, alla natura corale del canzoniere.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/174686
URN:NBN:IT:UNIROMA1-174686