L'indagine oggetto di questo lavoro concerne le garanzie processuali di cui gode l'individuo nell'ambito del processo amministrativo italiano, e, più specificamente le garanzie ricavabili dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dal di-ritto dell'Unione europea. La CEDU ed il diritto dell'Unione Europea (quest'ultimo soprattutto attraverso la Carta dei diritti fondamentali) predispongono infatti una serie di garanzie processuali il cui rispetto contraddistingue quello che viene comunemente indicato come "giusto processo". Il processo amministrativo presenta però alcune peculiarità che pongono, nell'applicazione di tali garanzie, non poche questioni. Infatti, la Pubblica amministrazione (parte necessaria di tale giudizio), già nella fase procedimentale (e dunque ben prima dell'instaurazione di un eventuale contenzioso), è vincolata al rispetto di determinati principi, posti dalla legge, dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione, nell'ottica di realizzare una sorta di "giusto procedimento amministrativo"; l'agire amministrativo dovrebbe dunque essere già di per sé "legittimo". Inoltre, mentre il ricorrente persegue un proprio (legittimo) interesse individuale, leso dal provvedimento impugnato o comunque dall'illegittimo comportamento posto in essere dalla Pubblica amministrazione, il fine perseguito da quest'ultima è quello dell'interesse della collettività. Il processo amministrativo presenta dunque un profilo di asimmetria fra le posizioni delle parti in causa, originato tanto dalla presunzione di legittimità dell'azione amministrativa, quanto dall'interesse pubblico ad essa sotteso, tale per cui, nell'ordinamento italiano, così come nella maggioranza degli Stati europei, esso è sempre stato distinto dal processo civile. Il problema del bilanciamento fra valori, fondamentale criterio di valutazione tanto della Corte costituzionale, quanto della Corte EDU e della Corte di giustizia, si pone dunque in tale ambito in maniera assolutamente peculiare: fino a che punto tutelare i diritti processuali dei singoli, nel momento in cui la tutela in questione va inevitabilmente a collidere con l'interesse pubblico tutelato dalla Pubblica Amministrazione, il quale a sua volta si sostanzia nella difesa di altri valori fondamentali, tutelati anch'essi dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione? Nel corso di questo lavoro si analizza quindi il modo attraverso il quale la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di giustizia affrontano tale difficile bilanciamento, concentrandosi in particolare sulla giurisprudenza relativa al diritto processuale amministrativo italiano. Inoltre, una particolare attenzione viene posta al modo in cui i giudici italiani, costituzionale, di legittimità e di merito, si pongono nei confronti della giurisprudenza di tali corti, riscontrando l'esistenza fra le giurisdizioni proprie dei vari livelli di un rapporto dialettico, nell'ambito del quale si alternano momenti di dialogo e di rottura. L'obbiettivo è quindi quello di rinvenire, all'esito di tale analisi, una nozione europea di giusto processo amministrativo e di analizzare in quale maniera essa si cali in concreto nell'ordinamento italiano. In tal senso, non si può certo trascurare l'oggettivo sforzo compiuto dal legislatore che, attraverso la riforma dell'art. 111 della Costituzione e l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (c.p.a.), ha mostrato di voler recepire nel nostro sistema processuale i principi del giusto processo così delineati, (anche) attraverso un allineamento del livello di tutela garantito nel processo civile e nel processo amministrativo. Tuttavia, nonostante tale impegno, continuano a permanere nell'ordinamento italiano situazioni di evidente vantaggio in favore della Pubblica Amministrazione. Il lavoro si articola in tre capitoli. Nel primo, dopo una panoramica sugli obblighi di carattere universale idonei ad incidere sul processo amministrativo in Europa, si cerca di determinare quali garanzie presenti nella CEDU e nel diritto dell'Unione europea (e, particolarmente, nella Carta dei diritti) siano applicabili al processo amministrativo. Nel secondo, l'oggetto dell'indagine si concentra sulle modalità attraverso le quali l'ordinamento italiano si adatta alle garanzie processuali della CEDU e dell'Unione, nonchè sulle possibili intersezioni (tanto in ottica di conflitto quanto di integrazione) fra tali garanzie oppure fra di esse e la Costituzione, senza prescindere da un approfondimento sul coordinamento processuale della giurisprudenza della Corte di giustizia, della Corte EDU e della Corte costituzionale. Nel terzo capitolo, infine, dopo una breve presentazione del sistema italiano di riparto di giurisdizione, l'indagine si focalizza sulla maniera in cui le giurisdizioni interne, internazionali e dell'Unione abbiano effettuato il delicato bilanciamento che è oggetto di questo lavoro, presentando alcune questioni problematiche che si pongono in concreto nell'applicazione del principio del giusto processo nel sistema processuale amministrativo italiano. Per fare questo, si indicano alcune possibili soluzioni rispetto a determinate questioni interpretative ancora irrisolte nel nostro diritto nazionale, oppure rispetto a situazioni di palese incompatibilità dell'ordinamento italiano col principio del giusto processo, attraverso un'interpretazione delle norme interne orientata alla tutela dei diritti umani. All'esito di tale percorso, così delineati gli elementi in campo, sarà per il lettore possibile comprendere se il processo di allargamento dei diritti degli individui nel processo amministrativo sia arrivato ad uno stabile punto di mediazione fra opposti interessi, oppure debba piuttosto continuare, andando a toccare gli ambiti dove ancora alla Pubblica Amministrazione è riservata una situazione di privilegio, legata alle sue indubbie peculiarità.
Il "Giusto processo" amministrativo - La tutela giurisdizionale dell'individuo nei confronti della Pubblica Amministrazione alla luce del diritto dell'Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo
CORBO, MATTEO
2015
Abstract
L'indagine oggetto di questo lavoro concerne le garanzie processuali di cui gode l'individuo nell'ambito del processo amministrativo italiano, e, più specificamente le garanzie ricavabili dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dal di-ritto dell'Unione europea. La CEDU ed il diritto dell'Unione Europea (quest'ultimo soprattutto attraverso la Carta dei diritti fondamentali) predispongono infatti una serie di garanzie processuali il cui rispetto contraddistingue quello che viene comunemente indicato come "giusto processo". Il processo amministrativo presenta però alcune peculiarità che pongono, nell'applicazione di tali garanzie, non poche questioni. Infatti, la Pubblica amministrazione (parte necessaria di tale giudizio), già nella fase procedimentale (e dunque ben prima dell'instaurazione di un eventuale contenzioso), è vincolata al rispetto di determinati principi, posti dalla legge, dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione, nell'ottica di realizzare una sorta di "giusto procedimento amministrativo"; l'agire amministrativo dovrebbe dunque essere già di per sé "legittimo". Inoltre, mentre il ricorrente persegue un proprio (legittimo) interesse individuale, leso dal provvedimento impugnato o comunque dall'illegittimo comportamento posto in essere dalla Pubblica amministrazione, il fine perseguito da quest'ultima è quello dell'interesse della collettività. Il processo amministrativo presenta dunque un profilo di asimmetria fra le posizioni delle parti in causa, originato tanto dalla presunzione di legittimità dell'azione amministrativa, quanto dall'interesse pubblico ad essa sotteso, tale per cui, nell'ordinamento italiano, così come nella maggioranza degli Stati europei, esso è sempre stato distinto dal processo civile. Il problema del bilanciamento fra valori, fondamentale criterio di valutazione tanto della Corte costituzionale, quanto della Corte EDU e della Corte di giustizia, si pone dunque in tale ambito in maniera assolutamente peculiare: fino a che punto tutelare i diritti processuali dei singoli, nel momento in cui la tutela in questione va inevitabilmente a collidere con l'interesse pubblico tutelato dalla Pubblica Amministrazione, il quale a sua volta si sostanzia nella difesa di altri valori fondamentali, tutelati anch'essi dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione? Nel corso di questo lavoro si analizza quindi il modo attraverso il quale la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di giustizia affrontano tale difficile bilanciamento, concentrandosi in particolare sulla giurisprudenza relativa al diritto processuale amministrativo italiano. Inoltre, una particolare attenzione viene posta al modo in cui i giudici italiani, costituzionale, di legittimità e di merito, si pongono nei confronti della giurisprudenza di tali corti, riscontrando l'esistenza fra le giurisdizioni proprie dei vari livelli di un rapporto dialettico, nell'ambito del quale si alternano momenti di dialogo e di rottura. L'obbiettivo è quindi quello di rinvenire, all'esito di tale analisi, una nozione europea di giusto processo amministrativo e di analizzare in quale maniera essa si cali in concreto nell'ordinamento italiano. In tal senso, non si può certo trascurare l'oggettivo sforzo compiuto dal legislatore che, attraverso la riforma dell'art. 111 della Costituzione e l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (c.p.a.), ha mostrato di voler recepire nel nostro sistema processuale i principi del giusto processo così delineati, (anche) attraverso un allineamento del livello di tutela garantito nel processo civile e nel processo amministrativo. Tuttavia, nonostante tale impegno, continuano a permanere nell'ordinamento italiano situazioni di evidente vantaggio in favore della Pubblica Amministrazione. Il lavoro si articola in tre capitoli. Nel primo, dopo una panoramica sugli obblighi di carattere universale idonei ad incidere sul processo amministrativo in Europa, si cerca di determinare quali garanzie presenti nella CEDU e nel diritto dell'Unione europea (e, particolarmente, nella Carta dei diritti) siano applicabili al processo amministrativo. Nel secondo, l'oggetto dell'indagine si concentra sulle modalità attraverso le quali l'ordinamento italiano si adatta alle garanzie processuali della CEDU e dell'Unione, nonchè sulle possibili intersezioni (tanto in ottica di conflitto quanto di integrazione) fra tali garanzie oppure fra di esse e la Costituzione, senza prescindere da un approfondimento sul coordinamento processuale della giurisprudenza della Corte di giustizia, della Corte EDU e della Corte costituzionale. Nel terzo capitolo, infine, dopo una breve presentazione del sistema italiano di riparto di giurisdizione, l'indagine si focalizza sulla maniera in cui le giurisdizioni interne, internazionali e dell'Unione abbiano effettuato il delicato bilanciamento che è oggetto di questo lavoro, presentando alcune questioni problematiche che si pongono in concreto nell'applicazione del principio del giusto processo nel sistema processuale amministrativo italiano. Per fare questo, si indicano alcune possibili soluzioni rispetto a determinate questioni interpretative ancora irrisolte nel nostro diritto nazionale, oppure rispetto a situazioni di palese incompatibilità dell'ordinamento italiano col principio del giusto processo, attraverso un'interpretazione delle norme interne orientata alla tutela dei diritti umani. All'esito di tale percorso, così delineati gli elementi in campo, sarà per il lettore possibile comprendere se il processo di allargamento dei diritti degli individui nel processo amministrativo sia arrivato ad uno stabile punto di mediazione fra opposti interessi, oppure debba piuttosto continuare, andando a toccare gli ambiti dove ancora alla Pubblica Amministrazione è riservata una situazione di privilegio, legata alle sue indubbie peculiarità.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/174799
URN:NBN:IT:UNIPD-174799