Introduzione e obiettivi Negli ultimi 10 anni, la diffusione dell’enteropatia epizootica del coniglio (Epizootic rabbit enteropathy, ERE) negli allevamenti europei ha aumentato la mortalità e la morbilità e, quindi, peggiorato in maniera significativa la conversione alimentare realizzata a livello aziendale. La mancata identificazione di un agente eziologico della malattia e l'attribuzione di un carattere multifattoriale alla stessa, così come i limiti imposti dalla normativa europea sull'uso di antibiotici, hanno favorito gli studi e le ricerche in materia di alimentazione e gestione degli animali per individuare strategie in grado di prevenire, o quantomeno limitare, l'impatto dell’enteropatia. Con questo obiettivo specifico, gli studi degli ultimi anni hanno inteso definire i fabbisogni nutrizionali nei conigli durante lo svezzamento ed il post-svezzamento. Tra i diversi principi nutritivi, un aumento della concentrazione di frazioni fibrose digeribili (fibra digeribile, FD = pectine ed emicellulose) è stato associato a un miglioramento dello stato di salute degli animali, oltre che a un incremento dell'attività fermentativa a livello ciecale e un miglioramento della conversione alimentare (Gidenne e García, 2006). Una maggiore concentrazione di fibra solubile nelle diete per lo svezzamento ha ridotto la presenza a livello ciecale di C. perfringens e di altri agenti patogeni opportunisti, così come la mortalità causata da diarrea (Soler e coll., 2003; Gómez-Conde e coll., 2007). Con un contenuto costante di ADF, la sostituzione di amido e proteina con fibra digeribile ha ridotto l’incidenza di disturbi digestivi e migliorato, quindi, lo stato di salute nel coniglio (Perez e coll., 2000; Gidenne e coll., 2001; Marguenda e coll., 2006). La riduzione dell’apporto di fibra insolubile (Gutiérrez e coll., 2002; Alvarez e coll., 2007) e l'aumento delle frazioni più solubili (García-Ruiz e coll., 1997; Carabaño e coll., 2008) hanno anche migliorato l’integrità, e quindi la funzionalità, della mucosa intestinale dei giovani conigli. Le informazioni sulle interazioni tra proteina e fibra digeribile sono ancora limitate. Una carenza (<12%) o un eccesso di proteina (>18%) possono favorire i disturbi digestivi e aumentare la mortalità, indurre uno squilibrio nelle attività fermentative ciecali e, quindi, nella composizione della microflora intestinale (Maertens e De Groote, 1988; Lebas, 1989; Carabaño e coll., 2008, 2009). La riduzione del livello proteico dal 18 al 16% (in diete con la stessa digeribilità ileale della proteina) ha significativamente diminuito la presenza di Clostridium perfringens e la mortalità da enteropatia epizootica (Chamorro e coll., 2007), mentre un'ulteriore riduzione dal 16 al 14% non ha avuto alcun effetto sulla mortalità, pur avendo indotto la riduzione dei batteri anaerobi a livello ciecale (García-Palomares e coll., 2006a, 2006b; Carabaño e coll., 2009). Anche l'impiego di fonti proteiche meno digeribili può aumentare il flusso di azoto a livello ciecale e favorire lo sviluppo di agenti patogeni, come E. coli e Clostridium spp., comportando così un aumento del rischio per la salute degli animali e un peggioramento delle prestazioni produttive (Gutiérrez e coll., 2003; Chamorro e coll., 2005, 2007; Carabaño e coll., 2008, 2009). Considerata l’attenzione dei mass media e dei consumatori per l'uso di alimenti non modificati geneticamente, esiste un certo interesse nel valutare fonti proteiche alternative alla soia, sicuramente non modificate a livello biotecnologico. Tra queste, la farina di semi di girasole è ampiamente utilizzata nell'alimentazione del coniglio solitamente in combinazione con la farina di soia. L'uso di diete basate sull’utilizzo esclusivo di farina di girasole come fonte proteica richiede, tuttavia, una valutazione più attenta. Le attività sperimentali realizzate nella presente Tesi di dottorato hanno inteso, in generale, definire i fabbisogni nutrizionali del coniglio in post-svezzamento e ingrasso, con particolare riguardo a frazioni fibrose, soprattutto le più digeribili (pectine, emicellulose), contenuto di amido, e livello di proteine. Nel dettaglio, obiettivi specifici della presente tesi sono stati: 1) mantenere l’equilibrio delle fermentazioni a livello ciecale; 2) ridurre la frequenza e la gravità delle patologie digestive; 3) migliorare l'efficienza di conversione alimentare e di ritenzione azotata; e 4) garantire elevate prestazioni di crescita e ottimali qualità della carcassa e della carne. Tali obiettivi sono stati perseguiti mediante la realizzazione delle seguenti quattro attività sperimentali: Contributo sperimentale n. 1 Livello di fibra digeribile e sostituzione di farina di soia con farina di girasole in diete per conigli in accrescimento. A 34 giorni di età, 216 conigli ibridi (837±48 g) di entrambi i sessi sono stati divisi in sei gruppi sperimentali da 36 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete isoproteiche (15,9% PG) formulate in base ad un disegno bi-fattoriale, con due fonti proteiche (farina di soia vs. farina di girasole) e tre rapporti FD/ADF (1,0, 1,1 e 1,2). La digeribilità apparente ed il valore energetico delle diete sono stati determinati in vivo (Perez e coll., 1995). A 56 giorni di età, è stato effettuato un campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale per la misura dell’attività fermentativa ciecale e la misurazione dei villi e delle cripte, rispettivamente. I campioni di feci e mangime sono stati analizzati secondo AOAC (2000) e le procedure armonizzate a livello europeo (EGRAN, 2001). Il contenuto di fibra alimentare totale (TDF) è stato determinato attraverso procedura enzimatico-gravimetrica, previo trattamento con α-amilasi, proteasi e aminoglucosidasi (Megazyme int. Ireland Ltd., Wicklow, Irlanda). Il contenuto di fibra digeribile (FD) è stato calcolato come differenza tra TDF e l’ADF. La concentrazione degli acidi grassi volatili nel contenuto ciecale è stata misurata mediante gascromatografia (Osl, 1988). A 76 giorni, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate secondo i protocolli scientifici internazionali (Blasco e coll., 1993). Sono stati misurati pH (Xiccato e coll., 1994) e colore (CIE, 1976) dei muscoli longissimus lumborum e biceps femoris. I dati sono stati analizzati con ANOVA utilizzando la procedura GLM (SAS Inst. Inc., Cary, NC), e considerando gli effetti del rapporto FD/ADF e delle fonti proteiche. L’effetto del sesso è stato incluso per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, qualità delle carcasse e della carne. La mortalità, la morbilità e il rischio sanitario sono stati analizzati con la procedura CATMOD del SAS. La digeribilità delle diete è significativamente aumentata con il rapporto FD/ADF, a causa della maggiore inclusione delle polpe di bietola a scapito dell’erba medica. Il valore nutritivo delle diete è aumentato non solo per la maggiore presenza di FD, ma anche per la maggiore digeribilità (9-10 punti) di tutte le frazioni fibrose: la digeribilità dell’ADF è aumentata dal 14,6 al 25,6%; la digeribilità delle emicellulose dal 40,3 al 49,1%; la digeribilità delle pectine dall’85,0 al 93,8% (P<0,01). Questo incremento può essere associato con il minor grado di lignificazione e complessità delle pareti cellulari e con la maggior suscettibilità dei carboidrati strutturali alle azioni enzimatiche sia animali sia batteriche. Le fonti proteiche hanno invece avuto un effetto più limitato sulla digeribilità degli alimenti. Nelle diete contenenti solo girasole, la digeribilità della proteina grezza è risultata tendenzialmente (P=0,06) inferiore a quelle delle diete a base di soia. La digeribilità dell’estratto etereo e delle emicellulose è stata maggiore (P<0,001) nelle diete a base di girasole rispetto a quelle a base di soia, mentre ADF e pectine sono risultati meno digeribili. Il valore nutritivo delle diete è stato moderato, e migliorato dall’aumento del rapporto FD/ADF, indipendentemente dalla fonte proteica, e in linea con le attuali raccomandazioni per l'alimentazione del coniglio in post-svezzamento. I problemi sanitari sono stati limitati e non influenzati dal trattamento alimentare. Le caratteristiche della mucosa intestinale e le attività fermentative ciecali non sono state influenzate dal trattamento, mentre il pH del contenuto ciecale è diminuito significativamente all’aumentare del rapporto FD/ADF (P=0,04). L’accrescimento giornaliero, il peso vivo dei conigli e, di conseguenza, i risultati di macellazione non sono variati con il trattamento alimentare, mentre, soprattutto nel primo periodo (34-55 d di età), il consumo di alimento è diminuito e la conversione alimentare migliorata linearmente all’aumentare del rapporto FD/ADF e del valore nutritivo delle diete. Né le prestazioni né i risultati di macellazione sono stati modificati dalla fonte proteica utilizzata per la formulazione delle diete. Contributo sperimentale n. 2 Rapporto fibra digeribile/amido e livello proteico nell’alimentazione di conigli in accrescimento. A 32 giorni di età, 246 conigli ibridi (837±48 g) di entrambi i sessi sono stati divisi in sei gruppi sperimentali da 36 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete formulate con un livello di ADF costante (18%), ma differenti per livello di proteina (15 vs. 17%) e rapporto FD/amido (0,8, 1,5 e 2,8) secondo un disegno sperimentale bi-fattoriale. La prova di digeribilità in vivo (su 60 animali da 52 a 56 d di età), il campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale (su 36 conigli a 55 d), l’analisi istologica della mucosa intestinale e le analisi chimiche delle diete sperimentali, delle feci e dei contenuti cecali, nonché la macellazione, la dissezione delle carcasse e le analisi di qualità della carne sono stati effettuati secondo le metodologie riportate per il primo contributo sperimentale. I dati sono stati analizzati statisticamente come riportato per il primo contributo e considerando gli effetti del rapporto FD/amido e del livello di proteina. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, qualità della carcassa e della carne. L’aumento del livello di proteina alimentare ha significativamente migliorato la digeribilità della sostanza secca (circa 1 punto) e dei diversi principi nutritivi. Il contenuto di energia digeribile è variato poco e il rapporto proteina digeribile (PD)/ED è risultato maggiore nelle diete al 16% PG rispetto a quelle al 15% PG. L’aumento del rapporto FD/amido ha migliorato la digeribilità apparente dell’amido (anche se in maniera limitata in valore assoluto) e, in maniera considerevole, la digeribilità della fibra e delle frazioni fibrose, mentre non ha modificato la digeribilità della sostanza secca e dell’energia lorda. Il valore nutritivo e il contenuto di ED delle diete non sono cambiati con il rapporto FD/amido, poiché l'energia fornita dalla FD è stata simile a quella fornita dall’amido. Questo risultato può essere ascritto soprattutto alla completa digeribilità delle pectine (100%) e, in misura minore, al generale aumento della digeribilità di tutte le frazioni fibrose, anche quelle meno digeribili (per esempio, ADF). Durante la prova, sebbene mortalità e morbilità siano risultate basse, si è rilevato un effetto significativo del trattamento alimentare: mortalità e rischio sanitario sono risultati tendenzialmente (P=0,10-0,11) superiori nei conigli alimentati con le diete a maggiore tenore proteico. La somministrazione di diete a basso rapporto FD/amido ha aumentato la mortalità (10 vs. 1,4 e 1,4%, P=0,04), ma anche diminuito il numero dei conigli malati che sono arrivati alla fine della prova, seppure non significativamente, di modo che il rischio sanitario associato alla dieta non è stato differente tra i trattamenti. Per i conigli alimentati con la dieta a più basso rapporto FD/amido e maggiore livello proteico, sono state misurate maggiore mortalità (17,1 vs. 1,5%) e rischio sanitario (20,0 vs. 8,1%) rispetto ai conigli alimentati con le altre diete. Il livello proteico delle diete non ha modificato l'attività fermentativa ciecale, mentre la profondità delle cripte (P=0,02) e il rapporto villi/cripte (P=0,11) sono risultati inferiori nei conigli alimentati con le diete a minore tenore proteico. L’aumento del rapporto FD/amido non ha modificato le caratteristiche della mucosa intestinale, mentre ha aumentato la quantità totale di acidi grassi volatili, anche se in modo non significativo, e l’incidenza dell’acido acetico (P=0,02), mentre ha ridotto la percentuale di acido valerianico (P<0,01). Le prestazioni produttive sono state soddisfacenti per l’età di macellazione ed il tipo genetico usato, e non influenzate dai trattamenti sperimentali, che hanno prodotto variazioni minori delle caratteristiche della carcassa e della qualità della carne. Contributo sperimentale n. 3 Riduzione dal contenuto di proteina e aumento del rapporto fibra digeribile/amido in diete per conigli in accrescimento. A 29 giorni di età, 282 conigli ibridi (596±58 g) di entrambi i sessi sono stati assegnati a sei gruppi da 47 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete al 18% di ADF e formulate secondo un disegno bifattoriale con tre livelli di proteina grezza (15,0%, 15,5% e 17,0%) e due diversi rapporti FD/amido (1,1 vs. 2.0). Sono state realizzate due prove di digeribilità in vivo da 35 a 39 d e da 56 a 60 d di età. Le prove digeribilità, il campionamento dei contenuto ciecali e delle mucose intestinali su 36 conigli a 38 d, l’analisi dei tessuti, le analisi chimiche di diete sperimentali, feci e contenuto ciecale sono stati effettuati secondo le metodologie precedentemente descritte. A 78 giorni di età, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate. Il bilancio azotato è stato calcolato sui dati individuali stimando il contenuto di N del corpo a diverse età (Szendro e coll., 1998). I risultati sono stati analizzati statisticamente considerando gli effetti di livello di proteina, rapporto FD/ amido e loro interazione. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, caratteristiche della carcassa e della carne. I coefficienti di digeribilità delle diete nelle due prove di digeribilità sono stati analizzati con un modello che considerava l’effetto di età, livello di proteina, rapporto FD/ amido e relative interazioni. L’incremento del livello proteico della dieta ha aumentato significativamente la digeribilità dei principi nutrienti, ad eccezione di estratto etereo e amido, e quindi il valore nutritivo delle diete. La sostituzione parziale di farina di erba medica con farine di soia e girasole e l'aumento del livello di inclusione di orzo e polpe secche di bietola hanno consentito un livello costante di fibra digeribile e ridotto il livello delle frazioni fibrose meno digeribili, riducendo così il transito di alimento e aumentando l’efficienza di utilizzazione digestiva. La digeribilità dell’energia lorda e della sostanza secca non è cambiata con l’età degli animali. L’utilizzazione digestiva della proteina è significativamente diminuita (da 79,2 a 75,7%, P<0,001), mentre è aumentata la digeribilità di amido (da 96,4 a 97,9%, P<0,001), fibra grezza (da 16,7 a 22,2%, P<0,001) e frazioni fibrose (TDF, NDF, ADF, emicellulose) ad eccezione di FD. La riduzione del livello proteico delle diete somministrate nel primo periodo (29-50 d) sotto il 15,5% ha significativamente (P<0.001) diminuito accrescimento giornaliero (da 53,1 e 55,1 g/d nelle diete con il 15,5% e il 17% PG a 49,3 g/d nelle diete al 14% PG) e peso vivo a 50 d di età (1712 e 1755 vs. 1631 g), senza modificare il consumo alimentare. Nel secondo periodo (50-78 d), le prestazioni produttive non sono state influenzate dal livello proteico della dieta. In tutto il periodo, i conigli alimentati con diete a basso contenuto di proteina sono cresciuti meno rispetto a quelli alimentati con diete a maggiore contenuto proteico, mentre apporti intermedi di PG (15,5%) non hanno prodotto risultati significativamente diversi dagli altri gruppi. La conversione alimentare è variata in base al ritmo di accrescimento ed è migliorata significativamente nel post-svezzamento e nell’intero periodo di prova con i maggiori apporti proteici. Un aumento del contenuto proteico delle diete, inoltre, pur stimolando la ritenzione di azoto, ha aumentato l’escrezione di N da 80,4 a 95,0 e 115,0 g, corrispondenti a 1,64, 1,94 e 2,35 g di N escreto al giorno. Riportando i risultati alla dieta a maggiore contenuto proteico (100), l'escrezione di N è stata diminuita del 17 e del 30% passando dal 17 al 15,5 e 14,0% di PG, mentre la ritenzione di N è diminuita solo del 3 e del 6%, rispettivamente. L'escrezione di N è stata maggiormente ridotta nel secondo piuttosto che nel primo periodo di crescita. L’aumento del rapporto FD/amido, ha significativamente migliorato l’accrescimento medio giornaliero durante il post-svezzamento, diminuito il consumo di alimento e, di conseguenza, migliorato la conversione alimentare. Da 50 giorni di età fino alla macellazione, l’accrescimento è stato simile in tutti gruppi sperimentali, mentre gli effetti sul consumo alimentare e l’indice di conversione sono rimasti evidenti e significativi. Pertanto, un maggiore rapporto FD/amido ha aumentato il peso vivo a 50 giorni di età, anche se le differenze non sono risultate più significative alla fine del ciclo produttivo, riducendo l'assunzione di alimento e la conversione (P <0.001) nel periodo di prova. Inoltre, è stata ridotta l'escrezione di N del 5,5%, ma senza effetti sulla ritenzione a livello corporeo. Lo stato sanitario è stato soddisfacente in tutti i gruppi e non influenzata dai trattamenti alimentari. L’aumento del livello proteico dal 14 al 17,0% ha aumentato la produzione di acidi grassi volatili e ridotto il valore di pH ciecale, mentre non è cambiata la concentrazione di ammoniaca. Le maggiori inclusioni di orzo e polpe secche di bietola, a parità di FD, in diete con alto tenore proteico potrebbero spiegare l’intensa attività fermentativa ciecale. Aumentando il rapporto FD/amido, il transito intestinale è stato rallentato e il peso dell’apparato digerente è risultato aumentato, soprattutto per il maggiore riempimento del cieco. L’attività fermentativa ciecale è stata stimolata come evidenziato dalla maggiore produzione totale di acidi grassi volatili (da 64,0 a 78,4 mmol/l, P<0,001), accompagnata da riduzione di pH (5,87-5,71) e di produzione di ammoniaca (da 4,7 a 2,3 mmol/l, P<0,001). La morfometria della mucosa del digiuno non è stata influenzata dal contenuto in proteina o dal livello di fibra digeribile della dieta. L’effetto del livello proteico della dieta sul peso vivo e sul peso di macellazione spiega le variazioni osservate nelle altre variabili correlate con il peso degli animali: l’aumento del contenuto proteico nella dieta ha aumentato il peso della carcassa in modo significativo e tendenzialmente (P=0,09) migliorato la resa di macellazione. Altre caratteristiche della carcassa e della carne non sono state influenzate dal trattamento. Così come per le prestazioni produttive, il rapporto FD/amido ha influenzato poco i risultati di macellazione e le caratteristiche della carcassa, con piccole variazioni (P<0,10) del grasso separabile e del rapporto muscolo/ossa misurato sull’arto posteriore. Contributo sperimentale n. 4 Livelli di amido e pectine in diete per conigli in accrescimento: effetti su stato di salute, fisiologia digestiva, prestazioni produttive e qualità della carcassa e della carne. A 34 giorni di età, 240 conigli ibridi (827±26 g) di entrambi i sessi sono stati assegnati a sei gruppi sperimentali di 40 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete formulate secondo un disegno bifattoriale, con tre livelli di amido (5, 10 e 15%) e due livelli di pectine (5 e 10%). La prova di digeribilità in vivo da 52 a 56 d di età, il campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale a 51 d, le analisi morfometriche della mucosa intestinale e le analisi chimiche di diete sperimentali, feci e contenuti ciecali sono state effettuate secondo le metodologie precedentemente descritte. A 75 d, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate. I dati sono stati analizzati considerando l’effetto di livello di amido, livello di pectine e loro interazione. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, caratteristiche della carcassa e qualità della carne. L’aumento del contenuto di amido alimentare ha migliorato la digeribilità della sostanza secca (dal 54,7% al 62,9%) e dei diversi principi nutritivi. L'inclusione di una maggiore quantità di polpe di bietola, superiore al 30%, in sostituzione della farina di erba medica nelle diete ricche di pectine, spiega la maggiore digeribilità della fibra grezza (dall’8,1 al 26,4%) e delle frazioni fibrose. Le diete caratterizzate da valori estremi del rapporto pectine/amido (0,5 vs. 2,0) hanno mostrato digeribilità e valore nutritivo (ED: 9,5 MJ/kg) molto simili: a parità di erba medica, la sostituzione di farina d'orzo con polpe secche di bietola ha permesso di mantenere elevata la digeribilità delle diete. L’amido dell’orzo è stato sostituito dalla fibra (pectine in particolare) delle polpe di bietola. La digeribilità delle frazioni fibrose è stata cambiata dal livello di pectine: nelle diete con il 5% di pectine, la digeribilità della fibra grezza non è cambiata (da 7,2% a 9,6%, P>0,05), a differenza di quanto misurato per le frazioni fibrose; nelle diete con il 10% pectine, la digeribilità è significativamente aumentata per fibra grezza (da 23,5 a 30,3%), NDF (da 34,3 a 45,1%), ADF (da 25,7 a 32,1%) e emicellulose (da 45,4 a 60,8%). L’aumento dell’apporto di amido ha determinato un significativo incremento di peso finale a 75 d e accrescimento giornaliero e ha ridotto il consumo di alimento con relativo miglioramento della conversione alimentare (da 3,52 a 3,31 e 3,13, P<0,001) nell’intero periodo. Durante il post-svezzamento l’accrescimento giornaliero è stato aumentato (P<0,001), mentre il consumo di alimento ha mostrato una tendenziale riduzione con la somministrazione di diete ricche di amido (P=0,06); nel secondo periodo, l’accrescimento giornaliero è stato simile fra i gruppi, mentre è rimasta evidente la riduzione del consumo di alimento (da 172 a 159 g/d, P <0,001). Un maggiore livello di pectine ha stimolato l'accrescimento degli animali (soprattutto in fase di post-svezzamento), ridotto il consumo e la conversione alimentare (3,59 vs. 3,05, P<0,001). Il peso vivo finale è risultato maggiore negli animali alimentati con diete contenenti il 10% pectine rispetto a quelli alimentati con diete al 5% di pectine, sia a 55 giorni di età che alla fine ciclo produttivo. Lo stato di salute è stato buono per tutti i conigli, con soli due animali morti nell’intero periodo sperimentale, e le fermentazioni ciecali sono state poco modificate dal trattamento alimentare: la produzione di N-ammoniacale a livello ciecale è stata maggiore negli animali alimentati con diete a basso contenuto di amido, probabilmente a causa della maggiore assunzione di proteine (PD/ED: 12,9, 12,2 e 11,6 g/MJ, rispettivamente, per le diete con 5, 10, e 15% di amido). La produzione totale di acidi grassi volatili non è cambiata con l’aumento dell’amido alimentare, mentre si è riscontrato un inatteso aumento dell’incidenza di acido acetico (P=0,12) e una riduzione dell’acido propionico (P<0,01). Le caratteristiche chimiche delle diete possono spiegare i risultati ottenuti: 1) anche il più alto livello di amido utilizzato (circa il 16%, valore medio delle diete L1 e H1) era compatibile con la capacità digestiva dell'animale all'età considerata (51 d), e non ha comportato un apporto consistente di amido non digerito al cieco; 2) inoltre, le diete avevano un tenore di FD simile (24,7, 23,6 e 23,8% per le diete con 5, 10 e 15% di amido), in grado di garantire un’attività fermentativa comparabile e orientata più alla produzione di acetato che di propionato e butirrato. L'aumento del livello di pectine ha ridotto il valore di pH ciecale (P=0,02), ma ha avuto un debole effetto sull’incidenza di propionato e butirrato. Soltanto la produzione totale di acidi grassi volatili ha mostrato un tendenziale aumento (73,8 vs. 82,8 mmol/l, P=0,10) e quella di valerato è aumentata (0,43 vs. 0,35%, P<0,01) con la somministrazione di diete al 10% di pectine. L’analisi morfometrica di ileo e digiuno non ha evidenziato significative differenze nello sviluppo dei villi e delle cripte, sebbene l’altezza dei villi sia del digiuno che del cieco abbiano evidenziato una tendenziale riduzione (P=0,09 e 0,11) nei conigli alimentati con diete contenenti livelli di amido (circa il 10%) raccomandati per il post-svezzamento, rispetto ai conigli alimentati con diete contenenti livelli inferiori (5%) o superiori (15%). L’effetto del livello di amido sui risultati di macellazione è dipeso principalmente dalle differenze nel peso vivo degli animali. I conigli più pesanti, che avevano ricevuto le diete a maggiore contenuto di amido, hanno mostrato maggiori pesi alla macellazione, pesi delle carcasse e rese di macellazione, minori perdite di trasporto e maggiore incidenza del grasso sperabile (P<0,01). L’aumento della concentrazione di pectine della dieta ha avuto un effetto debole ed il maggiore peso di macellazione (2628 vs. 2687 g, P<0,05) nei conigli alimentati con le diete al 10% di pectine non è stato associato ad una maggiore resa di macellazione. L’incidenza dell’apparato digerente è stata significativamente maggiore nei conigli alimentati con diete al 10% piuttosto che al 5% di pectine (18,5 vs. 19,0%, P<0,05). Il trattamento alimentare non ha prodotto variazioni significative della qualità della carne, in termini di pH o colore misurati sui muscoli longissimus lumborum e biceps femoris 24 ore dalla macellazione. Discussione In tutti i contributi sperimentali, quando l'aumento del rapporto FD/ADF a parità di amido è stato ottenuto sostituendo la farina di erba medica con le polpe di bietola, la digeribilità di sostanza secca, energia lorda, fibra grezza e frazioni fibrose è aumentata significativamente. La digeribilità fecale apparente delle frazioni fibrose più solubili e digeribili (come quelle contenute nelle polpe) può, in effetti, raggiungere il 60-70%, mentre quella delle frazioni insolubili, principale costituente della fibra dell’erba medica, varia dal 15 al 30% (Carabaño e coll., 2001; García e coll., 2009). Senza dubbio, la digeribilità e il valore nutritivo delle diete sono aumentati con il rapporto DF/ADF, non solo per la maggiore presenza fibra digeribile, ma anche per la maggior digeribilità (9-10 punti) di tutte le frazioni fibrose. Diversamente, quando la FD ha sostituito l’amido (crescente rapporto FD/amido da 0,8 fino a 2,8) e con limitate differenze a livello di ADF (rapporto FD/ADF da 0,9 a 1,2) (Contributi sperimentali n. 1 e 2), la digeribilità di sostanza secca e energia lorda e, di conseguenza, il valore nutritivo delle diete non sono cambiati, poiché l'energia fornita dalla FD è stata simile a quella offerta dall’amido, come osservato anche da altri autori (De Blas e Carabaño, 1996; Gidenne e Bellier, 2000). Tuttavia, nei Contributi sperimentali n. 3 e 4, il valore nutritivo delle diete è cresciuto all'aumentare del rapporto FD/amido da 1,1-1,7 a 1,9-4,2. L'aumento contemporaneo del rapporto FD/ADF (da 0,9-1,0 a 1,4-1,5) e il livello molto basso di inclusione di polpe nelle diete con il più basso rapporto FD/amido (anche 0% nel Contributo sperimentale n. 3 rispetto ad un massimo del 33-34%) potrebbero spiegare questo risultato. Nel Contributo sperimentale n. 4, le diete caratterizzate da valori estremi del rapporto pectine/amido (5% pectine, 15% amido=0,5% e 10% pectine, 5% amido=2), hanno mostrato digeribilità e valori nutritivi molto simili: con lo stesso livello di inclusione di farina di erba medica, la sostituzione di orzo con polpe di bietola ha mantenuto la digeribilità a livelli elevati. La dieta con il più alto contenuto di FD e amido ha evidenziato il più alto valore nutritivo. Confrontando diverse fonti proteiche, per le diete contenenti solo girasole è stata misurata una minore digeribilità della proteina grezza (Contributo sperimentale n. 1), coerentemente con la minore digeribilità della proteina della farina di girasole rispetto alla farina di soia (Maertens e coll., 2002). Tuttavia, la fonte proteica non ha modificato le fermentazioni ciecali, lo stato di salute, le prestazioni o i risultati di macellazione. L'aumento nella dieta della concentrazione di PG (dal 15 al 16% nel Contributo sperimentale n. 2 e dal 14 al 17% nel Contributo sperimentale n. 3), in generale, ha determinato una maggiore digeribilità delle proteine e dei principi nutritivi a causa della parziale sostituzione della proteina dell’erba medica con quelle delle farine di soia e girasole. Le conseguenze dei trattamenti alimentari sulle prestazioni produttive sono una diretta conseguenza del valore nutritivo delle diete. L’aumento del rapporto FD/ADF e, quindi, del valore nutritivo delle diete ha ridotto il consumo di alimento, per la regolazione chemiostatica dell’appetito (Gidenne e Lebas, 2005; Xiccato e Trocino, 2010b), e migliorato linearmente la conversione alimentare, pur senza differenze nel peso vivo finale e nell’accrescimento giornaliero (Contributo sperimentale n. 1). Il miglioramento della conversione alimentare all’aumentare del contenuto di FD può essere messo in relazione con il più lento transito intestinale e l’aumento della digeribilità e del valore nutritivo delle diete che è stato osservato anche in altri studi (Xiccato e coll., 2006a, 2008; Carraro e coll., 2007; Fragkiadakis e coll., 2007). Nel Contributo sperimentale n. 2, l’aumento del rapporto FD/amido non ha avuto alcun effetto apprezzabile sulle prestazioni produttive. Anche García e coll. (1993) avevano osservato che diete contenenti polpe di bietola non modificavano le prestazioni di accrescimento quanto utilizzate in sostituzione di materie prime apportatrici di amido, a causa del loro simile valore nutritivo. Nel Contributo sperimentale n. 3, durante il post-svezzamento, l’accrescimento giornaliero è stato stimolato e il consumo di alimento ridotto. Di conseguenza, la conversione alimentare è migliorata all’aumentare del rapporto FD/amido. Nelle ultime settimane prima della macellazione, le prestazioni di crescita sono risultate simili fra i diversi gruppi. Nel Contributo sperimentale n. 4, l’aumento delle pectine nelle diete dal 5 al 10% (con un rapporto FD/amido da 2,4 a 3,1) ha stimolato significativamente l’accrescimento giornaliero (soprattutto nel post-svezzamento), aumentato il peso vivo finale, ridotto il consumo e migliorato la conversione alimentare. L’aumento del rapporto FD/amido ha anche diminuito l’escrezione azotata, senza modificare la ritenzione, soprattutto nel primo periodo piuttosto che nel secondo (Contributo sperimentale n. 3). La riduzione dell’apporto proteico con la dieta al di sotto del 15% ha peggiorato l’accrescimento e il peso degli animali nel post-svezzamento (prime tre settimane dopo lo svezzamento) (Contributi sperimentali n. 2 e 3). Questi risultati confermano precedenti osservazioni relative ad un contenuto proteico nelle diete commerciali per lo svezzamento e l’accrescimento superiore rispetto ai reali fabbisogni degli animali (Maertens e coll., 1997; Trocino e coll., 2000, 2001; García-Palomares e coll., 2006a, 2006b; Eiben e coll., 2008). In conigli macellati a 63 giorni di età e 2,35 kg di peso vivo, condizioni tipiche del mercato spagnolo, la riduzione del livello proteico delle diete dal 16 al 14% non ha influenzato le prestazioni produttive (García-Palomares e coll., 2006b). In conigli macellati dopo (75-90 d) e a pesi maggiori (2,5-3,0 kg), la riduzione del livello proteico dal primo al secondo periodo ha permesso di soddisfare meglio i fabbisogni proteici nella prima fase di accrescimento e di ridurre l’escrezione azotata durante la seconda fase. In effetti, in questo ultimo periodo prima della macellazione, il consumo di alimento è maggiore e il livello proteico delle diete può essere diminuito senza conseguenze negative sulle prestazioni o sulla qualità della carcassa e della carne (Maertens e coll., 1997; Maertens e Luzi, 1998; Trocino e coll., 2000, 2001). L’equilibrio delle fermentazioni ciecali è considerato un indicatore del possibile effetto dei fattori nutrizionali sulla salute dell’apparato digerente nel coniglio. Nel Contributo sperimentale n. 1, l’aumento del rapporto FD/ADF nell’intervallo considerato (da 1,0 a 1,2) non ha modificato la produzione totale di acidi grassi volatili, sebbene sia significativamente diminuito il pH del contenuto ciecale. Questa variazione, sebbene non associata ad alcun aumento degli acidi grassi volatili totali come osservato anche da Carabaño e coll. (1997), può essere considerato favorevolmente per il mantenimento di un equilibrio della popolazione ciecale e delle fermentazioni. L’aumento del contenuto di FD e la riduzione dell’amido possono rallentare il transito intestinale e aumentare l’incidenza dell’apparato digerente, soprattutto per il maggiore riempimento del cieco. Di conseguenza, le fermentazioni sono state stimolate, la produzione totale di AGV è stata aumentata così come l’incidenza di acido acetico, mentre la percentuale di acido valerianico, di solito associata con l’attività dei batteri amilolitici, è risultata ridotta; anche il pH del contenuto ciecale e la concentrazione di ammoniaca sono risultate diminuite (Contributi sperimentali n. 2 e 3). L’aumento della concentrazione di pectine (Contributo sperimentale n. 4) è risultato in una riduzione del pH ciecale, un tendenziale aumento della produzione totale di AGV e una riduzione della percentuale di acido valerianico. Studi realizzati in precedenza avevano mostrato un favorevole e significativo aumento dell’attività fermentativa ciecale all’aumentare del contenuto di fibra digeribile e/o solubile (García coll., 2000; Falcao-e-Cunha coll., 2004). I bassi livelli di azoto ammoniacale riscontrati a livello ciecale in tutti i contributi sperimentali e la tendenza ad una riduzione con l’aumento del rapporto FD/amido dimostrano che la FD rappresenta un apporto di carboidrati capaci di favorire la fermentazione e la fissazione dell’ammoniaca nella proteina batterica. Un solo punto percentuale di differenza nel contenuto proteico delle diete (dal 15 al 16%) non è stato sufficiente per modificare in maniera significativa l’attività fermentativa ciecale (Contributo sperimentale n. 2), mentre quando la proteina grezza è stata aumentata dal 14 al 17%, le fermentazioni ciecali sono state stimolate (Contributo sperimentale n. 3). La maggiore inclusione di orzo e polpe di bietola, a livelli costanti di FD, può spiegare anche la più intensa attività fermentativa ciecale negli animali alimentati con le diete a più alto contenuto di proteina. In tutte le attività sperimentali della presente tesi, è stato dato rilievo e dedicata una quota importante di lavoro alla valutazione delle condizioni della mucosa intestinale come strumento per valutare lo stato di salute dei conigli e/o la loro suscettibilità alle malattie e ai disturbi digestivi. Ricerche precedenti avevano indicato un possibile effetto positivo dell’aumento del contenuto di frazioni fibrose solubili, piuttosto che della riduzione del contenuto di NDF, sull’integrità della mucosa intestinale, con una riduzione della mortalità ed un miglioramento delle prestazioni dei giovani conigli (Gutiérrez e coll., 2002; Feugier e coll., 2006; Álvarez e coll., 2007; Gómez-Conde e coll., 2007). Nella presente tesi, tuttavia, né l’aumento del rapporto FD/ADF (Contributo sperimentale n. 1) o FD/amido (Contributi sperimentali n. 2, 3 e 4) o la concentrazione di pectine (Contributo sperimentale n. 4) hanno modificato in maniera apprezzabile la struttura della mucosa intestinale a livello di ileo o digiuno. Solo nel Contributo sperimentale n. 4, l’altezza dei villi a livello sia di ileo sia di digiuno è risultata tendenzialmente minore (P=0,09 e 0,11) nei conigli alimentati con le diete al 10% di amido, livello raccomandato per il periodo post-svezzamento, piuttosto che in quelli che avevano ricevuto le diete a minore (5%) o maggiore (15%) contenuto. La riduzione nella profondità delle cripte trovata all’aumentare del livello proteico delle diete (Contributo sperimentale n. 2) potrebbe essere associata a una minore capacità della mucosa di riparare i danni a livello dei villi e, quindi, indirettamente, potrebbe spiegare la maggiore suscettibilità ai disturbi digestivi nei conigli alimentati con le diete ad elevato contenuto proteico. Altre ricerche realizzate in precedenza hanno evidenziato un effetto minimo o nullo della fonte di proteina, a parità di apporto proteico, anche se era stata osservata una significativa riduzione della mortalità da enteropatia epizootica all’aumentare della digeribilità ileale della proteina (Gutiérrez e coll., 2002, 2003; Chamorro e coll., 2007). Un effetto positivo sull’integrità della mucosa è stato riportato in conigli svezzati precocemente e alimentati con diete contenenti plasma animale piuttosto che soia (Gutiérrez e coll., 2000), mentre gli effetti negativi di fattori anti-nutrizionali presenti nelle leguminose sono solo stati ipotizzati (Gutiérrez e coll., 2003; Cano e coll., 2004). L’uniformità osservata per equilibrio delle fermentazioni ciecali e struttura della mucosa intestinale è stata accompagnata da uno stato di salute relativamente buono in tutte le sperimentazioni realizzate. In effetti, questa situazione così favorevole non ha permesso di verificare correttamente l’effetto dei trattamenti alimentari sulle condizioni di salute dei conigli e la possibilità di ridurre e controllare la diffusione e l’importanza dei disturbi digestivi, o meglio dell’enteropatia epizootica. Né l’aumento del rapporto FD/ADF (Contributo sperimentale n. 1) o il rapporto FD/amido o il livello di pectine (Contributi sperimentali n. 3 e 4) hanno modificato significativamente lo stato di salute degli animali. Solo nell’ambito del Contributo sperimentale n. 2, anche se mortalità e morbilità sono state piuttosto basse, è stato misurato un effetto significativo del trattamento alimentare: il più basso rapporto FD/amido ha aumentato la mortalità, ma allo stesso tempo ha ridotto il numero di animali malati che hanno comunque raggiunto la fine della prova rispetto agli altri trattamenti sperimentali. La mortalità e il rischio sanitario più alti sono stati associati alla dieta con il minore rapporto FD/amido e il maggiore contenuto proteico (Contributo sperimentale n. 2). In passato, era stato evidenziato un effetto positivo sullo stato di salute, con una riduzione della mortalità da ERE e dei disturbi digestivi, all’aumentare del rapporto FD/amido (Gómez-Conde e coll., 2004; 2007; Xiccato e coll., 2006a; Carraro, 2006) o quando amido e proteina erano state sostituite da fibra digeribile in diete con lo stesso livello di ADF (Perez e coll., 2000; Soler e coll., 2004). Un eccesso proteico potrebbe peggiorare la salute degli animali, alterando l’equilibrio ciecale e favorendo l’utilizzazione della proteina a scopo energetico, aumentando la concentrazione di N ammoniacale e il valore di pH, e favorendo così lo sviluppo di popolazioni batteriche patogene (Lebas e coll., 1998). In effetti, la mortalità da ERE è stata significativamente ridotta (Gutiérrez e coll., 2002, 2003; Chamorro e coll., 2007) dalla riduzione del livello di proteina alimentare e dall’aumento della digeribilità ileale della proteina o dall’aumento del livello di fibra digeribile (Xiccato e coll., 2006a; Gómez-Conde e coll., 2007). Nei quattro contributi sperimentali, il trattamento alimentare ha avuto un effetto molto debole sui risultati di macellazione e le caratteristiche delle carcasse o la qualità della carne, confermando il ruolo minore della nutrizione sulla qualità della carcassa e della carne in animali alimentati ad libitum con diete bilanciate e che raggiungono pesi vivi finali simili (Xiccato, 1999; Hernández e Gondret, 2006; Hernández, 2008; Xiccato e Trocino, 2010b). Alcune differenze sono state misurate quando il livello proteico della dieta ha modificato le prestazioni e il peso vivo finale degli animali, e quindi con la più bassa concentrazione proteica (14-15%) (Contributi sperimentali n. 2 e 3), confermando i risultati di Maertens e coll. (1997) che avevano riportato un peggioramento dei risultati di macellazione con diete contenenti il 13% di proteina grezza. Solo la somministrazione di diete con diversi livelli di grasso, da fonti alimentari diverse, avrebbe potuto modificare in maniera apprezzabile le caratteristiche della carcassa e della carne (Hernández, 2008). Conclusioni Le conclusioni che si possono trarre dai risultati e dalla discussione di cui sopra sono fatte partendo dall’intento generale della tesi, vale a dire la definizione dei fabbisogni nutrizionali dei conigli nelle fasi di post-svezzamento e ingrasso con riguardo alle frazioni fibrose, al contenuto di amido e il suo rapporto con la fibra, e il contenuto di proteina con diversi obiettivi specifici: 1) mantenere l’equilibrio delle fermentazioni a livello ciecale. Le variazioni dei più importanti principi nutritivi (fibra digeribile, ADF, amido e proteina) negli intervalli di concentrazione testati possono modificare la condizione intestinale e l’equilibrio ciecale nel coniglio: l’aumento del contenuto di FD in sostituzione dell’amido o l’aumento del livello proteico in diete con un buon contenuto di fibra digeribile stimolano la fermentazione ciecale, limitano la produzione di azoto ammoniacale e mantengono il pH ciecale a valori utili per lo sviluppo e l’attività della normale popolazione batterica ciecale. Né il livello di FD, di amido o di ADF, tuttavia, possono modificare la morfologia e l’integrità della mucosa intestinale. 2) ridurre la frequenza e la gravità delle patologie digestive. Nonostante le ampie variazioni di composizione chimica delle diete sperimentali, non sono stati osservati effetti sullo state di salute degli animali e, piuttosto, i livelli di amido, pectine e proteine utilizzati sono sempre stati associati ad uno stato di salute ottimale. Pertanto, non siamo in grado di valutare adeguatamente l’effetto e la possibile influenza dei trattamenti alimentari studiati sullo stato di salute degli animali in un allevamento colpito da ERE o da altri disturbi di tipo digestivo. Tuttavia, c’è una certa evidenza che un basso rapporto FD/amido aumenta la mortalità. Quest’andamento è accentuato quando un basso rapporto FD/amido della dieta (<1) è associato ad un alto contenuto proteico (>16%). Diete con alti rapporti FD/amido (1-1,5) e livelli proteici moderati (circa il 15%) sono raccomandati. In altre parole, l’aumento del livello energetico della dieta mediante l’inclusione di fibra digeribile, piuttosto che di amido, combinato con un basso flusso di proteina indigerita a livello ciecale, potrebbe ridurre il rischio sanitario. 3) migliorare l'efficienza di conversione alimentare e di ritenzione azotata. L’aumento del contenuto di FD in sostituzione delle frazioni meno digeribili o dell’amido (a livelli costanti di ADF) migliora la conversione alimentare, riducendo il consumo di alimento, e permette una buona riduzione dell’escrezione azotata. L’amido e la fibra digeribile possono essere considerati alternativi nell’alimentazione del coniglio e, potenzialmente, additivi: l’associazione di elevati livelli di amido e fibra digeribile potrebbe perfino dare migliori risultati per conversione alimentare e convenienza economica. 4) garantire elevate prestazioni di crescita e ottimali qualità della carcassa e della carne. L’aumento del rapporto FD/ADF migliora il valore nutritivo delle diete e la loro efficienza di utilizzazione per l’accrescimento. L’aumento del rapporto FD/amido non modifica il valore nutritivo delle diete o, nella maggior parte dei casi, le prestazioni produttive e i risultati di macellazione. A volte, l’accrescimento può essere stimolato, soprattutto nelle prime settimane dopo lo svezzamento, quando i conigli stanno ancora sviluppando la loro capacità di utilizzazione digestiva degli alimenti. Per massimizzare le prestazioni produttive, il livello proteico delle diete non dovrebbe scendere sotto il 15,5% nelle prime settimane del ciclo di produzione, poiché il successivo accrescimento compensativo che i conigli mostrano nelle ultime settimane prima della macellazione non permetterebbe il recupero delle differenze di peso. L’apporto proteico deve essere controllato sia nel primo sia nel secondo periodo di crescita, durante il quale i fabbisogni proteici sono minori, allo scopo di aumentare l’efficienza di utilizzazione e ridurre l’escrezione dell’azoto. Variazioni nell’apporto di FD, amido o proteina inducono differenze nei risultati di macellazione solo quando sono a livelli tali da modificare il peso di macellazione e, quindi, tutte le variabili direttamente correlate con il peso vivo. Il trattamento alimentare non è mai in grado di produrre differenze nelle caratteristiche della carne, pH e colore, dei principali muscoli che possano essere apprezzabili a livello commerciale.
The role of digestible fibre, starch and protein on health status and perfromance in diets for growing rabbits
FRAGKIADAKIS, MICHAIL
2010
Abstract
Introduzione e obiettivi Negli ultimi 10 anni, la diffusione dell’enteropatia epizootica del coniglio (Epizootic rabbit enteropathy, ERE) negli allevamenti europei ha aumentato la mortalità e la morbilità e, quindi, peggiorato in maniera significativa la conversione alimentare realizzata a livello aziendale. La mancata identificazione di un agente eziologico della malattia e l'attribuzione di un carattere multifattoriale alla stessa, così come i limiti imposti dalla normativa europea sull'uso di antibiotici, hanno favorito gli studi e le ricerche in materia di alimentazione e gestione degli animali per individuare strategie in grado di prevenire, o quantomeno limitare, l'impatto dell’enteropatia. Con questo obiettivo specifico, gli studi degli ultimi anni hanno inteso definire i fabbisogni nutrizionali nei conigli durante lo svezzamento ed il post-svezzamento. Tra i diversi principi nutritivi, un aumento della concentrazione di frazioni fibrose digeribili (fibra digeribile, FD = pectine ed emicellulose) è stato associato a un miglioramento dello stato di salute degli animali, oltre che a un incremento dell'attività fermentativa a livello ciecale e un miglioramento della conversione alimentare (Gidenne e García, 2006). Una maggiore concentrazione di fibra solubile nelle diete per lo svezzamento ha ridotto la presenza a livello ciecale di C. perfringens e di altri agenti patogeni opportunisti, così come la mortalità causata da diarrea (Soler e coll., 2003; Gómez-Conde e coll., 2007). Con un contenuto costante di ADF, la sostituzione di amido e proteina con fibra digeribile ha ridotto l’incidenza di disturbi digestivi e migliorato, quindi, lo stato di salute nel coniglio (Perez e coll., 2000; Gidenne e coll., 2001; Marguenda e coll., 2006). La riduzione dell’apporto di fibra insolubile (Gutiérrez e coll., 2002; Alvarez e coll., 2007) e l'aumento delle frazioni più solubili (García-Ruiz e coll., 1997; Carabaño e coll., 2008) hanno anche migliorato l’integrità, e quindi la funzionalità, della mucosa intestinale dei giovani conigli. Le informazioni sulle interazioni tra proteina e fibra digeribile sono ancora limitate. Una carenza (<12%) o un eccesso di proteina (>18%) possono favorire i disturbi digestivi e aumentare la mortalità, indurre uno squilibrio nelle attività fermentative ciecali e, quindi, nella composizione della microflora intestinale (Maertens e De Groote, 1988; Lebas, 1989; Carabaño e coll., 2008, 2009). La riduzione del livello proteico dal 18 al 16% (in diete con la stessa digeribilità ileale della proteina) ha significativamente diminuito la presenza di Clostridium perfringens e la mortalità da enteropatia epizootica (Chamorro e coll., 2007), mentre un'ulteriore riduzione dal 16 al 14% non ha avuto alcun effetto sulla mortalità, pur avendo indotto la riduzione dei batteri anaerobi a livello ciecale (García-Palomares e coll., 2006a, 2006b; Carabaño e coll., 2009). Anche l'impiego di fonti proteiche meno digeribili può aumentare il flusso di azoto a livello ciecale e favorire lo sviluppo di agenti patogeni, come E. coli e Clostridium spp., comportando così un aumento del rischio per la salute degli animali e un peggioramento delle prestazioni produttive (Gutiérrez e coll., 2003; Chamorro e coll., 2005, 2007; Carabaño e coll., 2008, 2009). Considerata l’attenzione dei mass media e dei consumatori per l'uso di alimenti non modificati geneticamente, esiste un certo interesse nel valutare fonti proteiche alternative alla soia, sicuramente non modificate a livello biotecnologico. Tra queste, la farina di semi di girasole è ampiamente utilizzata nell'alimentazione del coniglio solitamente in combinazione con la farina di soia. L'uso di diete basate sull’utilizzo esclusivo di farina di girasole come fonte proteica richiede, tuttavia, una valutazione più attenta. Le attività sperimentali realizzate nella presente Tesi di dottorato hanno inteso, in generale, definire i fabbisogni nutrizionali del coniglio in post-svezzamento e ingrasso, con particolare riguardo a frazioni fibrose, soprattutto le più digeribili (pectine, emicellulose), contenuto di amido, e livello di proteine. Nel dettaglio, obiettivi specifici della presente tesi sono stati: 1) mantenere l’equilibrio delle fermentazioni a livello ciecale; 2) ridurre la frequenza e la gravità delle patologie digestive; 3) migliorare l'efficienza di conversione alimentare e di ritenzione azotata; e 4) garantire elevate prestazioni di crescita e ottimali qualità della carcassa e della carne. Tali obiettivi sono stati perseguiti mediante la realizzazione delle seguenti quattro attività sperimentali: Contributo sperimentale n. 1 Livello di fibra digeribile e sostituzione di farina di soia con farina di girasole in diete per conigli in accrescimento. A 34 giorni di età, 216 conigli ibridi (837±48 g) di entrambi i sessi sono stati divisi in sei gruppi sperimentali da 36 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete isoproteiche (15,9% PG) formulate in base ad un disegno bi-fattoriale, con due fonti proteiche (farina di soia vs. farina di girasole) e tre rapporti FD/ADF (1,0, 1,1 e 1,2). La digeribilità apparente ed il valore energetico delle diete sono stati determinati in vivo (Perez e coll., 1995). A 56 giorni di età, è stato effettuato un campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale per la misura dell’attività fermentativa ciecale e la misurazione dei villi e delle cripte, rispettivamente. I campioni di feci e mangime sono stati analizzati secondo AOAC (2000) e le procedure armonizzate a livello europeo (EGRAN, 2001). Il contenuto di fibra alimentare totale (TDF) è stato determinato attraverso procedura enzimatico-gravimetrica, previo trattamento con α-amilasi, proteasi e aminoglucosidasi (Megazyme int. Ireland Ltd., Wicklow, Irlanda). Il contenuto di fibra digeribile (FD) è stato calcolato come differenza tra TDF e l’ADF. La concentrazione degli acidi grassi volatili nel contenuto ciecale è stata misurata mediante gascromatografia (Osl, 1988). A 76 giorni, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate secondo i protocolli scientifici internazionali (Blasco e coll., 1993). Sono stati misurati pH (Xiccato e coll., 1994) e colore (CIE, 1976) dei muscoli longissimus lumborum e biceps femoris. I dati sono stati analizzati con ANOVA utilizzando la procedura GLM (SAS Inst. Inc., Cary, NC), e considerando gli effetti del rapporto FD/ADF e delle fonti proteiche. L’effetto del sesso è stato incluso per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, qualità delle carcasse e della carne. La mortalità, la morbilità e il rischio sanitario sono stati analizzati con la procedura CATMOD del SAS. La digeribilità delle diete è significativamente aumentata con il rapporto FD/ADF, a causa della maggiore inclusione delle polpe di bietola a scapito dell’erba medica. Il valore nutritivo delle diete è aumentato non solo per la maggiore presenza di FD, ma anche per la maggiore digeribilità (9-10 punti) di tutte le frazioni fibrose: la digeribilità dell’ADF è aumentata dal 14,6 al 25,6%; la digeribilità delle emicellulose dal 40,3 al 49,1%; la digeribilità delle pectine dall’85,0 al 93,8% (P<0,01). Questo incremento può essere associato con il minor grado di lignificazione e complessità delle pareti cellulari e con la maggior suscettibilità dei carboidrati strutturali alle azioni enzimatiche sia animali sia batteriche. Le fonti proteiche hanno invece avuto un effetto più limitato sulla digeribilità degli alimenti. Nelle diete contenenti solo girasole, la digeribilità della proteina grezza è risultata tendenzialmente (P=0,06) inferiore a quelle delle diete a base di soia. La digeribilità dell’estratto etereo e delle emicellulose è stata maggiore (P<0,001) nelle diete a base di girasole rispetto a quelle a base di soia, mentre ADF e pectine sono risultati meno digeribili. Il valore nutritivo delle diete è stato moderato, e migliorato dall’aumento del rapporto FD/ADF, indipendentemente dalla fonte proteica, e in linea con le attuali raccomandazioni per l'alimentazione del coniglio in post-svezzamento. I problemi sanitari sono stati limitati e non influenzati dal trattamento alimentare. Le caratteristiche della mucosa intestinale e le attività fermentative ciecali non sono state influenzate dal trattamento, mentre il pH del contenuto ciecale è diminuito significativamente all’aumentare del rapporto FD/ADF (P=0,04). L’accrescimento giornaliero, il peso vivo dei conigli e, di conseguenza, i risultati di macellazione non sono variati con il trattamento alimentare, mentre, soprattutto nel primo periodo (34-55 d di età), il consumo di alimento è diminuito e la conversione alimentare migliorata linearmente all’aumentare del rapporto FD/ADF e del valore nutritivo delle diete. Né le prestazioni né i risultati di macellazione sono stati modificati dalla fonte proteica utilizzata per la formulazione delle diete. Contributo sperimentale n. 2 Rapporto fibra digeribile/amido e livello proteico nell’alimentazione di conigli in accrescimento. A 32 giorni di età, 246 conigli ibridi (837±48 g) di entrambi i sessi sono stati divisi in sei gruppi sperimentali da 36 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete formulate con un livello di ADF costante (18%), ma differenti per livello di proteina (15 vs. 17%) e rapporto FD/amido (0,8, 1,5 e 2,8) secondo un disegno sperimentale bi-fattoriale. La prova di digeribilità in vivo (su 60 animali da 52 a 56 d di età), il campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale (su 36 conigli a 55 d), l’analisi istologica della mucosa intestinale e le analisi chimiche delle diete sperimentali, delle feci e dei contenuti cecali, nonché la macellazione, la dissezione delle carcasse e le analisi di qualità della carne sono stati effettuati secondo le metodologie riportate per il primo contributo sperimentale. I dati sono stati analizzati statisticamente come riportato per il primo contributo e considerando gli effetti del rapporto FD/amido e del livello di proteina. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, qualità della carcassa e della carne. L’aumento del livello di proteina alimentare ha significativamente migliorato la digeribilità della sostanza secca (circa 1 punto) e dei diversi principi nutritivi. Il contenuto di energia digeribile è variato poco e il rapporto proteina digeribile (PD)/ED è risultato maggiore nelle diete al 16% PG rispetto a quelle al 15% PG. L’aumento del rapporto FD/amido ha migliorato la digeribilità apparente dell’amido (anche se in maniera limitata in valore assoluto) e, in maniera considerevole, la digeribilità della fibra e delle frazioni fibrose, mentre non ha modificato la digeribilità della sostanza secca e dell’energia lorda. Il valore nutritivo e il contenuto di ED delle diete non sono cambiati con il rapporto FD/amido, poiché l'energia fornita dalla FD è stata simile a quella fornita dall’amido. Questo risultato può essere ascritto soprattutto alla completa digeribilità delle pectine (100%) e, in misura minore, al generale aumento della digeribilità di tutte le frazioni fibrose, anche quelle meno digeribili (per esempio, ADF). Durante la prova, sebbene mortalità e morbilità siano risultate basse, si è rilevato un effetto significativo del trattamento alimentare: mortalità e rischio sanitario sono risultati tendenzialmente (P=0,10-0,11) superiori nei conigli alimentati con le diete a maggiore tenore proteico. La somministrazione di diete a basso rapporto FD/amido ha aumentato la mortalità (10 vs. 1,4 e 1,4%, P=0,04), ma anche diminuito il numero dei conigli malati che sono arrivati alla fine della prova, seppure non significativamente, di modo che il rischio sanitario associato alla dieta non è stato differente tra i trattamenti. Per i conigli alimentati con la dieta a più basso rapporto FD/amido e maggiore livello proteico, sono state misurate maggiore mortalità (17,1 vs. 1,5%) e rischio sanitario (20,0 vs. 8,1%) rispetto ai conigli alimentati con le altre diete. Il livello proteico delle diete non ha modificato l'attività fermentativa ciecale, mentre la profondità delle cripte (P=0,02) e il rapporto villi/cripte (P=0,11) sono risultati inferiori nei conigli alimentati con le diete a minore tenore proteico. L’aumento del rapporto FD/amido non ha modificato le caratteristiche della mucosa intestinale, mentre ha aumentato la quantità totale di acidi grassi volatili, anche se in modo non significativo, e l’incidenza dell’acido acetico (P=0,02), mentre ha ridotto la percentuale di acido valerianico (P<0,01). Le prestazioni produttive sono state soddisfacenti per l’età di macellazione ed il tipo genetico usato, e non influenzate dai trattamenti sperimentali, che hanno prodotto variazioni minori delle caratteristiche della carcassa e della qualità della carne. Contributo sperimentale n. 3 Riduzione dal contenuto di proteina e aumento del rapporto fibra digeribile/amido in diete per conigli in accrescimento. A 29 giorni di età, 282 conigli ibridi (596±58 g) di entrambi i sessi sono stati assegnati a sei gruppi da 47 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete al 18% di ADF e formulate secondo un disegno bifattoriale con tre livelli di proteina grezza (15,0%, 15,5% e 17,0%) e due diversi rapporti FD/amido (1,1 vs. 2.0). Sono state realizzate due prove di digeribilità in vivo da 35 a 39 d e da 56 a 60 d di età. Le prove digeribilità, il campionamento dei contenuto ciecali e delle mucose intestinali su 36 conigli a 38 d, l’analisi dei tessuti, le analisi chimiche di diete sperimentali, feci e contenuto ciecale sono stati effettuati secondo le metodologie precedentemente descritte. A 78 giorni di età, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate. Il bilancio azotato è stato calcolato sui dati individuali stimando il contenuto di N del corpo a diverse età (Szendro e coll., 1998). I risultati sono stati analizzati statisticamente considerando gli effetti di livello di proteina, rapporto FD/ amido e loro interazione. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, caratteristiche della carcassa e della carne. I coefficienti di digeribilità delle diete nelle due prove di digeribilità sono stati analizzati con un modello che considerava l’effetto di età, livello di proteina, rapporto FD/ amido e relative interazioni. L’incremento del livello proteico della dieta ha aumentato significativamente la digeribilità dei principi nutrienti, ad eccezione di estratto etereo e amido, e quindi il valore nutritivo delle diete. La sostituzione parziale di farina di erba medica con farine di soia e girasole e l'aumento del livello di inclusione di orzo e polpe secche di bietola hanno consentito un livello costante di fibra digeribile e ridotto il livello delle frazioni fibrose meno digeribili, riducendo così il transito di alimento e aumentando l’efficienza di utilizzazione digestiva. La digeribilità dell’energia lorda e della sostanza secca non è cambiata con l’età degli animali. L’utilizzazione digestiva della proteina è significativamente diminuita (da 79,2 a 75,7%, P<0,001), mentre è aumentata la digeribilità di amido (da 96,4 a 97,9%, P<0,001), fibra grezza (da 16,7 a 22,2%, P<0,001) e frazioni fibrose (TDF, NDF, ADF, emicellulose) ad eccezione di FD. La riduzione del livello proteico delle diete somministrate nel primo periodo (29-50 d) sotto il 15,5% ha significativamente (P<0.001) diminuito accrescimento giornaliero (da 53,1 e 55,1 g/d nelle diete con il 15,5% e il 17% PG a 49,3 g/d nelle diete al 14% PG) e peso vivo a 50 d di età (1712 e 1755 vs. 1631 g), senza modificare il consumo alimentare. Nel secondo periodo (50-78 d), le prestazioni produttive non sono state influenzate dal livello proteico della dieta. In tutto il periodo, i conigli alimentati con diete a basso contenuto di proteina sono cresciuti meno rispetto a quelli alimentati con diete a maggiore contenuto proteico, mentre apporti intermedi di PG (15,5%) non hanno prodotto risultati significativamente diversi dagli altri gruppi. La conversione alimentare è variata in base al ritmo di accrescimento ed è migliorata significativamente nel post-svezzamento e nell’intero periodo di prova con i maggiori apporti proteici. Un aumento del contenuto proteico delle diete, inoltre, pur stimolando la ritenzione di azoto, ha aumentato l’escrezione di N da 80,4 a 95,0 e 115,0 g, corrispondenti a 1,64, 1,94 e 2,35 g di N escreto al giorno. Riportando i risultati alla dieta a maggiore contenuto proteico (100), l'escrezione di N è stata diminuita del 17 e del 30% passando dal 17 al 15,5 e 14,0% di PG, mentre la ritenzione di N è diminuita solo del 3 e del 6%, rispettivamente. L'escrezione di N è stata maggiormente ridotta nel secondo piuttosto che nel primo periodo di crescita. L’aumento del rapporto FD/amido, ha significativamente migliorato l’accrescimento medio giornaliero durante il post-svezzamento, diminuito il consumo di alimento e, di conseguenza, migliorato la conversione alimentare. Da 50 giorni di età fino alla macellazione, l’accrescimento è stato simile in tutti gruppi sperimentali, mentre gli effetti sul consumo alimentare e l’indice di conversione sono rimasti evidenti e significativi. Pertanto, un maggiore rapporto FD/amido ha aumentato il peso vivo a 50 giorni di età, anche se le differenze non sono risultate più significative alla fine del ciclo produttivo, riducendo l'assunzione di alimento e la conversione (P <0.001) nel periodo di prova. Inoltre, è stata ridotta l'escrezione di N del 5,5%, ma senza effetti sulla ritenzione a livello corporeo. Lo stato sanitario è stato soddisfacente in tutti i gruppi e non influenzata dai trattamenti alimentari. L’aumento del livello proteico dal 14 al 17,0% ha aumentato la produzione di acidi grassi volatili e ridotto il valore di pH ciecale, mentre non è cambiata la concentrazione di ammoniaca. Le maggiori inclusioni di orzo e polpe secche di bietola, a parità di FD, in diete con alto tenore proteico potrebbero spiegare l’intensa attività fermentativa ciecale. Aumentando il rapporto FD/amido, il transito intestinale è stato rallentato e il peso dell’apparato digerente è risultato aumentato, soprattutto per il maggiore riempimento del cieco. L’attività fermentativa ciecale è stata stimolata come evidenziato dalla maggiore produzione totale di acidi grassi volatili (da 64,0 a 78,4 mmol/l, P<0,001), accompagnata da riduzione di pH (5,87-5,71) e di produzione di ammoniaca (da 4,7 a 2,3 mmol/l, P<0,001). La morfometria della mucosa del digiuno non è stata influenzata dal contenuto in proteina o dal livello di fibra digeribile della dieta. L’effetto del livello proteico della dieta sul peso vivo e sul peso di macellazione spiega le variazioni osservate nelle altre variabili correlate con il peso degli animali: l’aumento del contenuto proteico nella dieta ha aumentato il peso della carcassa in modo significativo e tendenzialmente (P=0,09) migliorato la resa di macellazione. Altre caratteristiche della carcassa e della carne non sono state influenzate dal trattamento. Così come per le prestazioni produttive, il rapporto FD/amido ha influenzato poco i risultati di macellazione e le caratteristiche della carcassa, con piccole variazioni (P<0,10) del grasso separabile e del rapporto muscolo/ossa misurato sull’arto posteriore. Contributo sperimentale n. 4 Livelli di amido e pectine in diete per conigli in accrescimento: effetti su stato di salute, fisiologia digestiva, prestazioni produttive e qualità della carcassa e della carne. A 34 giorni di età, 240 conigli ibridi (827±26 g) di entrambi i sessi sono stati assegnati a sei gruppi sperimentali di 40 unità ciascuno e alimentati ad libitum con sei diete formulate secondo un disegno bifattoriale, con tre livelli di amido (5, 10 e 15%) e due livelli di pectine (5 e 10%). La prova di digeribilità in vivo da 52 a 56 d di età, il campionamento dei contenuti ciecali e della mucosa intestinale a 51 d, le analisi morfometriche della mucosa intestinale e le analisi chimiche di diete sperimentali, feci e contenuti ciecali sono state effettuate secondo le metodologie precedentemente descritte. A 75 d, i conigli sono stati macellati e le carcasse sezionate. I dati sono stati analizzati considerando l’effetto di livello di amido, livello di pectine e loro interazione. L’effetto del sesso è stato incluso nel modello per analizzare la variabilità di dati di accrescimento, risultati di macellazione, caratteristiche della carcassa e qualità della carne. L’aumento del contenuto di amido alimentare ha migliorato la digeribilità della sostanza secca (dal 54,7% al 62,9%) e dei diversi principi nutritivi. L'inclusione di una maggiore quantità di polpe di bietola, superiore al 30%, in sostituzione della farina di erba medica nelle diete ricche di pectine, spiega la maggiore digeribilità della fibra grezza (dall’8,1 al 26,4%) e delle frazioni fibrose. Le diete caratterizzate da valori estremi del rapporto pectine/amido (0,5 vs. 2,0) hanno mostrato digeribilità e valore nutritivo (ED: 9,5 MJ/kg) molto simili: a parità di erba medica, la sostituzione di farina d'orzo con polpe secche di bietola ha permesso di mantenere elevata la digeribilità delle diete. L’amido dell’orzo è stato sostituito dalla fibra (pectine in particolare) delle polpe di bietola. La digeribilità delle frazioni fibrose è stata cambiata dal livello di pectine: nelle diete con il 5% di pectine, la digeribilità della fibra grezza non è cambiata (da 7,2% a 9,6%, P>0,05), a differenza di quanto misurato per le frazioni fibrose; nelle diete con il 10% pectine, la digeribilità è significativamente aumentata per fibra grezza (da 23,5 a 30,3%), NDF (da 34,3 a 45,1%), ADF (da 25,7 a 32,1%) e emicellulose (da 45,4 a 60,8%). L’aumento dell’apporto di amido ha determinato un significativo incremento di peso finale a 75 d e accrescimento giornaliero e ha ridotto il consumo di alimento con relativo miglioramento della conversione alimentare (da 3,52 a 3,31 e 3,13, P<0,001) nell’intero periodo. Durante il post-svezzamento l’accrescimento giornaliero è stato aumentato (P<0,001), mentre il consumo di alimento ha mostrato una tendenziale riduzione con la somministrazione di diete ricche di amido (P=0,06); nel secondo periodo, l’accrescimento giornaliero è stato simile fra i gruppi, mentre è rimasta evidente la riduzione del consumo di alimento (da 172 a 159 g/d, P <0,001). Un maggiore livello di pectine ha stimolato l'accrescimento degli animali (soprattutto in fase di post-svezzamento), ridotto il consumo e la conversione alimentare (3,59 vs. 3,05, P<0,001). Il peso vivo finale è risultato maggiore negli animali alimentati con diete contenenti il 10% pectine rispetto a quelli alimentati con diete al 5% di pectine, sia a 55 giorni di età che alla fine ciclo produttivo. Lo stato di salute è stato buono per tutti i conigli, con soli due animali morti nell’intero periodo sperimentale, e le fermentazioni ciecali sono state poco modificate dal trattamento alimentare: la produzione di N-ammoniacale a livello ciecale è stata maggiore negli animali alimentati con diete a basso contenuto di amido, probabilmente a causa della maggiore assunzione di proteine (PD/ED: 12,9, 12,2 e 11,6 g/MJ, rispettivamente, per le diete con 5, 10, e 15% di amido). La produzione totale di acidi grassi volatili non è cambiata con l’aumento dell’amido alimentare, mentre si è riscontrato un inatteso aumento dell’incidenza di acido acetico (P=0,12) e una riduzione dell’acido propionico (P<0,01). Le caratteristiche chimiche delle diete possono spiegare i risultati ottenuti: 1) anche il più alto livello di amido utilizzato (circa il 16%, valore medio delle diete L1 e H1) era compatibile con la capacità digestiva dell'animale all'età considerata (51 d), e non ha comportato un apporto consistente di amido non digerito al cieco; 2) inoltre, le diete avevano un tenore di FD simile (24,7, 23,6 e 23,8% per le diete con 5, 10 e 15% di amido), in grado di garantire un’attività fermentativa comparabile e orientata più alla produzione di acetato che di propionato e butirrato. L'aumento del livello di pectine ha ridotto il valore di pH ciecale (P=0,02), ma ha avuto un debole effetto sull’incidenza di propionato e butirrato. Soltanto la produzione totale di acidi grassi volatili ha mostrato un tendenziale aumento (73,8 vs. 82,8 mmol/l, P=0,10) e quella di valerato è aumentata (0,43 vs. 0,35%, P<0,01) con la somministrazione di diete al 10% di pectine. L’analisi morfometrica di ileo e digiuno non ha evidenziato significative differenze nello sviluppo dei villi e delle cripte, sebbene l’altezza dei villi sia del digiuno che del cieco abbiano evidenziato una tendenziale riduzione (P=0,09 e 0,11) nei conigli alimentati con diete contenenti livelli di amido (circa il 10%) raccomandati per il post-svezzamento, rispetto ai conigli alimentati con diete contenenti livelli inferiori (5%) o superiori (15%). L’effetto del livello di amido sui risultati di macellazione è dipeso principalmente dalle differenze nel peso vivo degli animali. I conigli più pesanti, che avevano ricevuto le diete a maggiore contenuto di amido, hanno mostrato maggiori pesi alla macellazione, pesi delle carcasse e rese di macellazione, minori perdite di trasporto e maggiore incidenza del grasso sperabile (P<0,01). L’aumento della concentrazione di pectine della dieta ha avuto un effetto debole ed il maggiore peso di macellazione (2628 vs. 2687 g, P<0,05) nei conigli alimentati con le diete al 10% di pectine non è stato associato ad una maggiore resa di macellazione. L’incidenza dell’apparato digerente è stata significativamente maggiore nei conigli alimentati con diete al 10% piuttosto che al 5% di pectine (18,5 vs. 19,0%, P<0,05). Il trattamento alimentare non ha prodotto variazioni significative della qualità della carne, in termini di pH o colore misurati sui muscoli longissimus lumborum e biceps femoris 24 ore dalla macellazione. Discussione In tutti i contributi sperimentali, quando l'aumento del rapporto FD/ADF a parità di amido è stato ottenuto sostituendo la farina di erba medica con le polpe di bietola, la digeribilità di sostanza secca, energia lorda, fibra grezza e frazioni fibrose è aumentata significativamente. La digeribilità fecale apparente delle frazioni fibrose più solubili e digeribili (come quelle contenute nelle polpe) può, in effetti, raggiungere il 60-70%, mentre quella delle frazioni insolubili, principale costituente della fibra dell’erba medica, varia dal 15 al 30% (Carabaño e coll., 2001; García e coll., 2009). Senza dubbio, la digeribilità e il valore nutritivo delle diete sono aumentati con il rapporto DF/ADF, non solo per la maggiore presenza fibra digeribile, ma anche per la maggior digeribilità (9-10 punti) di tutte le frazioni fibrose. Diversamente, quando la FD ha sostituito l’amido (crescente rapporto FD/amido da 0,8 fino a 2,8) e con limitate differenze a livello di ADF (rapporto FD/ADF da 0,9 a 1,2) (Contributi sperimentali n. 1 e 2), la digeribilità di sostanza secca e energia lorda e, di conseguenza, il valore nutritivo delle diete non sono cambiati, poiché l'energia fornita dalla FD è stata simile a quella offerta dall’amido, come osservato anche da altri autori (De Blas e Carabaño, 1996; Gidenne e Bellier, 2000). Tuttavia, nei Contributi sperimentali n. 3 e 4, il valore nutritivo delle diete è cresciuto all'aumentare del rapporto FD/amido da 1,1-1,7 a 1,9-4,2. L'aumento contemporaneo del rapporto FD/ADF (da 0,9-1,0 a 1,4-1,5) e il livello molto basso di inclusione di polpe nelle diete con il più basso rapporto FD/amido (anche 0% nel Contributo sperimentale n. 3 rispetto ad un massimo del 33-34%) potrebbero spiegare questo risultato. Nel Contributo sperimentale n. 4, le diete caratterizzate da valori estremi del rapporto pectine/amido (5% pectine, 15% amido=0,5% e 10% pectine, 5% amido=2), hanno mostrato digeribilità e valori nutritivi molto simili: con lo stesso livello di inclusione di farina di erba medica, la sostituzione di orzo con polpe di bietola ha mantenuto la digeribilità a livelli elevati. La dieta con il più alto contenuto di FD e amido ha evidenziato il più alto valore nutritivo. Confrontando diverse fonti proteiche, per le diete contenenti solo girasole è stata misurata una minore digeribilità della proteina grezza (Contributo sperimentale n. 1), coerentemente con la minore digeribilità della proteina della farina di girasole rispetto alla farina di soia (Maertens e coll., 2002). Tuttavia, la fonte proteica non ha modificato le fermentazioni ciecali, lo stato di salute, le prestazioni o i risultati di macellazione. L'aumento nella dieta della concentrazione di PG (dal 15 al 16% nel Contributo sperimentale n. 2 e dal 14 al 17% nel Contributo sperimentale n. 3), in generale, ha determinato una maggiore digeribilità delle proteine e dei principi nutritivi a causa della parziale sostituzione della proteina dell’erba medica con quelle delle farine di soia e girasole. Le conseguenze dei trattamenti alimentari sulle prestazioni produttive sono una diretta conseguenza del valore nutritivo delle diete. L’aumento del rapporto FD/ADF e, quindi, del valore nutritivo delle diete ha ridotto il consumo di alimento, per la regolazione chemiostatica dell’appetito (Gidenne e Lebas, 2005; Xiccato e Trocino, 2010b), e migliorato linearmente la conversione alimentare, pur senza differenze nel peso vivo finale e nell’accrescimento giornaliero (Contributo sperimentale n. 1). Il miglioramento della conversione alimentare all’aumentare del contenuto di FD può essere messo in relazione con il più lento transito intestinale e l’aumento della digeribilità e del valore nutritivo delle diete che è stato osservato anche in altri studi (Xiccato e coll., 2006a, 2008; Carraro e coll., 2007; Fragkiadakis e coll., 2007). Nel Contributo sperimentale n. 2, l’aumento del rapporto FD/amido non ha avuto alcun effetto apprezzabile sulle prestazioni produttive. Anche García e coll. (1993) avevano osservato che diete contenenti polpe di bietola non modificavano le prestazioni di accrescimento quanto utilizzate in sostituzione di materie prime apportatrici di amido, a causa del loro simile valore nutritivo. Nel Contributo sperimentale n. 3, durante il post-svezzamento, l’accrescimento giornaliero è stato stimolato e il consumo di alimento ridotto. Di conseguenza, la conversione alimentare è migliorata all’aumentare del rapporto FD/amido. Nelle ultime settimane prima della macellazione, le prestazioni di crescita sono risultate simili fra i diversi gruppi. Nel Contributo sperimentale n. 4, l’aumento delle pectine nelle diete dal 5 al 10% (con un rapporto FD/amido da 2,4 a 3,1) ha stimolato significativamente l’accrescimento giornaliero (soprattutto nel post-svezzamento), aumentato il peso vivo finale, ridotto il consumo e migliorato la conversione alimentare. L’aumento del rapporto FD/amido ha anche diminuito l’escrezione azotata, senza modificare la ritenzione, soprattutto nel primo periodo piuttosto che nel secondo (Contributo sperimentale n. 3). La riduzione dell’apporto proteico con la dieta al di sotto del 15% ha peggiorato l’accrescimento e il peso degli animali nel post-svezzamento (prime tre settimane dopo lo svezzamento) (Contributi sperimentali n. 2 e 3). Questi risultati confermano precedenti osservazioni relative ad un contenuto proteico nelle diete commerciali per lo svezzamento e l’accrescimento superiore rispetto ai reali fabbisogni degli animali (Maertens e coll., 1997; Trocino e coll., 2000, 2001; García-Palomares e coll., 2006a, 2006b; Eiben e coll., 2008). In conigli macellati a 63 giorni di età e 2,35 kg di peso vivo, condizioni tipiche del mercato spagnolo, la riduzione del livello proteico delle diete dal 16 al 14% non ha influenzato le prestazioni produttive (García-Palomares e coll., 2006b). In conigli macellati dopo (75-90 d) e a pesi maggiori (2,5-3,0 kg), la riduzione del livello proteico dal primo al secondo periodo ha permesso di soddisfare meglio i fabbisogni proteici nella prima fase di accrescimento e di ridurre l’escrezione azotata durante la seconda fase. In effetti, in questo ultimo periodo prima della macellazione, il consumo di alimento è maggiore e il livello proteico delle diete può essere diminuito senza conseguenze negative sulle prestazioni o sulla qualità della carcassa e della carne (Maertens e coll., 1997; Maertens e Luzi, 1998; Trocino e coll., 2000, 2001). L’equilibrio delle fermentazioni ciecali è considerato un indicatore del possibile effetto dei fattori nutrizionali sulla salute dell’apparato digerente nel coniglio. Nel Contributo sperimentale n. 1, l’aumento del rapporto FD/ADF nell’intervallo considerato (da 1,0 a 1,2) non ha modificato la produzione totale di acidi grassi volatili, sebbene sia significativamente diminuito il pH del contenuto ciecale. Questa variazione, sebbene non associata ad alcun aumento degli acidi grassi volatili totali come osservato anche da Carabaño e coll. (1997), può essere considerato favorevolmente per il mantenimento di un equilibrio della popolazione ciecale e delle fermentazioni. L’aumento del contenuto di FD e la riduzione dell’amido possono rallentare il transito intestinale e aumentare l’incidenza dell’apparato digerente, soprattutto per il maggiore riempimento del cieco. Di conseguenza, le fermentazioni sono state stimolate, la produzione totale di AGV è stata aumentata così come l’incidenza di acido acetico, mentre la percentuale di acido valerianico, di solito associata con l’attività dei batteri amilolitici, è risultata ridotta; anche il pH del contenuto ciecale e la concentrazione di ammoniaca sono risultate diminuite (Contributi sperimentali n. 2 e 3). L’aumento della concentrazione di pectine (Contributo sperimentale n. 4) è risultato in una riduzione del pH ciecale, un tendenziale aumento della produzione totale di AGV e una riduzione della percentuale di acido valerianico. Studi realizzati in precedenza avevano mostrato un favorevole e significativo aumento dell’attività fermentativa ciecale all’aumentare del contenuto di fibra digeribile e/o solubile (García coll., 2000; Falcao-e-Cunha coll., 2004). I bassi livelli di azoto ammoniacale riscontrati a livello ciecale in tutti i contributi sperimentali e la tendenza ad una riduzione con l’aumento del rapporto FD/amido dimostrano che la FD rappresenta un apporto di carboidrati capaci di favorire la fermentazione e la fissazione dell’ammoniaca nella proteina batterica. Un solo punto percentuale di differenza nel contenuto proteico delle diete (dal 15 al 16%) non è stato sufficiente per modificare in maniera significativa l’attività fermentativa ciecale (Contributo sperimentale n. 2), mentre quando la proteina grezza è stata aumentata dal 14 al 17%, le fermentazioni ciecali sono state stimolate (Contributo sperimentale n. 3). La maggiore inclusione di orzo e polpe di bietola, a livelli costanti di FD, può spiegare anche la più intensa attività fermentativa ciecale negli animali alimentati con le diete a più alto contenuto di proteina. In tutte le attività sperimentali della presente tesi, è stato dato rilievo e dedicata una quota importante di lavoro alla valutazione delle condizioni della mucosa intestinale come strumento per valutare lo stato di salute dei conigli e/o la loro suscettibilità alle malattie e ai disturbi digestivi. Ricerche precedenti avevano indicato un possibile effetto positivo dell’aumento del contenuto di frazioni fibrose solubili, piuttosto che della riduzione del contenuto di NDF, sull’integrità della mucosa intestinale, con una riduzione della mortalità ed un miglioramento delle prestazioni dei giovani conigli (Gutiérrez e coll., 2002; Feugier e coll., 2006; Álvarez e coll., 2007; Gómez-Conde e coll., 2007). Nella presente tesi, tuttavia, né l’aumento del rapporto FD/ADF (Contributo sperimentale n. 1) o FD/amido (Contributi sperimentali n. 2, 3 e 4) o la concentrazione di pectine (Contributo sperimentale n. 4) hanno modificato in maniera apprezzabile la struttura della mucosa intestinale a livello di ileo o digiuno. Solo nel Contributo sperimentale n. 4, l’altezza dei villi a livello sia di ileo sia di digiuno è risultata tendenzialmente minore (P=0,09 e 0,11) nei conigli alimentati con le diete al 10% di amido, livello raccomandato per il periodo post-svezzamento, piuttosto che in quelli che avevano ricevuto le diete a minore (5%) o maggiore (15%) contenuto. La riduzione nella profondità delle cripte trovata all’aumentare del livello proteico delle diete (Contributo sperimentale n. 2) potrebbe essere associata a una minore capacità della mucosa di riparare i danni a livello dei villi e, quindi, indirettamente, potrebbe spiegare la maggiore suscettibilità ai disturbi digestivi nei conigli alimentati con le diete ad elevato contenuto proteico. Altre ricerche realizzate in precedenza hanno evidenziato un effetto minimo o nullo della fonte di proteina, a parità di apporto proteico, anche se era stata osservata una significativa riduzione della mortalità da enteropatia epizootica all’aumentare della digeribilità ileale della proteina (Gutiérrez e coll., 2002, 2003; Chamorro e coll., 2007). Un effetto positivo sull’integrità della mucosa è stato riportato in conigli svezzati precocemente e alimentati con diete contenenti plasma animale piuttosto che soia (Gutiérrez e coll., 2000), mentre gli effetti negativi di fattori anti-nutrizionali presenti nelle leguminose sono solo stati ipotizzati (Gutiérrez e coll., 2003; Cano e coll., 2004). L’uniformità osservata per equilibrio delle fermentazioni ciecali e struttura della mucosa intestinale è stata accompagnata da uno stato di salute relativamente buono in tutte le sperimentazioni realizzate. In effetti, questa situazione così favorevole non ha permesso di verificare correttamente l’effetto dei trattamenti alimentari sulle condizioni di salute dei conigli e la possibilità di ridurre e controllare la diffusione e l’importanza dei disturbi digestivi, o meglio dell’enteropatia epizootica. Né l’aumento del rapporto FD/ADF (Contributo sperimentale n. 1) o il rapporto FD/amido o il livello di pectine (Contributi sperimentali n. 3 e 4) hanno modificato significativamente lo stato di salute degli animali. Solo nell’ambito del Contributo sperimentale n. 2, anche se mortalità e morbilità sono state piuttosto basse, è stato misurato un effetto significativo del trattamento alimentare: il più basso rapporto FD/amido ha aumentato la mortalità, ma allo stesso tempo ha ridotto il numero di animali malati che hanno comunque raggiunto la fine della prova rispetto agli altri trattamenti sperimentali. La mortalità e il rischio sanitario più alti sono stati associati alla dieta con il minore rapporto FD/amido e il maggiore contenuto proteico (Contributo sperimentale n. 2). In passato, era stato evidenziato un effetto positivo sullo stato di salute, con una riduzione della mortalità da ERE e dei disturbi digestivi, all’aumentare del rapporto FD/amido (Gómez-Conde e coll., 2004; 2007; Xiccato e coll., 2006a; Carraro, 2006) o quando amido e proteina erano state sostituite da fibra digeribile in diete con lo stesso livello di ADF (Perez e coll., 2000; Soler e coll., 2004). Un eccesso proteico potrebbe peggiorare la salute degli animali, alterando l’equilibrio ciecale e favorendo l’utilizzazione della proteina a scopo energetico, aumentando la concentrazione di N ammoniacale e il valore di pH, e favorendo così lo sviluppo di popolazioni batteriche patogene (Lebas e coll., 1998). In effetti, la mortalità da ERE è stata significativamente ridotta (Gutiérrez e coll., 2002, 2003; Chamorro e coll., 2007) dalla riduzione del livello di proteina alimentare e dall’aumento della digeribilità ileale della proteina o dall’aumento del livello di fibra digeribile (Xiccato e coll., 2006a; Gómez-Conde e coll., 2007). Nei quattro contributi sperimentali, il trattamento alimentare ha avuto un effetto molto debole sui risultati di macellazione e le caratteristiche delle carcasse o la qualità della carne, confermando il ruolo minore della nutrizione sulla qualità della carcassa e della carne in animali alimentati ad libitum con diete bilanciate e che raggiungono pesi vivi finali simili (Xiccato, 1999; Hernández e Gondret, 2006; Hernández, 2008; Xiccato e Trocino, 2010b). Alcune differenze sono state misurate quando il livello proteico della dieta ha modificato le prestazioni e il peso vivo finale degli animali, e quindi con la più bassa concentrazione proteica (14-15%) (Contributi sperimentali n. 2 e 3), confermando i risultati di Maertens e coll. (1997) che avevano riportato un peggioramento dei risultati di macellazione con diete contenenti il 13% di proteina grezza. Solo la somministrazione di diete con diversi livelli di grasso, da fonti alimentari diverse, avrebbe potuto modificare in maniera apprezzabile le caratteristiche della carcassa e della carne (Hernández, 2008). Conclusioni Le conclusioni che si possono trarre dai risultati e dalla discussione di cui sopra sono fatte partendo dall’intento generale della tesi, vale a dire la definizione dei fabbisogni nutrizionali dei conigli nelle fasi di post-svezzamento e ingrasso con riguardo alle frazioni fibrose, al contenuto di amido e il suo rapporto con la fibra, e il contenuto di proteina con diversi obiettivi specifici: 1) mantenere l’equilibrio delle fermentazioni a livello ciecale. Le variazioni dei più importanti principi nutritivi (fibra digeribile, ADF, amido e proteina) negli intervalli di concentrazione testati possono modificare la condizione intestinale e l’equilibrio ciecale nel coniglio: l’aumento del contenuto di FD in sostituzione dell’amido o l’aumento del livello proteico in diete con un buon contenuto di fibra digeribile stimolano la fermentazione ciecale, limitano la produzione di azoto ammoniacale e mantengono il pH ciecale a valori utili per lo sviluppo e l’attività della normale popolazione batterica ciecale. Né il livello di FD, di amido o di ADF, tuttavia, possono modificare la morfologia e l’integrità della mucosa intestinale. 2) ridurre la frequenza e la gravità delle patologie digestive. Nonostante le ampie variazioni di composizione chimica delle diete sperimentali, non sono stati osservati effetti sullo state di salute degli animali e, piuttosto, i livelli di amido, pectine e proteine utilizzati sono sempre stati associati ad uno stato di salute ottimale. Pertanto, non siamo in grado di valutare adeguatamente l’effetto e la possibile influenza dei trattamenti alimentari studiati sullo stato di salute degli animali in un allevamento colpito da ERE o da altri disturbi di tipo digestivo. Tuttavia, c’è una certa evidenza che un basso rapporto FD/amido aumenta la mortalità. Quest’andamento è accentuato quando un basso rapporto FD/amido della dieta (<1) è associato ad un alto contenuto proteico (>16%). Diete con alti rapporti FD/amido (1-1,5) e livelli proteici moderati (circa il 15%) sono raccomandati. In altre parole, l’aumento del livello energetico della dieta mediante l’inclusione di fibra digeribile, piuttosto che di amido, combinato con un basso flusso di proteina indigerita a livello ciecale, potrebbe ridurre il rischio sanitario. 3) migliorare l'efficienza di conversione alimentare e di ritenzione azotata. L’aumento del contenuto di FD in sostituzione delle frazioni meno digeribili o dell’amido (a livelli costanti di ADF) migliora la conversione alimentare, riducendo il consumo di alimento, e permette una buona riduzione dell’escrezione azotata. L’amido e la fibra digeribile possono essere considerati alternativi nell’alimentazione del coniglio e, potenzialmente, additivi: l’associazione di elevati livelli di amido e fibra digeribile potrebbe perfino dare migliori risultati per conversione alimentare e convenienza economica. 4) garantire elevate prestazioni di crescita e ottimali qualità della carcassa e della carne. L’aumento del rapporto FD/ADF migliora il valore nutritivo delle diete e la loro efficienza di utilizzazione per l’accrescimento. L’aumento del rapporto FD/amido non modifica il valore nutritivo delle diete o, nella maggior parte dei casi, le prestazioni produttive e i risultati di macellazione. A volte, l’accrescimento può essere stimolato, soprattutto nelle prime settimane dopo lo svezzamento, quando i conigli stanno ancora sviluppando la loro capacità di utilizzazione digestiva degli alimenti. Per massimizzare le prestazioni produttive, il livello proteico delle diete non dovrebbe scendere sotto il 15,5% nelle prime settimane del ciclo di produzione, poiché il successivo accrescimento compensativo che i conigli mostrano nelle ultime settimane prima della macellazione non permetterebbe il recupero delle differenze di peso. L’apporto proteico deve essere controllato sia nel primo sia nel secondo periodo di crescita, durante il quale i fabbisogni proteici sono minori, allo scopo di aumentare l’efficienza di utilizzazione e ridurre l’escrezione dell’azoto. Variazioni nell’apporto di FD, amido o proteina inducono differenze nei risultati di macellazione solo quando sono a livelli tali da modificare il peso di macellazione e, quindi, tutte le variabili direttamente correlate con il peso vivo. Il trattamento alimentare non è mai in grado di produrre differenze nelle caratteristiche della carne, pH e colore, dei principali muscoli che possano essere apprezzabili a livello commerciale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/174931
URN:NBN:IT:UNIPD-174931