Le diete chetogeniche sono diete in cui l’introito netto di carboidrati, calcolato sottraendo la quantità di fibre dai carboidrati totali, è tra 20 e 50 g/gg (<10% dell’apporto energetico totale) con una proporzione variabile di proteine e grassi (Noakes, Windt 2017). In queste condizioni le riserve di glicogeno sono esaurite (Paoli, Canato et al. 2011), il livello di insulina è basso e il metabolismo energetico dipende prevalentemente dall’ossidazione dei grassi. Le diete chetogeniche portano un aumento significativo dei livelli circolanti dei corpi chetonici β-idrossibutirrato, acetoacetato e acetone (Veldhorst, Westerterp et al. 2010). Mentre sia l’acetoacetato che il β-idrossibutirrato vengono utilizzati come energia, l’acetone è volatile ed è eliminato attraverso l’espirazione, dando all’alito quella nota “fruttata” tipica della chetosi, oppure attraverso i reni (Paoli, Canato et al. 2011). La concentrazione ematica dei corpi chetonici in individui sani che seguono una dieta costituita prevalentemente da carboidrati è 0,1 mmol/L e può salire fino a 0,3 mmol/L dopo il digiuno notturno, ma dopo venti giorni di digiuno il livello di corpi chetonici può salire oltre 10 mmol/L. Una dieta è considerata “chetogenica” quando produce un aumento del livello di β-idrossibutirrato superiore a 0,6 mmol/L (Wiggam, O'Kane et al. 1997) oppure se il rapporto molare tra il glucosio e il β-idrossibutirrato ematici è uguale o minore di 1 (Meidenbauer, Mukherjee et al. 2015). Dato che i chetoni acetoacetato e β-idrossibutirrato sono acidi, lo stato di chetosi implica una condizione di acidosi. Siccome il pH del sangue è 7,4 e la pKa dell’acetoacetato è 3,8 e quella del β-idrossibutirrato è 4,8, questi acidi circolano nel sangue in forma dissociata e sono eliminati insieme agli ioni sodio e potassio (Siliprandi & Tettamanti 2011) . Questa perdita di cationi porta una diminuzione del pH che viene normalmente tamponata dal corpo tranne quando l’assunzione di sodio e potassio è impedita (Phinney 2004) oppure in caso di diabete scompensato, quando c’è una sovrapproduzione di corpi chetonici con livelli superiori a 20 mmol/L e conseguente riduzione del pH. Il biochimico Hans Krebs fu il primo a distinguere la chetosi fisiologica da quella patologica (Krebs 1966). Per i muscoli scheletrici e cardiaco, che utilizzano normalmente i grassi, l’utilizzo dei corpi chetonici a scopo energetico è un vantaggio relativo, mentre per il sistema nervoso centrale, in cui l’accesso degli acidi grassi è impedito dalla barriera ematoencefalica, la disponibilità dei corpi chetonici è un importante surrogato del glucosio, che è il substrato abituale dei neuroni. Durante il digiuno, in dieta chetogenica e nei neonati, il cervello utilizza i corpi chetonici come combustibili principali al posto del glucosio (Laeger, Metges et al. 2010), proporzionalmente al grado di chetosi (Hartman, Gasior et al.). Il β-idrossibutirrato è il principale corpo chetonico circolante e il suo trasporto attraverso la barriera ematoencefalica avviene sia mediante diffusione che attraverso i trasportatori MCT1 e MCT2, dei quali i primi aumentano durante una dieta chetogenica (Newman, Verdin 2014). Quest’azione complementare tra il fegato, che produce i corpi chetonici in assenza di carboidrati, e il sistema nervoso centrale che li può utilizzare, è un evento molto importante che fu determinante per la sopravvivenza della specie umana nei millenni. La mia ricerca si è focalizzata su tre importanti aspetti delle diete chetogeniche - connesse alla perdita di peso - che richiedevano di essere approfonditi: 1. il mantenimento del peso perso dopo una dieta chetogenica: il mantenimento del peso perso a lungo nel tempo è impegnativo e la paura di ritornare velocemente al peso iniziale è comune, tanto che questo fenomeno viene chiamato “effetto yo-yo". A questo proposito, le diete a basso contenuto di carboidrati sono note per portare risultati migliori rispetto alle diete a basso contenuto di grassi in termini di perdita di peso (Shai, Schwarzfuchs et al. 2008c), ma non di “compliance” (adesione al protocollo) (Greenberg, Stampfer et al. 2009). Recentemente, Sumithran e collaboratori hanno dimostrato che l'aumento dei livelli circolanti di grelina e del livello di appetito tipici di una dieta ipocalorica erano minori durante un protocollo chetogenico (Sumithran, Prendergast et al. 2013). Abbiamo quindi ipotizzato che alcuni aspetti della dieta chetogenica come il mantenimento della massa muscolare, del metabolismo energetico basale e la stabilità del principale ormone oressigenico (grelina) combinati con gli effetti benefici della nutrizione tradizionale mediterranea, potessero favorire la perdita di peso a lungo nel tempo. Lo scopo del nostro studio è stato quindi quello di indagare l'effetto sul peso e sulla composizione corporea di due brevi periodi di una dieta chetogenica modificata, cioè una dieta fitochetogenica mediterranea (KEMEPHY) (Paoli, Cenci et al. 2010a, Paoli 2011, Paoli 2012) intervallata da 2 periodi più lunghi di dieta di mantenimento basata sulla dieta mediterranea tradizionale per un periodo totale di 12 mesi. I soggetti reclutati erano obesi o in sovrappeso e lo studio è stato retrospettivo. Abbiamo analizzato 89 soggetti (uomini e donne) di età compresa tra i 25 e i 65 anni che erano in uno stato di buona salute generale benchè fossero obesi (IMC medio 35.82 ± 4.11 kg/m2). I risultati di questo studio hanno dimostrato che la maggioranza dei soggetti ha ottenuto una significativa perdita di peso (10%) a seguito delle due fasi di dieta chetogenica e l’aderenza al protocollo è stata alta sia durante i sei mesi di perdita di peso sia nei successivi sei mesi di mantenimento, senza riacquisto del peso. Inoltre, il protocollo proposto ha portato miglioramenti nella maggior parte dei soggetti dei livelli di parametri importanti per la salute (colesterolo totale, colesterolo LDL, trigliceridi e livelli di glucosio). L’alta “compliance” è stato un fattore determinante per i risultati ottenuti; 2. la formulazione di nuovi prodotti a basso contenuto di carboidrati per sopperire alla mancanza del sapore dolce durante una dieta chetogenica: un aspetto delle diete chetogeniche difficile da tollerare nel lungo tempo, soprattutto per chi ha una spiccata preferenza per i dolci, è la mancanza di questo sapore. In dieta chetogenica è necessario mantenere un basso livello di glicemia (circa 80-90 mg/dL) per evitare i picchi di insulina (Paoli, Canato et al. 2011) e permettere così ai soggetti di migliorare l'ossidazione dei grassi come dimostrato da Paoli et al. (Paoli, Grimaldi et al. 2012) e da Tagliabue et al. (Tagliabue, Bertoli et al. 2012). Oggi la nuova tecnologia alimentare, che è in grado di costruire prodotti ultra-processati con un contenuto di zucchero molto basso e un alto contenuto di proteine e fibre, può aiutare a risolvere questo problema, formulando prodotti di elevata appetibilità in un formato pronto per il consumo, utili sia in chetosi che in diete ipoglucidiche più moderate. Di solito i prodotti ultra-processati mancano di proteine e fibre e producono picchi post-prandiali di glucosio e insulina (OPS WHO 2015) . Questo effetto provoca un forte desiderio di cibo con una preferenza per i carboidrati ad alto indice glicemico (Lennerz, Alsop et al. 2013), fenomeno definito come "carb-craving" (Ventura, Santander et al. 2014). Al fine di analizzare l'effetto di 10 diversi alimenti ultra-processati ad alto contenuto proteico e basso contento di carboidrati sulla glicemia, abbiamo reclutato 14 donne sane e abbiamo testato la loro risposta glicemica attraverso il metodo del punteggio glicemico (“glucose-score”, GS). Tutti gli alimenti testati hanno prodotto, rispetto al glucosio, una risposta glicemica significativamente inferiore e il loro GS è risultato inferiore a 25 (rispetto al valore di riferimento del GS del glucosio che è 100). Abbiamo quindi concluso che la riformulazione di prodotti ultra-processati pronti al consumo in una versione ad alto contenuto proteico e basso contenuto di carboidrati è in grado di produrre una risposta glicemica significativamente più bassa, pur mantenendo l'alto valore del pratico formato pronto per l'uso e l'alta appetibilità richiesta dai consumatori, facilitando quindi l'adesione a una dieta chetogenica di individui che tendono ad avere una forte preferenza per i cibi dolci; 3. l’effetto delle diete chetogeniche sulle funzioni cognitive: il range di variazione della glicemia o dei corpi chetonici nel sangue di soggetti non diabetici è ampia e ciascuno di essi può essere utilizzato come energia dal cervello. I dati sugli effetti della variazione dei livelli di glicemia e chetonemia sulle funzioni cognitive di esseri umani sani dopo diversi tipi di dieta sono scarsi. Lo scopo di questo studio è stato confrontare gli effetti della variazione di glicemia e chetonemia dopo dieci giorni di due differenti diete chetogeniche e di una dieta mediterranea ipocalorica (MD) sulla memoria di lavoro e sulle funzioni esecutive in 63 giovani donne sovrappeso, sedentarie e in buona salute (IMC> 25, età: 20-35) che sono state reclutate nella zona universitaria. I soggetti sono stati divisi in gruppi in base al giorno di inizio della loro fase follicolare per minimizzare gli effetti ormonali sull'umore e le misurazioni basali sono state effettuate cinque giorni prima dell'inizio del protocollo dietetico. I seguenti controlli sono stati fissati al giorno di inizio della dieta (t1), al terzo (t3), al quinto (t5), al settimo (t7) e all'ultimo giorno (t10). Al controllo iniziale è stato misurato il peso dei soggetti ed è stata eseguita un'analisi impedenziometrica. I soggetti hanno poi assunto una colazione ad alto contenuto di carboidrati e hanno completato i test psicologici. Al t1, T3, T5, T7 e t10 sono stati misurati il livello dei corpi chetonici e la glicemia, così come i livelli di appetito. Nel giorno dell'ultimo controllo (T10) i soggetti hanno ripetuto l'analisi impedenziometrica, la misura del peso corporeo e, dopo la colazione (ogni gruppo ha assunto una colazione diversa a seconda della dieta prescritta), hanno completato i test psicologici. I test psicologici consistevano in un test sull'umore, due compiti cognitivi, uno per indagare la memoria di lavoro (“visuo-spatial n back”) e uno per analizzare le funzioni esecutive (“inhibitory control task”) e in una scala VAS per testare il livello di appetito. 45 soggetti hanno completato lo studio. Considerando tutti i partecipanti insieme, i livelli di glucosio pre-dieta correlavano positivamente con il tempo di reazione nel “go-trial” del test delle funzioni esecutive (r(43) = 0,358, p = 0,018), ma questa relazione non è stata trovata nel post-dieta, sia quando i soggetti sono stati analizzati tutti insieme che quando i soggetti sono stati divisi in base al tipo di dieta seguita. Nello stesso test psicologico, nel post-dieta la misura della chetonemia ha mostrato una correlazione negativa con l'accuratezza ai compiti “no-go” (r(29) = -0,455, p = 0,027). Possiamo quindi concludere che giovani soggetti in sovrappeso con livelli di glicemia inferiori al livello di pre-diabete sono stati influenzati negativamente da una colazione ad alto contenuto di carboidrati nel corso di un test di funzioni esecutive. Inoltre, l'effetto di moderati livelli di corpi chetonici (2 ± 1,3 mmol / L) ha nfluenzato negativamente l'accuratezza nelle prove “no-go” del test sulle funzioni esecutive.

Effects of a ketogenic mediterranean diet on physiological and psychological variables

LODI, ALESSANDRA
2017

Abstract

Le diete chetogeniche sono diete in cui l’introito netto di carboidrati, calcolato sottraendo la quantità di fibre dai carboidrati totali, è tra 20 e 50 g/gg (<10% dell’apporto energetico totale) con una proporzione variabile di proteine e grassi (Noakes, Windt 2017). In queste condizioni le riserve di glicogeno sono esaurite (Paoli, Canato et al. 2011), il livello di insulina è basso e il metabolismo energetico dipende prevalentemente dall’ossidazione dei grassi. Le diete chetogeniche portano un aumento significativo dei livelli circolanti dei corpi chetonici β-idrossibutirrato, acetoacetato e acetone (Veldhorst, Westerterp et al. 2010). Mentre sia l’acetoacetato che il β-idrossibutirrato vengono utilizzati come energia, l’acetone è volatile ed è eliminato attraverso l’espirazione, dando all’alito quella nota “fruttata” tipica della chetosi, oppure attraverso i reni (Paoli, Canato et al. 2011). La concentrazione ematica dei corpi chetonici in individui sani che seguono una dieta costituita prevalentemente da carboidrati è 0,1 mmol/L e può salire fino a 0,3 mmol/L dopo il digiuno notturno, ma dopo venti giorni di digiuno il livello di corpi chetonici può salire oltre 10 mmol/L. Una dieta è considerata “chetogenica” quando produce un aumento del livello di β-idrossibutirrato superiore a 0,6 mmol/L (Wiggam, O'Kane et al. 1997) oppure se il rapporto molare tra il glucosio e il β-idrossibutirrato ematici è uguale o minore di 1 (Meidenbauer, Mukherjee et al. 2015). Dato che i chetoni acetoacetato e β-idrossibutirrato sono acidi, lo stato di chetosi implica una condizione di acidosi. Siccome il pH del sangue è 7,4 e la pKa dell’acetoacetato è 3,8 e quella del β-idrossibutirrato è 4,8, questi acidi circolano nel sangue in forma dissociata e sono eliminati insieme agli ioni sodio e potassio (Siliprandi & Tettamanti 2011) . Questa perdita di cationi porta una diminuzione del pH che viene normalmente tamponata dal corpo tranne quando l’assunzione di sodio e potassio è impedita (Phinney 2004) oppure in caso di diabete scompensato, quando c’è una sovrapproduzione di corpi chetonici con livelli superiori a 20 mmol/L e conseguente riduzione del pH. Il biochimico Hans Krebs fu il primo a distinguere la chetosi fisiologica da quella patologica (Krebs 1966). Per i muscoli scheletrici e cardiaco, che utilizzano normalmente i grassi, l’utilizzo dei corpi chetonici a scopo energetico è un vantaggio relativo, mentre per il sistema nervoso centrale, in cui l’accesso degli acidi grassi è impedito dalla barriera ematoencefalica, la disponibilità dei corpi chetonici è un importante surrogato del glucosio, che è il substrato abituale dei neuroni. Durante il digiuno, in dieta chetogenica e nei neonati, il cervello utilizza i corpi chetonici come combustibili principali al posto del glucosio (Laeger, Metges et al. 2010), proporzionalmente al grado di chetosi (Hartman, Gasior et al.). Il β-idrossibutirrato è il principale corpo chetonico circolante e il suo trasporto attraverso la barriera ematoencefalica avviene sia mediante diffusione che attraverso i trasportatori MCT1 e MCT2, dei quali i primi aumentano durante una dieta chetogenica (Newman, Verdin 2014). Quest’azione complementare tra il fegato, che produce i corpi chetonici in assenza di carboidrati, e il sistema nervoso centrale che li può utilizzare, è un evento molto importante che fu determinante per la sopravvivenza della specie umana nei millenni. La mia ricerca si è focalizzata su tre importanti aspetti delle diete chetogeniche - connesse alla perdita di peso - che richiedevano di essere approfonditi: 1. il mantenimento del peso perso dopo una dieta chetogenica: il mantenimento del peso perso a lungo nel tempo è impegnativo e la paura di ritornare velocemente al peso iniziale è comune, tanto che questo fenomeno viene chiamato “effetto yo-yo". A questo proposito, le diete a basso contenuto di carboidrati sono note per portare risultati migliori rispetto alle diete a basso contenuto di grassi in termini di perdita di peso (Shai, Schwarzfuchs et al. 2008c), ma non di “compliance” (adesione al protocollo) (Greenberg, Stampfer et al. 2009). Recentemente, Sumithran e collaboratori hanno dimostrato che l'aumento dei livelli circolanti di grelina e del livello di appetito tipici di una dieta ipocalorica erano minori durante un protocollo chetogenico (Sumithran, Prendergast et al. 2013). Abbiamo quindi ipotizzato che alcuni aspetti della dieta chetogenica come il mantenimento della massa muscolare, del metabolismo energetico basale e la stabilità del principale ormone oressigenico (grelina) combinati con gli effetti benefici della nutrizione tradizionale mediterranea, potessero favorire la perdita di peso a lungo nel tempo. Lo scopo del nostro studio è stato quindi quello di indagare l'effetto sul peso e sulla composizione corporea di due brevi periodi di una dieta chetogenica modificata, cioè una dieta fitochetogenica mediterranea (KEMEPHY) (Paoli, Cenci et al. 2010a, Paoli 2011, Paoli 2012) intervallata da 2 periodi più lunghi di dieta di mantenimento basata sulla dieta mediterranea tradizionale per un periodo totale di 12 mesi. I soggetti reclutati erano obesi o in sovrappeso e lo studio è stato retrospettivo. Abbiamo analizzato 89 soggetti (uomini e donne) di età compresa tra i 25 e i 65 anni che erano in uno stato di buona salute generale benchè fossero obesi (IMC medio 35.82 ± 4.11 kg/m2). I risultati di questo studio hanno dimostrato che la maggioranza dei soggetti ha ottenuto una significativa perdita di peso (10%) a seguito delle due fasi di dieta chetogenica e l’aderenza al protocollo è stata alta sia durante i sei mesi di perdita di peso sia nei successivi sei mesi di mantenimento, senza riacquisto del peso. Inoltre, il protocollo proposto ha portato miglioramenti nella maggior parte dei soggetti dei livelli di parametri importanti per la salute (colesterolo totale, colesterolo LDL, trigliceridi e livelli di glucosio). L’alta “compliance” è stato un fattore determinante per i risultati ottenuti; 2. la formulazione di nuovi prodotti a basso contenuto di carboidrati per sopperire alla mancanza del sapore dolce durante una dieta chetogenica: un aspetto delle diete chetogeniche difficile da tollerare nel lungo tempo, soprattutto per chi ha una spiccata preferenza per i dolci, è la mancanza di questo sapore. In dieta chetogenica è necessario mantenere un basso livello di glicemia (circa 80-90 mg/dL) per evitare i picchi di insulina (Paoli, Canato et al. 2011) e permettere così ai soggetti di migliorare l'ossidazione dei grassi come dimostrato da Paoli et al. (Paoli, Grimaldi et al. 2012) e da Tagliabue et al. (Tagliabue, Bertoli et al. 2012). Oggi la nuova tecnologia alimentare, che è in grado di costruire prodotti ultra-processati con un contenuto di zucchero molto basso e un alto contenuto di proteine e fibre, può aiutare a risolvere questo problema, formulando prodotti di elevata appetibilità in un formato pronto per il consumo, utili sia in chetosi che in diete ipoglucidiche più moderate. Di solito i prodotti ultra-processati mancano di proteine e fibre e producono picchi post-prandiali di glucosio e insulina (OPS WHO 2015) . Questo effetto provoca un forte desiderio di cibo con una preferenza per i carboidrati ad alto indice glicemico (Lennerz, Alsop et al. 2013), fenomeno definito come "carb-craving" (Ventura, Santander et al. 2014). Al fine di analizzare l'effetto di 10 diversi alimenti ultra-processati ad alto contenuto proteico e basso contento di carboidrati sulla glicemia, abbiamo reclutato 14 donne sane e abbiamo testato la loro risposta glicemica attraverso il metodo del punteggio glicemico (“glucose-score”, GS). Tutti gli alimenti testati hanno prodotto, rispetto al glucosio, una risposta glicemica significativamente inferiore e il loro GS è risultato inferiore a 25 (rispetto al valore di riferimento del GS del glucosio che è 100). Abbiamo quindi concluso che la riformulazione di prodotti ultra-processati pronti al consumo in una versione ad alto contenuto proteico e basso contenuto di carboidrati è in grado di produrre una risposta glicemica significativamente più bassa, pur mantenendo l'alto valore del pratico formato pronto per l'uso e l'alta appetibilità richiesta dai consumatori, facilitando quindi l'adesione a una dieta chetogenica di individui che tendono ad avere una forte preferenza per i cibi dolci; 3. l’effetto delle diete chetogeniche sulle funzioni cognitive: il range di variazione della glicemia o dei corpi chetonici nel sangue di soggetti non diabetici è ampia e ciascuno di essi può essere utilizzato come energia dal cervello. I dati sugli effetti della variazione dei livelli di glicemia e chetonemia sulle funzioni cognitive di esseri umani sani dopo diversi tipi di dieta sono scarsi. Lo scopo di questo studio è stato confrontare gli effetti della variazione di glicemia e chetonemia dopo dieci giorni di due differenti diete chetogeniche e di una dieta mediterranea ipocalorica (MD) sulla memoria di lavoro e sulle funzioni esecutive in 63 giovani donne sovrappeso, sedentarie e in buona salute (IMC> 25, età: 20-35) che sono state reclutate nella zona universitaria. I soggetti sono stati divisi in gruppi in base al giorno di inizio della loro fase follicolare per minimizzare gli effetti ormonali sull'umore e le misurazioni basali sono state effettuate cinque giorni prima dell'inizio del protocollo dietetico. I seguenti controlli sono stati fissati al giorno di inizio della dieta (t1), al terzo (t3), al quinto (t5), al settimo (t7) e all'ultimo giorno (t10). Al controllo iniziale è stato misurato il peso dei soggetti ed è stata eseguita un'analisi impedenziometrica. I soggetti hanno poi assunto una colazione ad alto contenuto di carboidrati e hanno completato i test psicologici. Al t1, T3, T5, T7 e t10 sono stati misurati il livello dei corpi chetonici e la glicemia, così come i livelli di appetito. Nel giorno dell'ultimo controllo (T10) i soggetti hanno ripetuto l'analisi impedenziometrica, la misura del peso corporeo e, dopo la colazione (ogni gruppo ha assunto una colazione diversa a seconda della dieta prescritta), hanno completato i test psicologici. I test psicologici consistevano in un test sull'umore, due compiti cognitivi, uno per indagare la memoria di lavoro (“visuo-spatial n back”) e uno per analizzare le funzioni esecutive (“inhibitory control task”) e in una scala VAS per testare il livello di appetito. 45 soggetti hanno completato lo studio. Considerando tutti i partecipanti insieme, i livelli di glucosio pre-dieta correlavano positivamente con il tempo di reazione nel “go-trial” del test delle funzioni esecutive (r(43) = 0,358, p = 0,018), ma questa relazione non è stata trovata nel post-dieta, sia quando i soggetti sono stati analizzati tutti insieme che quando i soggetti sono stati divisi in base al tipo di dieta seguita. Nello stesso test psicologico, nel post-dieta la misura della chetonemia ha mostrato una correlazione negativa con l'accuratezza ai compiti “no-go” (r(29) = -0,455, p = 0,027). Possiamo quindi concludere che giovani soggetti in sovrappeso con livelli di glicemia inferiori al livello di pre-diabete sono stati influenzati negativamente da una colazione ad alto contenuto di carboidrati nel corso di un test di funzioni esecutive. Inoltre, l'effetto di moderati livelli di corpi chetonici (2 ± 1,3 mmol / L) ha nfluenzato negativamente l'accuratezza nelle prove “no-go” del test sulle funzioni esecutive.
27-gen-2017
Inglese
dieta chetogenica/dieta mediterranea/ dimagrimento / alimenti ultraprocessati/ dieta e funzioni cognitive/ ketogenic diet/mediterranean diet/ weight loss / ultraprocessed foods / diet and cognitive functions
PAOLI, ANTONIO
ROSSETTO, ORNELLA
Università degli studi di Padova
67
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-175039