La presente tesi di dottorato si concentra sull'analisi di micro dati provenienti da paesi in via di sviluppo. In particolare, il tema di fondo riguarda l’analisi di meccanismi di protezione sociale e di trasmissione della povertá in Africa Sub-Sahariana in diversi contesti (baraccopoli urbane e villaggi rurali) e a diversi livelli (locali e nazionali). La tesi é composta da tre articoli, ognuno corrispondente ad un capitolo. Il primo esamina i fattori di rischio che conducono i bambini alla vita di strada in Zambia; il secondo analizza la presenza di disparitá sessuali nelle relazioni educazione-salute e ricchezza-salute in nove paesi dell’Africa sub-Sahariana colpiti dall’epidemia di HIV/AIDS; il terzo capitolo studia l’interazione tra meccanismi formali ed informali di assicurazione nel fornire forme di protezione sociale a famiglie povere in Malawi. Piú precisamente, il primo capitolo si basa su un campione di dati esclusivo che ho personalmente raccolto nelle strade e nelle baraccopoli della cittá di Ndola, nel nord dello Zambia. La raccolta dati aveva come principale obiettivo quello di approfondire le cause del fenomeno dei bambini di strada analizzando in particolare il ruolo della struttura famigliare di origine. Infatti, i bambini di strada possono essere considerati come il risultato estremo della rottura della rete informale di protezione tradizionalmente basata sulla famiglia estesa. Il fatto che oggi l’azione congiunta di povertá, malaria ed HIV stia mettendo a rischio la tenuta della rete di protezione basata sulla famiglia estesa, cosí come il fatto che l’effetto indiretto dell’epidemia di HIV/AIDS (rappresentato da un numero sempre maggiore di bambini orfani e resi vulnerabili) possa amplificarne l’effetto diretto dal momento che questi bambini sono piú facilmente esposti ad una minore accumulazione di capitale umano che si ripercuote anche nelle generazioni future, sono di per sé motivazioni sufficienti a giustificare una ricerca accademica in questo campo. Inoltre, guardando alle cifre, colpisce notare come il numero dei bambini di strada in Zambia sia quasi raddoppiato nel corso degli anni ’90. Tale fenomeno é stato raramente affrontato nella letteratura economica: la mancanza di studi quantitativi in quest’area é dovuta in larga parte alla difficoltá di raccogliere micro dati che contengano un’informazione appropriata su questi bambini e sulle loro famiglie di origine. I dati utilizzati in questo capitolo aiutano quindi a riempire un vuoto nella letteratura, dal momento che sono stati raccolti in aree normalmente di difficile accesso nelle quali i bambini di strada e le loro famiglie vivono. Il capitolo presenta dunque un’analisi quantitativa dei dati raccolti riguardanti 220 famiglie, 1455 membri dei nuclei familiari, 1685 membri delle famiglie estese e 102 tra attuali ed ex bambini di strada. La metodologia utilizzata nella raccolta dei dati e nell’analisi degli stessi si propone di isolare quei fattori della famiglia nucleare e della famiglia estesa che contribuiscono ad accrescere il rischio che il bambino finisca a vivere in strada. A livello di risultati, l’analisi indica che i bambini di sesso maschile e di etá piú elevata (ed in particolare quelli orfani) presentano una maggiore probabilitá di vivere in strada. Le famiglie, il cui capofamiglia presenti precarie condizioni di salute, hanno maggiore probabilitá di dare origine a bambini di strada. Il grado di istruzione, l’etá e lo stato occupazionale del capo famiglia hanno invece un impatto poco rilevante sulla probabilitá che la famiglia sia associata ad un bambino che vive in strada. Al contrario, famiglie che possono contare sulla presenza di nonni materni o in cui il capofamiglia abbia delle sorelle hanno una probabilitá molto significativa dal punto di vista statistico di non dare origine a bambini di strada. Questi risultati supportano quindi il ruolo fondamentale che la donna svolge in ambito familiare nei paesi poveri. Al tempo stesso, i risultati dimostrano che politiche volte a migliorare le condizioni di salute del capo della famiglia possono portare importanti benefici: da un calcolo approssimativo emerge infatti che un miglioramento dello stato di salute da “precario” a “buono” puó comportare un aumento annuo del tasso di crescita del PIL tra gli 0.20 e gli 0.33 punti percentuali. Il secondo capitolo analizza la questione della salute e in particolare si concentra sulla relazione esistente tra condizione socio-economica ed HIV/AIDS utilizzando i piú recenti dati DHS a disposizione per 9 paesi dell’Africa sub-Sahariana con diversi tassi di prevalenza di HIV. L’analisi muove dalla considerazione che, mentre generalemente la relazione tra condizioni di salute e condizioni socio-economiche é considerata positiva, i risultati sui legami tra HIV/AIDS e condizione socio-economica non sono univoci. Il capitolo si inserisce quindi in un dibattito esistente in letteratura riguardo al fatto che, in certe zone dell’Africa, le persone piú istruite sembrano avere maggiori (Fortson, 2008) o minori (De Walque, 2007) probabilitá di contrarre il virus dell’HIV e questo ovviamente ha una rilevanza dal punto di vista della formulazione di politiche sociali. Il primo e principale contributo di questo capitolo é dunque quello di inserire la dimensione delle disparitá sessuali nel dibattito sopra citato. Il secondo contributo é dato dall’utilizzo di alcuni dei dati piú recenti (DHS) per studiare questo fenomeno. Al fine di valutare l’esistenza o meno di una relazione positva per educazione e ricchezza rispetto all’HIV, viene svolta un’analisi sia di tipo parametrico che non-parametrico. Tale analisi indica che le donne meglio istruite presentano una maggiore probabilitá di contrarre il virus dell’HIV nella maggioranza dei paesi esaminati, mentre lo stesso non avviene per gli uomini. La soliditá del risultato é stata testata utilizzando diversi modelli e variabili di controllo, compreso lo stato coniugale. In aggiunta, anche utilizzando misure alternative di educazione basate sui livelli di istruzione completati, la relazione positiva per le donne sembra tenere, portando quindi alla conclusione che tale relazione esista indipendentemente dal tipo di misura utilizzato. Questo stesso tipo di analisi condotta a livello nazionale aggregato, quindi per uomini e donne assieme, dimostra che il risultato a livello aggregato sembra essere dovuto principalmente alla componente femminile della popolazione, confermando quindi l’importanza di un’analisi basata sulle differenze di genere rispetto ad una condotta esclusivamente a livello aggregato. Ulteriori analisi empiriche riguardanti la relazione tra comportamenti sessuali ed istruzione rivelano che individui piú istruiti tendono ad avere un maggior numero di partners nell’arco della vita ed una maggiore frequenza di relazioni pre-matrimoniali. Questi elementi rappresentano quindi una plausibile (se pur parziale) spiegazione per la presenza di una relazione positiva tra educazione ed HIV per le donne, considerando la loro maggiore esposizione e vulnerabilitá al rischio di contrarre il virus dell’HIV rispetto agli uomini. Per quanto riguarda invece l’analisi della ricchezza, non sembra esserci una risposta univoca, ma questa dipende dal tipo di misura della ricchezza preso in considerazione. In conclusione, questi risultati suggeriscono che i legami tra condizione socio-economica e salute possono essere piú complessi e meno scontati di quanto comunemente ritenuto. Il terzo ed ultimo capitolo si propone di analizzare se, in un contesto affetto dall’epidemia di AIDS e caratterizzato da esecuzione imperfetta dei contratti di assicurazione privata, le politiche di protezione sociale basate su trasferimenti pubblici in denaro alle famiglie siano in grado di riparare i fallimenti del sistema informale attraverso un rafforzamento dei legami sociali, o, al contrario, rischino di far venire meno quei meccanismi di solidarietá privata che esistevano prima del trasferimento. Il capitolo parte dalla considerazione che i tradizionali sistemi informali di protezione sociale (aiuti tra famigliari, vita di comunitá ecc) stanno venendo meno in molti paesi dell’Africa sub-Sahariana e di conseguenza le famglie povere si trovano a fronteggiare un’assenza di protezione quando sia gli interventi formali sia le strutture informali non riescono a fornire una rete minima di sicurezza sociale. Al stesso tempo, oggi molti governi in Africa stanno iniziando a sperimentare programmi pubblici di protezione sociale e, di conseguenza, la valutazione dell’impatto di tali programmi diventa fondamentale per la formulazione di politiche a livello nazionale e per le decisioni di finanziamento da parte di donatori bilaterali e multilaterali. L’analisi condotta in questo capitolo si concentra su un intervento di protezione sociale basato su trasferimenti pubblici (non condizionali) di denaro avviato dal governo del Malawi e ritenuto uno dei maggiori strumenti di riduzione della povertá nei prossimi anni. In particolare, i dati utilizzati derivano da un programma pilota avviato dal governo nel distretto rurale di Mchinji e che rappresenta uno dei primi esperimenti di protezione sociale nell’Africa sub-Sahariana. Il programma include una componente randomizzata che fornisce una fonte esclusiva di variazione esogena, permettendo quindi una diretta valutazione degli effetti del programma sui consumi e sui trasferimenti privati. Il progetto si rivolge alla classe degli “ultra-poveri”, cioé coloro che vengono esclusi anche dai cosiddetti programmi food-for-work in quanto impossibilitati a lavorare e che sono generalmente lasciati ai margini anche da molte politiche rivolte ai piú poveri. Il capitolo esamina innanzitutto se un intervento pubblico sia giustificato sulla base del tipo di meccanismi di condivisione del rischio esistenti a livello di villaggio e poi valuta come questi interventi pubblici interagiscano con pre-esistenti meccanismi privati di solidarietá. Di conseguenza viene fornito un contributo non solo alla letteratura accademica, portando un riscontro empirico su due questioni tipicamente analizzate dagli economisti in diversi contesti (l’ipotesi di perfect risk-sharing e la riduzione di assicurazione informale a seguito di interventi pubblici) ma anche al dibattito piú propriamente di policy dal momento che questo tipo di interventi é nuovo per l’Africa e, ad oggi, non sono state ancora condotte delle serie valutazioni di impatto. In aggiunta, la struttura del campione é tale da garantire una soliditá dell’analisi. I dati permettono infatti di distinguere il diverso effetto dei trasferimenti pubblici su donazioni, prestiti informali e rimesse. Inoltre, viene utilizzata l’informazione sulla spesa per consumi delle famiglie al fine di valutare il tipo di meccanismi di risk sharing a livello di villaggio nelle aree rurali. I risultati portano a rifiutare l’ipotesi di perfect risk sharing in favore di una condivisione parziale del rischio, un risultato che giustifica quindi il ruolo dell’intervento pubblico. Dall’analisi emerge inoltre un forte effetto di riduzione dei trasferimenti private, in particolare donazioni e, con minore intensitá, rimesse, a seguito dell’intervento pubblico. Al contrario, i prestiti informali sembrano non risentire dell’introduzione del trasferimento pubblico ma dipendere significativamente dalle precedenti transazioni, evidenziando in questo modo un’interessante caratteristica del funzionamento del mercato informale del credito in aree rurali.

Essays on social protection and poverty transmission in Sub-Saharan Africa

STROBBE, FRANCESCO
2010

Abstract

La presente tesi di dottorato si concentra sull'analisi di micro dati provenienti da paesi in via di sviluppo. In particolare, il tema di fondo riguarda l’analisi di meccanismi di protezione sociale e di trasmissione della povertá in Africa Sub-Sahariana in diversi contesti (baraccopoli urbane e villaggi rurali) e a diversi livelli (locali e nazionali). La tesi é composta da tre articoli, ognuno corrispondente ad un capitolo. Il primo esamina i fattori di rischio che conducono i bambini alla vita di strada in Zambia; il secondo analizza la presenza di disparitá sessuali nelle relazioni educazione-salute e ricchezza-salute in nove paesi dell’Africa sub-Sahariana colpiti dall’epidemia di HIV/AIDS; il terzo capitolo studia l’interazione tra meccanismi formali ed informali di assicurazione nel fornire forme di protezione sociale a famiglie povere in Malawi. Piú precisamente, il primo capitolo si basa su un campione di dati esclusivo che ho personalmente raccolto nelle strade e nelle baraccopoli della cittá di Ndola, nel nord dello Zambia. La raccolta dati aveva come principale obiettivo quello di approfondire le cause del fenomeno dei bambini di strada analizzando in particolare il ruolo della struttura famigliare di origine. Infatti, i bambini di strada possono essere considerati come il risultato estremo della rottura della rete informale di protezione tradizionalmente basata sulla famiglia estesa. Il fatto che oggi l’azione congiunta di povertá, malaria ed HIV stia mettendo a rischio la tenuta della rete di protezione basata sulla famiglia estesa, cosí come il fatto che l’effetto indiretto dell’epidemia di HIV/AIDS (rappresentato da un numero sempre maggiore di bambini orfani e resi vulnerabili) possa amplificarne l’effetto diretto dal momento che questi bambini sono piú facilmente esposti ad una minore accumulazione di capitale umano che si ripercuote anche nelle generazioni future, sono di per sé motivazioni sufficienti a giustificare una ricerca accademica in questo campo. Inoltre, guardando alle cifre, colpisce notare come il numero dei bambini di strada in Zambia sia quasi raddoppiato nel corso degli anni ’90. Tale fenomeno é stato raramente affrontato nella letteratura economica: la mancanza di studi quantitativi in quest’area é dovuta in larga parte alla difficoltá di raccogliere micro dati che contengano un’informazione appropriata su questi bambini e sulle loro famiglie di origine. I dati utilizzati in questo capitolo aiutano quindi a riempire un vuoto nella letteratura, dal momento che sono stati raccolti in aree normalmente di difficile accesso nelle quali i bambini di strada e le loro famiglie vivono. Il capitolo presenta dunque un’analisi quantitativa dei dati raccolti riguardanti 220 famiglie, 1455 membri dei nuclei familiari, 1685 membri delle famiglie estese e 102 tra attuali ed ex bambini di strada. La metodologia utilizzata nella raccolta dei dati e nell’analisi degli stessi si propone di isolare quei fattori della famiglia nucleare e della famiglia estesa che contribuiscono ad accrescere il rischio che il bambino finisca a vivere in strada. A livello di risultati, l’analisi indica che i bambini di sesso maschile e di etá piú elevata (ed in particolare quelli orfani) presentano una maggiore probabilitá di vivere in strada. Le famiglie, il cui capofamiglia presenti precarie condizioni di salute, hanno maggiore probabilitá di dare origine a bambini di strada. Il grado di istruzione, l’etá e lo stato occupazionale del capo famiglia hanno invece un impatto poco rilevante sulla probabilitá che la famiglia sia associata ad un bambino che vive in strada. Al contrario, famiglie che possono contare sulla presenza di nonni materni o in cui il capofamiglia abbia delle sorelle hanno una probabilitá molto significativa dal punto di vista statistico di non dare origine a bambini di strada. Questi risultati supportano quindi il ruolo fondamentale che la donna svolge in ambito familiare nei paesi poveri. Al tempo stesso, i risultati dimostrano che politiche volte a migliorare le condizioni di salute del capo della famiglia possono portare importanti benefici: da un calcolo approssimativo emerge infatti che un miglioramento dello stato di salute da “precario” a “buono” puó comportare un aumento annuo del tasso di crescita del PIL tra gli 0.20 e gli 0.33 punti percentuali. Il secondo capitolo analizza la questione della salute e in particolare si concentra sulla relazione esistente tra condizione socio-economica ed HIV/AIDS utilizzando i piú recenti dati DHS a disposizione per 9 paesi dell’Africa sub-Sahariana con diversi tassi di prevalenza di HIV. L’analisi muove dalla considerazione che, mentre generalemente la relazione tra condizioni di salute e condizioni socio-economiche é considerata positiva, i risultati sui legami tra HIV/AIDS e condizione socio-economica non sono univoci. Il capitolo si inserisce quindi in un dibattito esistente in letteratura riguardo al fatto che, in certe zone dell’Africa, le persone piú istruite sembrano avere maggiori (Fortson, 2008) o minori (De Walque, 2007) probabilitá di contrarre il virus dell’HIV e questo ovviamente ha una rilevanza dal punto di vista della formulazione di politiche sociali. Il primo e principale contributo di questo capitolo é dunque quello di inserire la dimensione delle disparitá sessuali nel dibattito sopra citato. Il secondo contributo é dato dall’utilizzo di alcuni dei dati piú recenti (DHS) per studiare questo fenomeno. Al fine di valutare l’esistenza o meno di una relazione positva per educazione e ricchezza rispetto all’HIV, viene svolta un’analisi sia di tipo parametrico che non-parametrico. Tale analisi indica che le donne meglio istruite presentano una maggiore probabilitá di contrarre il virus dell’HIV nella maggioranza dei paesi esaminati, mentre lo stesso non avviene per gli uomini. La soliditá del risultato é stata testata utilizzando diversi modelli e variabili di controllo, compreso lo stato coniugale. In aggiunta, anche utilizzando misure alternative di educazione basate sui livelli di istruzione completati, la relazione positiva per le donne sembra tenere, portando quindi alla conclusione che tale relazione esista indipendentemente dal tipo di misura utilizzato. Questo stesso tipo di analisi condotta a livello nazionale aggregato, quindi per uomini e donne assieme, dimostra che il risultato a livello aggregato sembra essere dovuto principalmente alla componente femminile della popolazione, confermando quindi l’importanza di un’analisi basata sulle differenze di genere rispetto ad una condotta esclusivamente a livello aggregato. Ulteriori analisi empiriche riguardanti la relazione tra comportamenti sessuali ed istruzione rivelano che individui piú istruiti tendono ad avere un maggior numero di partners nell’arco della vita ed una maggiore frequenza di relazioni pre-matrimoniali. Questi elementi rappresentano quindi una plausibile (se pur parziale) spiegazione per la presenza di una relazione positiva tra educazione ed HIV per le donne, considerando la loro maggiore esposizione e vulnerabilitá al rischio di contrarre il virus dell’HIV rispetto agli uomini. Per quanto riguarda invece l’analisi della ricchezza, non sembra esserci una risposta univoca, ma questa dipende dal tipo di misura della ricchezza preso in considerazione. In conclusione, questi risultati suggeriscono che i legami tra condizione socio-economica e salute possono essere piú complessi e meno scontati di quanto comunemente ritenuto. Il terzo ed ultimo capitolo si propone di analizzare se, in un contesto affetto dall’epidemia di AIDS e caratterizzato da esecuzione imperfetta dei contratti di assicurazione privata, le politiche di protezione sociale basate su trasferimenti pubblici in denaro alle famiglie siano in grado di riparare i fallimenti del sistema informale attraverso un rafforzamento dei legami sociali, o, al contrario, rischino di far venire meno quei meccanismi di solidarietá privata che esistevano prima del trasferimento. Il capitolo parte dalla considerazione che i tradizionali sistemi informali di protezione sociale (aiuti tra famigliari, vita di comunitá ecc) stanno venendo meno in molti paesi dell’Africa sub-Sahariana e di conseguenza le famglie povere si trovano a fronteggiare un’assenza di protezione quando sia gli interventi formali sia le strutture informali non riescono a fornire una rete minima di sicurezza sociale. Al stesso tempo, oggi molti governi in Africa stanno iniziando a sperimentare programmi pubblici di protezione sociale e, di conseguenza, la valutazione dell’impatto di tali programmi diventa fondamentale per la formulazione di politiche a livello nazionale e per le decisioni di finanziamento da parte di donatori bilaterali e multilaterali. L’analisi condotta in questo capitolo si concentra su un intervento di protezione sociale basato su trasferimenti pubblici (non condizionali) di denaro avviato dal governo del Malawi e ritenuto uno dei maggiori strumenti di riduzione della povertá nei prossimi anni. In particolare, i dati utilizzati derivano da un programma pilota avviato dal governo nel distretto rurale di Mchinji e che rappresenta uno dei primi esperimenti di protezione sociale nell’Africa sub-Sahariana. Il programma include una componente randomizzata che fornisce una fonte esclusiva di variazione esogena, permettendo quindi una diretta valutazione degli effetti del programma sui consumi e sui trasferimenti privati. Il progetto si rivolge alla classe degli “ultra-poveri”, cioé coloro che vengono esclusi anche dai cosiddetti programmi food-for-work in quanto impossibilitati a lavorare e che sono generalmente lasciati ai margini anche da molte politiche rivolte ai piú poveri. Il capitolo esamina innanzitutto se un intervento pubblico sia giustificato sulla base del tipo di meccanismi di condivisione del rischio esistenti a livello di villaggio e poi valuta come questi interventi pubblici interagiscano con pre-esistenti meccanismi privati di solidarietá. Di conseguenza viene fornito un contributo non solo alla letteratura accademica, portando un riscontro empirico su due questioni tipicamente analizzate dagli economisti in diversi contesti (l’ipotesi di perfect risk-sharing e la riduzione di assicurazione informale a seguito di interventi pubblici) ma anche al dibattito piú propriamente di policy dal momento che questo tipo di interventi é nuovo per l’Africa e, ad oggi, non sono state ancora condotte delle serie valutazioni di impatto. In aggiunta, la struttura del campione é tale da garantire una soliditá dell’analisi. I dati permettono infatti di distinguere il diverso effetto dei trasferimenti pubblici su donazioni, prestiti informali e rimesse. Inoltre, viene utilizzata l’informazione sulla spesa per consumi delle famiglie al fine di valutare il tipo di meccanismi di risk sharing a livello di villaggio nelle aree rurali. I risultati portano a rifiutare l’ipotesi di perfect risk sharing in favore di una condivisione parziale del rischio, un risultato che giustifica quindi il ruolo dell’intervento pubblico. Dall’analisi emerge inoltre un forte effetto di riduzione dei trasferimenti private, in particolare donazioni e, con minore intensitá, rimesse, a seguito dell’intervento pubblico. Al contrario, i prestiti informali sembrano non risentire dell’introduzione del trasferimento pubblico ma dipendere significativamente dalle precedenti transazioni, evidenziando in questo modo un’interessante caratteristica del funzionamento del mercato informale del credito in aree rurali.
22-gen-2010
Inglese
Africa, social protection, poverty, HIV
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-175509