Il “deperimento della quercia”, causato dall’interazione di molti fattori biotici e abiotici, sta compromettendo l’esistenza della farnia (Quercus robur L.) nei querco-carpineti relitti. Alcuni precedenti studi hanno evidenziato la possibile efficacia dei tagli sanitari nel limitare la manifestazione del deperimento. Lo scopo principale dello studio è stato perciò verificare la reale efficacia di un diradamento finalizzato a liberare la chioma di farnie deperenti. Allo scopo, sono state scelte 16 farnie deperenti e ne sono state monitorate le condizioni con prelievi stagionali di campioni di radici. Lo stato micorrizico, inteso come vitalità degli apici micorrizati e specie fungine coinvolte, è infatti considerato un parametro sintetico idoneo a valutare le condizioni fitosanitarie di piante deperenti, le cui manifestazioni sintomatologiche sono molteplici. I campionamenti effettuati prima dell’intervento selvicolturale hanno confermato una minore vitalità e micorrizazione degli apici radicali delle piante più deperenti. Dopo il taglio attorno a 8 piante, che probabilmente ha causato uno stress iniziale, le piante trattate hanno mostrato un peggioramento delle condizioni dell’apparato radicale. A quattro anni dall’intervento selvicolturale, non si sono osservate differenze tra piante trattate e di controllo. Sono stati osservati 55 morfotipi ectomicorrizici, fortemente associati ai periodi di campionamento, a conferma di un cambiamento successionale delle specie nel corso degli anni e di un cambiamento di composizione in seguito al trattamento selvicolturale. È emersa anche la presenza di alcuni morfotipi associati alla classe di deperimento delle farnie, a conferma dell’ipotesi che alcune specie possano essere utilizzate come bioindicatrici delle condizioni delle piante ospiti. Per valutare le condizioni delle piante anche nella loro parte epigea, sono state confrontate le concentrazioni fogliari di N totale, P, K, Ca, Mg, Fe e S. Le piante più deperenti hanno mostrato una concentrazione maggiore di N totale, P e S. Uno degli effetti del deperimento, è la mancanza di rinnovazione della farnia in bosco. Per conservare la specie, potrebbe essere necessario provvedere alla rinnovazione artificiale. Tra le tecniche per migliorare la sopravvivenza dei semenzali trapiantati, la micorrizazione artificiale in vivaio con specie fungine selezionate (soprattutto Laccaria laccata) è stata spesso impiegata con successo. Sono stati trapiantati 100 semenzali micorrizati con un isolato di L. laccata autoctono, per valutare il loro attecchimento rispetto a 100 semenzali non micorrizati artificialmente. Il monitoraggio della vitalità e della micorrizazione delle radici, ha mostrato condizioni migliori per le piante micorrizate. La misurazione delle altezze e dei diametri raggiunti, invece, ha rilevato una contrazione iniziale nella crescita delle piante micorrizate, probabilmente a causa della richiesta di fotosintati alla pianta da parte dei funghi in crescita. Nel tempo queste differenze si sono ridotte, e a due anni dal trapianto non si osservano differenze tra i due gruppi. La specie fungina scelta per l’inoculo non sembra aver migliorato l’attecchimento dei semenzali, ed è stata quasi completamente sostituita da specie autoctone più competitive.
Il deperimento della farnia in boschi planiziali. Stato ectomicorrizico e possibilità di controllo
BALDO, MIRCO
2009
Abstract
Il “deperimento della quercia”, causato dall’interazione di molti fattori biotici e abiotici, sta compromettendo l’esistenza della farnia (Quercus robur L.) nei querco-carpineti relitti. Alcuni precedenti studi hanno evidenziato la possibile efficacia dei tagli sanitari nel limitare la manifestazione del deperimento. Lo scopo principale dello studio è stato perciò verificare la reale efficacia di un diradamento finalizzato a liberare la chioma di farnie deperenti. Allo scopo, sono state scelte 16 farnie deperenti e ne sono state monitorate le condizioni con prelievi stagionali di campioni di radici. Lo stato micorrizico, inteso come vitalità degli apici micorrizati e specie fungine coinvolte, è infatti considerato un parametro sintetico idoneo a valutare le condizioni fitosanitarie di piante deperenti, le cui manifestazioni sintomatologiche sono molteplici. I campionamenti effettuati prima dell’intervento selvicolturale hanno confermato una minore vitalità e micorrizazione degli apici radicali delle piante più deperenti. Dopo il taglio attorno a 8 piante, che probabilmente ha causato uno stress iniziale, le piante trattate hanno mostrato un peggioramento delle condizioni dell’apparato radicale. A quattro anni dall’intervento selvicolturale, non si sono osservate differenze tra piante trattate e di controllo. Sono stati osservati 55 morfotipi ectomicorrizici, fortemente associati ai periodi di campionamento, a conferma di un cambiamento successionale delle specie nel corso degli anni e di un cambiamento di composizione in seguito al trattamento selvicolturale. È emersa anche la presenza di alcuni morfotipi associati alla classe di deperimento delle farnie, a conferma dell’ipotesi che alcune specie possano essere utilizzate come bioindicatrici delle condizioni delle piante ospiti. Per valutare le condizioni delle piante anche nella loro parte epigea, sono state confrontate le concentrazioni fogliari di N totale, P, K, Ca, Mg, Fe e S. Le piante più deperenti hanno mostrato una concentrazione maggiore di N totale, P e S. Uno degli effetti del deperimento, è la mancanza di rinnovazione della farnia in bosco. Per conservare la specie, potrebbe essere necessario provvedere alla rinnovazione artificiale. Tra le tecniche per migliorare la sopravvivenza dei semenzali trapiantati, la micorrizazione artificiale in vivaio con specie fungine selezionate (soprattutto Laccaria laccata) è stata spesso impiegata con successo. Sono stati trapiantati 100 semenzali micorrizati con un isolato di L. laccata autoctono, per valutare il loro attecchimento rispetto a 100 semenzali non micorrizati artificialmente. Il monitoraggio della vitalità e della micorrizazione delle radici, ha mostrato condizioni migliori per le piante micorrizate. La misurazione delle altezze e dei diametri raggiunti, invece, ha rilevato una contrazione iniziale nella crescita delle piante micorrizate, probabilmente a causa della richiesta di fotosintati alla pianta da parte dei funghi in crescita. Nel tempo queste differenze si sono ridotte, e a due anni dal trapianto non si osservano differenze tra i due gruppi. La specie fungina scelta per l’inoculo non sembra aver migliorato l’attecchimento dei semenzali, ed è stata quasi completamente sostituita da specie autoctone più competitive.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/175619
URN:NBN:IT:UNIPD-175619