Abstract tesi IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DI GOVERNANCE EUROPEA ED IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI “POLITICHE” NELL’INTEGRAZIONE EUROPEA Il mio lavoro di ricerca, sul tema della governance europea, del processo di integrazione europea e dello sviluppo della mia ricerca, è stato quello di studiare ed analizzare come il concetto di governance, che fino a non molti anni fa era praticamente inutilizzato, ha conosciuto un così largo e rapido sviluppo? Come primo paso ho tentato di fare chiarezza sul campo di applicazione di questo concetto e del suo sviluppo, con particolare attenzione alla sfera delle relazioni politiche tra i vari attori della politica europea. Per capire le cause che hanno fatto emergere il concetto di governance a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, ho fatto riferimento all’assetto istituzionale creatosi nel dopo guerra ed ai modelli politici che si sono susseguiti tra i quali: il modello welfarista-keynesiano del dopo guerra, il modello neo-corporativo, il modello neo-liberale fino ad arrivare all’uso del concetto di governance come modello di implementazione delle politiche. Il lavoro di ricerca intrapreso, sul funzionamento del sistema di governance europea ed il ruolo delle istituzioni ‘politiche’ dell’Unione europea (Ue) nel processo di integrazione, è diviso in quattro parti. Prima parte La prima parte del lavoro di ricerca ho offre una chiara versione dell’insorgere del concetto di governance come modello-approccio per il processo di integrazione europea. Come punto di partenza è lo studio delle teorie classiche dell’integrazione europea: la teoria del federalismo, il funzionalismo, il neofunzionalismo, l’istituzionalismo, l’intergovernativismo e della governance multilivello la quale rappresenta il carattere dell’Unione europea e con riferimento al processo di integrazione europea, si fa riferimento alla divisione delle competenze tra UE e Stati membri. Il concetto di multilevel governance designa l’articolarsi della divisione di competenze e di rapporti non più soltanto tra UE e Stati membri, ma anche con il coinvolgimento dei livelli sub-nazionali insediando a Bruxelles uffici di rappresentanza, segnando una partecipazione delle autonomie locali all’integrazione europea, intesa come processo capace al tempo stesso di ridurre le disparità socio-economiche territoriali e rispettare le specificità locali. Si fornisce una panoramica delle teorie dell’integrazione europea evidenziando il contributo che ciascun approccio teorico ha fornito alla compressione del processo di integrazione nelle diverse fasi di sviluppo. La lettura esistente sulle teorie dell’integrazione europea è ampia e variegata ma nonostante ciò non è ancora emersa una grand theory che spieghi l’integrazione europea in complesso e spesso si è allontanati dal campo d’indagine dell’integrazione e che in un certo modo gli studi sulla governance hanno tentato di portare al centro dell’attenzione mirando a cogliere il processo di integrazione nella sua funzionalità e nei diversi livelli di manifestazione. Seconda parte Nella seconda parte del lavoro, ho concentrato lo studio di ricerca sull’evoluzione del quadro istituzionale e sulla modalità di produzione ed implementazione delle politiche nell’Unione europea facendo una comparazione interpretativa del governo dell’Unione europea, ho messo in evidenza i limiti ed i meriti delle modalità d’azione dell’originaria Comunità economica (Ce) e dell’attuale Unione europea. Ho concentrato i campi di indagine sul cambiamento del quadro politico istituzionale avvenuto con l’attuazione dei trattati, dal Trattato di Roma fino al Trattato di Lisbona, la ripartizione delle competenze istituzionali e dell’equilibrio istituzionale creato con l’adozione del Trattato di Lisbona. Ho approfondito lo studio sui ruoli e le competenze delle quattro Istituzioni “politiche” (Parlamento europeo (Pe), Commissione europea, Consiglio europeo e Consiglio) del quadro istituzionale europeo. Da questa analisi ho dedotto che l’Unione europea, nella sua evoluzione verso il rafforzamento del processo di integrazione è stata istituzionalizzata, politicizzata ed ha ottenuto una costituzionalizzazione dei Trattati. Ma comunque le sfide che l’Unione europea ha affrontato e sta affrontando hanno messo in evidenza i limiti del metodo classico dell’integrazione europea, facendo crescere l’insoddisfazione nella capacità di problem solving dell’UE e richiedendo una nuova fase della governance europea. Terza parte Nella terza parte del lavoro ho focalizzato l’analisi sullo studio del sistema di governance europea e del suo sviluppo nei meccanismi decisionali e di implementazione delle politiche dell’Unione europea. Il concetto di governance ha contrassegnato una svolta nella riflessione sulle istituzioni europee, ed ha posto l’accento sull’esistenza di un sistema di regole, di procedure e di poteri che ormai prescinde dalla volontà degli stati membri. Il contenuto e gli obiettivi del “Libro bianco sulla governance europea” pubblicato dalla Commissione europea nel luglio 2001, ha definiti i principi a partire dai quali ri-articolare il processo di policy making europeo dando inizio a quel processo di implementazione ed attuazione delle politiche. Visto il sistema creatasi, ho analizzato il sistema di governance europea dopo il trattato di Lisbona, concentrandomi sul processo decisionale, il ruolo delle istituzioni nell’influenzare il processo e dei metodi decisionali della governance europea quali: il metodo comunitario, quello intergovernativo e di coordinamento aperto. Ho comparato l’utilizzo e i risultati ottenuti da questi metodi al riguardo del processo di integrazione. Ho concluso con un’analisi del ruolo delle istituzioni e dei modelli decisionali, quello intergovernativo e sovranazionale, e la governance economica europea. Quarta parte La quarta parte e conclusiva del mio lavoro, l’ho agli sviluppi recenti dell’Unione europea. Ho analizzato le conseguenze della crisi finanziaria, che ha portato ad un arresto del processo di integrazione, le risposte che il sistema di governance ha dato ed il ruolo delle istituzioni europee nella crisi finanziaria. Ho affrontato anche il tema di legittimità e democrazia nel sistema di governance, la nuova governance europea secondo le teorie dei “nuovi intergovernamentalisti”, dei “nuovi sovranazionalisti” e dei “nuovi parlamentaristi”. Infine, ho tracciato una linea su alcuni sviluppi e proposte per far ripartire il processo di integrazione in quanto, l’Unione europea si è trasformata radicalmente nel corso della crisi dell’euro che si è sviluppata a partire dal 2008. Questa crisi ha messo in discussione l’equilibrio tra le due costituzioni previsto dal Trattato di Lisbona (intergovernativa e sovranazionale), rafforzando impetuosamente la costituzione intergovernativa a cui il Trattato ha affidato la gestione della politica economica e finanziaria. Quando esplose la crisi, l’UE aveva a disposizione il framework decisionale per affrontarla all’interno del quale quindi individuare gli strumenti necessari per governarla. Per questo motivo è improprio sostenere che l’UE si sia trovata impreparata ad affrontare le sfide della crisi finanziaria. Tuttavia, anche gli strumenti di cui ha potuto disporre non hanno funzionato come ci si aspettava. Tant’è che la crisi finanziaria si è protratta come mai era successo nel passato. Le decisioni prese sono risultate regolarmente troppo limitate e sono arrivate sempre molto in ritardo. La difficoltà nel gestire la crisi finanziaria ha accentuato le divisioni all’interno dell’Eurozona, tra gli stati debitori del Sud e gli stati creditori del Nord. La costituzione intergovernativa non ha funzionato a dare risposte e soluzioni alla crisi ed ha prodotto una mancanza di democraticità e legittimazione delle sue decisioni. Per far fronte al problema di democraticità e legittimazione delle decisioni molti analisti sono di comune accordo col fatto di rivedere i Trattati per ridurre il potere acquisito dal Consiglio europeo nel recente periodo. I risultati dell’analisi di ricerca dimostrano che la storia dell’integrazione europea ha avuto come principale strumento l’economia che però ha trovato nella politica il suo promotore, e che nella politica cerca nuovi traguardi e un nuovo rilancio. Gli eventi in questi anni di storia di integrazione europea hanno mostrato che il processo d’integrazione europea necessita di essere alimentato in continuazione, che mantiene un equilibrio fino a quanto risulta in movimento, mentre frana appena si ferma. Visto le difficoltà che l’Unione europea sta oggi incontrando sia nel implementare il processo di integrazione sia al interno del quadro politico istituzionale, e inevitabile una rivisitazione del processo di integrazione ove le sfide da affrontare sono enormi: dal prevalere della regola del consenso in ambiti chiave come la politica estera e quella di difesa, all’apparente rinazionalizzazione delle politiche, dalla crescente diffidenza del pubblico verso le istituzioni europee all’incapacità dell’Unione europea di fornire risposte adeguate ai bisogni sociali ed economici della popolazione dei suoi Stati membri. Dalla ricerca effettuata si sono presentati alcuni scenari che propongono soluzioni diverse ad un futuro sviluppo dell’Unione europea: dalla scelta di “integrazione intergovernativa” passando da quella funzionalista di un’“integrazione differenziata” fino ad un concetto di integrazione a più livelli con i caratteri forti di un nucleo centrale unitario di carattere sovranazionale e democratico. Fondamentale è partire dalle esigenze economiche, politiche, sociali e di sicurezza di un futuro sistema di governance dell’Unione europea, dove i termini di riferimento principali devono essere il governo, i valori e le finalità di quest’ultima. La crisi economica e finanziaria ha determinato un contesto sociale, economico e finanziario molto problematico, mettendo in contrasto l’efficienza del processo decisionale con il rispetto delle prerogative previste dal Trattato attuale. Durante la crisi finanziaria gli interessi differenti degli Stati membri e le difficoltà incontrate nell’apertura di un dibattito sulla revisione dei trattati hanno comportato un ritorno del ricorso all’integrazione differenziata come strumento per risolvere la dualità tra gli Stati membri sostenitori della scelta intergovernativa e quelli che invece propendevano per una soluzione sovrannazionale. Lo strumento dell’integrazione differenziata si è dimostrato indispensabile per il raggiungimento di una vera unione economica. Essa si può attuare, basandosi sul quadro istituzionale e giuridico esistente oppure, attraverso una revisione dei trattati e nell’ultimo dei casi, adottando soluzioni intergovernative. Tuttavia, la crisi economica e finanziaria ha favorito, su impulso del Consiglio europeo, il ricorso a meccanismi esterni ai trattati adottando soluzioni intergovernative. L’articolo 136 del TFUE che fornisce la base giuridica introdotto con il Trattato di Lisbona per approfondire l’integrazione della zona euro, è stata utilizzata solamente per l’adozione di alcune misure della governance economica come il six-pack e successivamente il two-pack, mentre il Meccanismo europeo di stabilità (MES) e il Fiscal Compact (il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (TSCG)), sono stati conclusi all’esterno ai trattati, seguendo il metodo intergovernativo. Dall’analisi svolta, si rileva che il Consiglio europeo ha svolto un efficace ruolo nel raggiungere una posizione consensuale sugli orientamenti generali dell’azione dell’Unione. Sembra tuttavia legittimo domandarsi se in ragione del carattere intergovernativo del suo status e del metodo decisionale, il Consiglio europeo possa rallentare l’evoluzione della costruzione europea. Inoltre, si evidenzia anche uno scarso livello cooperazione istituzionale. In particolare, nonostante in molti casi le negoziazioni tra le istituzioni riguardanti atti legislativi siano state caratterizzate dalle difficoltà di raggiungere una posizione comune in seno al Consiglio, il Consiglio europeo non ha fatto ricorso agli strumenti previsti dai trattati nel quadro della procedura di revisione semplificata. Si rileva infine, che la pratica istituzionale ha gradualmente modificato la distribuzione dei poteri stabilita dalle disposizioni del nuovo trattato, in seguito all’istituzionalizzazione del Consiglio europeo, e questo quest’ultimo ha saputo avvalersi della necessità di una forte governance dell’Unione europea e affermare una solida cooperazione con il Consiglio (a volte anche scavalcandolo), con cui condivide interessi e priorità in virtù della comune natura intergovernativa. Si è avuto una involuzione centralistica dell’Unione europea dovuta alle trasformazioni indotte sul funzionamento dell’Unione europea dalle crisi e dalla Brexit che hanno sollevano nuovi problemi istituzionali. L’Unione europea di impronta intergovernativa che è emersa dalle crisi ha poco a che fare con l’Unione europea sovranazionale che organizza il funzionamento del mercato unico. I governi nazionali si sono insediati al centro del processo decisionale, anche se non hanno potuto escludere da quest’ultimo la Commissione (anche se il suo ruolo è diventato marginale). Abbiamo assistito all’istituzionalizzazione di un sistema decisionale che ha accentuato le divisioni tra gli stati che ne fanno parte, ognuno di essi preoccupato di difendere o di imporre i propri interessi. Tuttavia, non vi è dubbio che la gestione delle crisi multiple ha fatto emergere divisioni tra stati che non sono coerenti con l’ispirazione che ha dato vita al processo di integrazione. In realtà in quelle crisi si sono viste gerarchie tra gli stati, divisioni tra stati, accentuate dalla governance intergovernativa, che hanno riflettuto profonde divergenze sullo scopo del processo di integrazione. È a queste differenti prospettive che occorre rivolgere l’attenzione.
Il funzionamento del sistema di governance europea ed il ruolo delle Istituzioni "politiche" nell'integrazione europea
KOXHAJ, ERMAL
2020
Abstract
Abstract tesi IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DI GOVERNANCE EUROPEA ED IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI “POLITICHE” NELL’INTEGRAZIONE EUROPEA Il mio lavoro di ricerca, sul tema della governance europea, del processo di integrazione europea e dello sviluppo della mia ricerca, è stato quello di studiare ed analizzare come il concetto di governance, che fino a non molti anni fa era praticamente inutilizzato, ha conosciuto un così largo e rapido sviluppo? Come primo paso ho tentato di fare chiarezza sul campo di applicazione di questo concetto e del suo sviluppo, con particolare attenzione alla sfera delle relazioni politiche tra i vari attori della politica europea. Per capire le cause che hanno fatto emergere il concetto di governance a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, ho fatto riferimento all’assetto istituzionale creatosi nel dopo guerra ed ai modelli politici che si sono susseguiti tra i quali: il modello welfarista-keynesiano del dopo guerra, il modello neo-corporativo, il modello neo-liberale fino ad arrivare all’uso del concetto di governance come modello di implementazione delle politiche. Il lavoro di ricerca intrapreso, sul funzionamento del sistema di governance europea ed il ruolo delle istituzioni ‘politiche’ dell’Unione europea (Ue) nel processo di integrazione, è diviso in quattro parti. Prima parte La prima parte del lavoro di ricerca ho offre una chiara versione dell’insorgere del concetto di governance come modello-approccio per il processo di integrazione europea. Come punto di partenza è lo studio delle teorie classiche dell’integrazione europea: la teoria del federalismo, il funzionalismo, il neofunzionalismo, l’istituzionalismo, l’intergovernativismo e della governance multilivello la quale rappresenta il carattere dell’Unione europea e con riferimento al processo di integrazione europea, si fa riferimento alla divisione delle competenze tra UE e Stati membri. Il concetto di multilevel governance designa l’articolarsi della divisione di competenze e di rapporti non più soltanto tra UE e Stati membri, ma anche con il coinvolgimento dei livelli sub-nazionali insediando a Bruxelles uffici di rappresentanza, segnando una partecipazione delle autonomie locali all’integrazione europea, intesa come processo capace al tempo stesso di ridurre le disparità socio-economiche territoriali e rispettare le specificità locali. Si fornisce una panoramica delle teorie dell’integrazione europea evidenziando il contributo che ciascun approccio teorico ha fornito alla compressione del processo di integrazione nelle diverse fasi di sviluppo. La lettura esistente sulle teorie dell’integrazione europea è ampia e variegata ma nonostante ciò non è ancora emersa una grand theory che spieghi l’integrazione europea in complesso e spesso si è allontanati dal campo d’indagine dell’integrazione e che in un certo modo gli studi sulla governance hanno tentato di portare al centro dell’attenzione mirando a cogliere il processo di integrazione nella sua funzionalità e nei diversi livelli di manifestazione. Seconda parte Nella seconda parte del lavoro, ho concentrato lo studio di ricerca sull’evoluzione del quadro istituzionale e sulla modalità di produzione ed implementazione delle politiche nell’Unione europea facendo una comparazione interpretativa del governo dell’Unione europea, ho messo in evidenza i limiti ed i meriti delle modalità d’azione dell’originaria Comunità economica (Ce) e dell’attuale Unione europea. Ho concentrato i campi di indagine sul cambiamento del quadro politico istituzionale avvenuto con l’attuazione dei trattati, dal Trattato di Roma fino al Trattato di Lisbona, la ripartizione delle competenze istituzionali e dell’equilibrio istituzionale creato con l’adozione del Trattato di Lisbona. Ho approfondito lo studio sui ruoli e le competenze delle quattro Istituzioni “politiche” (Parlamento europeo (Pe), Commissione europea, Consiglio europeo e Consiglio) del quadro istituzionale europeo. Da questa analisi ho dedotto che l’Unione europea, nella sua evoluzione verso il rafforzamento del processo di integrazione è stata istituzionalizzata, politicizzata ed ha ottenuto una costituzionalizzazione dei Trattati. Ma comunque le sfide che l’Unione europea ha affrontato e sta affrontando hanno messo in evidenza i limiti del metodo classico dell’integrazione europea, facendo crescere l’insoddisfazione nella capacità di problem solving dell’UE e richiedendo una nuova fase della governance europea. Terza parte Nella terza parte del lavoro ho focalizzato l’analisi sullo studio del sistema di governance europea e del suo sviluppo nei meccanismi decisionali e di implementazione delle politiche dell’Unione europea. Il concetto di governance ha contrassegnato una svolta nella riflessione sulle istituzioni europee, ed ha posto l’accento sull’esistenza di un sistema di regole, di procedure e di poteri che ormai prescinde dalla volontà degli stati membri. Il contenuto e gli obiettivi del “Libro bianco sulla governance europea” pubblicato dalla Commissione europea nel luglio 2001, ha definiti i principi a partire dai quali ri-articolare il processo di policy making europeo dando inizio a quel processo di implementazione ed attuazione delle politiche. Visto il sistema creatasi, ho analizzato il sistema di governance europea dopo il trattato di Lisbona, concentrandomi sul processo decisionale, il ruolo delle istituzioni nell’influenzare il processo e dei metodi decisionali della governance europea quali: il metodo comunitario, quello intergovernativo e di coordinamento aperto. Ho comparato l’utilizzo e i risultati ottenuti da questi metodi al riguardo del processo di integrazione. Ho concluso con un’analisi del ruolo delle istituzioni e dei modelli decisionali, quello intergovernativo e sovranazionale, e la governance economica europea. Quarta parte La quarta parte e conclusiva del mio lavoro, l’ho agli sviluppi recenti dell’Unione europea. Ho analizzato le conseguenze della crisi finanziaria, che ha portato ad un arresto del processo di integrazione, le risposte che il sistema di governance ha dato ed il ruolo delle istituzioni europee nella crisi finanziaria. Ho affrontato anche il tema di legittimità e democrazia nel sistema di governance, la nuova governance europea secondo le teorie dei “nuovi intergovernamentalisti”, dei “nuovi sovranazionalisti” e dei “nuovi parlamentaristi”. Infine, ho tracciato una linea su alcuni sviluppi e proposte per far ripartire il processo di integrazione in quanto, l’Unione europea si è trasformata radicalmente nel corso della crisi dell’euro che si è sviluppata a partire dal 2008. Questa crisi ha messo in discussione l’equilibrio tra le due costituzioni previsto dal Trattato di Lisbona (intergovernativa e sovranazionale), rafforzando impetuosamente la costituzione intergovernativa a cui il Trattato ha affidato la gestione della politica economica e finanziaria. Quando esplose la crisi, l’UE aveva a disposizione il framework decisionale per affrontarla all’interno del quale quindi individuare gli strumenti necessari per governarla. Per questo motivo è improprio sostenere che l’UE si sia trovata impreparata ad affrontare le sfide della crisi finanziaria. Tuttavia, anche gli strumenti di cui ha potuto disporre non hanno funzionato come ci si aspettava. Tant’è che la crisi finanziaria si è protratta come mai era successo nel passato. Le decisioni prese sono risultate regolarmente troppo limitate e sono arrivate sempre molto in ritardo. La difficoltà nel gestire la crisi finanziaria ha accentuato le divisioni all’interno dell’Eurozona, tra gli stati debitori del Sud e gli stati creditori del Nord. La costituzione intergovernativa non ha funzionato a dare risposte e soluzioni alla crisi ed ha prodotto una mancanza di democraticità e legittimazione delle sue decisioni. Per far fronte al problema di democraticità e legittimazione delle decisioni molti analisti sono di comune accordo col fatto di rivedere i Trattati per ridurre il potere acquisito dal Consiglio europeo nel recente periodo. I risultati dell’analisi di ricerca dimostrano che la storia dell’integrazione europea ha avuto come principale strumento l’economia che però ha trovato nella politica il suo promotore, e che nella politica cerca nuovi traguardi e un nuovo rilancio. Gli eventi in questi anni di storia di integrazione europea hanno mostrato che il processo d’integrazione europea necessita di essere alimentato in continuazione, che mantiene un equilibrio fino a quanto risulta in movimento, mentre frana appena si ferma. Visto le difficoltà che l’Unione europea sta oggi incontrando sia nel implementare il processo di integrazione sia al interno del quadro politico istituzionale, e inevitabile una rivisitazione del processo di integrazione ove le sfide da affrontare sono enormi: dal prevalere della regola del consenso in ambiti chiave come la politica estera e quella di difesa, all’apparente rinazionalizzazione delle politiche, dalla crescente diffidenza del pubblico verso le istituzioni europee all’incapacità dell’Unione europea di fornire risposte adeguate ai bisogni sociali ed economici della popolazione dei suoi Stati membri. Dalla ricerca effettuata si sono presentati alcuni scenari che propongono soluzioni diverse ad un futuro sviluppo dell’Unione europea: dalla scelta di “integrazione intergovernativa” passando da quella funzionalista di un’“integrazione differenziata” fino ad un concetto di integrazione a più livelli con i caratteri forti di un nucleo centrale unitario di carattere sovranazionale e democratico. Fondamentale è partire dalle esigenze economiche, politiche, sociali e di sicurezza di un futuro sistema di governance dell’Unione europea, dove i termini di riferimento principali devono essere il governo, i valori e le finalità di quest’ultima. La crisi economica e finanziaria ha determinato un contesto sociale, economico e finanziario molto problematico, mettendo in contrasto l’efficienza del processo decisionale con il rispetto delle prerogative previste dal Trattato attuale. Durante la crisi finanziaria gli interessi differenti degli Stati membri e le difficoltà incontrate nell’apertura di un dibattito sulla revisione dei trattati hanno comportato un ritorno del ricorso all’integrazione differenziata come strumento per risolvere la dualità tra gli Stati membri sostenitori della scelta intergovernativa e quelli che invece propendevano per una soluzione sovrannazionale. Lo strumento dell’integrazione differenziata si è dimostrato indispensabile per il raggiungimento di una vera unione economica. Essa si può attuare, basandosi sul quadro istituzionale e giuridico esistente oppure, attraverso una revisione dei trattati e nell’ultimo dei casi, adottando soluzioni intergovernative. Tuttavia, la crisi economica e finanziaria ha favorito, su impulso del Consiglio europeo, il ricorso a meccanismi esterni ai trattati adottando soluzioni intergovernative. L’articolo 136 del TFUE che fornisce la base giuridica introdotto con il Trattato di Lisbona per approfondire l’integrazione della zona euro, è stata utilizzata solamente per l’adozione di alcune misure della governance economica come il six-pack e successivamente il two-pack, mentre il Meccanismo europeo di stabilità (MES) e il Fiscal Compact (il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (TSCG)), sono stati conclusi all’esterno ai trattati, seguendo il metodo intergovernativo. Dall’analisi svolta, si rileva che il Consiglio europeo ha svolto un efficace ruolo nel raggiungere una posizione consensuale sugli orientamenti generali dell’azione dell’Unione. Sembra tuttavia legittimo domandarsi se in ragione del carattere intergovernativo del suo status e del metodo decisionale, il Consiglio europeo possa rallentare l’evoluzione della costruzione europea. Inoltre, si evidenzia anche uno scarso livello cooperazione istituzionale. In particolare, nonostante in molti casi le negoziazioni tra le istituzioni riguardanti atti legislativi siano state caratterizzate dalle difficoltà di raggiungere una posizione comune in seno al Consiglio, il Consiglio europeo non ha fatto ricorso agli strumenti previsti dai trattati nel quadro della procedura di revisione semplificata. Si rileva infine, che la pratica istituzionale ha gradualmente modificato la distribuzione dei poteri stabilita dalle disposizioni del nuovo trattato, in seguito all’istituzionalizzazione del Consiglio europeo, e questo quest’ultimo ha saputo avvalersi della necessità di una forte governance dell’Unione europea e affermare una solida cooperazione con il Consiglio (a volte anche scavalcandolo), con cui condivide interessi e priorità in virtù della comune natura intergovernativa. Si è avuto una involuzione centralistica dell’Unione europea dovuta alle trasformazioni indotte sul funzionamento dell’Unione europea dalle crisi e dalla Brexit che hanno sollevano nuovi problemi istituzionali. L’Unione europea di impronta intergovernativa che è emersa dalle crisi ha poco a che fare con l’Unione europea sovranazionale che organizza il funzionamento del mercato unico. I governi nazionali si sono insediati al centro del processo decisionale, anche se non hanno potuto escludere da quest’ultimo la Commissione (anche se il suo ruolo è diventato marginale). Abbiamo assistito all’istituzionalizzazione di un sistema decisionale che ha accentuato le divisioni tra gli stati che ne fanno parte, ognuno di essi preoccupato di difendere o di imporre i propri interessi. Tuttavia, non vi è dubbio che la gestione delle crisi multiple ha fatto emergere divisioni tra stati che non sono coerenti con l’ispirazione che ha dato vita al processo di integrazione. In realtà in quelle crisi si sono viste gerarchie tra gli stati, divisioni tra stati, accentuate dalla governance intergovernativa, che hanno riflettuto profonde divergenze sullo scopo del processo di integrazione. È a queste differenti prospettive che occorre rivolgere l’attenzione.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Tesi_dottorato_Koxhaj.pdf
accesso aperto
Dimensione
1.4 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.4 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/176060
URN:NBN:IT:UNIROMA1-176060