Le malattie da accumulo lisosomiale (LSD) sono un gruppo di patologie neurometaboliche, causate principalmente dal deficit di un enzima lisosomiale. Le LSD sono malattie multisistemiche e circa due terzi dei pazienti presentano anche danno neurologico e cognitivo. La terapia enzimatica sostitutiva, la strategia terapeutica più comunemente applicata ad alcune LSD, pur determinando alcuni miglioramenti sistemici, si è rivelata inefficace nel trattamento del coinvolgimento neurologico, a causa dell’incapacità degli enzimi terapeutici di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE). Diventa, perciò, di primaria importanza valutare metodi alternativi per il trasporto di questi farmaci al sistema nervoso centrale (SNC). Tra le LSD, le Mucopolisaccaridosi (MPS) sono caratterizzate dalla mancanza totale o parziale di attività di enzimi lisosomiali coinvolti nel catabolismo dei glicosaminoglicani (GAG), che, pertanto, si accumulano sia nel comparto cellulare che nella matrice extracellulare. In questo studio, nel quale sono state in particolare studiate le MPS di tipo I e di tipo II, nanoparticelle polimeriche (NPs), modificate con un glicopeptide di 7 amminoacidi (g7), già testate per il trasporto oltre barriera di molecole a basso peso molecolare, sono state valutate come possibile veicolo per l’attraversamento della BEE e il trasporto degli enzimi terapeutici ricombinanti al SNC, dopo somministrazione sistemica nei topi. I risultati ottenuti negli studi preliminari nei modelli murini per la MPS I e la MPS II, hanno mostrato chiaramente che le g7-NPs sono in grado di trasportare al cervello l’albumina-FITC (farmaco modello), attraversando la BEE, in tutti i topi trattati (Ids-ko, Idua-ko e wt). Il successivo studio preliminare in vivo nel modello murino per la MPS II, in cui sono state testate le g7-NPs caricate con l’enzima IDS ricombinante e marcate con Rodamina B (g7-NPs-IDS-R), ha confermato che le g7-NPs sono in grado di trasportare l’enzima attraverso la BEE, aprendo così la strada per i successivi studi di efficacia da effettuare in vitro ed in vivo. Nello studio in vitro, fibroblasti ottenuti da pazienti affetti da MPS II sono stati trattati con NPs non targettate (prive di g7) e caricate con l’enzima ricombinante impiegato per la terapia di questa patologia. I dati ottenuti hanno suggerito che le nanoparticelle probabilmente necessitano di un tempo superiore alle 2 settimane per aprirsi e rilasciare l’enzima ricombinante o, anche, che le fasi di apertura e rilascio potrebbero necessitare di un sistema fisiologico più complesso rispetto ad un sistema in vitro. Per valutare l'efficienza di trasferimento e l'attività enzimatica indotta dalle g7-NPs caricate con l'enzima ricombinante (g7-NPs-IDS), è stato di seguito condotto uno studio pilota in vivo nel modello murino per la MPS II. I topi sono stati trattati con una singola dose di enzima e sacrificati dopo 7 o 14 giorni. Nel fegato e nel cervello dei topi trattati con g7-NPs-IDS non è stata, tuttavia, rilevata alcuna attività IDS indotta o la riduzione dei depositi di GAG. Sebbene i risultati ottenuti dallo studio in vitro e da quello pilota in vivo risultassero per lo più negativi, era importante effettuare un’analisi a medio termine per valutare l’eventuale apertura delle NPs in un tempo più lungo. A questo scopo, è stato condotto uno studio in vivo nel modello murino per la MPS II, mediante somministrazione settimanale di NPs nei topi, per un totale di 6 settimane. Le valutazioni biochimiche, istologiche, immunoistochimiche e di immunofluorescenza condotte nel fegato e nel cervello dei topi trattati con le g7-NPs-IDS hanno evidenziato che un periodo di 6 settimane di trattamento è ancora insufficiente per consentire un'efficace apertura delle NPs e il rilascio dell’enzima incapsulato. Tuttavia, i risultati ottenuti da questo ultimo studio a medio termine sono risultati incoraggianti, poiché mostrano una costante, se pur lieve, tendenza al miglioramento nel fegato e nel cervello dei topi trattati con g7-NPs-IDS. Ulteriori studi sono necessari, e sono attualmente in corso, per capire i tempi di rilascio dell’enzima dalle NPs; inoltre, è in fase di rivalutazione la formulazione delle stesse, con l'obiettivo di mantenerne l'efficienza di trasporto al SNC, ma di ridurne i tempi di rilascio del farmaco.
Nanotechnologies for CNS drug delivery: therapy for the neurological compartment in the Mucopolisaccharidoses
RIGON, LAURA
2015
Abstract
Le malattie da accumulo lisosomiale (LSD) sono un gruppo di patologie neurometaboliche, causate principalmente dal deficit di un enzima lisosomiale. Le LSD sono malattie multisistemiche e circa due terzi dei pazienti presentano anche danno neurologico e cognitivo. La terapia enzimatica sostitutiva, la strategia terapeutica più comunemente applicata ad alcune LSD, pur determinando alcuni miglioramenti sistemici, si è rivelata inefficace nel trattamento del coinvolgimento neurologico, a causa dell’incapacità degli enzimi terapeutici di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE). Diventa, perciò, di primaria importanza valutare metodi alternativi per il trasporto di questi farmaci al sistema nervoso centrale (SNC). Tra le LSD, le Mucopolisaccaridosi (MPS) sono caratterizzate dalla mancanza totale o parziale di attività di enzimi lisosomiali coinvolti nel catabolismo dei glicosaminoglicani (GAG), che, pertanto, si accumulano sia nel comparto cellulare che nella matrice extracellulare. In questo studio, nel quale sono state in particolare studiate le MPS di tipo I e di tipo II, nanoparticelle polimeriche (NPs), modificate con un glicopeptide di 7 amminoacidi (g7), già testate per il trasporto oltre barriera di molecole a basso peso molecolare, sono state valutate come possibile veicolo per l’attraversamento della BEE e il trasporto degli enzimi terapeutici ricombinanti al SNC, dopo somministrazione sistemica nei topi. I risultati ottenuti negli studi preliminari nei modelli murini per la MPS I e la MPS II, hanno mostrato chiaramente che le g7-NPs sono in grado di trasportare al cervello l’albumina-FITC (farmaco modello), attraversando la BEE, in tutti i topi trattati (Ids-ko, Idua-ko e wt). Il successivo studio preliminare in vivo nel modello murino per la MPS II, in cui sono state testate le g7-NPs caricate con l’enzima IDS ricombinante e marcate con Rodamina B (g7-NPs-IDS-R), ha confermato che le g7-NPs sono in grado di trasportare l’enzima attraverso la BEE, aprendo così la strada per i successivi studi di efficacia da effettuare in vitro ed in vivo. Nello studio in vitro, fibroblasti ottenuti da pazienti affetti da MPS II sono stati trattati con NPs non targettate (prive di g7) e caricate con l’enzima ricombinante impiegato per la terapia di questa patologia. I dati ottenuti hanno suggerito che le nanoparticelle probabilmente necessitano di un tempo superiore alle 2 settimane per aprirsi e rilasciare l’enzima ricombinante o, anche, che le fasi di apertura e rilascio potrebbero necessitare di un sistema fisiologico più complesso rispetto ad un sistema in vitro. Per valutare l'efficienza di trasferimento e l'attività enzimatica indotta dalle g7-NPs caricate con l'enzima ricombinante (g7-NPs-IDS), è stato di seguito condotto uno studio pilota in vivo nel modello murino per la MPS II. I topi sono stati trattati con una singola dose di enzima e sacrificati dopo 7 o 14 giorni. Nel fegato e nel cervello dei topi trattati con g7-NPs-IDS non è stata, tuttavia, rilevata alcuna attività IDS indotta o la riduzione dei depositi di GAG. Sebbene i risultati ottenuti dallo studio in vitro e da quello pilota in vivo risultassero per lo più negativi, era importante effettuare un’analisi a medio termine per valutare l’eventuale apertura delle NPs in un tempo più lungo. A questo scopo, è stato condotto uno studio in vivo nel modello murino per la MPS II, mediante somministrazione settimanale di NPs nei topi, per un totale di 6 settimane. Le valutazioni biochimiche, istologiche, immunoistochimiche e di immunofluorescenza condotte nel fegato e nel cervello dei topi trattati con le g7-NPs-IDS hanno evidenziato che un periodo di 6 settimane di trattamento è ancora insufficiente per consentire un'efficace apertura delle NPs e il rilascio dell’enzima incapsulato. Tuttavia, i risultati ottenuti da questo ultimo studio a medio termine sono risultati incoraggianti, poiché mostrano una costante, se pur lieve, tendenza al miglioramento nel fegato e nel cervello dei topi trattati con g7-NPs-IDS. Ulteriori studi sono necessari, e sono attualmente in corso, per capire i tempi di rilascio dell’enzima dalle NPs; inoltre, è in fase di rivalutazione la formulazione delle stesse, con l'obiettivo di mantenerne l'efficienza di trasporto al SNC, ma di ridurne i tempi di rilascio del farmaco.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/176486
URN:NBN:IT:UNIPD-176486