Nonostante un gran numero di lavori abbiano riguardato la caratterizzazione analitica di vetri datati alla tarda età del Bronzo e all’epoca Romana, il vetro Tolemaico è ancora poco noto. La ricerca qui presentata intende contribuire a colmare questo vuoto, grazie allo studio multidisciplinare dell’officina di Tebtynis (oasi del Fayum, Egitto), che è stata rinvenuta da Carlo Anti nei primi anni trenta del ‘900. Questo lavoro offre innanzitutto una revisione critica della documentazione d’archivio, indagata in associazione con lo studio funzionale e archeomentrico dei reperti rinvenuti all’interno dell’officina, che sono ora in gran parte conservati presso il Museo Egizio di Torino (Italia). Gli oggetti indagati comprendono attrezzi (come stampi, vassoi, pesi) e una nutrita serie di prodotti finiti, semi-finiti e scarti in vetro, essenzialmente legati alla produzione di intarsi monocromi e policromi usati per la decorazione del mobilio liturgico. Dopo un primo censimento e studio dell’intera collezione (oltre 800 frammenti > 2mm), è stato selezionato un campione rappresentativo costituito da 70 reperti comprendenti 144 diversi tipi di vetro, che sono stati scelti per essere sottoposti a ulteriori approfondimenti analitici. La ricerca ha richiesto l’impiego combinato di una vasta gamma di strumentazioni analitiche e di metodi per il processamento dei dati: microscopio stereoscopico e ottico (SM e OM), microscopio confocale laser a scansione (CLSM), microscopio elettronico a scansione accoppiato a microsonda a dispersione di energia (SEM-EDS), microsonda elettronica (EPMA), spettroscopia micro-Raman (µ-Raman), imaging multi-focale (MFI), analisi d’immagine object-based (OBIA) e analisi delle componenti principali (PCA). I risultati contribuiscono a gettare nuova luce sulla lavorazione del vetro in epoca Tolemaica e costituiscono il più numeroso set di dati di questa fase analizzato fino ad oggi. In particolare, è stato possibile ricostruire le tecnologie impiegate per le diverse classi di intarsi in vetro, analizzando la chaîne opératoire e gli indicatori di lavorazione, anche da un punto di vista micro-tessiturale. Un approfondimento specifico è stato poi dedicato alla comprensione dei processi di colorazione e alla caratterizzazione delle materie prime, in termini di provenienza delle sabbie e di tipologia di fondenti impiegati. Il tipo e la quantità di residui minerali derivanti dalle sabbie usate per la miscela vetrificabile, e in particolare i minerali pesanti, suggeriscono una produzione Egiziana del vetro base, che ben si accorda con un artigianato di antica tradizione locale come quello degli intarsi in vetro. Inoltre, i dati analitici mostrano che i reperti da Tebtynis sono perlopiù costituiti vetri LMG (Low Magnesium Glasses), in accordo con le ricette classicamente associate al vetro Romano. Sono stati, inoltre, identificati un piccolo nucleo di vetri HMG (High Magnesium Glasses), principalmente composto da vetri di colore rosso scuro (ma non solo), e altre composizioni intermedie, che sono state interpretate come vetri al natron la cui ricetta è stata modificata durante i processi di colorazione. Vetri sodico-calcico-piombici e piombici sono presenti in tutti i colori, ma i maggiori tenori di PbO sono sempre associati ai vetri rossi, giallo-arancioni e gialli. Tra i coloranti ionici si segnalano l’impiego di Cu2+ nei vetri azzurri e turchesi, Co2+ (talvolta associato a Cu2+) per i campioni blu scuro, un mix di Fe2+ e Fe3+ nei vetri verdi trasparenti e in quelli non intenzionalmente colorati. Sono inoltre presenti sia campioni decolorati con manganese che con antimonio. I principali opacizzanti nei vetri bianchi, blu, verdi e gialli sono gli antimoniati di calcio, sodio e piombo. Sono testimoniate sia la precipitazione in situ che l’aggiunta ex situ degli opacizzanti, spesso (ma non sempre) ciascuna associata a specifiche classi cromatiche. Il colore rosso opaco è dovuto alla presenza di gocce nanometriche di rame metallico (Cu0) oppure di dendriti di cuprite. Nano-cristalli di Cu2O sono anche responsabili del colore e dell’opacità nei campioni giallo-arancioni e in quello marrone. La comparazione dei risultati ottenuti con le analisi da letteratura relative a campioni più antichi, coevi e successivi ha dimostrato che le ricette del vetro base e le tecnologie di colorazione impiegate durante il periodo Tolemaico condividono importanti similitudini con la produzione romana, ma ha anche evidenziato una massiccia propensione alla sperimentazione, che è tipica delle fasi di transizione.

Archaeometric study of Egyptian vitreous materials from Tebtynis: integration of analytical and archaeological data

BETTINESCHI, CINZIA
2018

Abstract

Nonostante un gran numero di lavori abbiano riguardato la caratterizzazione analitica di vetri datati alla tarda età del Bronzo e all’epoca Romana, il vetro Tolemaico è ancora poco noto. La ricerca qui presentata intende contribuire a colmare questo vuoto, grazie allo studio multidisciplinare dell’officina di Tebtynis (oasi del Fayum, Egitto), che è stata rinvenuta da Carlo Anti nei primi anni trenta del ‘900. Questo lavoro offre innanzitutto una revisione critica della documentazione d’archivio, indagata in associazione con lo studio funzionale e archeomentrico dei reperti rinvenuti all’interno dell’officina, che sono ora in gran parte conservati presso il Museo Egizio di Torino (Italia). Gli oggetti indagati comprendono attrezzi (come stampi, vassoi, pesi) e una nutrita serie di prodotti finiti, semi-finiti e scarti in vetro, essenzialmente legati alla produzione di intarsi monocromi e policromi usati per la decorazione del mobilio liturgico. Dopo un primo censimento e studio dell’intera collezione (oltre 800 frammenti > 2mm), è stato selezionato un campione rappresentativo costituito da 70 reperti comprendenti 144 diversi tipi di vetro, che sono stati scelti per essere sottoposti a ulteriori approfondimenti analitici. La ricerca ha richiesto l’impiego combinato di una vasta gamma di strumentazioni analitiche e di metodi per il processamento dei dati: microscopio stereoscopico e ottico (SM e OM), microscopio confocale laser a scansione (CLSM), microscopio elettronico a scansione accoppiato a microsonda a dispersione di energia (SEM-EDS), microsonda elettronica (EPMA), spettroscopia micro-Raman (µ-Raman), imaging multi-focale (MFI), analisi d’immagine object-based (OBIA) e analisi delle componenti principali (PCA). I risultati contribuiscono a gettare nuova luce sulla lavorazione del vetro in epoca Tolemaica e costituiscono il più numeroso set di dati di questa fase analizzato fino ad oggi. In particolare, è stato possibile ricostruire le tecnologie impiegate per le diverse classi di intarsi in vetro, analizzando la chaîne opératoire e gli indicatori di lavorazione, anche da un punto di vista micro-tessiturale. Un approfondimento specifico è stato poi dedicato alla comprensione dei processi di colorazione e alla caratterizzazione delle materie prime, in termini di provenienza delle sabbie e di tipologia di fondenti impiegati. Il tipo e la quantità di residui minerali derivanti dalle sabbie usate per la miscela vetrificabile, e in particolare i minerali pesanti, suggeriscono una produzione Egiziana del vetro base, che ben si accorda con un artigianato di antica tradizione locale come quello degli intarsi in vetro. Inoltre, i dati analitici mostrano che i reperti da Tebtynis sono perlopiù costituiti vetri LMG (Low Magnesium Glasses), in accordo con le ricette classicamente associate al vetro Romano. Sono stati, inoltre, identificati un piccolo nucleo di vetri HMG (High Magnesium Glasses), principalmente composto da vetri di colore rosso scuro (ma non solo), e altre composizioni intermedie, che sono state interpretate come vetri al natron la cui ricetta è stata modificata durante i processi di colorazione. Vetri sodico-calcico-piombici e piombici sono presenti in tutti i colori, ma i maggiori tenori di PbO sono sempre associati ai vetri rossi, giallo-arancioni e gialli. Tra i coloranti ionici si segnalano l’impiego di Cu2+ nei vetri azzurri e turchesi, Co2+ (talvolta associato a Cu2+) per i campioni blu scuro, un mix di Fe2+ e Fe3+ nei vetri verdi trasparenti e in quelli non intenzionalmente colorati. Sono inoltre presenti sia campioni decolorati con manganese che con antimonio. I principali opacizzanti nei vetri bianchi, blu, verdi e gialli sono gli antimoniati di calcio, sodio e piombo. Sono testimoniate sia la precipitazione in situ che l’aggiunta ex situ degli opacizzanti, spesso (ma non sempre) ciascuna associata a specifiche classi cromatiche. Il colore rosso opaco è dovuto alla presenza di gocce nanometriche di rame metallico (Cu0) oppure di dendriti di cuprite. Nano-cristalli di Cu2O sono anche responsabili del colore e dell’opacità nei campioni giallo-arancioni e in quello marrone. La comparazione dei risultati ottenuti con le analisi da letteratura relative a campioni più antichi, coevi e successivi ha dimostrato che le ricette del vetro base e le tecnologie di colorazione impiegate durante il periodo Tolemaico condividono importanti similitudini con la produzione romana, ma ha anche evidenziato una massiccia propensione alla sperimentazione, che è tipica delle fasi di transizione.
15-gen-2018
Inglese
Egitto; epoca Tolemaica; lavorazione del vetro; officina di Tebtynis; produzione di intarsi; archeometria; archeologia / Egypt; Ptolemaic period; glass-working; Tebtynis workshop; inlay production; archaeometry; archaeology
MOLIN, GIANMARIO
TOMEZZOLI, ANDREA
Università degli studi di Padova
359
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/177033
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-177033