Il caso Baricco: nella trappola del postmoderno Il seguente lavoro di tesi di dottorato ha per oggetto d’indagine la figura di Alessandro Baricco. Lo scrittore torinese occupa senz’altro un posto rilevante nel panorama culturale dell’Italia contemporanea, nonostante la sua opera e le sue attività continuino a suscitare reazioni assai contrastanti che vanno dall’ammirazione al disprezzo. Indipendentemente dal giudizio di valore, la figura dell’Autore costituisce quindi un ottimo esempio per illustrare l’attuale situazione letteraria. Le sue iniziative, a volte discutibili ma non insignificanti, non sono lontane da quelle intraprese da altri autori odierni (tra cui Sandro Veronesi, Carlo Lucarelli, Dario Voltolini, Tiziano Scarpa). Se alcuni anni fa Margherita Ganeri ha parlato di un “caso Eco”, a nostro avviso, non sarebbe azzardato parlare, oggi, di un “caso Baricco” (sia per la sua produzione letteraria, sia per la posizione dell’intellettuale), intendendo cioè questo autore come esemplare di fenomeni più ampi. Filippo La Porta (La nuova narrativa italiana, 1999) colloca l’opera di Baricco, accanto a quella di Tiziano Scarpa e di Aldo Busi, nella seconda fase della cosiddetta nuova narrativa italiana, in quella che egli, un po’ sommariamente, definisce «linea barocca e macaronica, rutilante e pirotecnica, capace di esibire virtuosismo stilistico e ricchezza di affabulazione». Il suo giudizio di valore viene in qualche modo confermato alcuni anni dopo da Alberto Casadei (Stile e tradizione nel romanzo italiano contemporaneo, 2007) che parla del “modello-Baricco” presente nella letteratura italiana dalla metà degli anni Novanta. Secondo lo studioso, è proprio con lo scrittore torinese che si afferma in Italia un nuovo tipo di romanzo postmoderno che costituisce il fenomeno più duraturo della letteratura italiana da bestseller. Occorre anche sottolineare che l’Autore non solo è abile a promuovere i propri lavori, ma anche a far riconoscere l’importanza della creazione letteraria presso i nuovi tipi di fruitori. L’attività dello scrittore (Baricco esordisce come romanziere nel 1991 con Castelli di rabbia) risulta ancora più interessante e esemplare come caso culturale se consideriamo il fatto che essa coincide con la dichiarata crisi della critica letteraria, il “tramonto dell’intellettuale”, la nascita di un pubblico nuovo e con il cambiamento del mercato editoriale, cioè con un periodo di passaggio e trasformazione avviatosi all’inizio degli anni Novanta. È proprio in questa fase che ha luogo a esempio il crescente accesso al mondo letterario dei “non addetti”, (giornalisti, attori, politici) che, come osserva amaramente Giulio Ferroni, nella coscienza della maggior parte dei lettori comuni passano per i veri scrittori. Per di più sembra che la letteratura possa essere attraente solo in quanto supporto appendice di altre forme di intrattenimento: si rivela un vero scrittore contemporaneo solo colui che sa offrire attraverso la televisione e la Rete la propria immagine, in poche parole che è capace di autopromuoversi. All’origine di tali cambiamenti, a dire di Remo Ceserani, si pone soprattutto la questione del postmoderno – nozione, come è noto, ambigua e sfuggente alle definizioni univoche. Ed è proprio il postmoderno, con tutte le sue caratteristiche, la nozione-chiave indispensabile per capire e definire il “caso Baricco”. È da lì che derivano la sua poetica (la letteratura fatta per “contenere il mondo”, non per conoscerlo), le sue scelte stilistiche e di contenuto (tra i principi ispiratori della prosa di Baricco di origine postmoderna Silvia Contarini elenca: eterogeneità, intertestualità, coesistenza di high e pop culture, recupero consapevole e ludico del passato, assenza di giudizio e di concettualizzazione), è lì che trovano la giustificazione tante altre attività dallo scrittore, e le forme del suo stesso rapporto con i lettori. Tra le scelte dettate dalla sensibilità postmoderna si pone soprattutto quella di ricorrere al midcult o al Kitsch. L’Autore progetta la lettura come un evento spettacolare ed emozionante perciò le strategie narrative da lui adoperate si riassumono nella sperimentazione linguistica, sintattica e stilistica. Da una parte abbiamo quindi la convinzione che la postmodernità sia innanzitutto spettacolo ed è quindi attraverso la spettacolarità che bisogna raccontarla; dall’altra è proprio questo “ingrediente” a rendere le opere d’arte prodotti commerciali puri e semplici. Di conseguenza, la tattica scelta da Baricco per evitare la mercificazione dell’arte e il suo logico facile consumo, lo porta non di rado al massimo e più raffinato grado di mercificazione, dando l’impressione che egli sia la vittima di una sorta di coincidentia oppositorum o di una trappola da lui stesso ordita. Le sue opere si presentano come prodotti di consumo anomali che tentano di situarsi nel bel mezzo della società dello spettacolo e, al contempo, di opporle resistenza. Pare che sia proprio questa sua specifica collocazione nel postmoderno a determinare la controversa ricezione dell’opera di Baricco presso la critica. L’Autore, appartenente alla generazione degli scrittori “difficilmente classificabili”, è stato l’oggetto di polemiche sin dall’inizio della sua attività letteraria. Infatti, soprattutto i primi due testi vengono accolti favorevolmente non solo dagli esordienti critici come Luca Clerici, ma anche da quelli più affermati come Maria Corti o Goffredo Fofi. È particolarmente interessante perciò il momento in cui Baricco comincia a non essere più apprezzato dalla critica ed i suoi libri iniziano a esser definiti come il trionfo del kitsch, “scrittura pubblicitaria”, di secondo grado. Fofi, convinto che si tratti di un autore di grande talento, vede la causa del suo tramonto nell’affermazione delle logiche del mercato, nella disponibilità al lasciarsi sedurre dal fenomeno delle mode – una tesi che viene condivisa in qualche modo anche da Casadei. Il presente studio si propone quindi di cimentarsi con un autore contemporaneo, la cui produzione è ancora in progress, con uno scrittore “transmediale” e con un caso particolarmente controverso nella ricezione e nel rapporto tra critici e scrittori. A disegnare un profilo armonico dell’Autore non aiutano sicuramente le diverse attività che lo vedono protagonista, tra cui quella di narratore, drammaturgo, firma giornalistica, ideatore di una scuola di scrittura, personaggio televisivo, ma anche di copywriter, esperto di marketing e produttore letterario. Si prenderà in considerazione il periodo che va dal suo esordio saggistico (Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini, 1988) e dall’esordio romanzesco (Castelli di rabbia, 1991) alla pubblicazione di Emmaus (novembre 2009). Si cercherà di dar conto sia delle ragioni dei critici più severi (Giulio Ferroni), che di quelli più aperti e favorevoli (Vittorio Spinazzola). Occorre forse notare che lì dove è stato possibile, si è tentato di far parlare lo scrittore stesso, ricorrendo soprattutto alle interviste (scritte e registrate per la radio o per la televisione). Per completare il quadro non di rado si è fatto ricorso anche alla critica d’occasione e in Rete (gli articoli pubblicati sui giornali e sui vari siti, da «La Repubblica», «Corriere della Sera», alle riviste letterarie on line e blog). L’opera di Baricco potrebbe essere divisa in diverse fasi, di cui la più interessante e originale sembra la prima, costituita dai due saggi musicali (Il genio in fuga e L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin), il romanzo d’esordio, Oceano mare e Novecento. Secondo alcuni critici, dopo questo periodo promettente, invece di diventare “narratore-testimone” del proprio tempo, l’Autore ha dedicato tutte le energie a seguire le mode, (ricorrendo anche ai campi extra-letterari), in una costante caccia al successo. L’indagine, suddivisa in quattro parti, è quindi volta a presentare “il caso Baricco” collocandolo nel contesto postmoderno, privilegiando la sua saggistica, e ad esaminare le sue opere da una prospettiva musico-filosofica. Il lettore non vi troverà un’analisi dettagliata dei testi narrativi (un’eccezione è data dall’ultimo romanzo, Emmaus), studiati già in maniera approfondita dagli studiosi come Alessandro Scarsella, Fulvio Senardi, Mario Barenghi, Nella Giannetto, Daniele Zangirolami, Claudio Pezzin, bensì un tentativo di uno sguardo globale. Nel primo capitolo si prova a tracciare un rapido panorama critico-editoriale italiano degli ultimi vent’anni, necessario, a nostro parere, per intendere bene il ruolo di Baricco per la letteratura e la cultura in generale. Vi si parla poco dell’Autore, privilegiando l’analisi dello sfondo culturale in cui egli opera. Riccorendo al concetto di “campo sociale” e alla nozione di habitus proposti da Pierre Bourdieu, si cerca di capire i moventi che spingono sia gli scrittori che i critici a prendere certe posizioni all’interno del campo culturale. Esemplare da questo punto di vista la polemica con gli accademici (soprattutto quella nata nel 2006 sulle pagine de «La Repubblica») e le accuse che Baricco continua a rivolgere al mondo di cui anche lui fa parte, in quanto ideatore della scuola di scrittura, editore e appunto critico. Per questo stesso motivo si tenta un’incursione veloce nell’universo della critica, incapace di articolare giudizi condivisi dalla vecchia come dalla giovane generazione dei critici e in difficoltà nel canonizzare la “nuova narrativa”. Indispensabile per completare il quadro è il problema delle trasformazioni che subisce il campo letterario: viene quindi affrontata la questione del cambiamento dell’identità dello scrittore, del lettore e del critico e quella della conseguente commistione tra i generi. Il secondo capitolo si apre con una breve riflessione sul postmoderno, ambito in cui si cerca di inserire l’Autore, affrontando anche la questione della ricezione critica delle sue opere. In seguito viene tracciato il profilo biografico dello scrittore (una particolare attenzione viene dedicata alla sua formazione filosofica e musicologica che si pone di primaria importanza per capire le successive iniziative di Baricco) e la fortuna presso il pubblico, manifestatasi in numerose parodie e pastiche (di cui esempi più clamorosi sono dati da Setola e Senza sugo di Leandro Barocco e da La Giovane Holding di Vittorio Bongiorno). Un posto rilevante occupa anche la riflessione su “Baricco-imprenditore” che si è dimostrato capace di cambiare l’universo letterario non solo grazie alla parola scritta, ma soprattutto tramite altre attività intraprese. Il lettore vi troverà quindi le osservazioni sulla Scuola Holden e sul fenomeno della scrittura creativa in Italia, nonché sull’universo della Fandango. Si accennerà infine al dibattito provocato dall’Autore nel 2009, sempre sulle pagine de «La Repubblica», sui finanziamenti delle attività culturali. Il terzo capitolo è incentrato sulla saggistica, apprezzata dalla maggior parte dei critici e ciò nonostante trascurata quasi completamente in tutti gli studi monografici su Baricco che sono stati pubblicati. Proprio la saggistica, che si rivela spesso più preziosa della narrativa e la supera dal punto di vista della qualità (soprattuto quella di carattere musico-filosofico, ma anche quella “giornalistica”), può essere considerata una sorta di retrobottega dell’autore, indispensabile per capire il suo pensiero. Da lì deriva la scelta di analizzare uno ad uno, tutti i volumi di carattere saggistico pubblicati dell’Autore, da Il genio in fuga (1988) a I barbari. Saggio sulla mutazione (2006). Particolarmente interessante pare qui il momento in cui Baricco sceglie di stringere un patto con i “nuovi lettori-barbari” e di diventare “intellettuale impegnato”, facendosi portavoce di concetti-chiave emergenti, quali globalizzazione, mutazione, società dello spettacolo. Il quarto capitolo si propone come una raccolta di riflessioni su alcuni aspetti della narrativa di Baricco. Il lettore non vi troverà quindi la descrizione dettagliata di romanzi, bensì un tentativo di ricostruire provvisoriamente i luoghi e i personaggi baricchiani. A detrimento della ricostruzione dei numerosi riferimenti intertestuali (argomento affrontato approssimativamente), si è scelto di dedicare una sezione all’aspetto seduttivo dei testi di Baricco e quindi al suo rapporto con il pubblico. Infine l’ultima parte è riservata a Emmaus, recentemente uscito, che si iscrive nella tendenza riscontrata nella narrativa degli ultimi anni del “ritorno al reale” e all’autobiografismo (Walter Siti, Mauro Covacich, Bruno Pischedda, Tiziano Scarpa) che sembra aprire un capitolo nuovo nell’opera di Baricco e che conferma in qualche modo la tesi che la sua prosa sia molto rappresentativa per i propri tempi.
Il caso Baricco: nella trappola del postmoderno
E. M., Nicewicz
2010
Abstract
Il caso Baricco: nella trappola del postmoderno Il seguente lavoro di tesi di dottorato ha per oggetto d’indagine la figura di Alessandro Baricco. Lo scrittore torinese occupa senz’altro un posto rilevante nel panorama culturale dell’Italia contemporanea, nonostante la sua opera e le sue attività continuino a suscitare reazioni assai contrastanti che vanno dall’ammirazione al disprezzo. Indipendentemente dal giudizio di valore, la figura dell’Autore costituisce quindi un ottimo esempio per illustrare l’attuale situazione letteraria. Le sue iniziative, a volte discutibili ma non insignificanti, non sono lontane da quelle intraprese da altri autori odierni (tra cui Sandro Veronesi, Carlo Lucarelli, Dario Voltolini, Tiziano Scarpa). Se alcuni anni fa Margherita Ganeri ha parlato di un “caso Eco”, a nostro avviso, non sarebbe azzardato parlare, oggi, di un “caso Baricco” (sia per la sua produzione letteraria, sia per la posizione dell’intellettuale), intendendo cioè questo autore come esemplare di fenomeni più ampi. Filippo La Porta (La nuova narrativa italiana, 1999) colloca l’opera di Baricco, accanto a quella di Tiziano Scarpa e di Aldo Busi, nella seconda fase della cosiddetta nuova narrativa italiana, in quella che egli, un po’ sommariamente, definisce «linea barocca e macaronica, rutilante e pirotecnica, capace di esibire virtuosismo stilistico e ricchezza di affabulazione». Il suo giudizio di valore viene in qualche modo confermato alcuni anni dopo da Alberto Casadei (Stile e tradizione nel romanzo italiano contemporaneo, 2007) che parla del “modello-Baricco” presente nella letteratura italiana dalla metà degli anni Novanta. Secondo lo studioso, è proprio con lo scrittore torinese che si afferma in Italia un nuovo tipo di romanzo postmoderno che costituisce il fenomeno più duraturo della letteratura italiana da bestseller. Occorre anche sottolineare che l’Autore non solo è abile a promuovere i propri lavori, ma anche a far riconoscere l’importanza della creazione letteraria presso i nuovi tipi di fruitori. L’attività dello scrittore (Baricco esordisce come romanziere nel 1991 con Castelli di rabbia) risulta ancora più interessante e esemplare come caso culturale se consideriamo il fatto che essa coincide con la dichiarata crisi della critica letteraria, il “tramonto dell’intellettuale”, la nascita di un pubblico nuovo e con il cambiamento del mercato editoriale, cioè con un periodo di passaggio e trasformazione avviatosi all’inizio degli anni Novanta. È proprio in questa fase che ha luogo a esempio il crescente accesso al mondo letterario dei “non addetti”, (giornalisti, attori, politici) che, come osserva amaramente Giulio Ferroni, nella coscienza della maggior parte dei lettori comuni passano per i veri scrittori. Per di più sembra che la letteratura possa essere attraente solo in quanto supporto appendice di altre forme di intrattenimento: si rivela un vero scrittore contemporaneo solo colui che sa offrire attraverso la televisione e la Rete la propria immagine, in poche parole che è capace di autopromuoversi. All’origine di tali cambiamenti, a dire di Remo Ceserani, si pone soprattutto la questione del postmoderno – nozione, come è noto, ambigua e sfuggente alle definizioni univoche. Ed è proprio il postmoderno, con tutte le sue caratteristiche, la nozione-chiave indispensabile per capire e definire il “caso Baricco”. È da lì che derivano la sua poetica (la letteratura fatta per “contenere il mondo”, non per conoscerlo), le sue scelte stilistiche e di contenuto (tra i principi ispiratori della prosa di Baricco di origine postmoderna Silvia Contarini elenca: eterogeneità, intertestualità, coesistenza di high e pop culture, recupero consapevole e ludico del passato, assenza di giudizio e di concettualizzazione), è lì che trovano la giustificazione tante altre attività dallo scrittore, e le forme del suo stesso rapporto con i lettori. Tra le scelte dettate dalla sensibilità postmoderna si pone soprattutto quella di ricorrere al midcult o al Kitsch. L’Autore progetta la lettura come un evento spettacolare ed emozionante perciò le strategie narrative da lui adoperate si riassumono nella sperimentazione linguistica, sintattica e stilistica. Da una parte abbiamo quindi la convinzione che la postmodernità sia innanzitutto spettacolo ed è quindi attraverso la spettacolarità che bisogna raccontarla; dall’altra è proprio questo “ingrediente” a rendere le opere d’arte prodotti commerciali puri e semplici. Di conseguenza, la tattica scelta da Baricco per evitare la mercificazione dell’arte e il suo logico facile consumo, lo porta non di rado al massimo e più raffinato grado di mercificazione, dando l’impressione che egli sia la vittima di una sorta di coincidentia oppositorum o di una trappola da lui stesso ordita. Le sue opere si presentano come prodotti di consumo anomali che tentano di situarsi nel bel mezzo della società dello spettacolo e, al contempo, di opporle resistenza. Pare che sia proprio questa sua specifica collocazione nel postmoderno a determinare la controversa ricezione dell’opera di Baricco presso la critica. L’Autore, appartenente alla generazione degli scrittori “difficilmente classificabili”, è stato l’oggetto di polemiche sin dall’inizio della sua attività letteraria. Infatti, soprattutto i primi due testi vengono accolti favorevolmente non solo dagli esordienti critici come Luca Clerici, ma anche da quelli più affermati come Maria Corti o Goffredo Fofi. È particolarmente interessante perciò il momento in cui Baricco comincia a non essere più apprezzato dalla critica ed i suoi libri iniziano a esser definiti come il trionfo del kitsch, “scrittura pubblicitaria”, di secondo grado. Fofi, convinto che si tratti di un autore di grande talento, vede la causa del suo tramonto nell’affermazione delle logiche del mercato, nella disponibilità al lasciarsi sedurre dal fenomeno delle mode – una tesi che viene condivisa in qualche modo anche da Casadei. Il presente studio si propone quindi di cimentarsi con un autore contemporaneo, la cui produzione è ancora in progress, con uno scrittore “transmediale” e con un caso particolarmente controverso nella ricezione e nel rapporto tra critici e scrittori. A disegnare un profilo armonico dell’Autore non aiutano sicuramente le diverse attività che lo vedono protagonista, tra cui quella di narratore, drammaturgo, firma giornalistica, ideatore di una scuola di scrittura, personaggio televisivo, ma anche di copywriter, esperto di marketing e produttore letterario. Si prenderà in considerazione il periodo che va dal suo esordio saggistico (Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini, 1988) e dall’esordio romanzesco (Castelli di rabbia, 1991) alla pubblicazione di Emmaus (novembre 2009). Si cercherà di dar conto sia delle ragioni dei critici più severi (Giulio Ferroni), che di quelli più aperti e favorevoli (Vittorio Spinazzola). Occorre forse notare che lì dove è stato possibile, si è tentato di far parlare lo scrittore stesso, ricorrendo soprattutto alle interviste (scritte e registrate per la radio o per la televisione). Per completare il quadro non di rado si è fatto ricorso anche alla critica d’occasione e in Rete (gli articoli pubblicati sui giornali e sui vari siti, da «La Repubblica», «Corriere della Sera», alle riviste letterarie on line e blog). L’opera di Baricco potrebbe essere divisa in diverse fasi, di cui la più interessante e originale sembra la prima, costituita dai due saggi musicali (Il genio in fuga e L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin), il romanzo d’esordio, Oceano mare e Novecento. Secondo alcuni critici, dopo questo periodo promettente, invece di diventare “narratore-testimone” del proprio tempo, l’Autore ha dedicato tutte le energie a seguire le mode, (ricorrendo anche ai campi extra-letterari), in una costante caccia al successo. L’indagine, suddivisa in quattro parti, è quindi volta a presentare “il caso Baricco” collocandolo nel contesto postmoderno, privilegiando la sua saggistica, e ad esaminare le sue opere da una prospettiva musico-filosofica. Il lettore non vi troverà un’analisi dettagliata dei testi narrativi (un’eccezione è data dall’ultimo romanzo, Emmaus), studiati già in maniera approfondita dagli studiosi come Alessandro Scarsella, Fulvio Senardi, Mario Barenghi, Nella Giannetto, Daniele Zangirolami, Claudio Pezzin, bensì un tentativo di uno sguardo globale. Nel primo capitolo si prova a tracciare un rapido panorama critico-editoriale italiano degli ultimi vent’anni, necessario, a nostro parere, per intendere bene il ruolo di Baricco per la letteratura e la cultura in generale. Vi si parla poco dell’Autore, privilegiando l’analisi dello sfondo culturale in cui egli opera. Riccorendo al concetto di “campo sociale” e alla nozione di habitus proposti da Pierre Bourdieu, si cerca di capire i moventi che spingono sia gli scrittori che i critici a prendere certe posizioni all’interno del campo culturale. Esemplare da questo punto di vista la polemica con gli accademici (soprattutto quella nata nel 2006 sulle pagine de «La Repubblica») e le accuse che Baricco continua a rivolgere al mondo di cui anche lui fa parte, in quanto ideatore della scuola di scrittura, editore e appunto critico. Per questo stesso motivo si tenta un’incursione veloce nell’universo della critica, incapace di articolare giudizi condivisi dalla vecchia come dalla giovane generazione dei critici e in difficoltà nel canonizzare la “nuova narrativa”. Indispensabile per completare il quadro è il problema delle trasformazioni che subisce il campo letterario: viene quindi affrontata la questione del cambiamento dell’identità dello scrittore, del lettore e del critico e quella della conseguente commistione tra i generi. Il secondo capitolo si apre con una breve riflessione sul postmoderno, ambito in cui si cerca di inserire l’Autore, affrontando anche la questione della ricezione critica delle sue opere. In seguito viene tracciato il profilo biografico dello scrittore (una particolare attenzione viene dedicata alla sua formazione filosofica e musicologica che si pone di primaria importanza per capire le successive iniziative di Baricco) e la fortuna presso il pubblico, manifestatasi in numerose parodie e pastiche (di cui esempi più clamorosi sono dati da Setola e Senza sugo di Leandro Barocco e da La Giovane Holding di Vittorio Bongiorno). Un posto rilevante occupa anche la riflessione su “Baricco-imprenditore” che si è dimostrato capace di cambiare l’universo letterario non solo grazie alla parola scritta, ma soprattutto tramite altre attività intraprese. Il lettore vi troverà quindi le osservazioni sulla Scuola Holden e sul fenomeno della scrittura creativa in Italia, nonché sull’universo della Fandango. Si accennerà infine al dibattito provocato dall’Autore nel 2009, sempre sulle pagine de «La Repubblica», sui finanziamenti delle attività culturali. Il terzo capitolo è incentrato sulla saggistica, apprezzata dalla maggior parte dei critici e ciò nonostante trascurata quasi completamente in tutti gli studi monografici su Baricco che sono stati pubblicati. Proprio la saggistica, che si rivela spesso più preziosa della narrativa e la supera dal punto di vista della qualità (soprattuto quella di carattere musico-filosofico, ma anche quella “giornalistica”), può essere considerata una sorta di retrobottega dell’autore, indispensabile per capire il suo pensiero. Da lì deriva la scelta di analizzare uno ad uno, tutti i volumi di carattere saggistico pubblicati dell’Autore, da Il genio in fuga (1988) a I barbari. Saggio sulla mutazione (2006). Particolarmente interessante pare qui il momento in cui Baricco sceglie di stringere un patto con i “nuovi lettori-barbari” e di diventare “intellettuale impegnato”, facendosi portavoce di concetti-chiave emergenti, quali globalizzazione, mutazione, società dello spettacolo. Il quarto capitolo si propone come una raccolta di riflessioni su alcuni aspetti della narrativa di Baricco. Il lettore non vi troverà quindi la descrizione dettagliata di romanzi, bensì un tentativo di ricostruire provvisoriamente i luoghi e i personaggi baricchiani. A detrimento della ricostruzione dei numerosi riferimenti intertestuali (argomento affrontato approssimativamente), si è scelto di dedicare una sezione all’aspetto seduttivo dei testi di Baricco e quindi al suo rapporto con il pubblico. Infine l’ultima parte è riservata a Emmaus, recentemente uscito, che si iscrive nella tendenza riscontrata nella narrativa degli ultimi anni del “ritorno al reale” e all’autobiografismo (Walter Siti, Mauro Covacich, Bruno Pischedda, Tiziano Scarpa) che sembra aprire un capitolo nuovo nell’opera di Baricco e che conferma in qualche modo la tesi che la sua prosa sia molto rappresentativa per i propri tempi.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/177114
URN:NBN:IT:UNIPD-177114