Introduzione Il cambiamento climatico (CC) è considerato una delle minacce più importanti per le comunità naturali nella maggior parte degli ecosistemi; riuscire a prevedere la risposta della biodiversità nei suoi confronti è diventato pertanto un campo di ricerca molto importante, soprattutto in termini gestionali e di conservazione. L'obbiettivo del mio dottorato è stato quello di esplorare l'impatto del CC sulle 526 specie di uccelli nidificanti regolarmente in Europa, intesa come l'intero subcontinente europeo (dalla Macaronesia agli Urali e dalle Isole Svalbard alla costa del Mediterraneo), più l'intera Turchia. Background Gli uccelli sono la classe animale meglio conosciuta al mondo: a livello globale il 13% delle 10.965 specie note di uccelli è minacciato di estinzione, mentre nella sola Europa tale percentuale sale al 43% (fonte IUCN, International Union for Conservation of Nature). Il CC opera sugli uccelli a livello ecologico, fenologico, etologico, di comunità e di distribuzione, determinando spostamenti e/o alterazioni anche molto significativi di areale. I tassi di estinzione previsti per intere comunità, popolazioni o specie a seguito del cambiamento globale risultano ben più preoccupanti di quelli prodotti dalla sola perdita di habitat, considerata fino a qualche anno fa la minaccia più grave per la biodiversità. Ho avuto modo di esplorare l'impatto del CC sulla fenologia degli uccelli migratori transahariani attraverso l'analisi dei dati raccolti per decenni durante la migrazione primaverile attraverso il Mediterraneo e l'Europa settentrionale [1][2]. In questo modo è stato possibile evidenziare come il costante anticipo delle date di arrivo nei siti di stop-over e nei territori riproduttivi sia correlato con le condizioni meteorologiche presenti nei quartieri di svernamento e sulle coste africane del Mediterraneo, che influenzano la velocità della migrazione. Più recentemente ho utilizzato modelli di distribuzione specie specifici (Species Distribution Models SDM) expert- based, validati con dati di presenza, per ciascuna delle oltre 500 specie nidificanti in Europa, e modelli bioclimatici correlativi che, attraverso dati di presenza e set di variabili climatiche, hanno permesso di ricostruire la nicchia realizzata delle specie. Mediante l'utilizzo dei risultati di specifici modelli generali di circolazione (GCM) in base a differenti scenari climatici futuri è stato possibile proiettare in avanti la distribuzione potenziale climatica di ciascuna specie. Confrontando presente e futuro sono stati ottenuti risultati indicativi dell'impatto del CC sugli uccelli che nidificano in Europa. Capitoli della tesi 1. Dove sono le specie e quanto sono esposte al CC. La costruzione dei modelli SDM ha richiesto la raccolta dei dati di distribuzione di tutte le specie in formato digitale, partendo dagli areali prodotti da BirdLife International integrati con gli atlanti europei e nazionali pubblicati. Successivamente ho costruito un database sulle esigenze di habitat per ciascuna specie considerando tre variabili ambientali che ho assunto essere importanti nel modellare la distribuzione delle specie: uso del suolo, altimetria e distanza dall'acqua. Ho utilizzato i dati di uso del suolo da GlobCover V2.2 (46 classi differenti e risoluzione a 300 m). I dati di altimetria sono stati recuperati dal Shuttle Radar Topography Mission database (250 m di risoluzione), e quelli relativi alle acque interne provengono dal CCM2 v2.1 River and Catchments Database compilato dall'European Joint Research Center. A ciascuno delle 46 classi di uso del suolo ho assegnato un punteggio di idoneità specie specifico. Ove possibile, sulla base della vasta bibliografia disponibile, ho anche potuto aggiungere i valori di altitudine minimi e massimi entro i quali la specie nidifica con popolazioni stabili, e stabilire la massima distanza dall'acqua entro la quale la stessa è stata registrata. Combinando i limiti altimetrici con la distanza dall'acqua e i punteggi di idoneità ambientale all'interno degli areali è stato possibile ottenere modelli (detti expert-based) molto raffinati di distribuzione delle specie ad una risoluzione di celle di 300 m. I modelli sono stati successivamente validati da dati di presenza indipendenti (database GBIF, Observado, MITO2000). Questi modelli sono stati utilizzati per calcolare mappe europee di ricchezza di specie (accorpando tutte le specie, le specie minacciate, le specie la cui distribuzione è prevalentemente europea) evidenziando le aree di hot-spot di diversità. La temperatura e la piovosità medie mensili sono state le variabili climatiche proiettate al futuro utilizzando i risultati di un insieme di Global Circulation Models secondo differenti scenari futuri, ed in questo modo è stato possibile evidenziare le aree nelle quali si prevedono i cambiamenti climatici più estremi. Confrontando queste ultime con gli hot-spot di ricchezza sono emerse le aree dove in futuro gli uccelli europei saranno maggiormente esposti al CC. I risultati di queste analisi sono confluiti in un contributo [3] per la rivista PloSONE che ha evidenziato come: a) gli hot-spot di ricchezza complessiva si trovano in Europa centro-settentrionale e Russia occidentale; b) una concentrazione di specie minacciate si ha nella parte centro orientale dell'area di studio e c) la massima ricchezza di specie a distribuzione più europea ('endemiche') è incentrata in Europa centro-settentrionale, Grecia, Alpi e penisola iberica. Il confronto di queste distribuzioni con i risultati relativi alle aree dove la probabilità di anomalie climatiche future è più alta ha evidenziato, per le specie minacciate, un'ampia area di sovrapposizione in Russia centrale e, per le specie più europee, la penisola iberica e parte dell'Europa centro-meridionale, sottolineando una seria emergenza in termini di conservazione. 2. Quanto sono protetti gli uccelli europei. Per poter comprendere l'efficacia degli attuali strumenti di conservazione degli uccelli europei, che come già visto sono destinati ad andare incontro a notevoli cambiamenti futuri di tipo ambientale, spesso proprio in aree dove persistono alti livelli di biodiversità, è stata svolta una gap analysis dell'intero sistema di aree protette europee (PAs) e della rete Natura2000 (N2K), il più imponente sforzo per la conservazione della biodiversità realizzato a scala regionale, utilizzando i modelli SDM prodotti precedentemente. Per ciascuna specie sono stati calcolate le rappresentatività in termini di area idonea ricadenti nella rete delle aree protette (PAs e N2K) e in Europa, e sono stati registrati lo status di conservazione IUCN e la presenza negli allegati delle varie direttive europee. I risultati di questa analisi sono stati confortanti relativamente agli uccelli: a) delle 31 specie ad areale prettamente europeo ('endemiche'), il 90,3% (28 specie) risulta coperto dalla rete di aree protette (PAs+N2K); b) tutte le specie minacciate risultano protette; c) un minimo del 74% di specie raggiunge il target rappresentativo nelle PAs e un massimo del 93% rientra nella copertura totale (PAs+N2K). Se l'ombrello di aree protette europeo è risultato valido per gli uccelli, altrettanto non si può dire per altri taxa di vertebrati terrestri europei. Nei rettili ad esempio il 60,9% delle specie minacciate non è coperto dalla rete di protezione europea, e addirittura l'80,4% delle specie endemiche risulta al di fuori di essa. Ciò pone seri interrogativi, soprattutto relativamente ai criteri attraverso i quali viene accordato un maggior livello di protezione al territorio o l'inclusione delle specie all'interno degli allegati alle direttive di conservazione. Queste considerazioni e l'analisi suddetta sono confluiti in articolo pubblicato sulla rivista Conservation Biology [4]. 3. Distribuzione potenziale degli uccelli in Europa: statistica ed esperti. Un tentativo di migliorare l'approccio modellistico per ottenere la distribuzione potenziale delle specie di uccelli nidificanti in Europa in maniera più robusta, è stato proposto al XVII Congresso Italiano di Ornitologia, e si basa sulla combinazione di modelli di tipo bioclimatico (basati su statistiche correlative) con modelli expert-based [5]. Scopo dell'intervento è stato quello di produrre modelli che combinano fattori di natura ambientale (habitat) con fattori di natura biogeografica come il clima, e testarne la robustezza e l'accuratezza. Il primo step è stato quello di costruire un modello bioclimatico per ciascuna specie, utilizzando come punti di presenza l'Atlante Europeo degli uccelli nidificanti dell'European Breeding Census Council. Successivamente sono state selezionate 6 variabili climatiche da correlare con i dati di presenza, e costruito un ensemble model partendo da 4 modelli di distribuzione costruiti con algoritmi di tipo diverso (Generalised Additive Models, Generaized Boosted Models, Generalized Linear Models, Maximum Entropy). Al fine di valutare la performance predittiva dei modelli si è utilizzato un sotto-campione del 70% dei dati per calibrare il modello, usando il restante 30% per validarlo utilizzando l'Area Under the ROC (Receiver Operative Curve) Curve (AUC). Dopo aver costruito SDM expert-based nello stesso modo visto precedentemente, ma senza combinarli con gli areali, viene filtrato l'areale potenziale, ottenuto attraverso il modello climatico, calcolando un modello combinato nel quale sono state eliminate le zone non idonee o poco idonee in termini di habitat all'interno del modello climatico. Per valutare la validità dell'approccio, i modelli ottenuti sono stati validati utilizzando un set di punti di presenza delle specie indipendenti da quelli utilizzati per costruire i modelli (database MITO2000). Il risultato finale ha evidenziato come nel 79% dei casi i modelli bioclimatici filtrati attraverso l'approccio expert-based risultano migliori di quelli solo climatici, che rappresentano al momento lo standard nella letteratura del settore. 4. Quanto sono vulnerabili gli uccelli europei al CC e perchè Oltre a sapere dove sono, dove si sposteranno e che cosa troveranno gli uccelli europei nelle prossime decadi, è anche importante conoscere il loro grado di vulnerabilità al CC. L'approccio utilizzato è stato quello di costruire un indice di vulnerabilità (VI) in grado di integrare in maniera quantitativa le proiezioni nel cambiamento stimato di distribuzione con differenti variabili della resilienza delle specie stesse. In questo modo è possibile ordinare per grado di vulnerabilità le specie al fine di stabilire le priorità in termini di conservazione. Cinque sono gli indicatori che ho considerato per costruire l'indice VI: due espressioni per la misura del cambiamento di idoneità ambientale al futuro, due espressioni che misurano la resilienza ed uno, di natura ecologica e storica, che quantifica il trend della specie negli ultimi anni. L'analisi delle singole componenti dell'indice VI per ciascuna specie ha permesso di evidenziare il peso relativo dei diversi indicatori, ed una prima esplorazione dei risultati ottenuti evidenzia Il maggior numero di specie con alto valore di VI nella parte nord-orientale dell'area di studio, spiegato principalmente dalla forte riduzione di habitat idoneo al futuro in quell'area. Il peso medio di ogni specie, il tipo di dieta, l'habitat ottimale, alcuni aspetti comportamentali e il grado di minaccia a livello europeo (sensu IUCN) sono stati utilizzati per vedere se ci sono indicazioni ecologiche legate agli indici calcolati, al fine di evidenziare indicazioni gestionali specifiche. Dall'analisi sembra emergere che le specie più specializzate in termini di habitat sembrano essere quelle con indici di VI più alti; le specie acquatiche risultano più vulnerabili, così come quelle che nidificano a terra. Il grado di vulnerabilità aumenta per le specie più grandi ed infine all'aumentare del grado di minaccia (IUCN), aumenta il valore dell'indice di vulnerabilità. Un'esplorazione più approfondita di questi risultati sarà oggetto di un contributo attualmente in fase di preparazione a nome A. Montemaggiori & L. Maiorano che si prevede di inviare entro la fine dell'anno. Conclusioni Al momento la rete europea di aree protette sembra essere adeguata a proteggere l'attuale distribuzione degli uccelli nidificanti in Europa, soprattutto quelli appartenenti alle specie più minacciate o a distribuzione prettamente europea. Gli scenari futuri tuttavia hanno evidenziato forti cambiamenti, spesso proprio nelle aree a maggior ricchezza di specie minacciate o 'endemiche'. Inoltre l'impatto del CC non si esaurisce al solo cambiamento relativo alla disposizione e alla disponibilità di habitat idoneo, ma va ad incidere sulle funzionalità sistemiche ed ecologiche delle specie, mettendo seriamente a rischio una delle classi animali più importanti non solo in termini ecologici, ma anche come fonte di ispirazione e di bellezza che, come noi, ha diritto ad esistere. APPENDICE: Lavori in corso Un'analisi della struttura spaziale delle reti trofiche dei vertebrati terrestri in Europa è stata recentemente condotta insieme ad un gruppo di ricercatori afferenti al CNRS di Grenoble e coordinati da W. Thuiller, rivisitando le tradizionali relazioni tra diversità e habitat alla luce delle relazioni trofiche. Per questo ho prodotto una rete delle relazioni trofiche tra tutte le specie di uccelli europei e ciascuna singola specie di vertebrati terrestri europei (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi). Questa rete, insieme alle altre costruite per tutte le classi esaminate, è stata combinata con le distribuzioni spaziali di tutte le specie proiettate al futuro. I risultati di quest'analisi, che sono confluiti in un contributo appena inviato [6], evidenziano un effetto evidente del CC nel modellare la struttura spaziale delle reti trofiche tra tutti i vertebrati terresti europei. Insieme a T. Kuemmerle, del Dip. di Geografia della Humboldt University di Berlino e a L. Maiorano, sto lavorando ad un approccio multiscala utilizzando, oltre agli scenari climatici, anche scenari futuri di uso del suolo per tutta l'Europa. Ciò al fine di comprendere l'importanza relativa di questa componente nel modellare il futuro degli uccelli europei.

Birds and climate change: possible scenarios for the European species

MONTEMAGGIORI, ALESSANDRO
2018

Abstract

Introduzione Il cambiamento climatico (CC) è considerato una delle minacce più importanti per le comunità naturali nella maggior parte degli ecosistemi; riuscire a prevedere la risposta della biodiversità nei suoi confronti è diventato pertanto un campo di ricerca molto importante, soprattutto in termini gestionali e di conservazione. L'obbiettivo del mio dottorato è stato quello di esplorare l'impatto del CC sulle 526 specie di uccelli nidificanti regolarmente in Europa, intesa come l'intero subcontinente europeo (dalla Macaronesia agli Urali e dalle Isole Svalbard alla costa del Mediterraneo), più l'intera Turchia. Background Gli uccelli sono la classe animale meglio conosciuta al mondo: a livello globale il 13% delle 10.965 specie note di uccelli è minacciato di estinzione, mentre nella sola Europa tale percentuale sale al 43% (fonte IUCN, International Union for Conservation of Nature). Il CC opera sugli uccelli a livello ecologico, fenologico, etologico, di comunità e di distribuzione, determinando spostamenti e/o alterazioni anche molto significativi di areale. I tassi di estinzione previsti per intere comunità, popolazioni o specie a seguito del cambiamento globale risultano ben più preoccupanti di quelli prodotti dalla sola perdita di habitat, considerata fino a qualche anno fa la minaccia più grave per la biodiversità. Ho avuto modo di esplorare l'impatto del CC sulla fenologia degli uccelli migratori transahariani attraverso l'analisi dei dati raccolti per decenni durante la migrazione primaverile attraverso il Mediterraneo e l'Europa settentrionale [1][2]. In questo modo è stato possibile evidenziare come il costante anticipo delle date di arrivo nei siti di stop-over e nei territori riproduttivi sia correlato con le condizioni meteorologiche presenti nei quartieri di svernamento e sulle coste africane del Mediterraneo, che influenzano la velocità della migrazione. Più recentemente ho utilizzato modelli di distribuzione specie specifici (Species Distribution Models SDM) expert- based, validati con dati di presenza, per ciascuna delle oltre 500 specie nidificanti in Europa, e modelli bioclimatici correlativi che, attraverso dati di presenza e set di variabili climatiche, hanno permesso di ricostruire la nicchia realizzata delle specie. Mediante l'utilizzo dei risultati di specifici modelli generali di circolazione (GCM) in base a differenti scenari climatici futuri è stato possibile proiettare in avanti la distribuzione potenziale climatica di ciascuna specie. Confrontando presente e futuro sono stati ottenuti risultati indicativi dell'impatto del CC sugli uccelli che nidificano in Europa. Capitoli della tesi 1. Dove sono le specie e quanto sono esposte al CC. La costruzione dei modelli SDM ha richiesto la raccolta dei dati di distribuzione di tutte le specie in formato digitale, partendo dagli areali prodotti da BirdLife International integrati con gli atlanti europei e nazionali pubblicati. Successivamente ho costruito un database sulle esigenze di habitat per ciascuna specie considerando tre variabili ambientali che ho assunto essere importanti nel modellare la distribuzione delle specie: uso del suolo, altimetria e distanza dall'acqua. Ho utilizzato i dati di uso del suolo da GlobCover V2.2 (46 classi differenti e risoluzione a 300 m). I dati di altimetria sono stati recuperati dal Shuttle Radar Topography Mission database (250 m di risoluzione), e quelli relativi alle acque interne provengono dal CCM2 v2.1 River and Catchments Database compilato dall'European Joint Research Center. A ciascuno delle 46 classi di uso del suolo ho assegnato un punteggio di idoneità specie specifico. Ove possibile, sulla base della vasta bibliografia disponibile, ho anche potuto aggiungere i valori di altitudine minimi e massimi entro i quali la specie nidifica con popolazioni stabili, e stabilire la massima distanza dall'acqua entro la quale la stessa è stata registrata. Combinando i limiti altimetrici con la distanza dall'acqua e i punteggi di idoneità ambientale all'interno degli areali è stato possibile ottenere modelli (detti expert-based) molto raffinati di distribuzione delle specie ad una risoluzione di celle di 300 m. I modelli sono stati successivamente validati da dati di presenza indipendenti (database GBIF, Observado, MITO2000). Questi modelli sono stati utilizzati per calcolare mappe europee di ricchezza di specie (accorpando tutte le specie, le specie minacciate, le specie la cui distribuzione è prevalentemente europea) evidenziando le aree di hot-spot di diversità. La temperatura e la piovosità medie mensili sono state le variabili climatiche proiettate al futuro utilizzando i risultati di un insieme di Global Circulation Models secondo differenti scenari futuri, ed in questo modo è stato possibile evidenziare le aree nelle quali si prevedono i cambiamenti climatici più estremi. Confrontando queste ultime con gli hot-spot di ricchezza sono emerse le aree dove in futuro gli uccelli europei saranno maggiormente esposti al CC. I risultati di queste analisi sono confluiti in un contributo [3] per la rivista PloSONE che ha evidenziato come: a) gli hot-spot di ricchezza complessiva si trovano in Europa centro-settentrionale e Russia occidentale; b) una concentrazione di specie minacciate si ha nella parte centro orientale dell'area di studio e c) la massima ricchezza di specie a distribuzione più europea ('endemiche') è incentrata in Europa centro-settentrionale, Grecia, Alpi e penisola iberica. Il confronto di queste distribuzioni con i risultati relativi alle aree dove la probabilità di anomalie climatiche future è più alta ha evidenziato, per le specie minacciate, un'ampia area di sovrapposizione in Russia centrale e, per le specie più europee, la penisola iberica e parte dell'Europa centro-meridionale, sottolineando una seria emergenza in termini di conservazione. 2. Quanto sono protetti gli uccelli europei. Per poter comprendere l'efficacia degli attuali strumenti di conservazione degli uccelli europei, che come già visto sono destinati ad andare incontro a notevoli cambiamenti futuri di tipo ambientale, spesso proprio in aree dove persistono alti livelli di biodiversità, è stata svolta una gap analysis dell'intero sistema di aree protette europee (PAs) e della rete Natura2000 (N2K), il più imponente sforzo per la conservazione della biodiversità realizzato a scala regionale, utilizzando i modelli SDM prodotti precedentemente. Per ciascuna specie sono stati calcolate le rappresentatività in termini di area idonea ricadenti nella rete delle aree protette (PAs e N2K) e in Europa, e sono stati registrati lo status di conservazione IUCN e la presenza negli allegati delle varie direttive europee. I risultati di questa analisi sono stati confortanti relativamente agli uccelli: a) delle 31 specie ad areale prettamente europeo ('endemiche'), il 90,3% (28 specie) risulta coperto dalla rete di aree protette (PAs+N2K); b) tutte le specie minacciate risultano protette; c) un minimo del 74% di specie raggiunge il target rappresentativo nelle PAs e un massimo del 93% rientra nella copertura totale (PAs+N2K). Se l'ombrello di aree protette europeo è risultato valido per gli uccelli, altrettanto non si può dire per altri taxa di vertebrati terrestri europei. Nei rettili ad esempio il 60,9% delle specie minacciate non è coperto dalla rete di protezione europea, e addirittura l'80,4% delle specie endemiche risulta al di fuori di essa. Ciò pone seri interrogativi, soprattutto relativamente ai criteri attraverso i quali viene accordato un maggior livello di protezione al territorio o l'inclusione delle specie all'interno degli allegati alle direttive di conservazione. Queste considerazioni e l'analisi suddetta sono confluiti in articolo pubblicato sulla rivista Conservation Biology [4]. 3. Distribuzione potenziale degli uccelli in Europa: statistica ed esperti. Un tentativo di migliorare l'approccio modellistico per ottenere la distribuzione potenziale delle specie di uccelli nidificanti in Europa in maniera più robusta, è stato proposto al XVII Congresso Italiano di Ornitologia, e si basa sulla combinazione di modelli di tipo bioclimatico (basati su statistiche correlative) con modelli expert-based [5]. Scopo dell'intervento è stato quello di produrre modelli che combinano fattori di natura ambientale (habitat) con fattori di natura biogeografica come il clima, e testarne la robustezza e l'accuratezza. Il primo step è stato quello di costruire un modello bioclimatico per ciascuna specie, utilizzando come punti di presenza l'Atlante Europeo degli uccelli nidificanti dell'European Breeding Census Council. Successivamente sono state selezionate 6 variabili climatiche da correlare con i dati di presenza, e costruito un ensemble model partendo da 4 modelli di distribuzione costruiti con algoritmi di tipo diverso (Generalised Additive Models, Generaized Boosted Models, Generalized Linear Models, Maximum Entropy). Al fine di valutare la performance predittiva dei modelli si è utilizzato un sotto-campione del 70% dei dati per calibrare il modello, usando il restante 30% per validarlo utilizzando l'Area Under the ROC (Receiver Operative Curve) Curve (AUC). Dopo aver costruito SDM expert-based nello stesso modo visto precedentemente, ma senza combinarli con gli areali, viene filtrato l'areale potenziale, ottenuto attraverso il modello climatico, calcolando un modello combinato nel quale sono state eliminate le zone non idonee o poco idonee in termini di habitat all'interno del modello climatico. Per valutare la validità dell'approccio, i modelli ottenuti sono stati validati utilizzando un set di punti di presenza delle specie indipendenti da quelli utilizzati per costruire i modelli (database MITO2000). Il risultato finale ha evidenziato come nel 79% dei casi i modelli bioclimatici filtrati attraverso l'approccio expert-based risultano migliori di quelli solo climatici, che rappresentano al momento lo standard nella letteratura del settore. 4. Quanto sono vulnerabili gli uccelli europei al CC e perchè Oltre a sapere dove sono, dove si sposteranno e che cosa troveranno gli uccelli europei nelle prossime decadi, è anche importante conoscere il loro grado di vulnerabilità al CC. L'approccio utilizzato è stato quello di costruire un indice di vulnerabilità (VI) in grado di integrare in maniera quantitativa le proiezioni nel cambiamento stimato di distribuzione con differenti variabili della resilienza delle specie stesse. In questo modo è possibile ordinare per grado di vulnerabilità le specie al fine di stabilire le priorità in termini di conservazione. Cinque sono gli indicatori che ho considerato per costruire l'indice VI: due espressioni per la misura del cambiamento di idoneità ambientale al futuro, due espressioni che misurano la resilienza ed uno, di natura ecologica e storica, che quantifica il trend della specie negli ultimi anni. L'analisi delle singole componenti dell'indice VI per ciascuna specie ha permesso di evidenziare il peso relativo dei diversi indicatori, ed una prima esplorazione dei risultati ottenuti evidenzia Il maggior numero di specie con alto valore di VI nella parte nord-orientale dell'area di studio, spiegato principalmente dalla forte riduzione di habitat idoneo al futuro in quell'area. Il peso medio di ogni specie, il tipo di dieta, l'habitat ottimale, alcuni aspetti comportamentali e il grado di minaccia a livello europeo (sensu IUCN) sono stati utilizzati per vedere se ci sono indicazioni ecologiche legate agli indici calcolati, al fine di evidenziare indicazioni gestionali specifiche. Dall'analisi sembra emergere che le specie più specializzate in termini di habitat sembrano essere quelle con indici di VI più alti; le specie acquatiche risultano più vulnerabili, così come quelle che nidificano a terra. Il grado di vulnerabilità aumenta per le specie più grandi ed infine all'aumentare del grado di minaccia (IUCN), aumenta il valore dell'indice di vulnerabilità. Un'esplorazione più approfondita di questi risultati sarà oggetto di un contributo attualmente in fase di preparazione a nome A. Montemaggiori & L. Maiorano che si prevede di inviare entro la fine dell'anno. Conclusioni Al momento la rete europea di aree protette sembra essere adeguata a proteggere l'attuale distribuzione degli uccelli nidificanti in Europa, soprattutto quelli appartenenti alle specie più minacciate o a distribuzione prettamente europea. Gli scenari futuri tuttavia hanno evidenziato forti cambiamenti, spesso proprio nelle aree a maggior ricchezza di specie minacciate o 'endemiche'. Inoltre l'impatto del CC non si esaurisce al solo cambiamento relativo alla disposizione e alla disponibilità di habitat idoneo, ma va ad incidere sulle funzionalità sistemiche ed ecologiche delle specie, mettendo seriamente a rischio una delle classi animali più importanti non solo in termini ecologici, ma anche come fonte di ispirazione e di bellezza che, come noi, ha diritto ad esistere. APPENDICE: Lavori in corso Un'analisi della struttura spaziale delle reti trofiche dei vertebrati terrestri in Europa è stata recentemente condotta insieme ad un gruppo di ricercatori afferenti al CNRS di Grenoble e coordinati da W. Thuiller, rivisitando le tradizionali relazioni tra diversità e habitat alla luce delle relazioni trofiche. Per questo ho prodotto una rete delle relazioni trofiche tra tutte le specie di uccelli europei e ciascuna singola specie di vertebrati terrestri europei (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi). Questa rete, insieme alle altre costruite per tutte le classi esaminate, è stata combinata con le distribuzioni spaziali di tutte le specie proiettate al futuro. I risultati di quest'analisi, che sono confluiti in un contributo appena inviato [6], evidenziano un effetto evidente del CC nel modellare la struttura spaziale delle reti trofiche tra tutti i vertebrati terresti europei. Insieme a T. Kuemmerle, del Dip. di Geografia della Humboldt University di Berlino e a L. Maiorano, sto lavorando ad un approccio multiscala utilizzando, oltre agli scenari climatici, anche scenari futuri di uso del suolo per tutta l'Europa. Ciò al fine di comprendere l'importanza relativa di questa componente nel modellare il futuro degli uccelli europei.
12-feb-2018
Inglese
climate change; birds; europe
MAIORANO, Luigi
BOITANI, Luigi
PASQUA, Gabriella
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
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Tesi dottorato Montemaggiori

Open Access dal 01/01/2019

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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/177171
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA1-177171