La ricerca ha per titolo “Governo della moneta e Costituzione” ed è articolata in quattro aree tematiche, ciascuna delle quali viene trattata, rispettivamente, nei quattro capitoli in cui è strutturato l’elaborato finale. Il primo capitolo ha carattere introduttivo e prende le mosse dalla nozione di governo della moneta: nello specifico, il dottorando, nel tracciare i confini del concetto in parola, pone in risalto come la regolazione dei flussi monetari, nonostante la sua innegabile componente tecnica, rappresenti un’attività invincibilmente politica. Nel medesimo contesto, egli indaga, altresì, temi che sono abitualmente trascurati negli studi giuridici sulla materia de qua, come, ad esempio, il meccanismo di trasmissione della politica monetaria: l’analisi di un simile argomento permette di comprendere appieno la portata e gli effetti delle decisioni attinenti del governo della moneta, le quali necessitano di un significativo lasso di tempo per incidere sull’economia reale e, risultando influenzate da numerose variabili, scontano margini di incertezza. Allo stesso tempo, il candidato affronta i problemi attinenti all’indipendenza della banca centrale, dedicando molta attenzione all’accountability dell’istituzione alla quale, nella quasi totalità degli ordinamenti, è affidata la conduzione della politica monetaria: a tal fine, assume centrale importanza l’analisi di carattere comparatistico, che coinvolge la Banca Centrale Europea, la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone. Il secondo capitolo, intitolato “Governo della moneta e politica monetaria nella Costituzione”, contiene, anzitutto, una meditata lettura dei lavori preparatori della Costituzione ed, in particolare, di quelli condotti dalla Commissione presieduta da G. De Maria, alla quale si affianca lo studio della dottrina pubblicistica e della giurisprudenza costituzionale che, nel corso degli anni, hanno affrontato le questioni che attengono alla stabilità monetaria e, nello specifico, alla sua collocazione nella gerarchia dei valori costituzionali: una simile ricostruzione pone in luce come, nel disegno originario della Carta fondamentale, la difesa del metro monetario, pur rappresentando un bene di rango costituzionale, non possa essere reputata una finalità da perseguire in via assoluta e sottratta, quindi, ad ogni possibile bilanciamento. Il terzo capitolo, poi, inizia con un ampio esame della letteratura che ha avuto modo di esprimersi sui margini di autonomia riconosciuti alla Banca d’Italia prima dell’attuazione delle riforme funzionali all’adesione del nostro paese all’Unione economica e monetaria. Lo stesso, inoltre, indaga una delle principali novità introdotte dal Trattato di Maastricht nell’ambito del governo della moneta, ovverosia l’elevazione della stabilità dei prezzi a fine unico ed assoluto della politica monetaria dell’Eurozona, nonché le conseguenze di una simile innovazione: l’isolamento dell’obiettivo de quo, infatti, ha determinato un netto rovesciamento dell’opzione fatta propria Costituenti, eliminando tra l’altro l’idea, precedentemente consolidata, della subordinazione della politica monetaria alla politica economica. Il capitolo conclusivo ospita le riflessioni del dottorando in merito alla struttura ed al modus operandi del Sistema Europeo delle Banche Centrali, nonché alla compatibilità dei medesimi con il c.d. controlimite costituito dal principio democratico: infatti, se, da un lato, la Banca Centrale Europea – come ognuno ormai sa – dispone di poteri di notevole impatto sulla vita di ogni cittadino del Vecchio continente, dall’altro, sembra mancare qualunque momento di vera responsabilizzazione dell’istituzione in parola, la quale, anzi, rimane gelosamente affezionata a pratiche di segretezza ormai abbandonate da tutte le altre banche centrali. La criticità appena evidenziata appare, peraltro, acuita da due ulteriori fattori: in primis, dall’interpretazione estensiva che la l’Eurotower dà al proprio mandato, la quale ha indotto il Tribunale costituzionale tedesco al sollevare il ben noto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea; in secondo luogo, dalla impossibilità di far valere il suddetto controlimite nell’ambito dell’ordinamento italiano, che non conosce meccanismi di accesso individuale al sindacato di legittimità costituzionale, paragonabili a quelli che contraddistinguono l’esperienza tedesca e quella spagnola.
Governo della moneta e Costituzione
NARDELLI, JACOPO
2015
Abstract
La ricerca ha per titolo “Governo della moneta e Costituzione” ed è articolata in quattro aree tematiche, ciascuna delle quali viene trattata, rispettivamente, nei quattro capitoli in cui è strutturato l’elaborato finale. Il primo capitolo ha carattere introduttivo e prende le mosse dalla nozione di governo della moneta: nello specifico, il dottorando, nel tracciare i confini del concetto in parola, pone in risalto come la regolazione dei flussi monetari, nonostante la sua innegabile componente tecnica, rappresenti un’attività invincibilmente politica. Nel medesimo contesto, egli indaga, altresì, temi che sono abitualmente trascurati negli studi giuridici sulla materia de qua, come, ad esempio, il meccanismo di trasmissione della politica monetaria: l’analisi di un simile argomento permette di comprendere appieno la portata e gli effetti delle decisioni attinenti del governo della moneta, le quali necessitano di un significativo lasso di tempo per incidere sull’economia reale e, risultando influenzate da numerose variabili, scontano margini di incertezza. Allo stesso tempo, il candidato affronta i problemi attinenti all’indipendenza della banca centrale, dedicando molta attenzione all’accountability dell’istituzione alla quale, nella quasi totalità degli ordinamenti, è affidata la conduzione della politica monetaria: a tal fine, assume centrale importanza l’analisi di carattere comparatistico, che coinvolge la Banca Centrale Europea, la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone. Il secondo capitolo, intitolato “Governo della moneta e politica monetaria nella Costituzione”, contiene, anzitutto, una meditata lettura dei lavori preparatori della Costituzione ed, in particolare, di quelli condotti dalla Commissione presieduta da G. De Maria, alla quale si affianca lo studio della dottrina pubblicistica e della giurisprudenza costituzionale che, nel corso degli anni, hanno affrontato le questioni che attengono alla stabilità monetaria e, nello specifico, alla sua collocazione nella gerarchia dei valori costituzionali: una simile ricostruzione pone in luce come, nel disegno originario della Carta fondamentale, la difesa del metro monetario, pur rappresentando un bene di rango costituzionale, non possa essere reputata una finalità da perseguire in via assoluta e sottratta, quindi, ad ogni possibile bilanciamento. Il terzo capitolo, poi, inizia con un ampio esame della letteratura che ha avuto modo di esprimersi sui margini di autonomia riconosciuti alla Banca d’Italia prima dell’attuazione delle riforme funzionali all’adesione del nostro paese all’Unione economica e monetaria. Lo stesso, inoltre, indaga una delle principali novità introdotte dal Trattato di Maastricht nell’ambito del governo della moneta, ovverosia l’elevazione della stabilità dei prezzi a fine unico ed assoluto della politica monetaria dell’Eurozona, nonché le conseguenze di una simile innovazione: l’isolamento dell’obiettivo de quo, infatti, ha determinato un netto rovesciamento dell’opzione fatta propria Costituenti, eliminando tra l’altro l’idea, precedentemente consolidata, della subordinazione della politica monetaria alla politica economica. Il capitolo conclusivo ospita le riflessioni del dottorando in merito alla struttura ed al modus operandi del Sistema Europeo delle Banche Centrali, nonché alla compatibilità dei medesimi con il c.d. controlimite costituito dal principio democratico: infatti, se, da un lato, la Banca Centrale Europea – come ognuno ormai sa – dispone di poteri di notevole impatto sulla vita di ogni cittadino del Vecchio continente, dall’altro, sembra mancare qualunque momento di vera responsabilizzazione dell’istituzione in parola, la quale, anzi, rimane gelosamente affezionata a pratiche di segretezza ormai abbandonate da tutte le altre banche centrali. La criticità appena evidenziata appare, peraltro, acuita da due ulteriori fattori: in primis, dall’interpretazione estensiva che la l’Eurotower dà al proprio mandato, la quale ha indotto il Tribunale costituzionale tedesco al sollevare il ben noto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea; in secondo luogo, dalla impossibilità di far valere il suddetto controlimite nell’ambito dell’ordinamento italiano, che non conosce meccanismi di accesso individuale al sindacato di legittimità costituzionale, paragonabili a quelli che contraddistinguono l’esperienza tedesca e quella spagnola.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/178986
URN:NBN:IT:UNIPD-178986