The doctoral project was about the first phases of sacred architecture in the Norman County of Calabria and Sicily, before the royal coronation of Roger II (1057-1130). After the works of H.M. Schwarz (1944) and S. Bottari (1939, 1948) scholars have focused their studies on single monuments and no one has attempted a global revision of this theme. The aim of my dissertation was to offer an updated and comprehensive analyse of the sacred architecture in the age of count Roger I and his son Roger II, stressing the role of the different patrons (Hauteville family, Latin and Italogreek monastic orders, Norman aristocracy, Greek officials) in the artistic choices. The thesis is not merely a catalogue of the sacral buildings of that time, but deals with many historical and cultural problems, such as the connections between the different coexisting architectural traditions (Norman, Arabic, Byzantine, Benedictine), the liturgical use of spaces, the conflicted relationships between the two main branches of Hauteville family and their political and cultural reflections.
La dissertazione è dedicata all’edilizia sacra di Calabria e Sicilia nell’età della Contea normanna, ossia nel settantennio compreso tra l’avvio della conquista dell’estremo Meridione da parte di Roberto il Guiscardo e di suo fratello Ruggero I Altavilla (1057) e l’incoronazione reale del figlio di quest’ultimo, Ruggero II (1130). Si tratta di un tema poco esplorato dalla critica, tanto che l’unico saggio monografico esistente risale al 1944 (H.M. Schwarz, Die Baukunst Kalabriens und Siziliens im Zeitalter der Normannen: 1. Die lateinischen Kirchengründungen des 11. Jahrhunderts und der Dom von Cefalù). L’interesse degli studiosi è stato infatti prevalentemente catalizzato dagli splendidi monumenti del Regno normanno - come le cattedrali di Cefalù, Palermo e Monreale, la Cappella Palatina e i palazzi di Palermo -, lasciando in disparte le meno spettacolari testimonianze della prima fase di colonizzazione franca. Fu tuttavia proprio negli anni della Contea che presero forma cruciali processi di interazione culturale tra i nuovi signori del Meridione e la composita popolazione autoctona, la cui identità era stata forgiata da secoli di dominazione bizantina e araba. Fenomeni quali l’importazione di modelli per l’architettura sacra aggiornati sulle ultime tendenze delle regioni centro-settentrionali della Francia e il loro riadattamento alla luce delle necessità e possibilità specifiche locali o l’elaborazione di un linguaggio architettonico e decorativo al servizio del monachesimo di rito greco protetto dai sovrani normanni. Si deve purtroppo constatare, che delle circa cinquanta istituzioni religiose fondate o beneficiate da Ruggero I, la moglie Adelasia e Ruggero II entro il 1130, appena una decina ha conservato almeno qualche aspetto della sua conformazione originaria, e ciò spesso esclusivamente a livello archeologico. Ne va addebitata la responsabilità in primo luogo ai terremoti, che raramente hanno lasciato tranquille le due regioni per più di un secolo – «Calabria, sfasciume pendulo sul mare» scriveva Giustino Fortunato nel 1904 – come agli inevitabili ammodernamenti dettati dai continui cambiamenti di gusto. La tesi si articola in quattro sezioni cronologiche, ognuna aperta da un’introduzione storica, cui segue l’esame delle testimonianze monumentali a quella fase pertinenti. Su alcuni edifici si è deciso di realizzare focus di maggiore approfondimento, in considerazione del loro ruolo chiave nella politica religiosa – e non solo – dei nuovi dominatori e compatibilmente con le risultanze dell’analisi delle sopravvivenze architettoniche e decorative. La prima stagione è quella della conquista (1057-1085) e vede co-protagonisti il duca Roberto il Guiscardo e il futuro conte Ruggero I, ciascuno alle prese, terminate le operazioni militari in Calabria, con l’impianto di istituzioni religiose di matrice transalpina che fungessero da supporto ai cavalieri franchi nell’amministrazione del territorio e, in certa misura, alla latinizzazione della popolazione ellenofona assoggettata. Si tratta di tre monasteri benedettini, S. Maria della Matina, S. Maria di Sant’Eufemia e la SS. Trinità di Mileto, noti solo attraverso le fonti e le recenti esplorazioni archeologiche, che costituiscono l’antefatto della storia dell’architettura della Contea e lasceranno, soprattutto nel caso di Sant’Eufemia, ben leggibile la propria traccia anche nella successiva età del Regnum. Molto più corposa si rivela la seconda sezione, consacrata all’apogeo del potere di Ruggero I dopo la morte del fratello (1085) e la definitiva annessione della Sicilia araba (1091), fino alla sua scomparsa nel 1101. Il raggiungimento di una piena autonomia politica e la pacificazione delle terre acquisite combaciarono con un fitto programma di patrocinio di fondazioni sacre: cattedrali, priorie e monasteri latini, cenobi italogreci. Assumono un peso particolare le cattedrali di Catania e di Mazara del Vallo e il S. Bartolomeo di Lipari con il suo chiostro, per i quali la disamina delle fonti moderne e delle strutture medievali superstiti ha consentito di raggiungere qualche certezza circa l’assetto originario, che in nessun caso si adegua al cosiddetto plan bénédictin postulato dalla tradizionale teoria della diffusione del modello di S. Maria di Sant’Eufemia in Sicilia sin dalla fine dell’XI secolo. Il capitolo si conclude con una rassegna dell’edilizia monastica italogreca sulle due sponde dello Stretto, muovendo dall’analisi dei singoli edifici per tentare di riordinare le conoscenze sullo sviluppo dei sistemi costruttivi e ornamentali di questo gruppo di monumenti, accomunati dalla presenza di almeno una cupola e dalle ricche cortine laterizie. Alla morte del conte Ruggero I fece seguito un periodo delicato, quello della reggenza della terza moglie Adelasia del Vasto (1101-1112), che concentrò le proprie forze nella salvaguardia dei diritti del proprio primogenito Simone e, dopo la prematura scomparsa di questi, dell’ultimo dei figli, Ruggero II. Non meraviglia che in tale contesto scarsa – se non nulla – sia stata la sensibilità della vedova per le iniziative monumentali e l’attenzione deve quindi spostarsi sull’attività di patrocinio avviata da altri membri della famiglia, investiti di potentati locali: la contessa Giuditta a Sciacca e il conte Tancredi di Siracusa a Noto. Purtroppo, in entrambi casi, delle notevoli imprese trasmesse dai documenti ben poco sul piano materiale appare attribuibile alle date di fondazione, ma risulta perlomeno inquadrabile in più avanzati momenti dell’età normanna. Completa il quadro l’abbazia italogreca di S. Maria del Patir presso Rossano, che incarna nella sua veste decorativa lo spirito di un tempo di conflitti tra Ducato e Contea per la primazia sulla valle del Crati. Capitolo a parte è costituito da S. Maria della Roccella, enigmatico monumento da secoli in rovina affacciato sul golfo di Squillace. Riesaminando la struttura e soprattutto indagando le vicissitudini dell’inizio del XII secolo in quell’area al confine tra le diocesi di Catanzaro e Squillace, sono affiorati nuovi elementi per contestualizzare questa mastodontica incompiuta, episodio ante litteram della lunga catena di imprese velocemente abortite di cui il paesaggio calabrese porta i segni. La Roccella emerge come unica probabile iniziativa di Ruggero II tra il raggiungimento della maggiore età (1112) e l’incoronazione reale (1130) e non sembra un caso che essa proponga una prima rielaborazione del prototipo normanno di S. Maria di Sant’Eufemia, anticipando di un decennio l’analoga operazione attuata a Cefalù nel 1131. Un modello degli esordi che ha quindi saltato una generazione, quella più pienamente addebitabile alla volontà di Ruggero I, per essere non a caso rivitalizzato all’alba di una nuova stagione per gli Altavilla nel Meridione. Per quello che lo schiacciante peso del perduto permette di giudicare, gli anni di Ruggero I non assistettero di contro all’applicazione sistematica di una sola tipologia, bensì alla convivenza di differenti indirizzi architettonici. Tra questi emerge per rilevanza delle sedi che l’hanno adottato (la cattedrale di Mazara e l’abbazia di Lipari) l’impianto mononave con transetto stretto ma nettamente emergente e triabsidato. Si tratta di una pianta di consueto definita come strettamente monastica e che ha in effetti avuto impiego in un’ampia casistica di abbaziali di taglia medio-piccola, in buona parte dell’Europa occidentale. La Sicilia normanna non rappresenta tuttavia l’unico contesto in cui, tra XI e XII secolo, la pianta a tau ha trovato realizzazioni di più elevate ambizioni monumentali e al di fuori dall’ambiente monastico, come dimostrano le cattedrali di Angers e di York. Nello stesso torno di anni, le chiese episcopali di Mileto, Catania e forse di Cosenza assumevano l’assetto più consueto di basiliche a tre navate e tre absidi allineate con transetto lievemente sporgente, mentre di quella di Reggio si conoscono soltanto l’inusitato sviluppo del coro e la presenza di un corpo trasverso. Sfuggita alla gabbia storiografica del plan bénédictin, l’architettura della Contea non offre il destro per nuove tassonomie. Questo non significa che non sia possibile scorgervi tratti di continuità, Leitmotive, persistenze – spesso sul piano ornamentale – sebbene non si sia mossa secondo un univoco tracciato. Non che ciò rappresenti un’anomalia per il periodo di formazione di un nuovo soggetto politico e culturale, per quanto esso non costituisca una vera creazione ex nihilo. Solo con le future generazioni Altavilla, forti di un dominio consolidato e di una più elevata dignità di governo, diventeranno più chiare le linee guida dell’arte ufficiale, attingendo alla propria “preistoria” e ancora al mondo transalpino d’origine, senza rinunciare a importare dalle altre sponde del Mediterraneo linguaggi adatti a veicolare le grandiose aspirazioni dinastiche dei nuovi re.
Architettura sacra in Calabria e in Sicilia nell'età della Contea. Gli interventi dei conquistatori normanni tra occidentalizzazione e persistenze italogreche
TABANELLI, MARGHERITA
2017
Abstract
The doctoral project was about the first phases of sacred architecture in the Norman County of Calabria and Sicily, before the royal coronation of Roger II (1057-1130). After the works of H.M. Schwarz (1944) and S. Bottari (1939, 1948) scholars have focused their studies on single monuments and no one has attempted a global revision of this theme. The aim of my dissertation was to offer an updated and comprehensive analyse of the sacred architecture in the age of count Roger I and his son Roger II, stressing the role of the different patrons (Hauteville family, Latin and Italogreek monastic orders, Norman aristocracy, Greek officials) in the artistic choices. The thesis is not merely a catalogue of the sacral buildings of that time, but deals with many historical and cultural problems, such as the connections between the different coexisting architectural traditions (Norman, Arabic, Byzantine, Benedictine), the liturgical use of spaces, the conflicted relationships between the two main branches of Hauteville family and their political and cultural reflections.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/179608
URN:NBN:IT:UNIROMA1-179608