Il progetto dal titolo “Tradizione e modernità delle pratiche agricole nei Monti Dauni: storia e archeologia dei sistemi agroalimentari subappenninici” si pone come obiettivo la ricostruzione delle produzioni e della gestione del territorio nella Puglia settentrionale medievale, con particolare riguardo alla fascia territoriale di transizione tra Tavoliere di Puglia e Appennino. Posto su di un pianoro dei Monti Dauni, a 470m circa s.l.m., il sito della città abbandonata di Montecorvino (Volturino, FG) funge da caso studio per delineare un sistema di gestione delle risorse agricole (produzioni, pratiche agricole e alimentari) per il Subappennino dauno. Le fonti scritte pongono la formazione dell’insediamento alla prima metà del XI secolo, all’interno del progetto bizantino volto all’installazione di kastra sul confine con le terre longobarde, ma è nel corso del XII e XIII secolo che l’impianto urbanistico si struttura e articola come realtà cittadina. Nel XIV secolo si collocano i primi indicatori di sofferenza e contrazione della città che perdurano fino al suo definitivo abbandono tra la fine del XV secolo e la prima età moderna. Nel corso di tredici campagne di scavo archeologico, il sito è stato interessato da una campionatura sistematica delle stratigrafie, al fine di studiarne l’assemblaggio archeobotanico come indicatore dei trend agroalimentari. Allo studio analitico dei semi e frutti (carporesti), si affiancano le analisi degli isotopi stabili del Carbonio e dell’Azoto (tecnica IRMS), e uno studio biometrico applicato su esemplari archeologici di Vicia faba (fava) e Linum usitatissimum (lino). L’analisi carpologica, relativa a 116 unità stratigrafiche, distribuite all’interno dei tre principali settori della città (l’area signorile (castrum), l’area religiosa (Cattedrale, Episcopio, Cimitero), l’abitato), inquadrabili in un arco cronologico di circa 400 anni (dalla fine del XI agli inizi del XVI secolo) ha visto lo studio di un totale di 31.947 carporesti, attribuiti a 78 taxa e raggruppati in sei categorie economiche (Cereali, Frutti da arboree, Leguminose, Piante ortive e spezie, Piante oleacee, Piante infestanti/ruderali). Questa la banca dati utile a definire le trasformazioni e la continuità delle pratiche agricole ed economiche della città secondo una lettura diacronica e sincronica. Una pluralità di cereali identifica l’economia della città in tutte le sue fasi di vita, dato testimoniato anche dai numerosi silos che punteggiano l’insediamento. La lettura in diacronia dei dati, però, mostra interessanti variazioni nelle scelte colturali, le quali tendono più alla produzione di tritici (in particolare grano tenero/duro) che di orzo, almeno fino alla metà del Trecento. È in questo momento si assistete ad un’inversione di tendenza con l’aumento del consumo di orzo, in concomitanza con l’inflessione demografica e le difficoltà politiche citate nelle fonti e archeologicamente leggibile nei ripetuti crolli edilizi e progressiva rifunzionalizzazione dei silos come immondezzai. I risultati dell’indagine isotopica confermerebbero un quadro ambientale critico in termini di disponibilità idrica (ẟ 13C) e fertilità (ẟ 15N ) intorno alla metà del XIV secolo, in netto contrasto con i secoli precedenti. Interessante è l’attestazione dei cereali ‘minori’, ad oggi, assenti nella letteratura archeobotanica della Puglia medievale; un elemento forse connesso ad una tradizione culturale vicina al mondo dell’Italia centrale che permane in un territorio di confine come il Subappennino dauno. L’articolato sistema agroalimentare del sito è testimoniato dalle produzioni associate al seminativo: 1. piante ortive come melone e cetriolo (Cucumis melo/sativus); 2. frutti da piante arboree quali agrumi, pesche, amarene, noci, nocciole, fico e soprattutto olive e uva, quest’ultimi indirizzati principalmente al consumo del frutto fresco; 3. legumi (ceci, lenticchie, cicerchie, vecce e in particolare piselli e fave/favino) nell’ottica di un’alimentazione variegata e altamente proteica, produzione di foraggio per gli animali e di fertilizzante naturale per i campi; 4. lino (Linum usitatissimum L.) per il quale l’analisi biometrica tende all’identificazione di varietà destinate alla produzione di olio. Grazie alla sistematicità dell’indagine archeobotanica, pienamente inserita all’interno del Montecorvino Excavation Project, il quadro emerso interessa l’intera Capitanata medievale rispetto a temi quali la gestione delle risorse agricole e naturali. I dati acquisiti da un lato incrementano la banca dati disponibile per i secoli XIII e XIV, dall’altro colmano un vuoto informativo per la fase normanno/sveva e per il momento di transizione tra medioevo ed età moderna.

Tradizione e modernità delle pratiche agricole nei Monti dauni: storia e archeologia dei sistemi agroalimentari subappenninici

DELLA PENNA, VALERIA
2024

Abstract

Il progetto dal titolo “Tradizione e modernità delle pratiche agricole nei Monti Dauni: storia e archeologia dei sistemi agroalimentari subappenninici” si pone come obiettivo la ricostruzione delle produzioni e della gestione del territorio nella Puglia settentrionale medievale, con particolare riguardo alla fascia territoriale di transizione tra Tavoliere di Puglia e Appennino. Posto su di un pianoro dei Monti Dauni, a 470m circa s.l.m., il sito della città abbandonata di Montecorvino (Volturino, FG) funge da caso studio per delineare un sistema di gestione delle risorse agricole (produzioni, pratiche agricole e alimentari) per il Subappennino dauno. Le fonti scritte pongono la formazione dell’insediamento alla prima metà del XI secolo, all’interno del progetto bizantino volto all’installazione di kastra sul confine con le terre longobarde, ma è nel corso del XII e XIII secolo che l’impianto urbanistico si struttura e articola come realtà cittadina. Nel XIV secolo si collocano i primi indicatori di sofferenza e contrazione della città che perdurano fino al suo definitivo abbandono tra la fine del XV secolo e la prima età moderna. Nel corso di tredici campagne di scavo archeologico, il sito è stato interessato da una campionatura sistematica delle stratigrafie, al fine di studiarne l’assemblaggio archeobotanico come indicatore dei trend agroalimentari. Allo studio analitico dei semi e frutti (carporesti), si affiancano le analisi degli isotopi stabili del Carbonio e dell’Azoto (tecnica IRMS), e uno studio biometrico applicato su esemplari archeologici di Vicia faba (fava) e Linum usitatissimum (lino). L’analisi carpologica, relativa a 116 unità stratigrafiche, distribuite all’interno dei tre principali settori della città (l’area signorile (castrum), l’area religiosa (Cattedrale, Episcopio, Cimitero), l’abitato), inquadrabili in un arco cronologico di circa 400 anni (dalla fine del XI agli inizi del XVI secolo) ha visto lo studio di un totale di 31.947 carporesti, attribuiti a 78 taxa e raggruppati in sei categorie economiche (Cereali, Frutti da arboree, Leguminose, Piante ortive e spezie, Piante oleacee, Piante infestanti/ruderali). Questa la banca dati utile a definire le trasformazioni e la continuità delle pratiche agricole ed economiche della città secondo una lettura diacronica e sincronica. Una pluralità di cereali identifica l’economia della città in tutte le sue fasi di vita, dato testimoniato anche dai numerosi silos che punteggiano l’insediamento. La lettura in diacronia dei dati, però, mostra interessanti variazioni nelle scelte colturali, le quali tendono più alla produzione di tritici (in particolare grano tenero/duro) che di orzo, almeno fino alla metà del Trecento. È in questo momento si assistete ad un’inversione di tendenza con l’aumento del consumo di orzo, in concomitanza con l’inflessione demografica e le difficoltà politiche citate nelle fonti e archeologicamente leggibile nei ripetuti crolli edilizi e progressiva rifunzionalizzazione dei silos come immondezzai. I risultati dell’indagine isotopica confermerebbero un quadro ambientale critico in termini di disponibilità idrica (ẟ 13C) e fertilità (ẟ 15N ) intorno alla metà del XIV secolo, in netto contrasto con i secoli precedenti. Interessante è l’attestazione dei cereali ‘minori’, ad oggi, assenti nella letteratura archeobotanica della Puglia medievale; un elemento forse connesso ad una tradizione culturale vicina al mondo dell’Italia centrale che permane in un territorio di confine come il Subappennino dauno. L’articolato sistema agroalimentare del sito è testimoniato dalle produzioni associate al seminativo: 1. piante ortive come melone e cetriolo (Cucumis melo/sativus); 2. frutti da piante arboree quali agrumi, pesche, amarene, noci, nocciole, fico e soprattutto olive e uva, quest’ultimi indirizzati principalmente al consumo del frutto fresco; 3. legumi (ceci, lenticchie, cicerchie, vecce e in particolare piselli e fave/favino) nell’ottica di un’alimentazione variegata e altamente proteica, produzione di foraggio per gli animali e di fertilizzante naturale per i campi; 4. lino (Linum usitatissimum L.) per il quale l’analisi biometrica tende all’identificazione di varietà destinate alla produzione di olio. Grazie alla sistematicità dell’indagine archeobotanica, pienamente inserita all’interno del Montecorvino Excavation Project, il quadro emerso interessa l’intera Capitanata medievale rispetto a temi quali la gestione delle risorse agricole e naturali. I dati acquisiti da un lato incrementano la banca dati disponibile per i secoli XIII e XIV, dall’altro colmano un vuoto informativo per la fase normanno/sveva e per il momento di transizione tra medioevo ed età moderna.
2024
Italiano
FAVIA, PASQUALE
Università degli Studi di Foggia
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