La tesi si prefigge lo scopo di rispondere a un duplice quesito: anzitutto, se sia ancora attuale il tema dell’incriminazione dell’immoralità, cioè se vi sia spazio, oggi, per tale deriva politico-criminale; secondariamente, se tale opzione possa essere unitariamente rifiutata o invece legittimata, e sulla base di quali argomentazioni. Il lavoro pertanto approfondisce il rapporto tra diritto penale e morale, inquadrandolo nel più vasto tema delle connessioni tra diritto (non solo penale) e morale, sia sul piano giusfilosofico sia sul piano storico, attraverso il pensiero di Hart e Feinberg e le teorie penalistiche del bene giuridico e dell’harm principle, e poi supportandolo con una rassegna di fattispecie di parte speciale che, seppure non espressamente poste a tutela di una morale, possono essere ricostruite in termini di enforcement of morals, o dal punto di vista del bene giuridico che tutelano (che è intrinsecamente morale) o dal punto di vista dell’estrema anticipazione della tutela realizzata tramite l’enucleazione di un bene giuridico “ostacolo”. Sono passati in rassegna, quindi, i reati contro la morale sessuale (con un particolare approfondimento sulla pedopornografia), contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti, contro la dignità umana e la convivenza pacifica tra diversità (con alcune riflessioni in particolare sul tema del negazionismo), infine contro l’etica degli affari. La rassegna porta all’individuazione di alcuni beni giuridici “ostacolo” maggiormente utilizzati dal legislatore per “mascherare”, dietro un’apparente conformità all’harm principle e ai principi liberali di separazione tra diritto e morale, l’enforcement of morals: la sicurezza, affermata tramite un’esasperazione della funzione general preventiva della pena, e la dignità umana. L’indagine prosegue con l’enunciazione di alcune argomentazioni che potrebbero condurre a legittimare l’incriminazione dell’immoralità, cioè ragioni “di chiusura”, orientate sulle leve emotive della paura, del disgusto e degli stereotipi, e ragioni “di apertura”, di stampo progressista e costituzionalmente orientato. La conclusione mira, infine, a fornire alcune argomentazioni che possano portare a rifiutare l’incriminazione dell’immoralità anche nella sua insidiosa dimensione attuale; tali ragioni trovano fondamento nei principi fondamentali del diritto penale: in particolare, i principi di offensività, extrema ratio, efficacia e uguaglianza. Il riferimento al principio di uguaglianza permette infine di sottolineare il ruolo della legge penale non come imposizione di una morale, ma come protettore della pluralità di morali.

Punire la mera immoralità?

CAPRA, CATERINA LUCIA
2025

Abstract

La tesi si prefigge lo scopo di rispondere a un duplice quesito: anzitutto, se sia ancora attuale il tema dell’incriminazione dell’immoralità, cioè se vi sia spazio, oggi, per tale deriva politico-criminale; secondariamente, se tale opzione possa essere unitariamente rifiutata o invece legittimata, e sulla base di quali argomentazioni. Il lavoro pertanto approfondisce il rapporto tra diritto penale e morale, inquadrandolo nel più vasto tema delle connessioni tra diritto (non solo penale) e morale, sia sul piano giusfilosofico sia sul piano storico, attraverso il pensiero di Hart e Feinberg e le teorie penalistiche del bene giuridico e dell’harm principle, e poi supportandolo con una rassegna di fattispecie di parte speciale che, seppure non espressamente poste a tutela di una morale, possono essere ricostruite in termini di enforcement of morals, o dal punto di vista del bene giuridico che tutelano (che è intrinsecamente morale) o dal punto di vista dell’estrema anticipazione della tutela realizzata tramite l’enucleazione di un bene giuridico “ostacolo”. Sono passati in rassegna, quindi, i reati contro la morale sessuale (con un particolare approfondimento sulla pedopornografia), contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti, contro la dignità umana e la convivenza pacifica tra diversità (con alcune riflessioni in particolare sul tema del negazionismo), infine contro l’etica degli affari. La rassegna porta all’individuazione di alcuni beni giuridici “ostacolo” maggiormente utilizzati dal legislatore per “mascherare”, dietro un’apparente conformità all’harm principle e ai principi liberali di separazione tra diritto e morale, l’enforcement of morals: la sicurezza, affermata tramite un’esasperazione della funzione general preventiva della pena, e la dignità umana. L’indagine prosegue con l’enunciazione di alcune argomentazioni che potrebbero condurre a legittimare l’incriminazione dell’immoralità, cioè ragioni “di chiusura”, orientate sulle leve emotive della paura, del disgusto e degli stereotipi, e ragioni “di apertura”, di stampo progressista e costituzionalmente orientato. La conclusione mira, infine, a fornire alcune argomentazioni che possano portare a rifiutare l’incriminazione dell’immoralità anche nella sua insidiosa dimensione attuale; tali ragioni trovano fondamento nei principi fondamentali del diritto penale: in particolare, i principi di offensività, extrema ratio, efficacia e uguaglianza. Il riferimento al principio di uguaglianza permette infine di sottolineare il ruolo della legge penale non come imposizione di una morale, ma come protettore della pluralità di morali.
11-feb-2025
Italiano
SEMINARA, SERGIO
Università degli studi di Pavia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/190173
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPV-190173