The proposed dissertation analyses Russian author Vladimir Nabokov’s (1899-1977) translation process as applied to his verses. Widely recognised as a novelist, Nabokov was also a poet and a translator of other writers’ literary production as well as his own, which the present work aims to put into a fresh perspective. In order to facilitate the analytic approach, the dissertation has been written in English, avoiding any further, and probably redundant, mediation through the Italian language. An “extraterritorial” writer, Nabokov condenses in his daring self-translating practice his interest in interlinguistic mediation and his audacious funambulism on the verge between Russian and Western cultures. Moving from Poems and Problems, a book that still remains in the shadow of his most well-known masterpieces, the present analysis explores Nabokov’s translations of his own verses from Russian into English during the course of his long and fruitful literary career, gradually extending to some of his other works and contextualising his production into the broader context of Russian literature, which constantly nourished Nabokov’s output. The rhetorical approach and the close reading method, both deeply rooted in the Formalist school, are illustrated in the Introduction as well as through the first textual analysis, centred on Dozhd’ proletel / The Rain Has Flown. The core of the dissertation is divided in four chapters, each dedicated to the study of a certain rhetorical figure as a tool used by the author to compose his verses and the vector of the self-translating process. The first chapter, Inache govorya / In Other Words, discusses intertextuality through direct quotations and ekphrasis, which allow Nabokov to align his poetry with the Russian tradition while delving into new interpretive perspectives. Such is the case of Eshche bezmolvstvuyu / I Still Keep Mute, inspired by Fedor Tyutchev. In L’Inconnue de la Seine the description of a decorative object constitutes the pretext for a re-reading of Aleksandr Blok, while Snimok / Snapshot ponders on the concept of speculation in terms of gnoseologic approach. The second chapter, Prozrachnyye veshchi / Transparent Things, considers the use of metasememes, specifically synaesthesia and synecdoche, as portals onto bispatsial’nost’ and nonconformism. In Tikhiy shum / Soft Sound the synaesthetic shift is used to recreate the disorientation experienced in emigration. The synecdochic eye in Oko / Oculus invites the reader to consider the point of view, also in the narrative sense. With its combination of partiality and synthesis, Nepravil’nyye yamby / Irregular Iambics encapsulates a more mature study, albeit in nuce, of the prosodic matter. The eccentricity of Bezumets / The Madman in the Interlude guides the reader from Vladimir Nabokov’s thetic vision and constructive approach, as described in the first part, to his antithetic idea of reality and the trespassing of logic and logos, as discussed in the second part. The aforementioned chapter advances the definition of inter-tropes, interstitial rhetorical figures stemming from the contextual comparison of source and target text. S drugoy storony / Then Again analyses metalogisms, through which Nabokov delineates the estranging space of potustoronnost’ epitomising his exilic experience as well as his linguistic and cultural hybridism. Antithesis and polysemic ambiguity characterise Nomer v gostinitse / Hotel Room and Formula / The Formula respectively, both investigating the experience of transfiguration. In K Kn. S. M. Kachurinu / To Prince S. M. Kachurin the motif of estrangement reverberates through the semantic elements of the text. The last chapter, Molchi / Speak Not, considers Nabokov’s use of reticence as a tool to overcome the limits imposed by linguistic conventions and common words. The silent allusions and the open ending of Neokonchennyy chernovik / An Unfinished Draft incarnate the author’s opinion in the debate within the Russian XX century diaspora. In Kakoye sdelal ya durnoye delo / What Is the Evil Deed Nabokov goes back to his Lolita without ever mentioning it throughout the poem and entrusting the podtekst inspired by Boris Pasternak with his own intentions. Ultimately the parodic tone of O pravitelyakh / On Rulers contradicts the alleged non-politic nature of Nabokov’s literary work and gives the attentive reader the chance to fill in the absences of its verses. With the analysis of Slava / Fame some conclusions are drawn: recurrent motives and tropes are considered, also in terms of how they might be enhanced or weakened by the self-translating process. A brief mention of Corpus Linguistics encourages the contemporary reader to trust the text, which is, beyond any progress and technology, the primary and ultimate source of meaning.

L’elaborato di tesi proposto si incentra sullo studio del processo traduttivo adottato dall’autore russo Vladimir Nabokov (1899-1977) per la propria produzione letteraria in versi. Più noto per la sua prosa, Nabokov fu anche poeta e traduttore di testi altrui e propri, attività queste che il presente studio intende riportare all’attenzione del lettore. L’elaborato è stato composto in lingua inglese per rendere l’analisi testuale più efficace, evitando di appesantire ulteriormente la comparazione con il tramite, probabilmente ingombrante, di una terza lingua. Autore “extraterritoriale,” Nabokov condensa nella propria audace pratica autotraduttiva l’interesse per la mediazione interlinguistica e il cammino spericolatamente funambolico tra cultura russa e occidentale. Muovendo da Poems and Problems, testo rimasto all’ombra di altri ben più noti suoi capolavori, il presente lavoro di analisi affronta lo studio della traduzione che Nabokov ha realizzato, nel corso della sua lunga carriera letteraria, dei propri componimenti poetici dal russo all’inglese, ampliando la trattazione ad altri suoi testi, inseriti opportunamente nel più ampio contesto della letteratura russa, di cui costantemente lo scrittore si nutre. Individuati il criterio retorico e il metodo della close reading, entrambi radicati nell’analisi letteraria di stampo formalista e illustrati nell’Introduzione nonché nella prima analisi testuale dedicata ai versi di Dožd’ proletel / The Rain Has Flown, si procede attraverso i quattro capitoli incentrati sullo studio di specifiche figure retoriche quali strumenti di composizione poetica originale e coordinate del processo autotraduttivo. Nel primo capitolo, Inače govorja / In Other Words, viene discusso l’espediente letterario dell’intertestualità in forma citazionale ed ecfrastica come motivo di radicamento nella tradizione di appartenenza e germinazione di nuovi orizzonti interpretativi. È questo il caso di Ešče bezmolvstvuju / I Still Keep Mute, di tjutčeviana memoria. In L’Inconnue de la Seine è invece la descrizione di un comune oggetto decorativo a fornire il pretesto per la rilettura di Aleksandr Blok, mentre Snimok / Snapshot riflette sul concetto di speculazione in quanto approccio gnoseologico. Il secondo capitolo, Prozračnye vešči / Transparent Things, analizza l’uso dei metasememi e, più in particolare, di sinestesia e sineddoche quali meccanismi di apertura verso bispazialità e anticonvenzionalismo. Tikhij šum / Soft Sound sfrutta lo spostamento sinestetico per rievocare la sensazione di disorientamento causata dall’emigrazione. L’occhio sineddochicamente isolato di Oko / Oculus offre spunti di riflessione sul punto di vista, anche in ambito narrativo. Con la sua combinazione di parzialità e sintesi, Nepravil’nye jamby / Irregular Iambics propone invece un più maturo studio, in nuce, della materia prosodica. Nell’Interludio l’eccentricità del Bezumec / The Madman funge da tramite tra la prima parte, dedicata alla visione tetica e all’approccio costruttivo del pensiero di Vladimir Nabokov, e la seconda, incentrata piuttosto sulla concezione antitetica del reale e votata dunque allo sconfinamento oltre i limiti della logica e del logos stesso. Nel presente capitolo si propone inoltre il concetto di inter-trope, consistente in una figura retorica interstiziale generata a partire dal confronto contestuale di source e target text. In S drugoj storony / Then Again si procede all’analisi dei metalogismi tramite i quali Nabokov delinea lo spazio straniante del potustoronnost’, distillato della propria esperienza esilica e del proprio ibridismo linguistico-culturale. Antitesi e ambiguità polisemica caratterizzano rispettivamente Nomer v gostinice / Hotel Room e Formula / The Formula, entrambi incentrati sull’esperienza della trasfigurazione, ulteriormente esplorata in K Kn. S. M. Kačurinu / To Prince S. M. Kachurin, in cui lo straniamento, da motivo tematico, affiora anche alla superficie semantica del testo. Nell’ultimo capitolo, Molchi / Speak Not, si considera l’uso della reticenza quale mezzo di superamento dei confini imposti dalla parola comune e dalle convenzioni linguistiche. Le silenti allusioni e il finale inconcluso di Neokončennyy černovik / An Unfinished Draft sono veicolo espressivo della voce nabokoviana nel contesto del dibattito letterario interno alla diaspora russa del Novecento. In Kakoe sdelal ja durnoe delo / What Is the Evil Deed Nabokov torna al suo noto Lolita, pur non menzionandolo nel corpo del testo e affidando al podtekst di Boris Pasternak la responsabilità dei propri intenti. O praviteljakh / On Rulers, infine, contraddice la presunta indole apolitica di Nabokov mediante una scrittura parodica che consegna al lettore attento gli strumenti necessari per colmare le assenze di cui sono disseminati i versi. Con la lettura di Slava / Fame si giunge alle dovute conclusioni, rintracciando i motivi e gli strumenti retorici ricorrenti nei versi di Nabokov e notando il potenziamento o viceversa l’indebolimento che gli stessi subiscono in fase autotraduttiva. Una fugace menzione, in appendice, della Linguistica computazionale rivolge un invito al lettore contemporaneo a fidarsi del testo, che è, al di là di ogni progresso e tecnologia, fonte prima e ultima di significato.

Congruences with the past.On Vladimir Nabokov’s self-translated verses

CORNETTONE, NADIA
2019

Abstract

The proposed dissertation analyses Russian author Vladimir Nabokov’s (1899-1977) translation process as applied to his verses. Widely recognised as a novelist, Nabokov was also a poet and a translator of other writers’ literary production as well as his own, which the present work aims to put into a fresh perspective. In order to facilitate the analytic approach, the dissertation has been written in English, avoiding any further, and probably redundant, mediation through the Italian language. An “extraterritorial” writer, Nabokov condenses in his daring self-translating practice his interest in interlinguistic mediation and his audacious funambulism on the verge between Russian and Western cultures. Moving from Poems and Problems, a book that still remains in the shadow of his most well-known masterpieces, the present analysis explores Nabokov’s translations of his own verses from Russian into English during the course of his long and fruitful literary career, gradually extending to some of his other works and contextualising his production into the broader context of Russian literature, which constantly nourished Nabokov’s output. The rhetorical approach and the close reading method, both deeply rooted in the Formalist school, are illustrated in the Introduction as well as through the first textual analysis, centred on Dozhd’ proletel / The Rain Has Flown. The core of the dissertation is divided in four chapters, each dedicated to the study of a certain rhetorical figure as a tool used by the author to compose his verses and the vector of the self-translating process. The first chapter, Inache govorya / In Other Words, discusses intertextuality through direct quotations and ekphrasis, which allow Nabokov to align his poetry with the Russian tradition while delving into new interpretive perspectives. Such is the case of Eshche bezmolvstvuyu / I Still Keep Mute, inspired by Fedor Tyutchev. In L’Inconnue de la Seine the description of a decorative object constitutes the pretext for a re-reading of Aleksandr Blok, while Snimok / Snapshot ponders on the concept of speculation in terms of gnoseologic approach. The second chapter, Prozrachnyye veshchi / Transparent Things, considers the use of metasememes, specifically synaesthesia and synecdoche, as portals onto bispatsial’nost’ and nonconformism. In Tikhiy shum / Soft Sound the synaesthetic shift is used to recreate the disorientation experienced in emigration. The synecdochic eye in Oko / Oculus invites the reader to consider the point of view, also in the narrative sense. With its combination of partiality and synthesis, Nepravil’nyye yamby / Irregular Iambics encapsulates a more mature study, albeit in nuce, of the prosodic matter. The eccentricity of Bezumets / The Madman in the Interlude guides the reader from Vladimir Nabokov’s thetic vision and constructive approach, as described in the first part, to his antithetic idea of reality and the trespassing of logic and logos, as discussed in the second part. The aforementioned chapter advances the definition of inter-tropes, interstitial rhetorical figures stemming from the contextual comparison of source and target text. S drugoy storony / Then Again analyses metalogisms, through which Nabokov delineates the estranging space of potustoronnost’ epitomising his exilic experience as well as his linguistic and cultural hybridism. Antithesis and polysemic ambiguity characterise Nomer v gostinitse / Hotel Room and Formula / The Formula respectively, both investigating the experience of transfiguration. In K Kn. S. M. Kachurinu / To Prince S. M. Kachurin the motif of estrangement reverberates through the semantic elements of the text. The last chapter, Molchi / Speak Not, considers Nabokov’s use of reticence as a tool to overcome the limits imposed by linguistic conventions and common words. The silent allusions and the open ending of Neokonchennyy chernovik / An Unfinished Draft incarnate the author’s opinion in the debate within the Russian XX century diaspora. In Kakoye sdelal ya durnoye delo / What Is the Evil Deed Nabokov goes back to his Lolita without ever mentioning it throughout the poem and entrusting the podtekst inspired by Boris Pasternak with his own intentions. Ultimately the parodic tone of O pravitelyakh / On Rulers contradicts the alleged non-politic nature of Nabokov’s literary work and gives the attentive reader the chance to fill in the absences of its verses. With the analysis of Slava / Fame some conclusions are drawn: recurrent motives and tropes are considered, also in terms of how they might be enhanced or weakened by the self-translating process. A brief mention of Corpus Linguistics encourages the contemporary reader to trust the text, which is, beyond any progress and technology, the primary and ultimate source of meaning.
2019
Inglese
L’elaborato di tesi proposto si incentra sullo studio del processo traduttivo adottato dall’autore russo Vladimir Nabokov (1899-1977) per la propria produzione letteraria in versi. Più noto per la sua prosa, Nabokov fu anche poeta e traduttore di testi altrui e propri, attività queste che il presente studio intende riportare all’attenzione del lettore. L’elaborato è stato composto in lingua inglese per rendere l’analisi testuale più efficace, evitando di appesantire ulteriormente la comparazione con il tramite, probabilmente ingombrante, di una terza lingua. Autore “extraterritoriale,” Nabokov condensa nella propria audace pratica autotraduttiva l’interesse per la mediazione interlinguistica e il cammino spericolatamente funambolico tra cultura russa e occidentale. Muovendo da Poems and Problems, testo rimasto all’ombra di altri ben più noti suoi capolavori, il presente lavoro di analisi affronta lo studio della traduzione che Nabokov ha realizzato, nel corso della sua lunga carriera letteraria, dei propri componimenti poetici dal russo all’inglese, ampliando la trattazione ad altri suoi testi, inseriti opportunamente nel più ampio contesto della letteratura russa, di cui costantemente lo scrittore si nutre. Individuati il criterio retorico e il metodo della close reading, entrambi radicati nell’analisi letteraria di stampo formalista e illustrati nell’Introduzione nonché nella prima analisi testuale dedicata ai versi di Dožd’ proletel / The Rain Has Flown, si procede attraverso i quattro capitoli incentrati sullo studio di specifiche figure retoriche quali strumenti di composizione poetica originale e coordinate del processo autotraduttivo. Nel primo capitolo, Inače govorja / In Other Words, viene discusso l’espediente letterario dell’intertestualità in forma citazionale ed ecfrastica come motivo di radicamento nella tradizione di appartenenza e germinazione di nuovi orizzonti interpretativi. È questo il caso di Ešče bezmolvstvuju / I Still Keep Mute, di tjutčeviana memoria. In L’Inconnue de la Seine è invece la descrizione di un comune oggetto decorativo a fornire il pretesto per la rilettura di Aleksandr Blok, mentre Snimok / Snapshot riflette sul concetto di speculazione in quanto approccio gnoseologico. Il secondo capitolo, Prozračnye vešči / Transparent Things, analizza l’uso dei metasememi e, più in particolare, di sinestesia e sineddoche quali meccanismi di apertura verso bispazialità e anticonvenzionalismo. Tikhij šum / Soft Sound sfrutta lo spostamento sinestetico per rievocare la sensazione di disorientamento causata dall’emigrazione. L’occhio sineddochicamente isolato di Oko / Oculus offre spunti di riflessione sul punto di vista, anche in ambito narrativo. Con la sua combinazione di parzialità e sintesi, Nepravil’nye jamby / Irregular Iambics propone invece un più maturo studio, in nuce, della materia prosodica. Nell’Interludio l’eccentricità del Bezumec / The Madman funge da tramite tra la prima parte, dedicata alla visione tetica e all’approccio costruttivo del pensiero di Vladimir Nabokov, e la seconda, incentrata piuttosto sulla concezione antitetica del reale e votata dunque allo sconfinamento oltre i limiti della logica e del logos stesso. Nel presente capitolo si propone inoltre il concetto di inter-trope, consistente in una figura retorica interstiziale generata a partire dal confronto contestuale di source e target text. In S drugoj storony / Then Again si procede all’analisi dei metalogismi tramite i quali Nabokov delinea lo spazio straniante del potustoronnost’, distillato della propria esperienza esilica e del proprio ibridismo linguistico-culturale. Antitesi e ambiguità polisemica caratterizzano rispettivamente Nomer v gostinice / Hotel Room e Formula / The Formula, entrambi incentrati sull’esperienza della trasfigurazione, ulteriormente esplorata in K Kn. S. M. Kačurinu / To Prince S. M. Kachurin, in cui lo straniamento, da motivo tematico, affiora anche alla superficie semantica del testo. Nell’ultimo capitolo, Molchi / Speak Not, si considera l’uso della reticenza quale mezzo di superamento dei confini imposti dalla parola comune e dalle convenzioni linguistiche. Le silenti allusioni e il finale inconcluso di Neokončennyy černovik / An Unfinished Draft sono veicolo espressivo della voce nabokoviana nel contesto del dibattito letterario interno alla diaspora russa del Novecento. In Kakoe sdelal ja durnoe delo / What Is the Evil Deed Nabokov torna al suo noto Lolita, pur non menzionandolo nel corpo del testo e affidando al podtekst di Boris Pasternak la responsabilità dei propri intenti. O praviteljakh / On Rulers, infine, contraddice la presunta indole apolitica di Nabokov mediante una scrittura parodica che consegna al lettore attento gli strumenti necessari per colmare le assenze di cui sono disseminati i versi. Con la lettura di Slava / Fame si giunge alle dovute conclusioni, rintracciando i motivi e gli strumenti retorici ricorrenti nei versi di Nabokov e notando il potenziamento o viceversa l’indebolimento che gli stessi subiscono in fase autotraduttiva. Una fugace menzione, in appendice, della Linguistica computazionale rivolge un invito al lettore contemporaneo a fidarsi del testo, che è, al di là di ogni progresso e tecnologia, fonte prima e ultima di significato.
Università degli Studi di Macerata
261
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMC-194537