Scopo del presente lavoro è quello di pervenire ad una interpretazione dell’articolo 1225 c.c. attraverso un’analisi critica del concetto di prevedibilità del danno. Per effettuare tale analisi si parte da un esame preliminare dei significati che il termine “prevedibilità” assume nel linguaggio comune, in quello scientifico ed in quello giuridico. Quest’esame riconduce ad un approfondimento del legame che questo termine ha con la nozione di nesso causale, che è alla base del ragionamento giuridico sia per quanto riguarda l’attribuzione della responsabilità sia per quanto riguarda la determinazione del risarcimento. Dopo una rassegna dei diversi orientamenti della dottrina e della giurisprudenza circa il senso dell’art. 1225 riguardo ai limiti che esso dovrebbe porre sul risarcimento a fronte del diritto del creditore si analizza la struttura del processo di decisione circa la sussistenza dell’obbligo di risarcimento e circa il suo ammontare. Si focalizza l’attenzione sul fatto che una previsione non può essere coerentemente formulata se non in un quadro logico di inferenza probabilistica basata sulle aspettative ex ante, che conduce a giudizi di prevedibilità non veri o falsi, ma più o meno certi. In questo quadro concettuale, il giudizio di prevedibilità è ricondotto alla valutazione del grado di credenza sulle ipotesi di danno conseguibile al momento della conclusione del contratto. Se al soggetto della previsione si attribuisce oltre alla qualifica generica di “media diligenza” quella più specifica di “razionalità”, il giudizio di prevedibilità dovrebbe coerentemente attenersi alle regole logiche e agli assiomi del calcolo della probabilità. Sulla base di questi argomenti si sviluppa, quindi, un’analisi comparativa dei metodi con cui il giudizio di prevedibilità del danno può essere formulato, e si perviene infine ad una interpretazione sintetica dell’art. 1225.
Il giudizio di prevedibilità nell’articolo 1225 c.c.
JACOVITTI, ELEONORA
2014
Abstract
Scopo del presente lavoro è quello di pervenire ad una interpretazione dell’articolo 1225 c.c. attraverso un’analisi critica del concetto di prevedibilità del danno. Per effettuare tale analisi si parte da un esame preliminare dei significati che il termine “prevedibilità” assume nel linguaggio comune, in quello scientifico ed in quello giuridico. Quest’esame riconduce ad un approfondimento del legame che questo termine ha con la nozione di nesso causale, che è alla base del ragionamento giuridico sia per quanto riguarda l’attribuzione della responsabilità sia per quanto riguarda la determinazione del risarcimento. Dopo una rassegna dei diversi orientamenti della dottrina e della giurisprudenza circa il senso dell’art. 1225 riguardo ai limiti che esso dovrebbe porre sul risarcimento a fronte del diritto del creditore si analizza la struttura del processo di decisione circa la sussistenza dell’obbligo di risarcimento e circa il suo ammontare. Si focalizza l’attenzione sul fatto che una previsione non può essere coerentemente formulata se non in un quadro logico di inferenza probabilistica basata sulle aspettative ex ante, che conduce a giudizi di prevedibilità non veri o falsi, ma più o meno certi. In questo quadro concettuale, il giudizio di prevedibilità è ricondotto alla valutazione del grado di credenza sulle ipotesi di danno conseguibile al momento della conclusione del contratto. Se al soggetto della previsione si attribuisce oltre alla qualifica generica di “media diligenza” quella più specifica di “razionalità”, il giudizio di prevedibilità dovrebbe coerentemente attenersi alle regole logiche e agli assiomi del calcolo della probabilità. Sulla base di questi argomenti si sviluppa, quindi, un’analisi comparativa dei metodi con cui il giudizio di prevedibilità del danno può essere formulato, e si perviene infine ad una interpretazione sintetica dell’art. 1225.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/196901
URN:NBN:IT:UNIROMA2-196901