Nella Parte I [Inquadramento del tema di ricerca], viene esposto lo sfondo teorico entro il quale si inserisce il lavoro, attraverso una articolazione in tre macro-capitoli principali. Nel primo capitolo, è stata fornita una rilettura dello stato dell9arte inerente il tema dello spazio aperto, focalizzando l9attenzione sulla sua capacità infrastrutturante all9interno della città contemporanea, nella triplice declinazione di: infrastruttura ri-connettiva della dispersione urbana, supporto sociale per lo svolgimento di pratiche urbane collettive (configurandosi quindi come spazio pubblico a tutti gli effetti), e infrastruttura ecologica (ovvero come interfaccia ambientale sia sotto il profilo dei servizi ecosistemici che è in grado di erogare, sia dal punto di vista della risposta ai rischi naturali determinati dal climate change). Questa lettura è alla base degli apparati teorici di quelli che sono stati definiti nuovi orientamenti disciplinari, i quali stanno riportando all9attenzione la necessità di leggere in maniera integrata questo triplice aspetto, ricollocando il ruolo del progetto dello spazio aperto in una visione landscape oriented, come infrastruttura paesaggistica. Nei capitoli successivi di questa prima parte, il focus è invece incentrato all9ambito specifico dell9ampio panorama del rischio, riconoscendo dapprima la capacità trasversale della conformazione dello spazio aperto di incidere in maniera significativa nell9amplificazione (o nella risoluzione) delle principali criticità ambientali, per poi approfondire in modo più specifico quelle relative all9acqua. Giustificando in questo senso i motivi per i quali è stato deciso di concentrarsi su questa particolare tipologia di rischio, incentrando il tema della ricerca sulle questioni legate alla gestione idraulica all9interno degli insediamenti urbani. Chiude questa prima parte, una ampia rassegna di esperienze contemporanee connesse alla pianificazione adattiva, che, da un lato, restituisce (anche se parzialmente) uno spaccato dell9insieme di politiche e buone pratiche messe in campo a livello europeo e mondiale. E dall9altro permette di riconoscere differenze e punti di contatto tra i diversi casi studio selezionati, elaborando un elenco di principi strategici generali che rappresentano i punti fondativi e irrinunciabili per la definizione di strategie e progetti urbani di ultima generazione in chiave ecologico adattiva. La Parte II della tesi [Luoghi e figure urbane del progetto di adattamento al rischio idrico], è invece volta a riconoscere i luoghi in cui il progetto di adattamento al rischio idrico normalmente interviene. Se è vero, come detto, che lo spazio aperto è il campo d9azione primario di questo tipo di progettualità, è altrettanto vero che oggi la sua definizione trova molteplici definizioni, allargando il campo di interesse sul quale focalizzarsi. Esso, infatti, non risulta più confinato all9interno di catalogazioni specifiche come piazza, e strada che rappresentano categorie descrittive dello spazio pubblico della città storica e pre- industriale; ma si estende a comprende un più ampio repertorio di luoghi che fa riferimento agli spazi generati dall9esplosione della città sul territorio, oppure dalle dinamiche di dismissione e abbandono che la caratterizzano. Luoghi residuali e margini urbani, al pari degli spazi pubblici tradizionali, diventano così gli ambiti puntuali che il progetto adattivo cerca di sistematizzare all9interno di una struttura organizzativa unitaria (alla più ampia scala urbana), dando origine a delle figure urbane riconoscibili che funzionano in modo integrato o a rete, le quali evidenziano un primo punto di contatto tra la dimensione tecnica di risposta al rischio e le capacità relazionali dello spazio aperto nel ridisegno dell9ossatura urbana (tanto nei tessuti urbani consolidati, quanto negli ambiti marginali e nelle fratture della città diffusa). Nella Parte III del lavoro di ricerca [Il suolo come dispositivo di adattamento al rischio idrico: il rapporto tra forma e performance adattiva], gli aspetti metodologici, annunciati nelle righe introduttive, entrano in gioco in modo più specifico, approfondendo il ruolo dell9azione topografica come strumento di intervento operativo nello spazio aperto in relazione alla gestione dei rischi idrici. Identificando cioè come, puntualmente, le diverse strutture organizzative dello spazio aperto descritte nella Parte II si traducono operativamente in termini progettuali in modo più specifico e di dettaglio. In questa sezione, infatti, vengono in prima battuta riconosciute le forme elementari del suolo, le quali rappresentano una breve tassonomia di operazioni archetipiche di articolazione della linea di terra, riconducendole all9interno di tre famiglie di appartenenza in funzione delle variazioni altimetriche prodotte: le forme convesse, le forme concave, e le forme superficiali. Successivamente, queste stesse forme, vengono utilizzate per studiare i principali dispositivi urbani di adattamento rintracciati all9interno della letteratura scientifica di settore (a cui si è fatto riferimento in precedenza), fornendo così una rilettura dei vari materiali contenuti nelle ricorrenti tassonomie di stampo tecnico, e mettendo in evidenza come il loro funzionamento performativo sia garantito in gran parte proprio da una specifica conformazione del suolo, capace di dare luogo a specifiche azioni di adattamento all9acqua. In questo modo, le soluzioni tecnologiche, sono state tradotte secondo una nuova chiave di lettura, che rende evidente come il problema del controllo delle dinamiche idrauliche in città può essere indagato attraverso la lente di osservazione della forma topografica, piuttosto che facendo ricorso a un vocabolario di dispositivi tecnici e ingegneristici. Dimostrando, da un lato, come oggi il suolo possa rappresentare il dispositivo di adattamento al rischio idrico contemporaneo per eccellenza, e avvicinando allo stesso tempo la trattazione verso un campo più vicino alle questioni del progetto architettonico, che proprio nella forma trovano un terreno di confronto più fertile. Seguendo ancora questo processo metodologico, nella Parte IV [Forme del suolo e principi qualitativi nella costruzione dello spazio aperto] si è passati a un9indagine della capacità del progetto topografico di costruire lo spazio aperto contemporaneo sotto il profilo delle caratteristiche architettoniche, paesaggistiche e relazionali rispetto al contesto in cui si colloca. Similmente a quanto fatto nella sezione precedente, le forme archetipiche del suolo sono qui utilizzate in modo strumentale per verificare come il loro impiego può dare origine a quattro differenti condizioni di qualità urbana, svincolate stavolta dalla dimensione performativa ed ecologica. La prima, è riferita alla capacità dell9articolazione della linea di terra di configurare uno spazio pubblico intenso 7, flessibile e multifunzionale, in grado di lasciare libera interpretazione di fruizione e di uso agli utenti nel tempo, senza assegnare imposizioni funzionali troppo specifiche e settorializzanti. Specificando in questo modo come l9operazione topografica può agire nella definizione dello spazio aperto come infrastruttura sociale, intercettando il principio di vaghezza8 della forma che oggi rappresenta una condizione necessaria nella definizione dello spazio pubblico contemporaneo. La seconda condizione è invece relativa alle relazioni visuali che l9operazione topografica sul suolo può mettere in campo per generare uno spazio di qualità sotto il profilo percettivo, rafforzando punti di vista specifici oppure eliminandone altri, sulla base delle peculiarità del contesto di riferimento. Il terzo principio qualitativo riconosciuto è quello invece rintracciabile nella capacità del progetto di suolo di costruire un dialogo profondo con la memoria di un luogo: disvelando i segni strutturanti che ne configurano l9ordine costitutivo, reinterpretando e mettendo in risalto le permanenze, oppure riportando alla luce tracce scomparse. Il quarto ed ultimo aspetto, riguarda invece il ruolo che può assumere il progetto topografico nella introduzione di un principio di ordine all9interno dello spazio, configurandosi come elemento regolatore in grado di ricomporre le distanze tra parti scollegate e tra frammenti dislocati in modo casuale nel territorio, dando luogo a quella idea di infrastruttura ri-connettiva in grado di riassegnare un significato possibile all9incontrollata diffusione urbana sul territorio. Se, dunque, nelle Parti III e IV le questioni tecniche di risposta al rischio idrico, e i caratteri connessi a un9idea di qualità spaziale, sono stati sviluppati in modo separato e indipendente, nella Parte V [Il progetto di suolo: forma, performance adattiva, e qualità dello spazio aperto] si è tentato di riannodare i fili della trattazione, cercando di ritrovare quel legame possibile tra dimensione qualitativa in termini architettonico-paesaggistici del progetto di suolo, e le istanze ecologiche dell9adattamento. In questo senso, l9indagine condotta attraverso il ricorso alla chiave di lettura della forma topografica, ha messo in luce, nel modo più chiaro possibile, come le stesse forme elementari del suolo possono essere in grado di determinare questa duplice condizione. Alla luce dalla necessità di ripotare il tema dell9adattamento al rischio idrico ad una questione spaziale (e non più di semplice dispositivo), si è cercato quindi di rimettere a sistema tanto gli aspetti performativi che quelli della qualità architettonica e paesaggistica, evidenziando il modo con cui le varie forme topografiche elementari, desunte nella Parte III, possano concorrere alla costruzione dello spazio pubblico adattivo, attraverso la loro sapiente e calibrata disposizione nello spazio. In particolare, attraverso una ampia rassegna di casi studio legati alla gestione del rischio idrico, sono stati individuati possibili layout organizzativi delle forme del suolo: configurazioni spaziali adattive replicabili in diverse situazioni, ma allo stesso tempo contraddistinte da un certo grado di malleabilità, che le rende idonee a
Rischio idrico e forme dello spazio aperto. Configurazioni del progetto di suolo tra performance adattiva, qualità spaziale e paesaggistica.
PORFIRI, SIMONE
2024
Abstract
Nella Parte I [Inquadramento del tema di ricerca], viene esposto lo sfondo teorico entro il quale si inserisce il lavoro, attraverso una articolazione in tre macro-capitoli principali. Nel primo capitolo, è stata fornita una rilettura dello stato dell9arte inerente il tema dello spazio aperto, focalizzando l9attenzione sulla sua capacità infrastrutturante all9interno della città contemporanea, nella triplice declinazione di: infrastruttura ri-connettiva della dispersione urbana, supporto sociale per lo svolgimento di pratiche urbane collettive (configurandosi quindi come spazio pubblico a tutti gli effetti), e infrastruttura ecologica (ovvero come interfaccia ambientale sia sotto il profilo dei servizi ecosistemici che è in grado di erogare, sia dal punto di vista della risposta ai rischi naturali determinati dal climate change). Questa lettura è alla base degli apparati teorici di quelli che sono stati definiti nuovi orientamenti disciplinari, i quali stanno riportando all9attenzione la necessità di leggere in maniera integrata questo triplice aspetto, ricollocando il ruolo del progetto dello spazio aperto in una visione landscape oriented, come infrastruttura paesaggistica. Nei capitoli successivi di questa prima parte, il focus è invece incentrato all9ambito specifico dell9ampio panorama del rischio, riconoscendo dapprima la capacità trasversale della conformazione dello spazio aperto di incidere in maniera significativa nell9amplificazione (o nella risoluzione) delle principali criticità ambientali, per poi approfondire in modo più specifico quelle relative all9acqua. Giustificando in questo senso i motivi per i quali è stato deciso di concentrarsi su questa particolare tipologia di rischio, incentrando il tema della ricerca sulle questioni legate alla gestione idraulica all9interno degli insediamenti urbani. Chiude questa prima parte, una ampia rassegna di esperienze contemporanee connesse alla pianificazione adattiva, che, da un lato, restituisce (anche se parzialmente) uno spaccato dell9insieme di politiche e buone pratiche messe in campo a livello europeo e mondiale. E dall9altro permette di riconoscere differenze e punti di contatto tra i diversi casi studio selezionati, elaborando un elenco di principi strategici generali che rappresentano i punti fondativi e irrinunciabili per la definizione di strategie e progetti urbani di ultima generazione in chiave ecologico adattiva. La Parte II della tesi [Luoghi e figure urbane del progetto di adattamento al rischio idrico], è invece volta a riconoscere i luoghi in cui il progetto di adattamento al rischio idrico normalmente interviene. Se è vero, come detto, che lo spazio aperto è il campo d9azione primario di questo tipo di progettualità, è altrettanto vero che oggi la sua definizione trova molteplici definizioni, allargando il campo di interesse sul quale focalizzarsi. Esso, infatti, non risulta più confinato all9interno di catalogazioni specifiche come piazza, e strada che rappresentano categorie descrittive dello spazio pubblico della città storica e pre- industriale; ma si estende a comprende un più ampio repertorio di luoghi che fa riferimento agli spazi generati dall9esplosione della città sul territorio, oppure dalle dinamiche di dismissione e abbandono che la caratterizzano. Luoghi residuali e margini urbani, al pari degli spazi pubblici tradizionali, diventano così gli ambiti puntuali che il progetto adattivo cerca di sistematizzare all9interno di una struttura organizzativa unitaria (alla più ampia scala urbana), dando origine a delle figure urbane riconoscibili che funzionano in modo integrato o a rete, le quali evidenziano un primo punto di contatto tra la dimensione tecnica di risposta al rischio e le capacità relazionali dello spazio aperto nel ridisegno dell9ossatura urbana (tanto nei tessuti urbani consolidati, quanto negli ambiti marginali e nelle fratture della città diffusa). Nella Parte III del lavoro di ricerca [Il suolo come dispositivo di adattamento al rischio idrico: il rapporto tra forma e performance adattiva], gli aspetti metodologici, annunciati nelle righe introduttive, entrano in gioco in modo più specifico, approfondendo il ruolo dell9azione topografica come strumento di intervento operativo nello spazio aperto in relazione alla gestione dei rischi idrici. Identificando cioè come, puntualmente, le diverse strutture organizzative dello spazio aperto descritte nella Parte II si traducono operativamente in termini progettuali in modo più specifico e di dettaglio. In questa sezione, infatti, vengono in prima battuta riconosciute le forme elementari del suolo, le quali rappresentano una breve tassonomia di operazioni archetipiche di articolazione della linea di terra, riconducendole all9interno di tre famiglie di appartenenza in funzione delle variazioni altimetriche prodotte: le forme convesse, le forme concave, e le forme superficiali. Successivamente, queste stesse forme, vengono utilizzate per studiare i principali dispositivi urbani di adattamento rintracciati all9interno della letteratura scientifica di settore (a cui si è fatto riferimento in precedenza), fornendo così una rilettura dei vari materiali contenuti nelle ricorrenti tassonomie di stampo tecnico, e mettendo in evidenza come il loro funzionamento performativo sia garantito in gran parte proprio da una specifica conformazione del suolo, capace di dare luogo a specifiche azioni di adattamento all9acqua. In questo modo, le soluzioni tecnologiche, sono state tradotte secondo una nuova chiave di lettura, che rende evidente come il problema del controllo delle dinamiche idrauliche in città può essere indagato attraverso la lente di osservazione della forma topografica, piuttosto che facendo ricorso a un vocabolario di dispositivi tecnici e ingegneristici. Dimostrando, da un lato, come oggi il suolo possa rappresentare il dispositivo di adattamento al rischio idrico contemporaneo per eccellenza, e avvicinando allo stesso tempo la trattazione verso un campo più vicino alle questioni del progetto architettonico, che proprio nella forma trovano un terreno di confronto più fertile. Seguendo ancora questo processo metodologico, nella Parte IV [Forme del suolo e principi qualitativi nella costruzione dello spazio aperto] si è passati a un9indagine della capacità del progetto topografico di costruire lo spazio aperto contemporaneo sotto il profilo delle caratteristiche architettoniche, paesaggistiche e relazionali rispetto al contesto in cui si colloca. Similmente a quanto fatto nella sezione precedente, le forme archetipiche del suolo sono qui utilizzate in modo strumentale per verificare come il loro impiego può dare origine a quattro differenti condizioni di qualità urbana, svincolate stavolta dalla dimensione performativa ed ecologica. La prima, è riferita alla capacità dell9articolazione della linea di terra di configurare uno spazio pubblico intenso 7, flessibile e multifunzionale, in grado di lasciare libera interpretazione di fruizione e di uso agli utenti nel tempo, senza assegnare imposizioni funzionali troppo specifiche e settorializzanti. Specificando in questo modo come l9operazione topografica può agire nella definizione dello spazio aperto come infrastruttura sociale, intercettando il principio di vaghezza8 della forma che oggi rappresenta una condizione necessaria nella definizione dello spazio pubblico contemporaneo. La seconda condizione è invece relativa alle relazioni visuali che l9operazione topografica sul suolo può mettere in campo per generare uno spazio di qualità sotto il profilo percettivo, rafforzando punti di vista specifici oppure eliminandone altri, sulla base delle peculiarità del contesto di riferimento. Il terzo principio qualitativo riconosciuto è quello invece rintracciabile nella capacità del progetto di suolo di costruire un dialogo profondo con la memoria di un luogo: disvelando i segni strutturanti che ne configurano l9ordine costitutivo, reinterpretando e mettendo in risalto le permanenze, oppure riportando alla luce tracce scomparse. Il quarto ed ultimo aspetto, riguarda invece il ruolo che può assumere il progetto topografico nella introduzione di un principio di ordine all9interno dello spazio, configurandosi come elemento regolatore in grado di ricomporre le distanze tra parti scollegate e tra frammenti dislocati in modo casuale nel territorio, dando luogo a quella idea di infrastruttura ri-connettiva in grado di riassegnare un significato possibile all9incontrollata diffusione urbana sul territorio. Se, dunque, nelle Parti III e IV le questioni tecniche di risposta al rischio idrico, e i caratteri connessi a un9idea di qualità spaziale, sono stati sviluppati in modo separato e indipendente, nella Parte V [Il progetto di suolo: forma, performance adattiva, e qualità dello spazio aperto] si è tentato di riannodare i fili della trattazione, cercando di ritrovare quel legame possibile tra dimensione qualitativa in termini architettonico-paesaggistici del progetto di suolo, e le istanze ecologiche dell9adattamento. In questo senso, l9indagine condotta attraverso il ricorso alla chiave di lettura della forma topografica, ha messo in luce, nel modo più chiaro possibile, come le stesse forme elementari del suolo possono essere in grado di determinare questa duplice condizione. Alla luce dalla necessità di ripotare il tema dell9adattamento al rischio idrico ad una questione spaziale (e non più di semplice dispositivo), si è cercato quindi di rimettere a sistema tanto gli aspetti performativi che quelli della qualità architettonica e paesaggistica, evidenziando il modo con cui le varie forme topografiche elementari, desunte nella Parte III, possano concorrere alla costruzione dello spazio pubblico adattivo, attraverso la loro sapiente e calibrata disposizione nello spazio. In particolare, attraverso una ampia rassegna di casi studio legati alla gestione del rischio idrico, sono stati individuati possibili layout organizzativi delle forme del suolo: configurazioni spaziali adattive replicabili in diverse situazioni, ma allo stesso tempo contraddistinte da un certo grado di malleabilità, che le rende idonee aFile | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
06_06_2024 - Porfiri Simone.pdf.pdf
embargo fino al 06/12/2025
Dimensione
11.65 MB
Formato
Adobe PDF
|
11.65 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/207923
URN:NBN:IT:UNICAM-207923