I nuovi modelli di pianificazione e gestione urbana a cui mi riferisco nel titolo di questa tesi sono i tentativi sottesi a ogni processo di trasformazione urbana che considerano e modificano unitamente gli aspetti di pianificazione e di conoscenza sociale, cercando di connettere gli aspetti digitali, dati dall’utilizzo delle tecnologie emergenti, a determinati schemi cognitivi, estrapolati a partire da processi partecipativi. Sono partita, infatti, da tutta quella serie di processi di governance che tentano di “aggiornare” gli strumenti urbanistici esistenti attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e altamente performanti, le cosiddette tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), e attraverso la creazione di un consenso e di una validazione esterna attuabile attraverso l’inserimento di una componente partecipativa e processi che su più livelli cercano di connettere i decisori politici con i cittadini, con le associazioni, con le comunità. Questi modelli di gestione urbana vogliono delineare nuovi strumenti di pianificazione in grado di raccogliere non solo dati derivanti da analisi dello stato fisico e tangibile dei luoghi della città, dei suoi aspetti normativi, ma anche dati che siano in grado di caratterizzare queste informazioni evidenziando la molteplicità di percezioni dello spazio urbano e come queste producano effetti diversi sui modi di interagire con la città, di attraversarla, di abitarla. Con questa ricerca intendo, quindi, riflettere sullo sviluppo di comunità partecipanti e su come queste possano emergere ed essere valide e validabili, tanto da rendere in qualche modo oggettive, anche le percezioni appartenenti a persone comuni che abbiano una conoscenza della città più o meno consolidata, andando a rilevare in che modo si differenziano i modi di vivere lo spazio urbano, quali sono gli elementi e caratteristiche dei paesaggi vissuti e che livello di interesse suscitano i differenti luoghi. Le modalità attraverso cui leggere come questi modelli di pianificazione influiscano sulla gestione urbana è la lente dei Gemelli Digitali Urbani letti in maniera critica come strumenti innovativi che possono portare vantaggi e svantaggi alla gestione del territorio. Faccio infatti riferimento a tutta una serie di innovazioni che, grazie all’utilizzo della componente fortemente tecnologica, degli incroci tra reti mobili, dei processi di intelligenza artificiale, del machine learning, e delle componenti che combinate con le infrastrutture tradizionali, restituiscono informazioni sulla condizione della città, e di conseguenza una sua possibile gestione. Ma, allo stesso tempo, e per le stesse motivazioni, fanno di questi strumenti dei modelli altamente problematici che accentuano il distacco sociale e la possibilità di inserire letture urbane soggettive. Da qui nasce l’esigenza di studiare le possibili modalità per contribuire ad applicare, nel progetto del caso studio del Gemello Digitale di Matera, tutta una serie di attenzioni che cerchino di superare l’impasse metodologica, presente nelle applicazioni internazionali, che nega o riduce il coinvolgimento dei cittadini Con questa tesi voglio ragionare sulla dicotomia digital-human che deriva dalle modalità attraverso cui un Gemello Digitale Urbano possa raccogliere ed elaborare non solo dati “oggettivi” sulla città, derivanti dall’analisi di caratteristiche immediatamente misurabili e riconducibili a una definizione numerica, ma affiancare a questa un’elaborazione scientifica di aspetti legati alle molteplici percezioni ed esperienze della città. La metodologia introdotta in questo lavoro, si pone come tassello iniziale di un processo partecipativo, in grado di coinvolgere diverse categorie di “abitanti” nella prospettiva di costruire un Gemello Digitale in grado di restituire il punto di vista “umano” sulla città. Anche per queste ragioni la letteratura analizzata ha mostrato come questa dicotomia sia difficile da ritrovare nelle progettualità messe in campo in contesti europei e internazionali. Queste attività partecipative, infatti, possiedono spesso delle progettualità difficili da ricostruire che dipendono dalle modalità con cui gli individui abitano e percepiscono i luoghi facendo emergere le proprie individualità che fanno assumere a determinati aspetti fisici significati inaspettati. Tutte queste caratteristiche non è facile farle rientrare in classici modelli di pianificazione territoriale perché sottendono a progetti, sicuramente più efficaci, ma difficilmente integrabili nei classici processi di gestione territoriale pensati all’interno di piani strategici e regolamenti urbanistici. Questa ricerca punta dunque a riflettere sulle modalità di interazione di questa dicotomia. Per farlo, mi sono confrontata con un luogo particolare: la città di Matera e il Gemello Digitale Urbano che il CNR sta realizzando all’interno del progetto Casa delle Tecnologie Emergenti (CTE), avviato nell’agosto del 2020 dal Comune di Matera e finanziato con 15 milioni di euro dal MIMIT (Ministero delle Imprese del Made in Italy) per supportare le tecnologie emergenti. Lavorando all’interno di questa progettualità, che in questi anni mi ha visto collaborare con molti dipartimenti del CNR, sono riuscita a seguire tutte le sue fasi di costruzione e a lavorare affinché fosse possibile affiancare le tecnologie, realizzate dai Dipartimenti, all’identificazione di schemi cognitivi che vengono esplicitati da una comunità, sottolineando come si possano integrare questi due sistemi e come da questi possano partire ragionamenti urbani che valorizzino gli spazi, la loro gestione e le connessioni con i contesti attraverso i quali la città assume valore ed è vissuta. Osservando questo caso di studio si delinea, dunque, un processo a lungo termine, che parte dall’osservazione della comunità, nel selezionare una porzione, gli studenti, attivando processi duraturi che si radichino nel territorio. Nel corso del testo cercherò di affiancare alle analisi che si sono susseguite per guardare alle ICT, alle forme urbane e al passato di Matera, una serie di sguardi, provenienti anche da discipline differenti che si occupano di osservare e comprendere le pratiche degli individui. La dicotomia digital-human non riguarda, infatti, solo l’architettura e l’urbanistica il tentativo di superarla è anzi alla base di molte delle discipline comunemente riassunte sotto la voce “scienze sociali” o “scienze umane”. La condivisione di questa tipologia di informazioni all’interno del Gemello Digitale Urbano mira a definire possibili metodologie per il coinvolgimento della comunità locale al fine di renderla parte attiva nei processi di pianificazione, dando valore alle molteplici modalità attraverso cui viene vissuta la città. Si vuole quindi dare voce ai significati che vivere lo spazio urbano porta con sé e che sono anche determinati dal portato di conoscenze ed esperienze sia individuali che collettivi. Gli spazi e le connessioni, principali strumenti di analisi, assumono dunque il triplice valore di azione, oggetto e narrazione (Careri 2006), facilitando l’emersione di un racconto plurale della città, fatto di percezioni e letture molteplici. Prendendo definitivamente le distanze da una modalità di descrizione univoca della città, di percorso o di spazio urbano, la ricerca esplora cosa un luogo potrebbe essere e cosa potrebbe rappresentare (Sclavi 2022), raccogliendo un’immagine di città che tenta di raccontare i diversi ruoli assunti e le osservazioni effettuate sul campo.
Nuovi modelli di pianificazione e gestione urbana per le società inclusive e lo smart government. Gemelli Digitali Urbani per lo sviluppo di comunità partecipanti
CAMARDELLI, MARIALUCIA
2024
Abstract
I nuovi modelli di pianificazione e gestione urbana a cui mi riferisco nel titolo di questa tesi sono i tentativi sottesi a ogni processo di trasformazione urbana che considerano e modificano unitamente gli aspetti di pianificazione e di conoscenza sociale, cercando di connettere gli aspetti digitali, dati dall’utilizzo delle tecnologie emergenti, a determinati schemi cognitivi, estrapolati a partire da processi partecipativi. Sono partita, infatti, da tutta quella serie di processi di governance che tentano di “aggiornare” gli strumenti urbanistici esistenti attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e altamente performanti, le cosiddette tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), e attraverso la creazione di un consenso e di una validazione esterna attuabile attraverso l’inserimento di una componente partecipativa e processi che su più livelli cercano di connettere i decisori politici con i cittadini, con le associazioni, con le comunità. Questi modelli di gestione urbana vogliono delineare nuovi strumenti di pianificazione in grado di raccogliere non solo dati derivanti da analisi dello stato fisico e tangibile dei luoghi della città, dei suoi aspetti normativi, ma anche dati che siano in grado di caratterizzare queste informazioni evidenziando la molteplicità di percezioni dello spazio urbano e come queste producano effetti diversi sui modi di interagire con la città, di attraversarla, di abitarla. Con questa ricerca intendo, quindi, riflettere sullo sviluppo di comunità partecipanti e su come queste possano emergere ed essere valide e validabili, tanto da rendere in qualche modo oggettive, anche le percezioni appartenenti a persone comuni che abbiano una conoscenza della città più o meno consolidata, andando a rilevare in che modo si differenziano i modi di vivere lo spazio urbano, quali sono gli elementi e caratteristiche dei paesaggi vissuti e che livello di interesse suscitano i differenti luoghi. Le modalità attraverso cui leggere come questi modelli di pianificazione influiscano sulla gestione urbana è la lente dei Gemelli Digitali Urbani letti in maniera critica come strumenti innovativi che possono portare vantaggi e svantaggi alla gestione del territorio. Faccio infatti riferimento a tutta una serie di innovazioni che, grazie all’utilizzo della componente fortemente tecnologica, degli incroci tra reti mobili, dei processi di intelligenza artificiale, del machine learning, e delle componenti che combinate con le infrastrutture tradizionali, restituiscono informazioni sulla condizione della città, e di conseguenza una sua possibile gestione. Ma, allo stesso tempo, e per le stesse motivazioni, fanno di questi strumenti dei modelli altamente problematici che accentuano il distacco sociale e la possibilità di inserire letture urbane soggettive. Da qui nasce l’esigenza di studiare le possibili modalità per contribuire ad applicare, nel progetto del caso studio del Gemello Digitale di Matera, tutta una serie di attenzioni che cerchino di superare l’impasse metodologica, presente nelle applicazioni internazionali, che nega o riduce il coinvolgimento dei cittadini Con questa tesi voglio ragionare sulla dicotomia digital-human che deriva dalle modalità attraverso cui un Gemello Digitale Urbano possa raccogliere ed elaborare non solo dati “oggettivi” sulla città, derivanti dall’analisi di caratteristiche immediatamente misurabili e riconducibili a una definizione numerica, ma affiancare a questa un’elaborazione scientifica di aspetti legati alle molteplici percezioni ed esperienze della città. La metodologia introdotta in questo lavoro, si pone come tassello iniziale di un processo partecipativo, in grado di coinvolgere diverse categorie di “abitanti” nella prospettiva di costruire un Gemello Digitale in grado di restituire il punto di vista “umano” sulla città. Anche per queste ragioni la letteratura analizzata ha mostrato come questa dicotomia sia difficile da ritrovare nelle progettualità messe in campo in contesti europei e internazionali. Queste attività partecipative, infatti, possiedono spesso delle progettualità difficili da ricostruire che dipendono dalle modalità con cui gli individui abitano e percepiscono i luoghi facendo emergere le proprie individualità che fanno assumere a determinati aspetti fisici significati inaspettati. Tutte queste caratteristiche non è facile farle rientrare in classici modelli di pianificazione territoriale perché sottendono a progetti, sicuramente più efficaci, ma difficilmente integrabili nei classici processi di gestione territoriale pensati all’interno di piani strategici e regolamenti urbanistici. Questa ricerca punta dunque a riflettere sulle modalità di interazione di questa dicotomia. Per farlo, mi sono confrontata con un luogo particolare: la città di Matera e il Gemello Digitale Urbano che il CNR sta realizzando all’interno del progetto Casa delle Tecnologie Emergenti (CTE), avviato nell’agosto del 2020 dal Comune di Matera e finanziato con 15 milioni di euro dal MIMIT (Ministero delle Imprese del Made in Italy) per supportare le tecnologie emergenti. Lavorando all’interno di questa progettualità, che in questi anni mi ha visto collaborare con molti dipartimenti del CNR, sono riuscita a seguire tutte le sue fasi di costruzione e a lavorare affinché fosse possibile affiancare le tecnologie, realizzate dai Dipartimenti, all’identificazione di schemi cognitivi che vengono esplicitati da una comunità, sottolineando come si possano integrare questi due sistemi e come da questi possano partire ragionamenti urbani che valorizzino gli spazi, la loro gestione e le connessioni con i contesti attraverso i quali la città assume valore ed è vissuta. Osservando questo caso di studio si delinea, dunque, un processo a lungo termine, che parte dall’osservazione della comunità, nel selezionare una porzione, gli studenti, attivando processi duraturi che si radichino nel territorio. Nel corso del testo cercherò di affiancare alle analisi che si sono susseguite per guardare alle ICT, alle forme urbane e al passato di Matera, una serie di sguardi, provenienti anche da discipline differenti che si occupano di osservare e comprendere le pratiche degli individui. La dicotomia digital-human non riguarda, infatti, solo l’architettura e l’urbanistica il tentativo di superarla è anzi alla base di molte delle discipline comunemente riassunte sotto la voce “scienze sociali” o “scienze umane”. La condivisione di questa tipologia di informazioni all’interno del Gemello Digitale Urbano mira a definire possibili metodologie per il coinvolgimento della comunità locale al fine di renderla parte attiva nei processi di pianificazione, dando valore alle molteplici modalità attraverso cui viene vissuta la città. Si vuole quindi dare voce ai significati che vivere lo spazio urbano porta con sé e che sono anche determinati dal portato di conoscenze ed esperienze sia individuali che collettivi. Gli spazi e le connessioni, principali strumenti di analisi, assumono dunque il triplice valore di azione, oggetto e narrazione (Careri 2006), facilitando l’emersione di un racconto plurale della città, fatto di percezioni e letture molteplici. Prendendo definitivamente le distanze da una modalità di descrizione univoca della città, di percorso o di spazio urbano, la ricerca esplora cosa un luogo potrebbe essere e cosa potrebbe rappresentare (Sclavi 2022), raccogliendo un’immagine di città che tenta di raccontare i diversi ruoli assunti e le osservazioni effettuate sul campo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/209387
URN:NBN:IT:UNICAM-209387