L’idea di sostenibilità ambientale, sebbene formalizzata solo in tempi recenti, ha radici profonde nelle pratiche e nei sistemi di pensiero di molte civiltà del passato. Le società tradizionali di tutto il mondo hanno cercato di regolare il rapporto tra uomo e natura per garantire la continuità delle risorse e preservare l’equilibrio degli ecosistemi da cui dipendevano. A partire dal XVIII secolo, la sostenibilità iniziò a evolversi in un concetto moderno, influenzato dalle trasformazioni economiche e sociali portate dalla Rivoluzione Industriale, che porta allo sviluppo di un modello economico basato sull’idea di crescita illimitata. Questo approccio, spesso descritto come economia lineare, basato sull’assunto che le risorse naturali fossero inesauribili e che potessero essere sfruttate senza conseguenze durature, ha progressivamente spezzato l’equilibrio tra sfera ambientale ed economica, facendo prevalere la logica del profitto a breve termine sulla tutela dell’ecosistema globale. Nel XX secolo, le conseguenze di questo squilibrio iniziarono a manifestarsi con crescente evidenza. L’inquinamento, il degrado ambientale e l’esaurimento delle risorse portarono a una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ripensare i rapporti tra economia, società e ambiente. Così, a partire dagli anni ‘60, il dibattito teorico si articolò su due correnti principali di pensiero: l’economia ambientale e l’economia ecologica. La prima, basata su una visione neoclassica, fondata sull’idea che i beni naturali fossero sostituibili con capitali artificiali e quindi con una crescita infinita a patto di adottare strumenti e tecnologie per mitigare gli impatti ambientali. In contrapposizione, la seconda, avanzava una visione sistemica e olistica in cui il capitale naturale (somma di risorse, ecosistemi e biodiversità) non è rimpiazzabile e deve essere preservato per garantirlo a lungo termine. La lotta contro i cambiamenti climatici e la riduzione della temperatura globale, la green e circular economy, le innovazioni tecnologiche di processo e prodotto, la sicurezza e il benessere dei lavoratori sono solo alcuni capisaldi del modello dell’Industria 5.0, la nuova filosofia produttiva con cui si sta indirizzando l’Europa - e non solo - verso un futuro verde e resiliente. La necessità più urgente è proprio la transizione dal tradizionale sistema economico lineare, basato sull’utilizzo intensivo delle risorse, verso modelli circolari, fondati sulla massimizzazione del valore delle materie impiegate attraverso azioni condivise e tempestive nel rispetto degli habitat naturali. Il settore dell’edilizia, storicamente tradizionalista, poco incline ad accogliere cambiamenti radicali e ad elevato impatto ambientale, è quello su cui si punta maggiormente per tutelare l’ambiente e cercare di ristabilire tutti quegli equilibri resi sempre più precari dall’industrializzazione. Gli edifici sono responsabili su scala mondiale del 35% del consumo di energia primaria e del 38% delle emissioni di gas climalteranti, percentuali molto più elevate rispetto agli altri settori industriali. A livello europeo il fabbisogno energetico risulta ulteriormente superiore del 5% rispetto alle stime dell’IEA raggiungendo un valore pari al 40%, mentre le emissioni di anidride carbonica si attestano inferiori solo del 2% rispetto al riferimento internazionale. La maggior parte dei paesi industrializzati già da diverso tempo sta compiendo sforzi significativi per abbattere questi valori, con regole sempre più stringenti, obiettivi sempre più ambiziosi e incentivi sempre più diversificati. L’obiettivo della sostenibilità dell’involucro edilizio può essere raggiunto mediante diverse strategie in merito alle quali la presente ricerca, ha ritenuto interessante approfondire le malte da intonaco termico realizzate con aggiunta di materie prime seconde. Esse provengono da sfridi industriali generati durante la lavorazione di materie prime vergini, da residui dei processi produttivi o dal recupero e riciclo di rifiuti di diversa natura e possono essere reintegrati nel sistema economico sotto forma di nuovi prodotti. Il lavoro condotto ha avuto come oggetto di riferimento la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale, con particolare orientamento all’edilizia residenziale pubblica d’autore non sottoposta a vincoli, realizzata durante la ricostruzione post-bellica a partire dal 1945 e fino al 1976. Sono stati approfonditi gli aspetti problematici degli interventi di efficientamento energetico dell’involucro edilizio, sia da un punto di vista tecnico/progettuale/normativo, al fine di acquisire gli strumenti necessari per sviluppare il suddetto percorso, sia con riferimento alle ricadute socioculturali, affrontando le questioni della tutela e della salvaguardia del patrimonio costruito non ancora storicamente riconosciuto tenendo conto, al contempo, del valore intrinseco di molte opere di quel periodo e della scarsa attenzione delle norme nei loro confronti. Una fase della ricerca è stata dedicata alla conoscenza dei materiali isolanti tradizionali e innovativi attualmente presenti in commercio, attraverso la comparazione delle proprietà tecniche, rispondenza ai Criteri Ambientali Minimi - CAM e ai principi di sostenibilità del processo produttivo e a fine vita. Trattandosi di un settore in continuo aggiornamento, si è ritenuta utile l’analisi della letteratura scientifica internazionale degli ultimi 20 anni relativa alle ricerche su nuovi prodotti al fine di confrontare gli avanzamenti della sperimentazione rispetto alla disponibilità del mercato, tenendo sempre in considerazione il profilo ecologico, le caratteristiche chimico-fisiche, la durabilità e la possibilità di riutilizzo dopo la loro dismissione. L’indagine ha previsto un periodo di studio e ricerca in impresa della durata di sei mesi svolto presso l’azienda Tradimalt S.pA., con sede a Villafranca Tirrena (ME), produttrice di malte, intonaci, collanti e pitture per il ripristino, la finitura e l’impermeabilizzazione delle opere edili. In accordo con la Ditta ospitante, è stato stilato un programma di collaborazione scientifica in cui è stato ipotizzato lo studio di fattibilità e confezionamento di tre tipologie di malte con aggiunta di materie prime seconde derivate da scarti/rifiuti adatte alla riqualificazione energetica dell’edilizia esistente di pregio architettonico. Per la sperimentazione sono stati scelti il sughero e la cenere vulcanica, prodotti naturali intrinsecamente ecosostenibili, a basso costo, a chilometro zero e dalle proprietà isolanti, la cui efficacia è stata esplorata in termini di prestazioni nella formulazione degli intonaci termici non convenzionali. Si tratta di malte innovative progettate in chiave sostenibile, sostituendo in toto o in parte alla formulazione classica materie prime vergini con MPS, rifiuti, scarti, biomateriali, e dalle elevate prestazioni in opera. Tra i principali vantaggi figurano il miglioramento del microclima interno, grazie all’elevata traspirabilità e permeabilità al vapore acqueo, e l’aumento dell’efficienza energetica dell’involucro opaco, ottenuto attraverso l’eliminazione dei ponti termici e la riduzione del carico termico complessivo della parete.

Il futuro dei sistemi a cappotto: una comparazione fra isolanti convenzionali e non. L’innovazione tecnologica degli isolanti termici al servizio dell’edilizia residenziale sociale Moderna

CURRO', GIUSEPPINA
2025

Abstract

L’idea di sostenibilità ambientale, sebbene formalizzata solo in tempi recenti, ha radici profonde nelle pratiche e nei sistemi di pensiero di molte civiltà del passato. Le società tradizionali di tutto il mondo hanno cercato di regolare il rapporto tra uomo e natura per garantire la continuità delle risorse e preservare l’equilibrio degli ecosistemi da cui dipendevano. A partire dal XVIII secolo, la sostenibilità iniziò a evolversi in un concetto moderno, influenzato dalle trasformazioni economiche e sociali portate dalla Rivoluzione Industriale, che porta allo sviluppo di un modello economico basato sull’idea di crescita illimitata. Questo approccio, spesso descritto come economia lineare, basato sull’assunto che le risorse naturali fossero inesauribili e che potessero essere sfruttate senza conseguenze durature, ha progressivamente spezzato l’equilibrio tra sfera ambientale ed economica, facendo prevalere la logica del profitto a breve termine sulla tutela dell’ecosistema globale. Nel XX secolo, le conseguenze di questo squilibrio iniziarono a manifestarsi con crescente evidenza. L’inquinamento, il degrado ambientale e l’esaurimento delle risorse portarono a una presa di coscienza collettiva sulla necessità di ripensare i rapporti tra economia, società e ambiente. Così, a partire dagli anni ‘60, il dibattito teorico si articolò su due correnti principali di pensiero: l’economia ambientale e l’economia ecologica. La prima, basata su una visione neoclassica, fondata sull’idea che i beni naturali fossero sostituibili con capitali artificiali e quindi con una crescita infinita a patto di adottare strumenti e tecnologie per mitigare gli impatti ambientali. In contrapposizione, la seconda, avanzava una visione sistemica e olistica in cui il capitale naturale (somma di risorse, ecosistemi e biodiversità) non è rimpiazzabile e deve essere preservato per garantirlo a lungo termine. La lotta contro i cambiamenti climatici e la riduzione della temperatura globale, la green e circular economy, le innovazioni tecnologiche di processo e prodotto, la sicurezza e il benessere dei lavoratori sono solo alcuni capisaldi del modello dell’Industria 5.0, la nuova filosofia produttiva con cui si sta indirizzando l’Europa - e non solo - verso un futuro verde e resiliente. La necessità più urgente è proprio la transizione dal tradizionale sistema economico lineare, basato sull’utilizzo intensivo delle risorse, verso modelli circolari, fondati sulla massimizzazione del valore delle materie impiegate attraverso azioni condivise e tempestive nel rispetto degli habitat naturali. Il settore dell’edilizia, storicamente tradizionalista, poco incline ad accogliere cambiamenti radicali e ad elevato impatto ambientale, è quello su cui si punta maggiormente per tutelare l’ambiente e cercare di ristabilire tutti quegli equilibri resi sempre più precari dall’industrializzazione. Gli edifici sono responsabili su scala mondiale del 35% del consumo di energia primaria e del 38% delle emissioni di gas climalteranti, percentuali molto più elevate rispetto agli altri settori industriali. A livello europeo il fabbisogno energetico risulta ulteriormente superiore del 5% rispetto alle stime dell’IEA raggiungendo un valore pari al 40%, mentre le emissioni di anidride carbonica si attestano inferiori solo del 2% rispetto al riferimento internazionale. La maggior parte dei paesi industrializzati già da diverso tempo sta compiendo sforzi significativi per abbattere questi valori, con regole sempre più stringenti, obiettivi sempre più ambiziosi e incentivi sempre più diversificati. L’obiettivo della sostenibilità dell’involucro edilizio può essere raggiunto mediante diverse strategie in merito alle quali la presente ricerca, ha ritenuto interessante approfondire le malte da intonaco termico realizzate con aggiunta di materie prime seconde. Esse provengono da sfridi industriali generati durante la lavorazione di materie prime vergini, da residui dei processi produttivi o dal recupero e riciclo di rifiuti di diversa natura e possono essere reintegrati nel sistema economico sotto forma di nuovi prodotti. Il lavoro condotto ha avuto come oggetto di riferimento la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale, con particolare orientamento all’edilizia residenziale pubblica d’autore non sottoposta a vincoli, realizzata durante la ricostruzione post-bellica a partire dal 1945 e fino al 1976. Sono stati approfonditi gli aspetti problematici degli interventi di efficientamento energetico dell’involucro edilizio, sia da un punto di vista tecnico/progettuale/normativo, al fine di acquisire gli strumenti necessari per sviluppare il suddetto percorso, sia con riferimento alle ricadute socioculturali, affrontando le questioni della tutela e della salvaguardia del patrimonio costruito non ancora storicamente riconosciuto tenendo conto, al contempo, del valore intrinseco di molte opere di quel periodo e della scarsa attenzione delle norme nei loro confronti. Una fase della ricerca è stata dedicata alla conoscenza dei materiali isolanti tradizionali e innovativi attualmente presenti in commercio, attraverso la comparazione delle proprietà tecniche, rispondenza ai Criteri Ambientali Minimi - CAM e ai principi di sostenibilità del processo produttivo e a fine vita. Trattandosi di un settore in continuo aggiornamento, si è ritenuta utile l’analisi della letteratura scientifica internazionale degli ultimi 20 anni relativa alle ricerche su nuovi prodotti al fine di confrontare gli avanzamenti della sperimentazione rispetto alla disponibilità del mercato, tenendo sempre in considerazione il profilo ecologico, le caratteristiche chimico-fisiche, la durabilità e la possibilità di riutilizzo dopo la loro dismissione. L’indagine ha previsto un periodo di studio e ricerca in impresa della durata di sei mesi svolto presso l’azienda Tradimalt S.pA., con sede a Villafranca Tirrena (ME), produttrice di malte, intonaci, collanti e pitture per il ripristino, la finitura e l’impermeabilizzazione delle opere edili. In accordo con la Ditta ospitante, è stato stilato un programma di collaborazione scientifica in cui è stato ipotizzato lo studio di fattibilità e confezionamento di tre tipologie di malte con aggiunta di materie prime seconde derivate da scarti/rifiuti adatte alla riqualificazione energetica dell’edilizia esistente di pregio architettonico. Per la sperimentazione sono stati scelti il sughero e la cenere vulcanica, prodotti naturali intrinsecamente ecosostenibili, a basso costo, a chilometro zero e dalle proprietà isolanti, la cui efficacia è stata esplorata in termini di prestazioni nella formulazione degli intonaci termici non convenzionali. Si tratta di malte innovative progettate in chiave sostenibile, sostituendo in toto o in parte alla formulazione classica materie prime vergini con MPS, rifiuti, scarti, biomateriali, e dalle elevate prestazioni in opera. Tra i principali vantaggi figurano il miglioramento del microclima interno, grazie all’elevata traspirabilità e permeabilità al vapore acqueo, e l’aumento dell’efficienza energetica dell’involucro opaco, ottenuto attraverso l’eliminazione dei ponti termici e la riduzione del carico termico complessivo della parete.
28-feb-2025
Italiano
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FIANDACA, Ornella
CALABRESE, Luigi
MINUTOLI, Fabio
BOSURGI, Gaetano
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/211069
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIME-211069