Il presente lavoro si basa su una ricerca etnografica che ho svolto a bordo di sette diverse navi SAR (Search and Rescue) della società civile nel Mediterraneo centrale tra 2019 e 2024. A bordo, svolgevo un ruolo duplice, di ricercatrice ed effettivo membro dell’equipaggio (a bordo della lancia di soccorso, prima, e come capo missione, poi). Ciò mi ha aiutato ad assumere uno “sguardo strabico”, dato dalla continua tensione tra dentro e fuori il campo. Attraverso la partecipazione osservante, la condivisione delle pratiche e i tempi lunghi dedicati, ho potuto riconoscere ed evidenziare le tensioni tra diverse scale che caratterizzano la regione transnazionale del Mediterraneo in relazione ai soccorsi in mare. In questo scritto faccio quindi emergere le relazioni tra enti (sovra)statali (decreti legislativi, accordi, convenzioni relativi alla gestione delle migrazioni, dall’accoglienza ai soccorsi in mare) e ONG; tra diverse ONG (e definisco diverse “culture delle organizzazioni”, in relazione anche al diverso grado di conflittualità verso la gestione istituzionale dei soccorsi) e infine tra ONG e individui che le attraversano (considerando che diversi individui abitano le stesse navi, ma anche che spesso gli stessi individui vanno su navi diverse). Affermo quindi che Stati, ONG e individui si plasmano a vicenda e provo a farlo emergere attraverso l’analisi della vita di bordo sulle diverse navi. Nel tentativo di far emergere la tensione tra umanitarismo e militanza, mi concentro nello specifico sui momenti di preparazione delle diverse “missioni”, sulla gestione dei trainings e degli spazi, sulle gerarchie di bordo, sui saperi nautici e sulle tecniche del corpo che fanno emergere, in alcuni casi, schemi tassonomici fondati su specifiche economie morali e gerarchie di valori che sembrano collegate all’espandersi di logiche neoliberiste volte al funzionamento regolare e prevedibile, tanto più perfetto quanto più disumanizzante; in altri casi tuttavia, soprattutto su imbarcazioni più piccole, si danno anche spazi di informalità e relazione che si oppongono alla spersonalizzazione appena citata e che piuttosto valorizzano l’incontro in mare nelle sue incertezze e lo definiscono come spazio collettivo e creativo di condivisione e resistenza con le persone in movimento. Nel tentativo di rispondere alla domanda su cosa ci sia di politico nel Mediterraneo oggi – attraverso l’analisi del concetto stesso di “politico” e di “militanza” – indago le possibili utilità di un’antropologia implicata che fornisca chiavi di comprensione profonda riversabile nelle pratiche e in tentativi trasformativi dei contemporanei sistemi necropolitici.

Sulle rotte delle navi SAR. Un’etnografia di bordo nel Mediterraneo centrale

IOZZELLI, JASMINE
2025

Abstract

Il presente lavoro si basa su una ricerca etnografica che ho svolto a bordo di sette diverse navi SAR (Search and Rescue) della società civile nel Mediterraneo centrale tra 2019 e 2024. A bordo, svolgevo un ruolo duplice, di ricercatrice ed effettivo membro dell’equipaggio (a bordo della lancia di soccorso, prima, e come capo missione, poi). Ciò mi ha aiutato ad assumere uno “sguardo strabico”, dato dalla continua tensione tra dentro e fuori il campo. Attraverso la partecipazione osservante, la condivisione delle pratiche e i tempi lunghi dedicati, ho potuto riconoscere ed evidenziare le tensioni tra diverse scale che caratterizzano la regione transnazionale del Mediterraneo in relazione ai soccorsi in mare. In questo scritto faccio quindi emergere le relazioni tra enti (sovra)statali (decreti legislativi, accordi, convenzioni relativi alla gestione delle migrazioni, dall’accoglienza ai soccorsi in mare) e ONG; tra diverse ONG (e definisco diverse “culture delle organizzazioni”, in relazione anche al diverso grado di conflittualità verso la gestione istituzionale dei soccorsi) e infine tra ONG e individui che le attraversano (considerando che diversi individui abitano le stesse navi, ma anche che spesso gli stessi individui vanno su navi diverse). Affermo quindi che Stati, ONG e individui si plasmano a vicenda e provo a farlo emergere attraverso l’analisi della vita di bordo sulle diverse navi. Nel tentativo di far emergere la tensione tra umanitarismo e militanza, mi concentro nello specifico sui momenti di preparazione delle diverse “missioni”, sulla gestione dei trainings e degli spazi, sulle gerarchie di bordo, sui saperi nautici e sulle tecniche del corpo che fanno emergere, in alcuni casi, schemi tassonomici fondati su specifiche economie morali e gerarchie di valori che sembrano collegate all’espandersi di logiche neoliberiste volte al funzionamento regolare e prevedibile, tanto più perfetto quanto più disumanizzante; in altri casi tuttavia, soprattutto su imbarcazioni più piccole, si danno anche spazi di informalità e relazione che si oppongono alla spersonalizzazione appena citata e che piuttosto valorizzano l’incontro in mare nelle sue incertezze e lo definiscono come spazio collettivo e creativo di condivisione e resistenza con le persone in movimento. Nel tentativo di rispondere alla domanda su cosa ci sia di politico nel Mediterraneo oggi – attraverso l’analisi del concetto stesso di “politico” e di “militanza” – indago le possibili utilità di un’antropologia implicata che fornisca chiavi di comprensione profonda riversabile nelle pratiche e in tentativi trasformativi dei contemporanei sistemi necropolitici.
3-giu-2025
Italiano
SORGONI, Barbara
Università degli Studi di Torino
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/212806
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITO-212806