La presente ricerca etnografica costituisce una ricognizione sulle esperienze musicali di inclusione sociale attraverso la coralità, con specifica attenzione ai contesti migratori in Italia. Il tema dell’inclusione, ripreso dal diffuso acronimo americano DEI, Diversity-Equity-Inclusion, è promosso a livello internazionale in numerosi ambiti, non solo pedagogico e culturale, con sportelli di ascolto universitari,1 ma persino nel settore finanziario,2 in cui sono incoraggiate le buone pratiche interculturali, di accessibilità e contro gli stereotipi di genere. Ad esempio, la McKinsey, una delle multinazionali leader per la consulenza strategica, ha pubblicato nel 2015 un articolo dal titolo Why the diversity matters?, 3 inerente la maggiore produttività economica delle «gender-diverse companies» e delle «ethnically diverse companies» che superano il rendimento delle altre, rispettivamente del 15% e del 35%.4 Anche la Newton Group, una rete internazionale di società per la consulenza agli investimenti, ha creato una commissione interna denominata Global Inclusion - art.3,5 che ha organizzato un convegno nel 2023, con interventi dai titoli quali: «I paradossi del diversity manager», «la gentilezza conviene» ecc. L’esaltazione di inclusione e diversità si profila paradossalmente come un traguardo del mondo del marketing, oltre che come obiettivo di giustizia sociale. Senza dubbio la situazione è migliorata da quando per la prima volta, nel 1964, si parlò di contrasto alla discriminazione politica e sul lavoro, con la legge federale statunitense Civil Rights Act. 6 Lo stesso articolo 3 della Repubblica italiana parla di equità «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione». Tuttavia non servirebbe un uso così ridondante del concetto di «inclusione» se la società fosse realmente accogliente con le minoranze, cioè quest’enfasi sembra rivelare un problema irrisolto. Se però ci si focalizza sulla dimensione italiana, si può affermare che una parte della società civile ha reagito attivamente alle discriminazioni, in particolare quelle di nazionalità di cui qui si parla. Lo ha fatto anche attraverso le arti e l’oggetto del presente studio, i progetti corali in contesti migratori, ne sono un virtuoso esempio. L’obiettivo è stato dunque quello di indagare repertori corali, nati da composizioni collettive, attraverso pratiche di pedagogia non gerarchica, orizzontale o capovolta,7 in cui si arrangiano ed eseguono brani trasmessi da nuovi cittadini e cittadine, nelle loro lingue madre. All’interno di questi gruppi circoscritti di musica multiparte,8 coloro i quali nella società subiscono maggiori discriminazioni acquistano un ruolo da leader. Ne risulta così trasformata anche la tradizionale funzione del direttore o direttrice di coro, che a partire dal dialogo con i coristi diviene un facilitatore dei processi di apprendimento, arrangiamento, composizione ed esecuzione del gruppo corale. In seconda battuta, oltre agli aspetti musicali, sia compositivi che pedagogici, questa ricerca dottorale mette in luce anche le pratiche di mutuo aiuto interne ai cori presi in esame, nonché la loro predisposizione all’attivismo politico, orbitante intorno a un tema, quello delle migrazioni, che è stato sempre più all’ordine del giorno nell’agenda istituzionale europea dell’ultimo ventennio. In particolare, per i governi che si sono susseguiti in Italia, a partire dall’anno di nascita del primo coro interculturale, Se…sta Voce di Roma, cioè dal Duemila fino ad oggi, l’ingresso e l’inclusione dei migranti ha rappresentato sempre più motivo di tensione, come evidente dal graduale e inesorabile inasprimento legislativo che ha trasformato in reati prima l’immigrazione e poi la solidarietà verso i migranti. Infine, poiché la mia ricerca etnomusicologica ha avuto un carattere fortemente partecipativo, la valorizzazione e promozione di queste realtà corali è stata un intento che ho costantemente perseguito, in modo parallelo alla ricerca sul campo, condividendo e modulando i miei obiettivi insieme ai membri dei cori, le direttrici e i direttori. Ho infatti messo parzialmente in pratica ciò che ho appreso da loro, nella conduzione di un progetto corale con donne migranti e italiane, come attività di terza missione dell’Università di Tor Vergata. Inoltre, la mia ricerca ha instillato in molti informatori e informatrici che avevano collaborato, l’input per incontrarsi, mettersi in rete e realizzare BabelebaB, Primo Festival Nazionale dei Cori Interculturali al quale ho partecipato come organizzatrice.
Cori-mondo: attivismo sociale e intercultura nella coralità
MANCA, LUCIANA
2023
Abstract
La presente ricerca etnografica costituisce una ricognizione sulle esperienze musicali di inclusione sociale attraverso la coralità, con specifica attenzione ai contesti migratori in Italia. Il tema dell’inclusione, ripreso dal diffuso acronimo americano DEI, Diversity-Equity-Inclusion, è promosso a livello internazionale in numerosi ambiti, non solo pedagogico e culturale, con sportelli di ascolto universitari,1 ma persino nel settore finanziario,2 in cui sono incoraggiate le buone pratiche interculturali, di accessibilità e contro gli stereotipi di genere. Ad esempio, la McKinsey, una delle multinazionali leader per la consulenza strategica, ha pubblicato nel 2015 un articolo dal titolo Why the diversity matters?, 3 inerente la maggiore produttività economica delle «gender-diverse companies» e delle «ethnically diverse companies» che superano il rendimento delle altre, rispettivamente del 15% e del 35%.4 Anche la Newton Group, una rete internazionale di società per la consulenza agli investimenti, ha creato una commissione interna denominata Global Inclusion - art.3,5 che ha organizzato un convegno nel 2023, con interventi dai titoli quali: «I paradossi del diversity manager», «la gentilezza conviene» ecc. L’esaltazione di inclusione e diversità si profila paradossalmente come un traguardo del mondo del marketing, oltre che come obiettivo di giustizia sociale. Senza dubbio la situazione è migliorata da quando per la prima volta, nel 1964, si parlò di contrasto alla discriminazione politica e sul lavoro, con la legge federale statunitense Civil Rights Act. 6 Lo stesso articolo 3 della Repubblica italiana parla di equità «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione». Tuttavia non servirebbe un uso così ridondante del concetto di «inclusione» se la società fosse realmente accogliente con le minoranze, cioè quest’enfasi sembra rivelare un problema irrisolto. Se però ci si focalizza sulla dimensione italiana, si può affermare che una parte della società civile ha reagito attivamente alle discriminazioni, in particolare quelle di nazionalità di cui qui si parla. Lo ha fatto anche attraverso le arti e l’oggetto del presente studio, i progetti corali in contesti migratori, ne sono un virtuoso esempio. L’obiettivo è stato dunque quello di indagare repertori corali, nati da composizioni collettive, attraverso pratiche di pedagogia non gerarchica, orizzontale o capovolta,7 in cui si arrangiano ed eseguono brani trasmessi da nuovi cittadini e cittadine, nelle loro lingue madre. All’interno di questi gruppi circoscritti di musica multiparte,8 coloro i quali nella società subiscono maggiori discriminazioni acquistano un ruolo da leader. Ne risulta così trasformata anche la tradizionale funzione del direttore o direttrice di coro, che a partire dal dialogo con i coristi diviene un facilitatore dei processi di apprendimento, arrangiamento, composizione ed esecuzione del gruppo corale. In seconda battuta, oltre agli aspetti musicali, sia compositivi che pedagogici, questa ricerca dottorale mette in luce anche le pratiche di mutuo aiuto interne ai cori presi in esame, nonché la loro predisposizione all’attivismo politico, orbitante intorno a un tema, quello delle migrazioni, che è stato sempre più all’ordine del giorno nell’agenda istituzionale europea dell’ultimo ventennio. In particolare, per i governi che si sono susseguiti in Italia, a partire dall’anno di nascita del primo coro interculturale, Se…sta Voce di Roma, cioè dal Duemila fino ad oggi, l’ingresso e l’inclusione dei migranti ha rappresentato sempre più motivo di tensione, come evidente dal graduale e inesorabile inasprimento legislativo che ha trasformato in reati prima l’immigrazione e poi la solidarietà verso i migranti. Infine, poiché la mia ricerca etnomusicologica ha avuto un carattere fortemente partecipativo, la valorizzazione e promozione di queste realtà corali è stata un intento che ho costantemente perseguito, in modo parallelo alla ricerca sul campo, condividendo e modulando i miei obiettivi insieme ai membri dei cori, le direttrici e i direttori. Ho infatti messo parzialmente in pratica ciò che ho appreso da loro, nella conduzione di un progetto corale con donne migranti e italiane, come attività di terza missione dell’Università di Tor Vergata. Inoltre, la mia ricerca ha instillato in molti informatori e informatrici che avevano collaborato, l’input per incontrarsi, mettersi in rete e realizzare BabelebaB, Primo Festival Nazionale dei Cori Interculturali al quale ho partecipato come organizzatrice.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/213022
URN:NBN:IT:UNIROMA2-213022