La tesi di dottorato si propone di analizzare la recente riforma del diritto sportivo introdotta dal d.lgs. 36/2021, entrata in vigore nel luglio 2023, con un focus specifico sulla nuova figura del lavoratore sportivo dilettante. La scelta di affrontare tale tematica nasce dall’importanza che questa riforma riveste nel nostro ordinamento, sancendo formalmente il riconoscimento di una figura giuridica che, pur affermatasi nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti, non aveva ancora ricevuto una piena equiparazione con gli sportivi professionisti. Il lavoro esplora la complessa interazione tra l’ordinamento sportivo e quello statale, concentrandosi in particolare sul tema del lavoro sportivo, sia professionistico che dilettantistico. L’analisi poi si concentra sull’evoluzione storica del lavoro nel contesto sportivo, evidenziandone le peculiarità giuridiche e le difficoltà di inquadramento nelle categorie tradizionali del diritto del lavoro, data la sua natura spesso considerata atipica. La trattazione ripercorre l’evoluzione normativa e giurisprudenziale, sottolineando le criticità sistemiche che hanno condotto alla riforma del 2021. Quest’ultima, pur rappresentando un tentativo di chiarificazione, introduce tuttavia nuove problematiche, soprattutto in relazione alla definizione di “lavoratore sportivo” e alle deroghe alla disciplina generale del lavoro. Per fare qualche esempio degli aspetti critici della riforma rilevati nell’elaborato, si deve notare l’uso, spesso improprio, della distinzione tra i concetti giuridici di specificità e specialità. Questa distinzione, spesso invocata per giustificare ampie deroghe alla normativa generale di diritto del lavoro, appare in molti casi poco coerente e talvolta strumentale, finendo per creare confusione anziché chiarezza normativa. Un ulteriore punto critico riguarda l’esclusione generale di tutele fondamentali di diritto comune per i lavoratori sportivi, come ad esempio quelle previste dall’art. 4 e 5 dello Statuto dei Lavoratori, in materia di controlli a distanza e controlli sanitari, o le norme sul licenziamento. Tale disparità di trattamento con i lavoratori dei settori ordinari sembra non trovare una solida giustificazione in termini di ragionevolezza, soprattutto avendo a mente l’ampia nozione di “lavoratore sportivo”, che non si riferisce esclusivamente a figure particolari come l’atleta e l’allenatore, ma include anche lavoratori che non svolgono mansioni non dissimili a quelle tradizionali. Nel lavoro di tesi si analizzano quindi queste e altre deroghe speciali al diritto del lavoro comune, vagliando con approccio critico la ragionevolezza del dettato normativo della riforma e verificando il corretto bilanciamento degli interessi in gioco. La tesi evidenzia come queste criticità, lungi dall’essere risolte dalla riforma, abbiano perpetuato le disuguaglianze già esistenti nel precedente regime, aprendo la strada a possibili nuovi contenziosi come avvenuto in passato. Particolare attenzione è dedicata alla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che richiama la necessità di applicare rigorosamente il diritto comunitario anche al settore sportivo, ribadendo che le sue specificità non possono giustificare deroghe alle norme dei trattati senza la rigorosa prova della sussistenza di un interesse legittimo idoneo, necessario e proporzionato. La parte finale del lavoro si concentra sugli aspetti previdenziali della riforma, mettendo in luce come l’effettiva estensione delle tutele a tutti i lavoratori sportivi dilettanti sia stata ostacolata da argomentazioni di sostenibilità economica del settore. Si analizza quindi con occhio critico il metodo legislativo adottato, che ha privilegiato gli interessi difesi delle federazioni sportive e dai datori di lavoro sportivi rispetto alla tutela dei lavoratori, con rischi concreti di illegittimità costituzionale.

La nuova figura del lavoratore sportivo e le novità in ambito dilettantistico

CAMPESAN, DARIO
2025

Abstract

La tesi di dottorato si propone di analizzare la recente riforma del diritto sportivo introdotta dal d.lgs. 36/2021, entrata in vigore nel luglio 2023, con un focus specifico sulla nuova figura del lavoratore sportivo dilettante. La scelta di affrontare tale tematica nasce dall’importanza che questa riforma riveste nel nostro ordinamento, sancendo formalmente il riconoscimento di una figura giuridica che, pur affermatasi nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti, non aveva ancora ricevuto una piena equiparazione con gli sportivi professionisti. Il lavoro esplora la complessa interazione tra l’ordinamento sportivo e quello statale, concentrandosi in particolare sul tema del lavoro sportivo, sia professionistico che dilettantistico. L’analisi poi si concentra sull’evoluzione storica del lavoro nel contesto sportivo, evidenziandone le peculiarità giuridiche e le difficoltà di inquadramento nelle categorie tradizionali del diritto del lavoro, data la sua natura spesso considerata atipica. La trattazione ripercorre l’evoluzione normativa e giurisprudenziale, sottolineando le criticità sistemiche che hanno condotto alla riforma del 2021. Quest’ultima, pur rappresentando un tentativo di chiarificazione, introduce tuttavia nuove problematiche, soprattutto in relazione alla definizione di “lavoratore sportivo” e alle deroghe alla disciplina generale del lavoro. Per fare qualche esempio degli aspetti critici della riforma rilevati nell’elaborato, si deve notare l’uso, spesso improprio, della distinzione tra i concetti giuridici di specificità e specialità. Questa distinzione, spesso invocata per giustificare ampie deroghe alla normativa generale di diritto del lavoro, appare in molti casi poco coerente e talvolta strumentale, finendo per creare confusione anziché chiarezza normativa. Un ulteriore punto critico riguarda l’esclusione generale di tutele fondamentali di diritto comune per i lavoratori sportivi, come ad esempio quelle previste dall’art. 4 e 5 dello Statuto dei Lavoratori, in materia di controlli a distanza e controlli sanitari, o le norme sul licenziamento. Tale disparità di trattamento con i lavoratori dei settori ordinari sembra non trovare una solida giustificazione in termini di ragionevolezza, soprattutto avendo a mente l’ampia nozione di “lavoratore sportivo”, che non si riferisce esclusivamente a figure particolari come l’atleta e l’allenatore, ma include anche lavoratori che non svolgono mansioni non dissimili a quelle tradizionali. Nel lavoro di tesi si analizzano quindi queste e altre deroghe speciali al diritto del lavoro comune, vagliando con approccio critico la ragionevolezza del dettato normativo della riforma e verificando il corretto bilanciamento degli interessi in gioco. La tesi evidenzia come queste criticità, lungi dall’essere risolte dalla riforma, abbiano perpetuato le disuguaglianze già esistenti nel precedente regime, aprendo la strada a possibili nuovi contenziosi come avvenuto in passato. Particolare attenzione è dedicata alla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che richiama la necessità di applicare rigorosamente il diritto comunitario anche al settore sportivo, ribadendo che le sue specificità non possono giustificare deroghe alle norme dei trattati senza la rigorosa prova della sussistenza di un interesse legittimo idoneo, necessario e proporzionato. La parte finale del lavoro si concentra sugli aspetti previdenziali della riforma, mettendo in luce come l’effettiva estensione delle tutele a tutti i lavoratori sportivi dilettanti sia stata ostacolata da argomentazioni di sostenibilità economica del settore. Si analizza quindi con occhio critico il metodo legislativo adottato, che ha privilegiato gli interessi difesi delle federazioni sportive e dai datori di lavoro sportivi rispetto alla tutela dei lavoratori, con rischi concreti di illegittimità costituzionale.
27-mag-2025
Italiano
VIANELLO, RICCARDO
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/213697
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-213697