L’esigenza di dotare ogni ordinamento giuridico di un modello di tutela giurisdizionale collettiva è sempre più sentita nell’era della globalizzazione e dell’uniformazione dei mercati, degli interessi e delle abitudini a livello mondiale. In un’epoca in cui la maggioranza delle persone si trova a condividere gli stessi gusti e le medesime esperienze quotidiane, è probabile che si troverà anche a subire gli stessi eventuali effetti pregiudizievoli delle proprie scelte. La forma aggregata di gestione dei processi civili risponde proprio a tale esigenza: in estrema sintesi, consente ad un gruppo di individui, accomunati dalla circostanza di aver subito la lesione dei propri diritti da parte di un medesimo operatore commerciale, di convenirlo in un unico procedimento al fine di ottenere l’inibitoria della condotta illecita posta in essere e/o il risarcimento dei danni cagionati dal comportamento lesivo, attraverso la rappresentanza in giudizio di un soggetto chiamato a tutelare in via unitaria gli interessi collettivi della classe così delineatasi. Il modello di tutela giurisdizionale collettiva ormai da diversi decenni attira l’attenzione di interpreti ed operatori del diritto italiani che, volgendo lo sguardo alle fortunate esperienze normative internazionali in materia di azioni di classe contro gli illeciti di massa, hanno teorizzato la definizione anche in Italia di un rimedio processuale in grado di affiancarsi alla comune forma di procedimento civile individuale e di fungere da strumento di regolazione del mercato. Sulla base delle spinte interne ed esterne (ci si riferisce, con riguardo a queste ultime, ai richiami giunti dall’Unione europea), già a partire dagli anni Novanta del secolo scorso il legislatore italiano aveva predisposto un meccanismo di tutela collettiva a carattere inibitorio e, in seguito, con l’introduzione dell’art. 140-bis all’interno del d. lgs. 206/2005 (c.d. Codice del consumo) ha altresì dato vita ad una forma risarcitoria di procedimento collettivo. Considerata l’emblematica collocazione normativa, entrambe le tipologie di azioni collettive erano comunque riservate all’utilizzo esclusivo della categoria di consumatori e utenti nei confronti di professionisti operanti sul mercato. La disciplina dell’azione di classe italiana, così come originariamente delineata, è stata poi oggetto di ripetute modifiche e di interventi legislativi che ne hanno più o meno in maniera incisiva riformato alcuni aspetti. L’ultima novità legislativa riguarda l’introduzione della legge 12 aprile 2019, n. 31 la quale, oltre ad aver disposto la trasmigrazione dell’intera disciplina dei procedimenti collettivi dal codice del consumo al codice di procedura civile, ne ha di conseguenza altresì esteso l’ambito di applicazione, superando di fatto la dimensione consumeristica delle azioni ed estendendo a qualsiasi soggetto, portatore di diritti individuali omogenei, la possibilità di aderire ad una classe che agisce in giudizio. Fatte queste brevi premesse, il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare, senza presunzioni di completezza, il percorso intrapreso dalla tutela giurisdizionale collettiva in Italia e l’evoluzione subìta dai relativi istituti dal momento della loro originaria introduzione fino all’attuale stato dell’arte. In primo luogo, verrà quindi analizzata la disciplina previgente prevista nelle disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, c.d. Codice del consumo la quale, seppur fortemente voluta e calorosamente accolta da gran parte della dottrina, alla luce degli esiti dei più rilevanti arresti giurisprudenziali, è risultata poco fortunata dal punto di vista delle sua applicazione pratica. Si passerà, poi, all’esame della riforma introdotta con la legge n. 31/2019 già citata: verranno analizzate le modifiche più rilevanti derivatene, gli apprezzabili approcci innovativi, ma anche le occasioni mancate che erano invece attese dall’ennesima riscrittura della disciplina e che avrebbero potuto dotare – soprattutto l’azione collettiva risarcitoria - di maggiore incisività. Inoltre, verrà dato spazio al punto di vista dell’Unione europea in materia di ricorso alle azioni collettive: ponendo l’attenzione sugli obiettivi, fissati dal legislatore eurounitario, di porre le basi di una disciplina unitaria per una tutela efficace degli interessi collettivi dei consumatori e di garantire che gli Stati membri forniscano adeguati mezzi di tutela ai cittadini, si cercherà di analizzare l’evoluzione degli strumenti legislativi messi a punto dagli organi dell’Unione, con particolare attenzione alla recente direttiva UE 2020/1828 che, pur non discostandosi dagli assetti normativi esistenti nella maggioranza degli Stati membri, delinea un vero e proprio modello di tutela collettiva comune sovranazionale. Da ultimo, è previsto un capitolo finale dedicato ad una delle più importanti pronunce emesse dai giudici di merito a definizione di un giudizio promosso nelle forme dell’azione di classe risarcitoria ex art. 140- bis del codice del consumo. Si tratta della sentenza del Tribunale di Venezia sul caso c.d. dieselgate in Italia: la pronuncia, risalente al luglio 2021, seppur pubblicata a seguito dell’emanazione della legge di riforma del 2019, segue le forme della previgente disciplina, dal momento che la condotta illecita oggetto dell’accertamento del giudizio è stata posta in essere dalle società convenute prima della data di entrata in vigore della novella legislativa. L’analisi della pronuncia offre l’occasione per evidenziare alcuni rilevanti profili che emergono dalla pratica applicazione giurisprudenziale dell’istituto e consente di trarre alcune conclusioni sull’efficacia dello strumento consumeristico ante riforma, di evidenziare parallelismi e divergenze tra quest’ultimo e la nuova disciplina codicistica, nonché i punti deboli dell’assetto complessivo dell’azione collettiva italiana.
Le azioni di classe nell’esperienza italiana ed europea
MAZZAFERRO, GIULIA
2022
Abstract
L’esigenza di dotare ogni ordinamento giuridico di un modello di tutela giurisdizionale collettiva è sempre più sentita nell’era della globalizzazione e dell’uniformazione dei mercati, degli interessi e delle abitudini a livello mondiale. In un’epoca in cui la maggioranza delle persone si trova a condividere gli stessi gusti e le medesime esperienze quotidiane, è probabile che si troverà anche a subire gli stessi eventuali effetti pregiudizievoli delle proprie scelte. La forma aggregata di gestione dei processi civili risponde proprio a tale esigenza: in estrema sintesi, consente ad un gruppo di individui, accomunati dalla circostanza di aver subito la lesione dei propri diritti da parte di un medesimo operatore commerciale, di convenirlo in un unico procedimento al fine di ottenere l’inibitoria della condotta illecita posta in essere e/o il risarcimento dei danni cagionati dal comportamento lesivo, attraverso la rappresentanza in giudizio di un soggetto chiamato a tutelare in via unitaria gli interessi collettivi della classe così delineatasi. Il modello di tutela giurisdizionale collettiva ormai da diversi decenni attira l’attenzione di interpreti ed operatori del diritto italiani che, volgendo lo sguardo alle fortunate esperienze normative internazionali in materia di azioni di classe contro gli illeciti di massa, hanno teorizzato la definizione anche in Italia di un rimedio processuale in grado di affiancarsi alla comune forma di procedimento civile individuale e di fungere da strumento di regolazione del mercato. Sulla base delle spinte interne ed esterne (ci si riferisce, con riguardo a queste ultime, ai richiami giunti dall’Unione europea), già a partire dagli anni Novanta del secolo scorso il legislatore italiano aveva predisposto un meccanismo di tutela collettiva a carattere inibitorio e, in seguito, con l’introduzione dell’art. 140-bis all’interno del d. lgs. 206/2005 (c.d. Codice del consumo) ha altresì dato vita ad una forma risarcitoria di procedimento collettivo. Considerata l’emblematica collocazione normativa, entrambe le tipologie di azioni collettive erano comunque riservate all’utilizzo esclusivo della categoria di consumatori e utenti nei confronti di professionisti operanti sul mercato. La disciplina dell’azione di classe italiana, così come originariamente delineata, è stata poi oggetto di ripetute modifiche e di interventi legislativi che ne hanno più o meno in maniera incisiva riformato alcuni aspetti. L’ultima novità legislativa riguarda l’introduzione della legge 12 aprile 2019, n. 31 la quale, oltre ad aver disposto la trasmigrazione dell’intera disciplina dei procedimenti collettivi dal codice del consumo al codice di procedura civile, ne ha di conseguenza altresì esteso l’ambito di applicazione, superando di fatto la dimensione consumeristica delle azioni ed estendendo a qualsiasi soggetto, portatore di diritti individuali omogenei, la possibilità di aderire ad una classe che agisce in giudizio. Fatte queste brevi premesse, il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare, senza presunzioni di completezza, il percorso intrapreso dalla tutela giurisdizionale collettiva in Italia e l’evoluzione subìta dai relativi istituti dal momento della loro originaria introduzione fino all’attuale stato dell’arte. In primo luogo, verrà quindi analizzata la disciplina previgente prevista nelle disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, c.d. Codice del consumo la quale, seppur fortemente voluta e calorosamente accolta da gran parte della dottrina, alla luce degli esiti dei più rilevanti arresti giurisprudenziali, è risultata poco fortunata dal punto di vista delle sua applicazione pratica. Si passerà, poi, all’esame della riforma introdotta con la legge n. 31/2019 già citata: verranno analizzate le modifiche più rilevanti derivatene, gli apprezzabili approcci innovativi, ma anche le occasioni mancate che erano invece attese dall’ennesima riscrittura della disciplina e che avrebbero potuto dotare – soprattutto l’azione collettiva risarcitoria - di maggiore incisività. Inoltre, verrà dato spazio al punto di vista dell’Unione europea in materia di ricorso alle azioni collettive: ponendo l’attenzione sugli obiettivi, fissati dal legislatore eurounitario, di porre le basi di una disciplina unitaria per una tutela efficace degli interessi collettivi dei consumatori e di garantire che gli Stati membri forniscano adeguati mezzi di tutela ai cittadini, si cercherà di analizzare l’evoluzione degli strumenti legislativi messi a punto dagli organi dell’Unione, con particolare attenzione alla recente direttiva UE 2020/1828 che, pur non discostandosi dagli assetti normativi esistenti nella maggioranza degli Stati membri, delinea un vero e proprio modello di tutela collettiva comune sovranazionale. Da ultimo, è previsto un capitolo finale dedicato ad una delle più importanti pronunce emesse dai giudici di merito a definizione di un giudizio promosso nelle forme dell’azione di classe risarcitoria ex art. 140- bis del codice del consumo. Si tratta della sentenza del Tribunale di Venezia sul caso c.d. dieselgate in Italia: la pronuncia, risalente al luglio 2021, seppur pubblicata a seguito dell’emanazione della legge di riforma del 2019, segue le forme della previgente disciplina, dal momento che la condotta illecita oggetto dell’accertamento del giudizio è stata posta in essere dalle società convenute prima della data di entrata in vigore della novella legislativa. L’analisi della pronuncia offre l’occasione per evidenziare alcuni rilevanti profili che emergono dalla pratica applicazione giurisprudenziale dell’istituto e consente di trarre alcune conclusioni sull’efficacia dello strumento consumeristico ante riforma, di evidenziare parallelismi e divergenze tra quest’ultimo e la nuova disciplina codicistica, nonché i punti deboli dell’assetto complessivo dell’azione collettiva italiana.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Tesi.pdf
accesso solo da BNCF e BNCR
Dimensione
989.44 kB
Formato
Adobe PDF
|
989.44 kB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/213991
URN:NBN:IT:UNIROMA2-213991