La natura di questo lavoro è volutamente di taglio regionale ed ha come scopo quello di evidenziare le peculiarità di un comparto territoriale originariamente ubicato nel cuore dell’impero e successivamente trasformatosi in periferia. La scelta di tale inquadramento trova ispirazione prevalentemente in quanto propugnato da Domenico Vera a proposito degli studi di sintesi: “…per l’impero romano ogni trattazione dei fattori propriamente strutturali e produttivi deve calarsi nei diversi contesti geografici. In essi l’estrema variabilità delle condizioni naturali e del clima presenti in uno stato smisurato che occupava tre continenti interagivano con componenti storiche e sociali diversissime. Per il cuore dell’impero, il tentativo recente di costruire un modello generale di interpretazione del «Mediterraneo» come categoria storica, alternativo al modello famoso di F. Braudel, si è rivelato scarsamente utile e suscita numerosi dubbi circa la validità di questi approcci globali. Meglio adottare uno schema incentrato su specifiche micro e macroregioni, e centrare l’analisi sulle peculiarità delle singole fasi storiche piuttosto che su una supposta unità ecologica e antropologica del Mediterraneo” 1 . La circoscrizione geografica su cui si concentra il seguente studio è quella dell’attuale regione Campania che, nella seconda metà del IV secolo d.C., comprendeva territori appartenenti a quattro diverse province dell’Italia suburbicaria: Latium et Campania, Samnium, Apulia et Calabria, Lucania et Bruttii. La funzione di collettore tra Roma e i ricchi patrimoni agrari del sud della penisola conferì a questo territorio un’indiscutibile rilevanza anche in età post-classica. Tuttavia, le pur numerose indagini archeologiche in contesti urbani e rurali a continuità di vita non hanno sempre portato a pubblicazioni qualitativamente e quantitativamente soddisfacenti; tali studi hanno spesso privilegiato le fasi più antiche, arrivando a fatica alle soglie della tarda antichità. Tra i motivi di tale tendenza c’è sicuramente la forte tradizione di studi classici che ancora oggi impregna e orienta la ricerca in Campania. Fortunatamente esistono felici eccezioni in merito: una su tutte è l’importante sintesi su Napoli di Paul Arthur, Naples, From Roman Town to City-State2 , ancora attuale ma scritta ormai più di vent’anni or sono, quindi, suscettibile di integrazioni, soprattutto dei nuovi dati emersi dagli scavi per la realizzazione della metropolitana. Per quanto riguarda le fonti scritte, invece, è certamente una pietra miliare il volume Campania Tardoantica (284-604 d.C.) di Eliodoro Savino3 a cui si aggiunge quello di Iasiello, Samnium, assetti e trasformazioni di una provincia dell’Italia tardoantica4 che si occupa, ovviamente, solo di quella parte dell’antico territorio sannita oggi ricadente tra i confini campani. Tuttavia, lo sbilanciamento nella conoscenza di determinati settori territoriali della Campania, come il felice caso del contesto urbano napoletano, rimane ancora una realtà con cui confrontarsi. Le difficoltà incontrate durante la stesura di questo lavoro non sono state poche: lo stato degli studi numismatici, per il periodo in esame, è risultato molto carente; anche in questo caso con qualche eccezione rilevante. Il motivo di tale situazione è da imputare a diverse problematiche: in primis va registrato un interesse spesso marginale da parte degli stessi archeologi nei confronti del dato monetale, troppo spesso sottovalutato rispetto al suo grande potenziale informativo in termini storici, in secondo luogo la natura impalpabile dei piccoli nummi in bronzo tardoantichi che, tuttavia, sono nettamente i più diffusi negli scavi. Le dimensioni ridotte di queste monete permettono spesso di sfuggire ad un’indagine poco accurata del deposito archeologico e, anche dopo un loro eventuale recupero, risultano molto spesso illeggibili (quindi non classificabili) soprattutto agli occhi dei non specialisti che, quindi, non ritengono necessaria la loro pubblicazione. A tal proposito, ancora oggi si è molto restii nell’affidare ad un numismatico lo studio dei ritrovamenti monetali di uno scavo, per tanto, anche quando i reperti vengono pubblicati spesso si registra l’omissione di dati rilevanti ai fini della ricerca, quando non sono fornite addirittura letture errate5 . Un’altra criticità incontrata è stata la frequente decontestualizzazione delle monete, in particolare dei vecchi ritrovamenti ma non solo; infatti, solo nei casi più fortunati viene segnalato in bibliografia il comune o la località di rinvenimento. Sulla base di tali premesse si è scelto di concentrare l’indagine all’interno della fascia cronologica che va dal V al VII secolo, partendo da un’ampia introduzione storica che ha tenuto conto di tutte le fonti scritte disponibili (capitolo I). Questo quadro storico è naturalmente sbilanciato sulla realtà napoletana, la cui mole di fonti scritte è nettamente più consistente. Successivamente la ricerca si è incentrata sulle monete, dando ampio spazio a quelle provenienti da contesti archeologici e appartenenti a tesoretti. In primissi è posto il focussu una serie di contesti monetali inediti provenienti da diverse zone della Campania (capitolo II): il contesto rurale della villa romana di Masseria De Carolis a Pollena Trocchia (Napoli), il sito urbano di Aeclanum nel comune di Mirabella Eclano (Avellino) a cui si aggiungono tre monete provenienti da scavi di area casertana, infine, i tesoretti decontestualizzati provenienti da Taurasi (Avellino), Roccamonfina (Caserta) e Lacco Ameno (Napoli). Questi assemblaggi sono stati trattati con un approccio multidisciplinare, quindi, quando possibile, allo studio numismatico tout court comprendente catalogazione e analisi dettagliata delle singole monete sono stati integrati i dati delle fonti scritte e soprattutto quelli offerti dalle altre categorie di reperti archeologici. Lo scopo dell’applicazione di tale metodologia ha avuto come obiettivo la differenziazione del seguente studio rispetto a quei, seppur ottimi, lavori numismatici analitici che forniscono una grossa mole di dati statistici senza calarli all’interno del contesto storicoarcheologico6 . Inoltre, l’approccio contestuale-stratigrafico del dato numismatico non solo ha permesso di affinare meglio le cronologie degli esemplari cosiddetti illeggibili, rendendoli utilizzabili ai fini statistici, ma ha permesso di comprendere per quanto tempo una data moneta ha circolato, in assenza o in caso di bassa residualità del contesto archeologico. Nell’ottica di un inquadramento generale, i dati ricavati da ogni contesto sono stati sistematizzati all’interno di diagrammi statistici con voci sulla cronologia, autorità emittenti, entità politiche e zecche di emissione. Di volta in volta si è proceduto ad una breve discussione dei dati acquisiti, istituendo confronti con altri siti campani e/o di altre regioni limitrofe. Un’altra importante sfida è stata la raccolta capillare di tutto l’edito e soprattutto la sua revisione critica che, in alcuni casi, si è trasformata in un vero e proprio lavoro di riattribuzione per decine di esemplari7 . La metodica adoperata per la revisione dell’edito è stata impostata sull’analisi delle fotografie, quando disponibili e di buona qualità. Ovviamente tale operazione non sempre è stata possibile, quindi, in taluni casi è stato riportato semplicemente il dato monetale così come presente in bibliografia. L’approccio contestuale è stato tendenzialmente mantenuto anche durante lo studio degli assemblaggi monetali editi (capitolo III), soprattutto quando provenienti da scavo. Nella prima parte del capitolo sono stati passati in rassegna tutti i contesti che hanno restituito monete singole, organizzati per provincia di appartenenza. Lo stesso procedimento è stato utilizzato per i tesoretti, divisi per fasce cronologiche, e per quei siti archeologici dove sono state rinvenuti esemplari monetali più antichi riutilizzati o rimasti per lungo tempo in circolazione. Per i rinvenimenti singoli sono state ricavate delle tabelle con voci specifiche sull’autorità emittente, cronologia, zecca, nominale e dei grafici con l’ubicazione dei rinvenimenti divisi per entità politica, tipologia di contesto (da scavo, da area funeraria, ritrovamento sporadico). Le tabelle dei tesoretti presentano le stesse voci viste per i rinvenimenti singoli, mentre i grafici con l’ubicazione dei ritrovamenti specificano il tipo di metallo monetato e il contesto di rinvenimento quando conosciuto (da tomba o area funeraria). La tabella delle monete antiche riutilizzate è così suddivisa: cronologia contesto, contesto, autorità emittente, cronologia moneta, nominale o peso, mentre il grafico pertinente specifica il contesto di scavo o da tomba da cui provengono le monete. L’obiettivo finale è stato quello di ricavare più dati possibili dalle monete per proporre dei grafici statistici conclusivi e, sulla base di questi, interpretare il dato alla luce delle problematiche storiche, nonché in un’ottica comparativa con altre realtà territoriali. Nel capitolo conclusivo sono state fatte due sintesi generali sulla circolazione monetaria: una specifica per la città di Napoli e una per l’intera Campania; entrambe si confrontano anche con altri indicatori economici. Nello specifico, la lettura dei dati monetali è stata possibile grazie alla loro organizzazione all’interno deisuddetti grafici statistici così suddivisi: per nominale, autorità emittente o entità politica, zecca di emissione, mantenendo sempre una divisione tra i dati frutto di rinvenimenti monetali singoli e dai tesoretti. Alle sintesi è seguita un’analisi comparativa del dato numismatico campano con quello delle realtà nordafricana e siciliana; evidenziando affinità e differenze di contesti territoriali del Mediterraneo occidentale interconnessi tra loro. In coda, chiude l’elaborato un paragrafo che, esplorando i dati salienti del lavoro, propone delle conclusioni generali. Infine, lo studio della moneta in contesto è risultato fondamentale soprattutto per provare a delineare delle tendenze all’interno della circolazione monetaria; tali tendenze sono state messe in relazione ai mutamenti economici dell’età tardoantica, esplicitati anche dai risultati dello studio degli altri materiali archeologici editi, in una relazione di causa-effetto. Superando, quindi, il concetto di continuità/discontinuità e portando in primo piano un approccio che privilegia l’indagine analitica della natura delle trasformazioni, si è tentato di fornire un contributo di taglio regionale ai più recenti dibattiti storico-economici e sugli assetti politico-insediativi dell’Italia meridionale tra tarda antichità e altomedioevo, all’interno del più ampio quadro mediterraneo.

Monete e contesti nella Campania tardoantica: circolazione, economia e assetti territoriali (V-VII secolo)

MAMMATO, ALFONSO
2024

Abstract

La natura di questo lavoro è volutamente di taglio regionale ed ha come scopo quello di evidenziare le peculiarità di un comparto territoriale originariamente ubicato nel cuore dell’impero e successivamente trasformatosi in periferia. La scelta di tale inquadramento trova ispirazione prevalentemente in quanto propugnato da Domenico Vera a proposito degli studi di sintesi: “…per l’impero romano ogni trattazione dei fattori propriamente strutturali e produttivi deve calarsi nei diversi contesti geografici. In essi l’estrema variabilità delle condizioni naturali e del clima presenti in uno stato smisurato che occupava tre continenti interagivano con componenti storiche e sociali diversissime. Per il cuore dell’impero, il tentativo recente di costruire un modello generale di interpretazione del «Mediterraneo» come categoria storica, alternativo al modello famoso di F. Braudel, si è rivelato scarsamente utile e suscita numerosi dubbi circa la validità di questi approcci globali. Meglio adottare uno schema incentrato su specifiche micro e macroregioni, e centrare l’analisi sulle peculiarità delle singole fasi storiche piuttosto che su una supposta unità ecologica e antropologica del Mediterraneo” 1 . La circoscrizione geografica su cui si concentra il seguente studio è quella dell’attuale regione Campania che, nella seconda metà del IV secolo d.C., comprendeva territori appartenenti a quattro diverse province dell’Italia suburbicaria: Latium et Campania, Samnium, Apulia et Calabria, Lucania et Bruttii. La funzione di collettore tra Roma e i ricchi patrimoni agrari del sud della penisola conferì a questo territorio un’indiscutibile rilevanza anche in età post-classica. Tuttavia, le pur numerose indagini archeologiche in contesti urbani e rurali a continuità di vita non hanno sempre portato a pubblicazioni qualitativamente e quantitativamente soddisfacenti; tali studi hanno spesso privilegiato le fasi più antiche, arrivando a fatica alle soglie della tarda antichità. Tra i motivi di tale tendenza c’è sicuramente la forte tradizione di studi classici che ancora oggi impregna e orienta la ricerca in Campania. Fortunatamente esistono felici eccezioni in merito: una su tutte è l’importante sintesi su Napoli di Paul Arthur, Naples, From Roman Town to City-State2 , ancora attuale ma scritta ormai più di vent’anni or sono, quindi, suscettibile di integrazioni, soprattutto dei nuovi dati emersi dagli scavi per la realizzazione della metropolitana. Per quanto riguarda le fonti scritte, invece, è certamente una pietra miliare il volume Campania Tardoantica (284-604 d.C.) di Eliodoro Savino3 a cui si aggiunge quello di Iasiello, Samnium, assetti e trasformazioni di una provincia dell’Italia tardoantica4 che si occupa, ovviamente, solo di quella parte dell’antico territorio sannita oggi ricadente tra i confini campani. Tuttavia, lo sbilanciamento nella conoscenza di determinati settori territoriali della Campania, come il felice caso del contesto urbano napoletano, rimane ancora una realtà con cui confrontarsi. Le difficoltà incontrate durante la stesura di questo lavoro non sono state poche: lo stato degli studi numismatici, per il periodo in esame, è risultato molto carente; anche in questo caso con qualche eccezione rilevante. Il motivo di tale situazione è da imputare a diverse problematiche: in primis va registrato un interesse spesso marginale da parte degli stessi archeologi nei confronti del dato monetale, troppo spesso sottovalutato rispetto al suo grande potenziale informativo in termini storici, in secondo luogo la natura impalpabile dei piccoli nummi in bronzo tardoantichi che, tuttavia, sono nettamente i più diffusi negli scavi. Le dimensioni ridotte di queste monete permettono spesso di sfuggire ad un’indagine poco accurata del deposito archeologico e, anche dopo un loro eventuale recupero, risultano molto spesso illeggibili (quindi non classificabili) soprattutto agli occhi dei non specialisti che, quindi, non ritengono necessaria la loro pubblicazione. A tal proposito, ancora oggi si è molto restii nell’affidare ad un numismatico lo studio dei ritrovamenti monetali di uno scavo, per tanto, anche quando i reperti vengono pubblicati spesso si registra l’omissione di dati rilevanti ai fini della ricerca, quando non sono fornite addirittura letture errate5 . Un’altra criticità incontrata è stata la frequente decontestualizzazione delle monete, in particolare dei vecchi ritrovamenti ma non solo; infatti, solo nei casi più fortunati viene segnalato in bibliografia il comune o la località di rinvenimento. Sulla base di tali premesse si è scelto di concentrare l’indagine all’interno della fascia cronologica che va dal V al VII secolo, partendo da un’ampia introduzione storica che ha tenuto conto di tutte le fonti scritte disponibili (capitolo I). Questo quadro storico è naturalmente sbilanciato sulla realtà napoletana, la cui mole di fonti scritte è nettamente più consistente. Successivamente la ricerca si è incentrata sulle monete, dando ampio spazio a quelle provenienti da contesti archeologici e appartenenti a tesoretti. In primissi è posto il focussu una serie di contesti monetali inediti provenienti da diverse zone della Campania (capitolo II): il contesto rurale della villa romana di Masseria De Carolis a Pollena Trocchia (Napoli), il sito urbano di Aeclanum nel comune di Mirabella Eclano (Avellino) a cui si aggiungono tre monete provenienti da scavi di area casertana, infine, i tesoretti decontestualizzati provenienti da Taurasi (Avellino), Roccamonfina (Caserta) e Lacco Ameno (Napoli). Questi assemblaggi sono stati trattati con un approccio multidisciplinare, quindi, quando possibile, allo studio numismatico tout court comprendente catalogazione e analisi dettagliata delle singole monete sono stati integrati i dati delle fonti scritte e soprattutto quelli offerti dalle altre categorie di reperti archeologici. Lo scopo dell’applicazione di tale metodologia ha avuto come obiettivo la differenziazione del seguente studio rispetto a quei, seppur ottimi, lavori numismatici analitici che forniscono una grossa mole di dati statistici senza calarli all’interno del contesto storicoarcheologico6 . Inoltre, l’approccio contestuale-stratigrafico del dato numismatico non solo ha permesso di affinare meglio le cronologie degli esemplari cosiddetti illeggibili, rendendoli utilizzabili ai fini statistici, ma ha permesso di comprendere per quanto tempo una data moneta ha circolato, in assenza o in caso di bassa residualità del contesto archeologico. Nell’ottica di un inquadramento generale, i dati ricavati da ogni contesto sono stati sistematizzati all’interno di diagrammi statistici con voci sulla cronologia, autorità emittenti, entità politiche e zecche di emissione. Di volta in volta si è proceduto ad una breve discussione dei dati acquisiti, istituendo confronti con altri siti campani e/o di altre regioni limitrofe. Un’altra importante sfida è stata la raccolta capillare di tutto l’edito e soprattutto la sua revisione critica che, in alcuni casi, si è trasformata in un vero e proprio lavoro di riattribuzione per decine di esemplari7 . La metodica adoperata per la revisione dell’edito è stata impostata sull’analisi delle fotografie, quando disponibili e di buona qualità. Ovviamente tale operazione non sempre è stata possibile, quindi, in taluni casi è stato riportato semplicemente il dato monetale così come presente in bibliografia. L’approccio contestuale è stato tendenzialmente mantenuto anche durante lo studio degli assemblaggi monetali editi (capitolo III), soprattutto quando provenienti da scavo. Nella prima parte del capitolo sono stati passati in rassegna tutti i contesti che hanno restituito monete singole, organizzati per provincia di appartenenza. Lo stesso procedimento è stato utilizzato per i tesoretti, divisi per fasce cronologiche, e per quei siti archeologici dove sono state rinvenuti esemplari monetali più antichi riutilizzati o rimasti per lungo tempo in circolazione. Per i rinvenimenti singoli sono state ricavate delle tabelle con voci specifiche sull’autorità emittente, cronologia, zecca, nominale e dei grafici con l’ubicazione dei rinvenimenti divisi per entità politica, tipologia di contesto (da scavo, da area funeraria, ritrovamento sporadico). Le tabelle dei tesoretti presentano le stesse voci viste per i rinvenimenti singoli, mentre i grafici con l’ubicazione dei ritrovamenti specificano il tipo di metallo monetato e il contesto di rinvenimento quando conosciuto (da tomba o area funeraria). La tabella delle monete antiche riutilizzate è così suddivisa: cronologia contesto, contesto, autorità emittente, cronologia moneta, nominale o peso, mentre il grafico pertinente specifica il contesto di scavo o da tomba da cui provengono le monete. L’obiettivo finale è stato quello di ricavare più dati possibili dalle monete per proporre dei grafici statistici conclusivi e, sulla base di questi, interpretare il dato alla luce delle problematiche storiche, nonché in un’ottica comparativa con altre realtà territoriali. Nel capitolo conclusivo sono state fatte due sintesi generali sulla circolazione monetaria: una specifica per la città di Napoli e una per l’intera Campania; entrambe si confrontano anche con altri indicatori economici. Nello specifico, la lettura dei dati monetali è stata possibile grazie alla loro organizzazione all’interno deisuddetti grafici statistici così suddivisi: per nominale, autorità emittente o entità politica, zecca di emissione, mantenendo sempre una divisione tra i dati frutto di rinvenimenti monetali singoli e dai tesoretti. Alle sintesi è seguita un’analisi comparativa del dato numismatico campano con quello delle realtà nordafricana e siciliana; evidenziando affinità e differenze di contesti territoriali del Mediterraneo occidentale interconnessi tra loro. In coda, chiude l’elaborato un paragrafo che, esplorando i dati salienti del lavoro, propone delle conclusioni generali. Infine, lo studio della moneta in contesto è risultato fondamentale soprattutto per provare a delineare delle tendenze all’interno della circolazione monetaria; tali tendenze sono state messe in relazione ai mutamenti economici dell’età tardoantica, esplicitati anche dai risultati dello studio degli altri materiali archeologici editi, in una relazione di causa-effetto. Superando, quindi, il concetto di continuità/discontinuità e portando in primo piano un approccio che privilegia l’indagine analitica della natura delle trasformazioni, si è tentato di fornire un contributo di taglio regionale ai più recenti dibattiti storico-economici e sugli assetti politico-insediativi dell’Italia meridionale tra tarda antichità e altomedioevo, all’interno del più ampio quadro mediterraneo.
gen-2024
Italiano
MOLINARI, ALESSANDRA
Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA2-214561